martedì 31 agosto 2021

PlayModena 2021

 

DAL 3 AL 5 SETTEMBRE AL QUARTIERE FIERISTICO DI MODENA

Play, il Festival del Gioco ha la sua “Rivincita!”

Il filo rosso dell’edizione 2021, che arriva dopo un anno di stop, è quello del ruolo degli eventi storici come fonte di ispirazione di proposte ludiche. Confermato un ampio e ricco cartellone di tornei, demo e seminari, l’ospite d’onore è il “guru” americano Cole Wehrle.

 

 


Play - Festival del Gioco
torna in grande stile e per tre giorni trasforma Modena nella capitale del gioco. Grazie a una delle manifestazione più attese e frequentate dell’anno, in grado di richiamare un pubblico di grandi appassionati o semplici curiosi provenienti da tutta Italia, ancora una volta sarà possibile scoprire il meglio dei giochi di ruolo, da tavolo, miniature e carte, coinvolgendo oltre cento associazioni e decine di espositori, in un fitto calendario ricco di tornei, demo, convegni e workshop, con anche una mostra mercato che da sola sa catturare le attenzioni dei cultori del settore. Play - Festival del Gioco dal 3 al 5 settembre sarà ospitato presso il quartiere fieristico di Modena, in viale Virgilio.

 

La parola d’ordine dell’edizione 2021 sarà “Rivincita!”: il termine evidenzia da un lato la grande voglia di tornare alla normalità dopo la pandemia, dall'altro sottolinea, in modo simpatico e leggero quel momento noto a tutti in cui, a fine match, gli avversari tornano di nuovo amici e lo sconfitto rilancia la sfida sperando di ribaltare il risultato.

 

Il fil rouge del 2021 è rappresentato dalla storia come fonte d’ispirazione del gioco e come strumento di comprensione delle vicende umane: il tema sarà oggetto di un convegno in programma venerdì 3 settembre alle 10 nella Sala 100 a cui parteciperanno anche illustri figure del panorama accademico. Ci sono poi gli anniversari a dettare l’agenda: i 200 anni dalla morte di Napoleone Bonaparte, i 700 dalla scomparsa di Dante Alighieri, il mezzo secolo dalla scomunica di Martin Lutero. Figure di enorme rilievo alle quali anche il mondo ludico ha dedicato grande attenzione sviluppando, nel tempo, diverse proposte di giochi sia da tavolo sia di ruolo.

 

Eventi nell’evento saranno numerosi concorsi di carattere nazionale, tra cui l’assegnazione di premi di particolare caratura come il “Goblin Magnifico” che quest’anno sarà consegnato dal vincitore dell’edizione 2019 Cole Wehrle: l’autore statunitense è infatti l’ospite d’onore di questa manifestazione giunta alla sua 12esima edizione.

 

Per gli appassionati del settore sarà impossibile annoiarsi. Partendo dai giochi di ruolo, il protagonista dell’edizione 2021 di Play sarà il sempreverde “Dungeons & Dragons”, che dal 1974 è considerato quello per antonomasia di questo settore. In particolare, domenica 5 ci sarà la sfida Epic di quattro ore in cui giocatori di tutta Italia cercheranno insieme di sconfiggere il boss finale. Sono invece ben 15 i tornei allestiti nel settore dei giochi da tavolo, comprensivi della finale nazionale di “Carcassonne” (dedicato alla fortificazione dell’omonima città francese) e di un Tournament Day in cui è in palio un montepremi da 500 euro in buoni acquisto per i migliori contendenti.

 


 

Ci sono poi i giochi dal vivo, in cui gli utenti si immergeranno direttamente in uno scenario e saranno loro a simulare i personaggi di una storia. A dare una mano per creare il proprio costume da gioco sarà Gabriele Stazi, in arte The Leprechaun, costumista che ha operato per colossal quali il remake di “Ben Hur” e “Pirati dei Caraibi”. Nel settore delle miniature, da segnalare la presenza del primo torneo nazionale di “A song of ice and fire” e il campionato italiano di “Dust 1947”, altro titolo particolarmente gettonato tra gli amanti del settore, inoltre non mancheranno i tantissimi scenari storici o fantastici rigorosamente dipinti a mano. Chiudono il quadro le carte da gioco con moltissime novità di mercato e la presentazione del progetto Makeit Deck di Makeitmodena, la palestra digitale promossa dal Comune di Modena, e i videogames, con la presentazione del progetto "LU.ME. Lucca Metalmeccanica" che trasforma l’orientamento scolastico in una vera e propria avventura.

