domenica 27 agosto 2023

100 anni con Jacovitti

Uscito, o almeno finito di stampare, a febbraio 2023, l’ho preso solo l’altro giorno visto che in fumetteria non era ancora arrivato niente di quanto ordinato. Si è rivelato un gran bell’acquisto.

Stefano Milioni (nella postfazione Edgardo Colabelli attribuisce a lui la compilazione della biografia) ripercorre sinteticamente la vita di Benito Jacovitti come se fosse un romanzo, con uno stile molto appassionante e un frequente ricorso ai dialoghi. La parte scritta, dal corpo tipografico grande e generosa interlinea, occupa le pagine di destra mentre su quelle di sinistra ci sono le immagini (che a volte “straripano” anche a destra), spesso delle chicche rarissime se non proprio degli inediti: foto di famiglia, l’invito alle proprie nozze che Jacovitti inviò ai politici dell’epoca (!), tavole già divise in vignette in attesa di essere riempite dai disegni, campagne pubblicitarie come quella mastodontica per la Esselunga, un rarissimo caso di disegno eseguito col pennello invece che col pennino, esempi della strabiliante abilità figurativa di Jacovitti quand’era ancora studente d’arte…

Ovviamente per l’appassionato jacovittiano molti aneddoti saranno stranoti, ma per me che sono relativamente profano è stata una sorpresa scoprire come Jacovitti scappò fortunatamente dal camion che lo avrebbe portato in un campo di prigionia o la fine che un carabiniere assai zelante fece fare alla sua collezione di armi. Non tutte le vicende rievocate sono esilaranti come i duelli tra lui e Nevio Zeccara: è anzi agghiacciante immaginarsi la scena (che si ripeté varie volte) del Benito Franco bambino che doveva “accompagnare” in chiesa in bicicletta dentro una scatola i fratelli nati morti.

Questa lussuosa celebrazione del centenario della nascita di Lisca di Pesce consta di 208 pagine in grande formato, è cartonata e stampata su carta patinata ad alta grammatura e presenta una prefazione di Vincenzo Mollica. Cosa rarissima al giorno d’oggi, la qualità della stampa è perfetta o poco meno: il costo di 28 euro, quindi, non mi pare affatto eccessivo.

giovedì 24 agosto 2023

Patagonia Fantástica (terza edizione)

Terza edizione (la prima, che possiedo, era orizzontale e in bianco e nero) di un testo che fonde racconti folkloristici, analisi antropologica e brevi storie a fumetti. Nel corso del suo lavoro di ricercatore Alejandro Aguado si rese conto da molte delle testimonianze raccolte che la Patagonia possiede una sua mitologia specifica. Approfondendo l’argomento con molti testimoni e altri ricercatori elaborò quindi questo “bestiario” riccamente illustrato. Il suo lavoro ha fornito anche la base per un documentario.

Ci sono delle leggende e delle entità ovviamente radicate nella cultura locale, come quelle di El Chapeado e del Muitu (una specie di uomo-struzzo), ma è interessante notare le similitudini di alcuni archetipi che ritornano anche a distanza di mezzo mondo: i Machi e i Calcù somigliano molto a Beneandanti e Strighi delle mie parti e l’Inchimallen è in fondo l’ennesima declinazione del folletto, per quanto in salsa india. Per non parlare della Luz Mala che è in sostanza il fuoco fatuo che si ritrova in tante tradizioni – anche se qui ce ne sono di colori e caratteri diversi. Ci sono addirittura degli analoghi del Mostro di Lochness!

Tra i tanti, è molto interessante il ritratto del «Hombre en Negro», di cui viene citata la versione cilena diametralmente opposta (è buono e non indisponente) e di cui viene fornita una testimonianza di prima mano con tanto di fotografia – di testimonianze dirette Aguado ne fornisce anche altre.

