Raccolta di episodi di una serie iniziata anni fa (quando di preciso non è dato sapere) che Raffaele Della Monica realizza per puro diletto, anche se la grande cura profusa lascia probabilmente intendere che l’obiettivo finale fosse l’edicola o la libreria e che invece finora, come detto nella divertente e filologica introduzione di Moreno Burattini, è stata solo diffusa parzialmente in forma privata ad amici. Wes Sherman è la quintessenza del western.
La prima storia, L’oro di Luke, vede il protagonista incaricato di raccattare i rapinatori che commisero una strage anni prima, in attesa che in città giungano anche il giudice che li processerà e l’unico testimone sopravvissuto. Il problema è che il Luke del titolo, convertito al banditismo dopo un’infruttuosa carriera di cercatore d’oro, è adesso il sindaco di Golden City e praticamente ogni uomo in città è ai suoi ordini (ma non le donne). Una trama da ultimo avamposto con il marshal Wes Sherman asserragliato in una camera d’albergo tra trattative e sparatorie.
Sulle tracce di Grey Wolf è una storia molto più articolata anche se dura 42 pagine contro le 53 de L’oro di Luke. Wes è sulle tracce della trafficante d’armi Judy Fernandez, ma nel quadro si inseriscono anche il suo fratellastro cacciatore di taglie, un mercante più o meno onesto, il reverendo McNeely e soprattutto l’incazzatissimo indiano del titolo. Tanta azione, personaggi molto ben delineati, approfondimenti sul mondo di Wes Sherman e colpi di scena: la prima impressione è che l’episodio avrebbe meritato qualche pagina in più, ma nei fatti il suo ritmo frenetico tiene incollato il lettore.
Come negare un dito in più a uno sceriffo? |
Lo spunto è un altro topos del western: un malvivente giunge nella città di Wes Sherman (dall’inconsulto nome di Lizard City!) per cercare vendetta contro l’uomo che anni prima gli uccise il fratello.
Si finisce in bellezza con La Promessa, in cui il padre morente di Wes gli impone di andare dai bellicosi Sioux a fingere che i militari vogliano parlamentare, in modo da ammorbidire il capo Volpe Furba e convincerlo a incontrare il colonnello Ross Brooks che, messo di fronte al fatto compiuto, si spera negozierà veramente la pace. Non so quanto questo soggetto sia credibile o se non rimandi a qualche film o fumetto, comunque mi è sembrato originale. Nefasti presagi e l’oltranzismo di Brooks impediscono comunque che le cose vadano come previsto, ma ad avere la peggio saranno i soldati assetati di sangue. Anche qui 32 pagine, ma belle dense.
La quintessenza del western, appunto, che omaggia gli stereotipi del genere ritagliandosi però qualche margine per una propria interpretazione personale.
La struttura scelta come base per le tavole è la gabbia bonelliana, anche se Della Monica si concede spesso delle deroghe. La grafica del titolo di L’oro di Luke è un chiaro omaggio a quella di Corteggi. Lo stile di disegno nelle prime due storie è secco e rigoroso: il tratto non è quasi modulato e viene integrato dall’uso sapiente del chiaroscuro. Mi si perdoni il calembour, ma con questo stile “granitico” gli sfondi rocciosi sono resi magistralmente. Anche se, onore al merito, Della Monica è molto bravo anche a disegnare gli animali.
Come accennavo sopra, la terza storia è stata realizzata invece integrando il tratto (più sintetico) con chine o acquerelli e probabilmente per questo in fase di stampa si è rivelata quella riprodotta peggio. Nella quarta, invece, Della Monica sfodera un tratto più modulato ed espressivo, forse a seguito dell’adozione del pennello in vece del pennino. Oltre alla prova di versatilità, i suoi pregi rimangono intatti.
Il lettering è stato realizzato a mano (con l’eccezione ricordata sopra): scelta lodevolissima, ma l’uso delle virgole è talmente eclettico da costringermi a rileggere alcuni dialoghi per capire cosa volevano dire.
La qualità di stampa di questo volume cartonato è impeccabile, salvo dove indicato. Di certo sarà molto gradito agli estimatori del western e/o dell’autore, anche se il prezzo di 29,90 euro potrebbe scoraggiare qualche potenziale lettore.
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