 

Insomma, gli ingredienti per entrare, sedersi e giocare, come da tradizione di Play ci sono, ancora una volta tutti.

“La voglia di divertirsi e di ritrovarsi è quella di sempre – sottolineano gli organizzatori – ma abbiamo dovuto introdurre alcune regole nuove per assicurare contemporaneamente il massimo divertimento e la piena sicurezza degli ospiti. Oltre al numero contingentato degli accessi, l’elemento di maggiore novità è stato quello della vendita dei biglietti solo on line. Un vincolo che però abbiamo trasformato in un’opportunità creando offerte mirate e limitate nel tempo che hanno privilegiato i primi arrivati”.

 

Per accedere a Play, oltre al biglietto acquistato online, servirà anche il Green Pass come da normativa nazionale. “Gli ampi spazi interni ed esterni del polo fieristico di via Virgilio - concludono gli organizzatori - ci permettono da un lato di ottemperare alla regole, dall’altro di poter dislocare negli spazi richiesti tutte le iniziative del cartellone. Play è di fatto la prima manifestazione internazionale a ripartire dopo la pandemia nel settore del gioco: siamo sicuri che gli appassionati sapranno ritrovare anche nel 2021 tutti i tratti caratterizzanti dei successi degli anni passati”.

 

La manifestazione è organizzata da ModenaFiere, in collaborazione con Ludo Labo, il supporto di Tre Emme, La Tana dei Goblin e La Gilda del Grifone oltre al patrocinio del Comune di Modena e UniMoRe

 

Il programma completo e tutti i dettagli sui singoli eventi sono disponibili sul sito web della manifestazione www.play-modena.it.

lunedì 30 agosto 2021

100 Volte - La vignetta più copiata del mondo

Simpatico libricino curato da Bernard Joubert, che i più attempati ricorderanno come corrispondente francese di Blue, da celebrazione del disegnatore Paul Cuvelier finisce per diventare anche e soprattutto un omaggio ai pornetti italiani.

Le cento volte del titolo sono un’esagerazione, cioè Joubert chiarisce che le testimonianze provate di plagio (qui riprodotte) sono oltre quaranta, ma con ogni probabilità la donnina che compare in quel fatidico disegno di Epoxy sarà stata ricalcata in centinaia e centinaia di altri lavori non identificati. Forse è un bene che le “citazioni” siano meno di 100, perché già così sfogliare le pagine con la stessa figura di base ha un che di ipnotico. La carrellata riguarda principalmente i pornetti di Cavedon e Barbieri che tramite l’Elvifrance raggiunsero anche la Francia incontrando grande successo, ma non mancano delle sorprese – che poi conoscendo alcuni dei soggetti coinvolti non sono tanto delle sorprese.

Purtroppo il formato della collana ha costretto testi e disegni a essere orientati orizzontalmente (il saggio si sfoglia insomma come i recenti exploit della Cosmo) e date le piccole dimensioni la lettura non è molto agevole. Tra i tanti furbastri si segnala soprattutto Frank Verola, vera fotocopiatrice vivente di Cuvelier. Come in un involontario musical, Joubert mi fa sospirare l’apparizione della star principale, ovvero il re dei ricalcatori Giovanni Romanini, che però non poteva certo mancare ma che vedremo solo alle pagine 76 (insieme a Bianchini) e 78 delle 112 di cui si compone il volumetto.

Accennavo a delle sorprese: se Enric Badia Romero era prevedibile (e recidivo: riprende la stessa vignetta almeno due volte), possiamo ammirare una rara immagine del Vicente Segrelles “porno” di cui avevo trovato solo vaghe tracce nei saggi del Mencaroni. In Francia tal Cathy “omaggiò” Cuvelier sin dall’immagine che elaborò per il frontespizio di Charlie. Viene anche riproposta una vignetta con cui Christian Staebler rende esplicito il plagio omaggiando questa e le altre figure femminili che furono scippate a Cuvelier. Viene presentata anche una rara immagine del grande Marco Scalia, poi transitato su Alter e Corto Maltese con lavori di ben altro spessore. Anche di Paolo Telloli viene presentata una vignetta, senza però citare Il Morto nella sua scheda.

Al di là del ricco apparato iconografico, 100 Volte si segnala per la ricostruzione storica e, nella postfazione di Laura Scarpa, per l’approfondito ricordo di Cuvelier. Oltretutto questa postfazione è arricchita dai gustosi omaggi realizzati appositamente da Liberatore e Manara, anche se di quest’ultimo si intravede una vignetta che probabilmente testimonia un furtarello di cui anche lui si rese responsabile a suo tempo.

