lunedì 29 aprile 2019

Orge Barbariche Vol. 2

Nuova raccolta delle parodie fantasy porno del bravissimo Erich Hartmann. Stavolta non ci sono più le protagoniste del primo volume ma tre canovacci che si alternano nei sei episodi: Yasmine è apprendista presso una strega che la tratta come una serva, e per adempiere ai suoi compiti esageratamente faticosi ricorre di nascosto alla magia nera oppure si lascia imbrogliare da animali parlanti che non sono quello che dicono di essere; quel tontolone del paladino Sir Corwyn viene chiamato a nobili imprese, in cui finisce regolarmente cornuto e mazziato mentre ogni tanto il suo navigato scudiero Gilles se la gode; infine le due avventuriere Shaya e Lais (consumata professionista la prima, nuova del mestiere la seconda) sono assoldate per delle tipiche missioni fantasy. Le evoluzioni sessuali sono ovviamente il perno attorno cui ruotano queste vicende.
I disegni e i colori di Hartmann sono magnifici, ma la sua inventiva e il suo umorismo non sono quasi da meno. Tanto che paradossalmente l’elemento pornografico passa a volte in secondo piano rispetto alla curiosità di vedere come reagirà la principessa dopo che Sir Corwyn l’ha “liberata” dall’orco o cosa contenga la pozione che Shaya e Lais devono portare al druido. Il primo volume era bello (l’ho persino messo nel Meglio del 2018) ma questo lo è ancora di più: c’è una maggiore originalità e si ride veramente di gusto, anche perché la maestria nel disegno di Hartmann si manifesta anche con la grandissima espressività dei suoi personaggi.
Anche la cura editoriale della EF Edizioni mi sembra migliore che nel primo volume, pur con qualche fisiologico refuso.

venerdì 26 aprile 2019

È solo una mia impressione?





Dall’ultimo volume di Don Camillo a fumetti, il numero 17: Sul campanile. Disegni di Mirko Treccani.

venerdì 19 aprile 2019

Caedes: Il Tempio dei Primigeni

Albetto amatoriale spillato di 64 pagine trovato in fumetteria insieme ad altri, tra cui un ulteriore episodio dello stesso personaggio, che non presenta nessun titolo. Siccome non c’è nessuna indicazione sull’anno di pubblicazione e nemmeno un numero progressivo delle avventure di Caedes, ho preso quello che mi sembrava disegnato meglio.
Il protagonista è un avventuriero maledetto che deve recuperare la spada Antares e portarla nel Tempio dei Primigeni per resuscitare (se ho capito bene il flashback iniziale) un suo vecchio amore. Nel suo viaggio incontra una cacciatrice di taglie con cui dovrà giocoforza allearsi, visto che il suo bersaglio si trova proprio nel Tempio. Sul posto ha fatto la sua base un negromante, contro cui Antares non è molto efficace visto che succhia la vita dai vivi e contro gli zombie è una spada normale. Nel mentre un sacerdote e un nano si mettono alla ricerca di Caedes dopo che ha rubato la spada. Sullo sfondo ci sono molti altri elementi solo accennati che testimoniano quanto l’autore abbia curato e definito la sua ambientazione.
La storia è in sostanza un mix di classici luoghi comuni fantasy, come è giusto che sia in un genere che trae la sua forza dagli stereotipi. Probabilmente la vicenda di Caedes inizia nell’altro volume (visto che essendo disegnato meno bene probabilmente viene prima, quando Riosa non era ancora così maturo) ma Il Tempio dei Primigeni è leggibile a se stante, pur con la certezza che fa pare di un disegno più ampio – e il finale lascia intendere futuri sviluppi. Giulio Riosa scrive in maniera frizzante e coinvolgente, la storia è piena di azione e i dialoghi sono ben scritti. Pochissimi i refusi, tra l’altro. È curioso come abbia scelto di non mostrare quella che in teoria avrebbe dovuto essere la scena madre della storia, cioè il furto della spada, ma semplicemente la dia per scontata.
I disegni, come dicevo, mi sono sembrati migliori rispetto all’altro volumetto senza titolo e in effetti da La Rosa e il Lago Riosa è molto maturato, arrivando alle soglie del professionismo. Pur con qualche fisiologico calo (sono pur sempre oltre 60 tavole molto dettagliate) le anatomie e le inquadrature sono tutte molto curate, in particolare è molto bravo a rendere gli sfondi e i paesaggi. Oltretutto, pur essendo anche lo sceneggiatore (e quindi potendo evitarsi simili rotture di scatole) non si fa spaventare da architetture elaborate e mostri vegetali costituiti da fitti rami intricatissimi. Tanto di cappello, quindi. Due aspetti ancora da migliorare sono le onomatopee realizzate a mano (sempre meglio di quelle impersonali fatte col computer, comunque) e i contrasti chiaroscurali, soprattutto sui volti: invece che tagliarli in maniera netta li sfuma con dei tratteggi che sporcano il disegno e gli tolgono espressività.
Nel complesso si tratta di un’ottima autoproduzione, che sarebbe stata degna di figurare in qualche spazio istituzionale, se ancora ne esistessero. Anche la confezione non è male, per quanto la carta non patinata non permetta di godere al massimo dei disegni (o sono le scansione a non essere perfette?). Quello che lascia interdetti è la dabbenaggine a livello di cura editoriale e, diciamo così, di public relations. Oltre all’intestazione, al nome dell’autore e al titolo dell’avventura, in copertina non viene riportato nient’altro, nemmeno il prezzo (io l’ho pagato 4 euro). In seconda di copertina c’è una specie di introduzione, che però non spiega nulla del progetto limitandosi a riassumere la trama generale di questo episodio, anticipandone oltretutto dei punti chiave! Stupisce insomma la mancanza di qualsiasi riferimento che permetta all’autore di presentare se stesso e il suo lavoro, visto che Caedes dovrebbe fungere anche da biglietto da visita. Nessun “manifesto programmatico”, insomma, ma in compenso sono presenti i riferimenti Social di Riosa e perfino il suo indirizzo mail, e forse oggigiorno questo basta e avanza e sono io a essere legato a modelli ormai desueti.

