Secondo volume dedicato alla saga di Roma.
Stavolta le tre storie sono ambientate rispettivamente all’epoca di Giulio
Cesare, Caligola e Costantino e i primi due sono protagonisti insieme agli eredi
di Leonidas e Aquilon, che anzi qui hanno un ruolo secondario anche se
indispensabile alle trame.
Riassumendo rapidamente, la serie
parte dal presupposto che la storia della Città Eterna sia stata influenzata
nell’ombra dal Palladio, la statua in cui venne imprigionata la dea Ker che
esigeva le aspersioni delle vestali appositamente addestrate per non scatenare
l’apocalisse su Roma.
In A morte Cesare (credo sia la prima volta che il titolo di un volume
di Historica non è lo stesso di uno
degli episodi che lo compongono) Cesare minaccia di trasferire il Palladio in
Egitto come pegno di lealtà alla sua amata Cleopatra, scatenando la furia del
vendicativo spirito sovrannaturale.
Ne Il sangue del mio sangue si scopre che nientemeno che l’imperatore
Caligola è il padre della nuova vestale di Ker, e la storia è un’efficace
discesa nel baratro della pazzia, in cui la tripletta di sceneggiatori non
lesina sul grottesco e sul viscerale.
La paura o l’illusione vede per la prima volta le due famiglie
contrapposte, anche se solo come incipit: gli Aquilia sono rimasti fedeli a
Roma e alle sue tradizioni pagane mentre i Leonio hanno abbracciato la fede
cristiana. Questo terzo episodio qui raccolto ha un taglio investigativo (chi
sta ammazzando i nemici dei cristiani bruciandone i corpi?) ma sempre con
l’elemento sovrannaturale in primo piano. Buono il colpo di scena sulla
rivelazione del colpevole, anche se Convard-Adam-Boissierie avrebbero potuto
dare qualche indizio in più al lettore.
La qualità della parte grafica è
piuttosto variegata ma si mantiene sempre su livelli quantomeno dignitosi:
Annabel mi è sembrata la meno efficace, con un tratto un po’ incerto, poco
modulato e a volte un po’ sproporzionato. I colori di Filippo Rizzu, per quanto
validi, non hanno migliorato la resa finale, e oltretutto nella prima storia i
balloon a volte sono messi un po’ a caso.
Christian Gine mi ha
piacevolmente sorpreso: il suo stile scarno e a volte sbilenco si è adattato
alla perfezione all’atmosfera folle e morbosa dell’episodio su Caligola e,
benché non si sia profuso negli stessi dettagli di Annabel, si è rivelato
ancora una volta bravissimo a raccontare per immagini. Gli si perdona
facilmente l’uso di un qualche programma con cui ha copia/incollato certi
elementi nelle scene di massa, utilizzo limitato comunque a solo un paio di
frangenti. Ottimi anche i colori di Antoine Quaresma, che non satura le tavole
con Photoshop et similia ma
accompagna il tratto di Gine colorandolo come si usava una volta, pur facendolo
col computer.
Infine, ottimi i disegni di Régis
Penet, che hanno modo di risaltare grazie alla tavolozza tenue di Nicolas
Bastide.
Roma si sta rivelando una saga avvincente e molto ben condotta, pur
con un assunto di base fantastico che inizialmente poteva sembrare ridicolo (ma
chiaramente, e nei primi due episodi di questo volume è ancora più evidente, è
solo il pretesto per approfondire certe vicende storiche).
Sono curioso di vedere cosa si
inventeranno Convard & co. per tramandare il Palladio adesso che l’impero
romano è vicinissimo alla fine.
"credo sia la prima volta che il titolo di un volume di Historica non è lo stesso di uno degli episodi che lo compongono"
RispondiEliminaIn realtà la cosa è accaduta anche in molti volumi precedenti, come quelli delle Torri di Bois-Maury ("Verso i Pirenei" non è certo il titolo di uno degli album della saga) :)
Ottimo post, come al solito ben scritto. Tuttavia il primo volume mi piacque poco poco, e non penso che questo lo prenderò.
Accidenti, non ci avevo pensato. In un tentativo di arrampicarmi sugli specchi potrei dire che stavolta non è stato scelto un titolo "collettivo" ma un titolo interno non è stato riportato fedelmente ;)
EliminaIl primo volume di Roma non aveva convinto del tutto nemmeno me, ma da questo la serie decolla.