Purtroppo il volumetto presenta parecchi errori e imprecisioni nelle biografie degli autori, probabili strascichi non corretti dell’edizione francese: posso capire che Lo Sceriffo Pat non sia il fumetto più noto di Segrelles (e gli venga quindi attribuita solo la paternità delle copertine) ma si sarebbero dovuti correggere quegli errori che a un lettore italiano abituato ai “talking heads” paiono evidenti. Potrebbe anche darsi che Marco Bianchini sia un disegnatore fisso di Tex, ma Esteban Maroto non ha disegnato solo un numero di Brendon e di certo Giuseppe Montanari non cominciò a disegnare Dylan Dog nel 1979!

La versione originale (in un altro formato e scevra da errori) è ordinabile all'indirizzo info@lacryptetonique.com

sabato 28 agosto 2021

Dad

Fumetto muto realizzato interamente in arancione, Dad non racconta propriamente una storia ma più che altro descrive una situazione e le sensazioni che suscita, fino al raggiungimento finale di una amara consapevolezza.

La protagonista vive ogni giornata a velocità accelerata perché non vede l’ora di andare all’appuntamento con… un’assenza. Mi tocca essere criptico per evitare di anticipare troppo, anche se già il riassunto in quarta di copertina rovina l’atmosfera. Basti aggiungere che il titolo non rimanda alla Didattica A Distanza ma (come intuibile dal disegno in copertina) al termine inglese per papà.

A livello emotivo si può essere coinvolti e anche commuoversi per questa prova, a livello razionale viene da chiedersi perché non togliere qualche tavola per evitare ripetizioni (anche se certe scene sono divertenti) o, meglio ancora, perché non sviluppare ulteriormente il fumetto con qualche dettaglio aggiuntivo e approfondire i personaggi. Ma d’altra parte il formato della collana Finestrini di MalEdizioni questo è.

Resta comunque la piacevolezza di una prova molto matura, che al di là del tratto stilizzato presenta delle tavole molto ben organizzate e un uso sapiente dei pieni e dei vuoti. Lisa Lazzaretti è insomma molto brava a raccontare per immagini, e non è (come si usa in altri casi) un eufemismo per dire che non sa disegnare.

giovedì 26 agosto 2021

...Goudard et la Parisienne!

Certo che ne ha fatta di strada Jean-Pierre Gibrat. Questo integrale raccoglie una trilogia che si è sviluppata negli anni ’80, e la qualità del disegno è ancora quella dei suoi primi lavori. La lettura è un po’ spiazzante, per motivi che avrebbero potuto essere spiegati da qualche parte.

Ne La Parisienne la giovane Valerie raggiunge la cugina in un paesino di campagna suscitando le attenzione degli adolescenti locali. È una vicenda prettamente descrittiva, che pur tra siparietti umoristici si concentra su pennellate localistiche relative alle usanze del paesello e ai suoi abitanti a volte un po’ particolari – taluni sono proprio delle macchiette. La trama si sviluppa lietamente senza alcun baricentro a cui dover dare conto, senza misteri da risolvere o conflitti da superare. C’è solo il “caso” di un crocifisso a cui sono state tolte le gambe, che però fornisce solo l’occasione per alcune gag e nessuna indagine, e poi l’attesa per la sagra del paese in cui la storia arriverà al culmine. Jackie Berroyer, che in pratica ha scritto solo questo fumetto, usa doppi sensi e giochi di parole e questo può renderne ostica la godibilità in alcuni punti per un lettore non francofono. Mi pare poi che abbia anche usato un po’ di argot provinciale o forse uno slang tipico degli anni ’80, con espressioni che non mi sembra siano sopravvissute nel francese di oggi. La storia termina con le due cugine che partono per il mare piantando in asso i loro “belli” e lasciando forse intendere che tra di loro c’è una relazione diversa dalla semplice parentela e amicizia (ma potrei essere io ad aver frainteso i dialoghi). Chi diavolo sia questo Goudard, però, non l’ho proprio capito e mi è parso che nel primo dei tre volumi raccolti non comparisse affatto. Sarà stato il cognome di uno dei personaggi maschili…

E invece no: nel secondo episodio l’azione si sposta effettivamente al mare, e dei ragazzi del paesello non rimarrà nemmeno il ricordo. Ma sulla scena comparirà una famigliola di campeggiatori che contempla anche il Goudard del titolo. Sembra insomma che La Parisienne non sia altro che un’introduzione alla vera storia, ma perché presentare uno dei protagonisti solo dal secondo dei tre episodi della serie? Da quanto ho ricostruito grazie a internet, il motivo è che in origine La Parisienne era uno one shot, che poi gli autori hanno voluto far confluire artatamente nella saga di Goudard, una serie che fino ad allora contemplava solo storie brevi apparse su varie riviste, e in cui Gibrat disegnava in un bianco e nero ancora meno presago delle sue piacevolezze future.