martedì 16 aprile 2019

Sine Requie Anno XIII: Gladiatori

…e invece la ristampa del Trono del Crisantemo non è stata l’unica proposta per Sine Requie all’ultima PlayModena! E le sorprese Asterion/Asmodée/Serpentarium/Stratagemma (come al solito, un disastro capire dov’è lo stand sulla mappa…) non sono finite qui: quest’anno davano una carta promo a seconda dell’acquisto, e non facevano fare il disegnino a uno degli illustratori della loro scuderia. Quindi non c’era l’ansia di lasciare il volume allo stand e tornare periodicamente a vedere se la dédicace era fatta, mentre il treno del ritorno incalzava. E poi un disegnino me lo sono fatto fare comunque, anche se da Leonardo Moretti!
Gladiatori si inserisce nel più recente filone di Sine Requie, ovvero i manuali che descrivono le società segrete delle singole ambientazioni. Dopo i Braccamorte del Sanctum Imperium e le SS del IV Reich finiscono sotto i riflettori i gladiatori del Soviet, gli uomini e le donne scelti da Z.A.R. per competere nella Lotta Sovietica, che di combattimento in combattimento (ammesso che sopravvivano) si vedono innestare dei moduli meccanici fino a perdere quasi del tutto la loro umanità. Non che sia una società poi così “segreta”, ma al Soviet (la mia ambientazione preferita) perdono volentieri questa apparente trasgressione, tanto più che all’interno del manuale c’è anche spazio per un sottogruppo che effettivamente è clandestino.
Gladiatori offre ovviamente qualche approfondimento su alcuni lottatori celebri, ma si concentra principalmente sul mondo che ruota attorno alla Lotta Sovietica: i biscazzieri, i “veggenti” che offrono le loro previsioni sugli incontri, qualche nuovo modulo meccanico e soprattutto le tifoserie che seguono fanaticamente i loro idoli fino a creare una struttura sociale autonoma nei singoli settori che controllano. In altri contesti tutti questi elementi (forse nati da intenti satirici?) sarebbero probabilmente sembrati ridicoli, ma nel mondo estremo e surreale del Soviet hanno una loro ragion d’essere e ne accrescono il fascino.
La promo di Gladiatori
Il meglio, però, gli autori lo riservano per il finale, con due interessanti avventure che finalmente incrociano il metaplot, quasi del tutto ignorato nel resto del tomo – almeno per quello che ho capito io, anche se qualche raro accenno viene fatto. La prima si basa su un meccanismo molto particolare per cui è meglio evitare di spoilerare alcunché, la seconda vede in scena nientemeno che l’Oro del Soviet, uno dei personaggi più iconici e importanti di Sine Requie, quello che (cito a memoria) «ha scoperto uno dei più grandi segreti dell’umanità». In realtà la presenza del potentissimo gladiatore è quasi solo una comparsata, ma è molto incisiva e lascia intravedere ulteriori sviluppi. Secondo me un paio di mappe avrebbero aiutato a visualizzare e gestire le avventure, ma gli squarci nel “Mondo oltre la Soglia” valgono da soli la lettura.
A proposito di lettura, abbondano anche in questo volume le parti narrative. Come ho già avuto modo di segnalare, gli autori sono cresciuti moltissimo come scrittori negli ultimi anni e alcune vicende (in particolare quella che apre e chiude il volume da punti di vista differenti) sono molto coinvolgenti. Non sono le parti scritte quelle per cui compro i manuali di Sine Requie, ma ovviamente è bene che siano piacevoli da leggere.
L'altro lato della promo
In Gladiatori è purtroppo evidente la fretta per licenziare il volume in tempo utile per il PlayModena, che evidentemente non ha permesso una revisione: al di là dei refusi e delle ripetizioni, le avventure rimandano sempre a fantomatiche pagine “xxx”. Anche le illustrazioni non sono sempre congruenti con il testo (Falce della Steppa non ha la cicatrice sul volto), ma sono errori che si perdonano volentieri a un volume così folle e interessante. E poi negli ultimi anni Cortini & Moretti stanno lavorando ad altri giochi di ruolo e, anche se nel caso di L’Ultima Torcia parte del lavoro viene demandato a collaboratori, è inevitabile che non possano dedicare tutte le loro attenzioni a Sine Requie.
Rimane purtroppo il dubbio, anzi la certezza, che tra quarantanove anni e sei mesi starò ancora qui a lamentarmi del fatto che gli autori non abbiano ancora spiegato cosa diede origine al Risveglio e cosa si trova “oltre la Soglia”.

