Da quanto apprendo da internet, Deathblow sarebbe stato un tentativo da parte del già tamarrissimo Jim Lee di nobilitare la sua opera con influssi di… Frank Miller! Roba da scriverci monologhi comici per Zelig, ma hai visto mai che Azzarello riesce a salvare pure una roba del genere? Con Batman di mezzo, poi, potrebbe non essere tanto difficile. E infatti ce la fa.
Due linee temporali si intrecciano. Dieci anni prima della storia portante Deathblow, un soldato gigantesco impegnato in operazioni governative segrete, è a caccia di un uomo nella Chinatown di Gotham City. Nel presente Bruce Wayne perde un amico a causa di una combustione inspiegabile: la vittima è lo stesso agente che anni prima coordinava il Deathblow, titolo che identifica un agente preposto a operazioni speciali. Nel mentre viene rinvenuta una mano mozzata e affiora anche un “biglietto da visita” che identifica proprio Deathblow.
Anche se c’è di mezzo un pirocineta, bersaglio ma a sua volta anche cacciatore, questa miniserie ha poco di supereroistico. Azzarello scava negli affari sporchi delle agenzie di spionaggio e controspionaggio tra finte piste, doppi giochi e pedine usate e gettate via senza troppe cerimonie. L’alternanza dei piani temporali rende incalzante il ritmo e il fatto che Deathblow sia ufficialmente morto dona un bel tocco di originalità a questo cross-over in cui i protagonisti titolari non si incontrano mai (cosa che però fece anche Warren Ellis con Authority e Planetary). Un paio di colpi di scena ben assestati sul finale rendono la storia ancora più originale e riuscita. Ottimi i dialoghi, anche se Azzarello ha giustamente preferito ogni tanto lasciar “parlare” i disegni, con tavole mute dove Bermejo ha potuto esprimersi al top. Mi resta un dubbio: se effettivamente Deathblow è morto e Batman ne assume il ruolo alla fine, da dove era spuntato il suo “biglietto da visita” all’inizio?
Forse una conoscenza meno superficiale della mia degli universi DC e WildStorm avrebbe reso la fruizione ancora più piacevole, ma già così la storia è una bella lettura.
Com’era lecito aspettarsi, i disegni di Lee Bermejo sono molto buoni. Occhio, però: molto buoni e non ottimi perché tende a disegnare i personaggi con dei mascelloni, in particolare proprio Bruce Wayne, e contorni e dettagli hanno sempre una certa impronta squadrata, quasi geometrica. Ma forse parte della responsabilità ce l’hanno i vari inchiostratori che lo hanno supportato: Tim Bradstreet, Peter Guzman, Richard Friend e Mick Gray. In ogni caso i panorami urbani, le scene di massa, i particolari di mezzi ed edifici rimangono spettacolari.
Molto buono anche il lavoro del colorista Grant Goleash, a sua volta aiutato da José Villarubia, che restituisce una coerente atmosfera noir pur se anche lui a volte usa delle campiture geometriche.
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