Dal punto di vista grafico si avverte un minimo miglioramento del lavoro, che però è ancora caricaturale e poco sciolto. Mi si potrà obiettare che i compagni di rivista di Gibrat a Fluide Glacial avevano praticamente tutti uno stile grottesco, e che quindi fosse un marchio di fabbrica della rivista o una richiesta dell’editore, ma François Boucq (per dire) possedeva già una grande scioltezza e piacevolezza.

Anche in questo secondo episodio Berroyer usa giochi di parole e un umorismo semplice, concentrandosi su piccole pennellate umoristiche di tranches de vie. Qui David Goudard e l’amico con cui è in vacanza tentano vari approcci con Valerie e la cugina, destreggiandosi tra i doveri imposti dalla famiglia oppressiva. Alla fine Valerie rimane incinta!

Col terzo episodio si comincia finalmente a ragionare e Gibrat, che già aveva dato sporadici ma promettenti segnali di maturazione verso la fine dell’episodio precedente, lascia da parte l’inchiostrazione grassa e le derive caricaturali. Il suo stile non è ancora ben definito, ma si nota la ricerca di un maggiore realismo e di una sintesi elegante. In alcuni punti mi ha ricordato Arno.

In questo episodio la storia (dopo la tragicomica rivelazione della gravidanza in casa Goudard) si ricollega al primo e la coppietta torna al paesello visto all’inizio insieme al neonato Robinson. David viene fatto lavorare come apprendista meccanico con la speranza che metta la testa a posto ma anche al paesello continuerà a combinarne delle sue, mentre Valerie subirà gli approcci del suo vecchio amore e non solo. Berroyer continua con il suo stile infarcito di doppi sensi, giochi di parole e umorismo a volte un po’ greve. La tragedia con cui si conclude questa serie/non-serie può essere vista come una cosa veramente drammatica anche per le conseguenze che avrà sulle vite degli altri personaggi oppure come una gustosa sterzata verso lo humour nero.

Mi pare di capire che l’ultimo volume fosse stato serializzato in origine a blocchi di quattro tavole (in totale ne conta 44): questo porta a una certa frammentarietà dovuta alla necessità di creare una gag portante per ogni puntata, e anche a una forzata mancanza di coerenza con temi e personaggi che entrano ed escono di scena a causa della limitatezza dello spazio a disposizione, senza nessun ordito sottostante a cui attenersi. Ma potrei benissimo sbagliarmi. È però vero che Gibrat verso la fine evolve ancora di più, probabilmente proprio grazie a questa serializzazione molto diluita che gli permise di elaborare il suo stile, in cui farà appunto capolino finalmente anche un barlume della sua particolare tecnica di colorazione.

Pur se non manca di una certa godibilità, …Goudard et la Parisienne! è interessante più che altro per ragioni di archeologia gibrattiana, e più in generale fumettistica: non si contano le didascalie con «più tardi», «il giorno dopo», ecc. Un fumetto d’altri tempi.

domenica 22 agosto 2021

Il cugino Bambo! Chi era costui?

Sfogliando il numero 1 di Topolino del 1949 (non l’originale, la ristampa dello Scrigno dei Numeri Uno) mi sono imbattuto in questo curioso proto-Gastone di cui ignoravo l’esistenza:


O era proprio Gastone a cui all’epoca venne dato un altro nome?

giovedì 19 agosto 2021

Fumettisti d'invenzione! - 166

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

 

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)


TOKYO KAIDO
(IDEM)

(Giappone 2008, in Morning, © Kodansha, dramma psicologico)

Minetarō Mochizuki

 

Hashi ha un corpo estraneo in testa, ricordo di un incidente: per questo dice sempre quello che pensa senza inibizioni. Ricoverato alla clinica Christania insieme ad altre persone affette da disordini neurologici (e anche l’addetto alla sicurezza della clinica e il direttore stesso hanno i loro problemi), potrebbe guarire dalla sua condizione tramite una rischiosa operazione a cervello aperto.