sabato 13 aprile 2019

Captain Marvel 1: Un nuovo inizio!

Era un bel po’ che non leggevo minchiatine supereroistiche, ma per un euro potevo fare lo sforzo. E poi i disegni non sembravano niente male. Questo fascicolo di Captain Marvel non è uno speciale uscito per sfruttare il richiamo del film ma è proprio il primo numero di una nuova collana dedicata alla protagonista. Evidentemente la Panini crede molto in Capitan Marvel se le dedica una testata da edicola quando altri personaggi più famosi (almeno per me) sono ripiegati in fumetteria.
La storia, scritta da Kelly Thompson, è quella che ci si aspetterebbe dall’ennesimo passaggio di consegne tra team creativi in piena epoca post-moderna. L’azione comincia ex abrupto e parlando tra di loro i personaggi riassumono gli eventi appena trascorsi e giustificano alcuni cambiamenti, riaffiora un villain altamente ridicolo mentre i dialoghi indulgono in battutine che si vorrebbero cool inframmezzate da scenette che vorrebbero essere divertenti (e in alcuni casi – il cane che vomita e le ripromesse dei passanti di abbandonare Manhattan – lo sono).
Carol Danvers è tornata sulla terra in tempo per salvare Manhattan da un “kraken” e riallacciare i contatti con gli ex compagni Avengers; Tony Stark le organizza un’intervista per ragioni di pubbliche relazioni e alla fine tutto si sposta in un universo alternativo dove la storia può procedere autonomamente senza che abbia ripercussioni sul Marvel Universe. Insomma, nulla per cui gridare al miracolo ma nemmeno per gettare via l’albo schifati, tanto più che pagandolo meno di un caffè si ha diritto a ben 32 pagine di fumetto (ok, 30 togliendo le pagine coi credits), contro le misere 20 di un normale comic book.
Diverso il discorso per quel che riguarda i disegni: Questa Carmen Carnero (mai coperta, è italiana?) è veramente molto brava. In particolare è efficacissima nel rendere le espressioni e la “recitazione” dei personaggi, soprattutto di quelli femminili.
Non un capolavoro, insomma, ma si legge di gusto.

venerdì 12 aprile 2019

Historica Biografie 24: Darwin (prima parte)


Il protagonista di questo nuovo volume di Historica Biografie non è come di consueto un condottiero o un regnante, ma il naturalista Charles Darwin. Lo sceneggiatore Christian Clot prova a scrivere in maniera brillante anche se un po’ frammentaria, tentando di fare emergere la personalità dei vari personaggi senza limitarsi a elencare gli eventi che li videro coinvolti. Il volume prende le mosse agli inizi del 1831, quando Darwin, studente sin troppo gaudente, è messo nuovamente di fronte sia all’inettitudine che al disinteresse nel seguire le orme della famiglia paterna, stirpe di medici. Più che felice di “rassegnarsi” a diventare ministro della Chiesa, riceve un invito inaspettato a far parte di una spedizione in Sudamerica con cui potrà dar seguito alle sue passioni: ammirare la natura e catalogare insetti e altri animali. Il divieto di partire del padre viene superato grazie all’intervento dello zio, e così ha inizio il celebre viaggio che durerà ben più dei due anni previsti. Questo primo volume arriva sino alla fine del 1832, quando ormai Darwin ha raccolto un vastissimo campionario delle meraviglie (animali e vegetali) che si trovano in Patagonia, così come ha potuto studiare l’animo umano, scoprire dei fossili ed elaborare alcune riflessioni che scuotono per la prima volta la sua solidissima fede religiosa.
I disegni di Fabio Bono, colorati da Dimitri Fogolin, non mi sono sembrati molto adatti alla storia. Pastoso e arrotondato, il suo tratto tende a volte al caricaturale e ogni tanto i personaggi cambiano fisionomia e corporatura di vignetta in vignetta. Nei campi lunghi i volti si distinguono difficilmente. Mi ha ricordato un po’ Tamiazzo, e non a caso le sequenze più efficaci sono la doppia splash page a metà del volume e l’incubo con l’armadillo, ascrivibili quasi a un contesto fantasy.
Il volume si conclude con dei redazionali d’approfondimento scritti dallo stesso Clot (il fumetto in sé dura le canoniche 46 tavole), in cui si ricostruisce la giovinezza del protagonista, vengono approfonditi molti dei personaggi e soprattutto si sottolinea quanto la vicenda di Darwin sia stata determinata da una serie di circostanze fortuite. Visto che in questa parte manca la sezione del “making of” immagino che in origine Darwin non facesse parte della collana Ils ont fait l’Histoire.