Hashi disegna dei fumetti che servono da contrappunto alla storia portante, e a volte la sostituiscono interamente: il primo si intitola proprio Tokyo Kaido ed è un horror che trasfigura le angosce degli ospiti della clinica (non è solo un hobby: verrà sottoposto alla rivista Weekly Young dell’editore Dystopia Shuppan) mentre il secondo, senza titolo, ha un tono e uno stile molto diversi e racconta di un pinguino e una gallina che possono volare e scoprono un mondo oltre a quello ristretto in cui vivevano.

Ma chissà, forse alla fine c’entrano anche gli alieni.


Pseudofumetti: oltre al Tokyo Kaido “d’invenzione” viene citato il fumetto Space Invaders di un autore che morì giovane suicida (Hashi va al concerto di un gruppo ispirato al manga) e viene citato Adolescence edito sempre da Dystopia Shuppan. Compare anche la rivista Kodomorning che, anche se non fosse a fumetti, si ispira nel tratto della copertina a Moebius.

 

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)



RORSCHACH (IDEM)

(Stati Uniti 2020, nel comic book omonimo, © DC Comics, giallo, supereroi, fantascienza)

Tom King  (T), Jorge Fornés (D)

 

Serie ambientata nello stesso universo di Watchmen: nel 2020 (ma vestiti e arredamenti ricordano fortemente gli anni ’70) il concorrente repubblicano alla carica di Presidente degli Stati Uniti Robert Redford, il paranoico Turley, rischia di essere vittima di un attentato se non fosse per una provvidenziale soffiata. Da qui si scoprirà una congiura dai risvolti assai complessi e stratificati. Ma chissà, forse alla fine c’entrano anche gli alieni.

 
Uno degli attentatori è il fumettista William Myerson, autore del fortunato Pontius Pirate che ha avuto un grosso e duraturo successo: ne sono anche stati tratti dei film e un altro è in uscita nel 2021. Myerson è un palese omaggio a Steve Ditko (il quale ideò il personaggio di Question che servì da base per il Rorschach di Alan Moore) anche se apparentemente di segno politico opposto rispetto a quello dell’autore reale. Come Ditko, Myerson ha vissuto per anni come un recluso nel suo appartamento, inoltre anch’egli creò un personaggio con cui dare voce alle sue idee: The Citizen, che probabilmente è un riferimento a Mr. A. più che a The Question.
In Rorschach anche altri fumettisti reali hanno una loro versione fantastica, tra cui Otto Binder e Jack Cole (che viene solo ricordato in un dialogo). Un ruolo importante viene assegnato a Frank Miller, che è addirittura coinvolto nel complotto!

Pseudofumetti: Pontius Pirate esordì sul numero 15 di Astonishing Suspense, ricalcando le origini dello Spider-man di Ditko. In questo universo in cui la nicchia editoriale dei supereroi è occupata dai pirati, Frank Miller non ha realizzato un Dark Knight basato su Batman ma The Dark Fife Returns.

 

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag. 28)

 


STUMBO THE GIANT

(Stati Uniti 1957, in Hot Stuff, © Sunland Entertainment, umorismo)

Warren Kremer

 

Stumbo è un gigante buono che ama gli abitanti di Tinytown e cerca di aiutarli come può. Ma come rivela il suo nome, più che altro finisce per combinare guai a causa della sua goffaggine.

Il personaggio nacque sulla testata Hot Stuff della Harvey e nel 1963 gli venne intitolato un trimestrale che durò 13 numeri.

 

The Colossal Cartoonist in Stumbo Tinytown 9 (1965). Warren Kremer.

Stumbo vuole fare il cartoonist (qui inteso come caricaturista più che fumettista) ma a causa delle sue dimensioni deve disegnare su superfici enormi che sono visibili da tutti, soprattutto dai singoli abitanti di Tinytown che non apprezzano di essere ritratti umoristicamente (anche se in realtà non c’è nulla di offensivo nei disegni di Stumbo). Alla fine riuscirà a trovare una superficie sufficientemente grande ma al contempo nascosta per dare sfogo al proprio estro artistico.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

 

LAS METAMORFOSIS (IDEM)

(Spagna 1968, in Triunfo, © Agenzia Zardoya, satira)

Nuria Pompeia


Partendo da immagini che offrono una raffigurazione consueta (ma non sempre tranquillizzante) dei soggetti a cui sono intitolati i singoli episodi, l’autrice le deforma fino a trasformarle in una loro parodia che ne rivela la vera natura: le comari pettegole diventano dei pappagalli, la televisione una piovra, un leader letteralmente un pallone gonfiato…

 

Felices Fiestas in Triunfo (1968). Nuria Pompeia.