mercoledì 10 aprile 2019

Historica 78: La Grande Guerra - Verdun

È uscito in ritardo, questo settantottesimo numero di Historica (come testimoniato dalle due copie invendute del precedente ancora da dare in resa venerdì scorso), e ci ho messo un po’ per finire di leggerlo visto l’argomento non proprio entusiasmante. Ancora la Prima Guerra Mondiale, nonostante le celebrazioni avrebbero dovuto di logica finire nel 2018…
Verdun è comunque un fumetto di guerra un po’ particolare, che non si concentra solo sugli scontri a fuoco. Nel primo capitolo, Prima della tempesta, assistiamo a una sorta di “dietro le quinte” della carneficina che falcidierà soldati francesi per quasi un anno. I generali rifiutano di capire, anche posti di fronte all’evidenza, che la difesa di Verdun non è praticabile e costerà un immane tributo di vite umane. Lo sceneggiatore Jean-Yves Le Naour si limita a mettere in scena eventi realmente accaduti, con tanto di commento metanarrativo del colonnello Serrigny sul fatto che in futuro gli storici non leggeranno il suo diario, e in effetti senza un vero protagonista che faccia da catalizzatore questo primo episodio non è molto accattivante.
Col secondo, L’agonia del Forte di Vaux, le cose migliorano: stavolta c’è un protagonista, il comandante Raynal che si offre volontario per presidiare la postazione del titolo cercando di arginare l’inarrestabile avanzata tedesca. Le Naour si profonde in dettagli molto realistici sulla misera vita quotidiana dei soldati, che evocano con efficacia il clima di disperazione imperante; inoltre si impegna a usare con consapevolezza le possibilità che offre il fumetto, come la costruzione di senso dal confronto tra due vignette con la stessa inquadratura ma differenti per alcuni particolari (vedi la “presentazione” del cane e le molte sequenze di comunicazione con la lanterna). Ma in definitiva la vicenda non si eleva dallo stereotipo della storia di guerra.
L’ultimo volume qui raccolto, I fucilati di Fleury, è il più originale: non parla di combattimenti o difese di fortezze ma della lotta di una vedova per riabilitare il nome del marito, fucilato senza processo per presunto abbandono del posto. Peccato che nell’introduzione Sergio Brancato sveli in dettaglio come va a finire la vicenda – che pur essendo storicamente documentata potrebbe non essere conosciuta da tutti i lettori. Purtroppo la retorica ruba molto spazio all’originalità di partenza del soggetto.
Il comparto grafico è diviso tra Marko (al secolo Marc Armspach, layout), Iñaki Holgado (realizzazione finale) e Sébastien Bouët (colori). La lunga frequentazione del secondo con l’animazione emerge da alcune deformazioni caricaturali decisamente fuori luogo in un fumetto del genere. Va segnalato però che sin dal secondo episodio il suo tratto si fa più leggero ed elegante. Lodevoli i colori, per nulla coprenti o “effettati” come quelli di molti altri colleghi di Bouët.
Come evidente dai riassunti, Verdun è una serie di one shot senza personaggi fissi, anche se forse lo sfigurato Auguste de I fucilati di Fleury faceva già capolino ne L’agonia del Forte di Vaux. Stando così le cose, è probabile che il progetto continui indefinitamente in Francia finché avrà il favore del pubblico. Pur avendo qualche punto di interesse in più rispetto ad altri fumetti di guerra, la serie è indirizzata principalmente agli amanti del genere e difficilmente entusiasmerà gli altri, me compreso.

venerdì 5 aprile 2019

Muoio dalla curiosità

Questo è il biglietto per il PlayModena preso in prevendita:

Chissà cosa sarà.