In occasione delle feste natalizie l’autrice accantona momentaneamente la sua vena caustica e rinuncia a disegnare un banale quadretto natalizio (ma nelle sue mani lo sarebbe stato?) per fare gli auguri ai lettori.

venerdì 13 agosto 2021

A grande (?) richiesta

I fuori registro in bianco e nero della mia copia del volume Heilman della Nuova Frontiera.



Questa ha pure una macchia d'inchiostro


martedì 10 agosto 2021

Fumettisti d'invenzione! - 165

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

 

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – GRAPHIC NOVELS E ONE SHOTS (pag. 24)

 

BAD WEEKEND (UN BRUTTO WEEKEND)

(Stati Uniti 2019, in Criminal, © Basement Gang, Inc., noir)

Ed Brubaker (T), Sean Phillips (D)

 

Graphic novel ambientato nell’universo della serie Criminal, transitato inizialmente in versione ridotta (56 tavole su 62 totali) nei numeri 2 e 3 della collana edita dalla Image Comics, la sesta dedicata alla serie di Brubaker e Phillips, che conta anche la storia uscita direttamente in volume I Miei Eroi Sono Sempre Stati Tossici.

Nel 1997 Jacob Kurtz viene costretto a partecipare a una convention di fumetti come accompagnatore di Hal Crane, fumettista per cui fece da assistente in gioventù. I motivi che hanno spinto l’odioso Crane a imporre proprio lui (falsario figlio di un ladro) non sono edificanti e si inseriscono in un mosaico della scena fumettistica statunitense malata e verminosa, di cui fa parte l’immaginario Rook Morgan – a cui vengono attribuiti numeri riempitivi di fumetti realmente esistiti come The Haunted Tank e Man-Thing. Hal Crane, il cui nome potrebbe essere un omaggio ad Hal Foster e Roy Crane, ha partecipato a una vicenda del tutto simile alla morte di Alex Raymond, qui trasfigurato nella figura di Archie Lewis.

La serie Criminal venne già citata da Castelli per un altro ciclo di storie riguardante sempre Jacob Kurtz.

Pseudofumetti: Star King di Archie Lewis, chiaro omaggio a Flash Gordon (viene anche citato un Jungle Jackson che omaggia Jungle Jim). Hal Crane ha disegnato un sacco di fumetti di ogni genere (anche i supereroi che disprezzava), non riuscendo però ad affermarsi nel settore delle strisce quotidiane a cui teneva veramente; vengono citati i fantasy Sword of the Arcane e Zangar (che compariva in High Adventure) e la rivista Tomb of Unknown Horror a cui collaborò anche Jacob. Hal Crane fu anche l’ideatore e il visualizer principale della serie televisiva a cartoni animati Danny Dagger and the Fantasticals, che però odiava perché non ne trasse il profitto che pensava gli spettasse.


[CINEMA] AUTORI DI DISEGNI ANIMATI (pag. 101)

 

FREDDY GOT FINGERED

(Stati Uniti 2001, grottesco)

Regia: Tom Green [Michael Thomas Green]; sceneggiatura: Tom Green [Michael Thomas Green] e Derek [Kevin] Harvie, con Tom Green [Michael Thomas Green] (Gord), Marisa [Christine] Laughlin (Betty), Rip Torn [Elmore Rual Torn Jr.](Jim)

 

Gord Brody è un bamboccione immaturo che sogna di fare il cartoonist; tra i personaggi che ha inventato c’è un gatto supereroe con la vista a raggi x, una banana che fa un colloquio di lavoro e due castori. Quando le sue proposte vengono rifiutate torna a casa dove il padre lo maltratta: passa così da un lavoro assurdo all’altro (riesce inspiegabilmente a far partorire una donna), finché la visione del successo ottenuto dalla sua amica disabile che ha inventato una sedia a rotelle a razzo lo farà tornare a perseguire i suoi sogni fino a far realizzare una serie a cartoni animati con protagonisti dei centauri-zebre.

Il film è scritto e diretto dal comico canadese Tom Green, noto per il suo The Tom Green Show dall’umorismo greve: il titolo fa infatti riferimento a un’accusa di abuso sessuale sul fratello Freddy che Gord muove a suo padre per ritorsione.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

 

LA PESTE

(Italia 2021, in TuttoLibri, © Pagani/Di Nicola, riduzione letteraria)

Emiliano Pagani (T), Fabrizio Di Nicola (D)

 

L’umorismo provocatorio del “paguro” Emiliano Pagani incontra il bel segno caricaturale di Fabrizio “Pluc” Di Nicola in una trasposizione a fumetti dell’opera di Camus.

A differenza di altri lavori a fumetti ospitati sul supplemento TuttoLibri, che spesso si limitano a proporre un riassunto illustrato dei romanzi in oggetto, La Peste si segnala per una grande vivacità e per i frequenti inserti metafumettistici.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

 

FUMETTISTICAMENTE CORRETTO

(Italia 2021, in Fumo di China, © Pollicelli/Schietroma, umorismo)

Giuseppe Pollicelli (T), Francesco Schietroma (D)

 

I due autori discutono su quale anniversario possa essere utilizzato per confezionare un fumetto celebrativo per Fumo di China, ma il politcal correct rende ardua la scelta.

sabato 7 agosto 2021

Michel Vaillant Seconda Stagione 9: Duelli

La rediviva scuderia Vaillante partecipa al World Rally Championship, ma la preparazione dei piloti e dei navigatori è turbata dalla fame di successo di Daniel Farid, secondo della squadra dopo Michel che non vuole assolutamente rimanere tale e lo sfida apertamente. Con Michel e Daniel sembra che Lapière abbia voluto contrapporre un vecchio mondo delle corse (e non solo delle corse, forse) a quello moderno, visto che Daniel è fanatico dei selfie ed è estremamente social.

Nel mentre la causa contro la Vaillante intentata chissà quanti numeri fa da Dasz si risolve a favore dei nostri eroi, ma purtroppo la lieta novella dà quasi il colpo di grazia al cuore già provato del capostipite Vaillant.

Duelli si sviluppa con la solita fisiologica attenzione ai tempi dei piloti e alle descrizioni delle condizioni delle piste (da quelle ghiacciate a quelle riarse), per me è quasi arabo ma devo dire che alla fine si fa l’orecchio ai termini tecnici e la trovata meteorologica finale fa salire la suspense. Nel corso delle varie tappe del WRC Michel perde il suo copilota (ispirato a una donna realmente esistente, come evinciamo dai ringraziamenti) e a sostituirla arriva nientemeno che Steve Warson, ben contento di abbandonare i suoi asfissianti impegni politici per tornare a correre. Questo ultimate Warson un po’ new age aiuterà anche Michel a superare il trauma della perdita del fratello. Alla fine tutto si risolverà per il meglio, con tanto di un paio di colpi di scena ben piazzati. E potrebbe essere risolto definitivamente, visto che dopo anni e anni di stretta continuity arriviamo finalmente a un punto fermo – ma è ovvio che la saga continuerà. Resto comunque dell’idea che delle uscite più ravvicinate avrebbero reso più godibile questa Seconda Stagione, tanto più che molte tavole sono risolte con panoramiche e dettagli delle automobili in gara, senza dialoghi e senza che la trama si sviluppi in maniera che non sia descritta poi con i dialoghi. È anche questo il bello di Michel Vaillant, ovviamente, ma così la lettura (per chi non sta lì a rimirarsi i vari modelli di auto, almeno) è un po’ più veloce di quella di un albo “normale”.

In questo episodio i disegni mi hanno convinto un po’ meno del solito. Non parlo di quelli di Benjamin Benéteau che come al solito ha curato i veicoli, ma di Vincent Dutreuil che ha inchiostrato le figure umane senza modulare molto il tratto, così che a volte possono risultare un po’ statiche o freddine, quindi anche i pochi spunti umoristici (Michel che se la ridacchia sotto i baffi perché il padre deve fare cyclette) perdono forza. Nulla di grave, comunque, e questo nono episodio è molto godibile a livello grafico, anche grazie ai colori di Antoine Lapasset.

giovedì 5 agosto 2021

L'importanza della stampa

Incredibile come la qualità di stampa possa cambiare (di poco, ma un po’ sì) la percezione di un fumetto. Una storia breve di Arno, ad esempio, venne pubblicata con i retini molto leggeri sul numero 12 di Metal Hurlant (parlo dell’edizione italiana) mentre la stessa storia, con un titolo leggermente diverso, venne riprodotta con gli stessi retini molto più “pesanti” sul numero 16 degli Albi Orient Express, Kids.

 

Certo, non è che il fumetto cambi molto, però la versione in albo ha un che di cupo, quasi di sporco… il riempimento non sempre è uniforme, i tunnel e gli anfratti sono più scuri, le ombre più profonde e minacciose… chissà quale delle due versioni è più fedele all’originale.

Quasi quasi un giorno posto pure i fuori registro in bianco e nero del volume Nuova Frontiera di Heilman.

lunedì 2 agosto 2021

Saga Deluxe Volume Tre

Se col secondo volume l’entusiasmo era calato, con questo terzo è scemato del tutto.

Riassumendo molto brevemente i 18 capitoli, vediamo che nel primo ciclo di sei comic book originali qui raccolti Alana, Marko e compagnia trovano un momento di illusoria pace su un planetoide pur se qualcuno di loro deve affrontare i propri fantasmi, e ai fantasmi veri e propri va anche peggio; nel secondo si consumerà la tragedia dell’aborto di un secondo figlio di Alana mentre si squarcia il velo sul passato del Volere; nel terzo la situazione precipita: alcune relazioni impensabili si concretizzano, i reporter ficcanaso tornano in scena e il redivivo Volere pone fine alla vita di due protagonisti (dopo che nel primo ciclo un altro se n’era già andato).

Questa ovviamente è una sintesi estrema di un’opera che presenta moltissimi personaggi e un sacco di storie secondarie, creando un affresco soap-operistico che costituisce sia il fascino che il limite di Saga. È bello vedere come i vari protagonisti crescono e si relazionano fra di loro, ma si avverte anche il sospetto che Vaughan voglia far durare la storia ancora molto a lungo, finché le circostanze e le vendite non consiglino di arrivare alla fine, anche se è probabile che abbia già ideato un finale perché qualcosa è stato accennato: Hazel dovrebbe diventare una cantante famosa, un’intrattenitrice o una cosa così.

Anche il mondo creato dagli autori è ambivalente: se da una parte il mix di magia e ipertecnologia ha un suo fascino, dall’altra permette delle vere e proprie scappatoie narrative che un mondo più realistico (o solamente più coerente) non avrebbe permesso, imponendo invece allo sceneggiatore di spremersi le meningi con il materiale che ha già a disposizione. Qui invece se Marko deve cavarsela ecco che si ricorda di un incantesimo mai visto prima – in realtà in questo volume non succede esattamente una cosa del genere, tutt’altro, ma credo di aver reso l’idea. E allo stesso modo questa scelta stilistica permette di gettare sul tavolo elementi inaspettati senza che il lettore abbia la possibilità di intuirne la logica, come il fantasma del fratello di Hazel.

E con questo arriviamo a un altro aspetto ambivalente di Saga: da una parte Vaughan e la Staples giocano con la provocazione, presentando personaggi piuttosto disgustosi ed esibendo scene di sesso esplicito. Onore al merito: non si autocensurano come sarebbe logico aspettarsi nel bigotto settore statunitense, e inoltre l’introduzione di queste scene spesso non è nemmeno gratuita. Ma lo shock value di alcune situazioni scabrose è bilanciato da una certa melensaggine, da sequenze costruite ad arte per far scendere la lacrimuccia (magari con personaggi creati appositamente per essere sacrificati, come si può intuire a posteriori) in modo quasi ricattatorio: se il lettore non si commuove davanti allo sterminio di una razza di creaturine indifese (e quindi non apprezza il fumetto) allora è uno stronzo.

Va poi detto che leggere Saga in questo formato Deluxe rende tutto più rapido, ne falsa un po’ il ritmo: la prigionia e il successivo riscatto del Volere risultano ad esempio quasi istantanei, quando invece all’interno della storia occupano diversi mesi, che ovviamente si sarebbero percepiti con la giusta “rilassatezza” se letti un numero al mese com’era in origine. Ma d’altra parte leggere un solo episodio fa venir voglia di leggere subito quello successivo, coi fottuti cliffhanger di Vaughan!

E a proposito di finali sospesi (e a sorpresa), chissà se le morti eccellenti con cui si conclude questo volume saranno poi definitive. Dopotutto siamo sempre nel mercato dei supereroi, e le rinascite non sono certo una novità. Con tutta quella magia e ipertecnologia valide per giustificare tutto, poi…

È fuor di dubbio che Brian K. Vaughan sia bravo a scrivere i dialoghi e che Fiona Staples diventi ogni volta più brava, ma comincio a percepire una certa stanchezza verso un fumetto che, seppur meraviglioso paragonato a quant’altro esce in patria, sembra voler diventare una vera soap opera e in cui i meccanismi patemici sono spiattellati così manifestamente al lettore.