Rispetto alla precedente versione, lo stile di grafico di Aguado si è fatto più realistico, a cominciare dall’introduzione illustrata (una vera e propria dichiarazione d’intenti), probabilmente approfittando dal cambio di formato che avrebbe reso inutilizzabili le vecchie immagini. Lo stile caricaturale fa ancora capolino soprattutto nei fumetti, magari per smussare gli aspetti più spaventosi di esseri come il Calcù e l’Hombre de Negro.

Il lavoro di continuo aggiornamento si vede anche nella mappa finale (a cui se ne aggiunge una nuova), adesso più articolata e specifica. In appendice questa terza edizione presenta l’intervista all’autore realizzata da Jorge Boccanera che già comparve nell’edizione precedente.

Al di là della piacevole lettura Patagonia Fantástica è interessante dal punto di vista antropologico, permettendo da una parte di scoprire quali sono le credenze e i “mostri” tipici di una zona geografica così specifica e dall’altra di riscontrare come certi archetipi si mantengono pressoché invariati anche a latitudini molto diverse e siano in sostanza un retaggio comune all’umanità intera.

Anche questo volume è ordinabile presso duenche@gmail.com.

mercoledì 16 agosto 2023

Hellions: Debito di sangue

I disegni della copertina vista sull’Anteprima mi sono sembrati molto belli e ho pensato che la Panini non avrebbe pubblicato un volumone di questo calibro se la storia non fosse stata proprio memorabile. Mi sono sbagliato su entrambi i fronti.

Scopro con sorpresa che il nuovo status dei mutanti Marvel (o almeno lo status di 3 anni fa, la serie è del 2020) contempla una nazione sovrana retta da alcuni pezzi grossi di quella razza, alcuni a me sconosciuti, senza distinzione tra “buoni” e “cattivi” storici. Come ho scoperto nel corso della lettura, i mutanti hanno trovato un sistema per rigenerarsi completamente e quindi sono potenzialmente immortali, anche se questa rigenerazione è sottoposta a delle norme precise e alcuni non possono accedervi per decisione del Consiglio Silente dell’isola-stato mutante. Se lo avessi saputo prima certe sequenze sarebbero state molto meno impressionanti, quindi meglio così.

Sinistro crea una task force di mutanti problematici, in cui la forza bruta è indispensabile (così si sfogano un po’) e la loro sopravvivenza non è prioritaria, per delle missioni ad alto rischio che in qualche modo possano magari smuoverli dai loro traumi. Si aprono le danze con la bonifica di un vecchio centro per la clonazione (e/o la manipolazione genetica) dello stesso Sinistro, che all’insaputa degli Hellions adesso è il dominio di una strega/demone/clone. La mia quasi totale ignoranza sulla storia dei mutanti mi ha impedito di cogliere i molteplici riferimenti di cui è infarcito questo primo arco di quattro episodi. Ma oltre a sequenze strappalacrime che solo i Marvel zombie di lungo corso possono apprezzare, ci sono azione e ironia, quindi va bene anche così. E poi i disegni di Segovia sono proprio belli.

La serie riprende dopo un salto di due episodi, forse coinvolti in qualche cross-over e incomprensibili presi a se stanti. Però evidentemente i numeri 5 e 6 sono stati importanti per la continuity della serie, visto che scopriamo che gli Hellions sono tutti morti in missione! Poco importa, tanto vengono resuscitati… che questo meccanismo della rigenerazione dei mutanti voglia essere una specie di satira sulla revocabilità della morte nel mondo dei supereroi? L’incipit di questa nuova avventura è la necessità di ricostruire un’armatura contenitiva per Orphan-maker, che pare avere un gene mutante instabile: per farlo gli Hellions (un paio potenziati dal processo di rigenerazione dopo la morte) dovranno recuperare l’astronave della “tata” robotica di Orphan-maker. La situazione viene sciolta con una soluzione che ricorda la svolta di Swamp Thing introdotta da Alan Moore. Dopodiché la storia vira sul rapimento di Sinistro; peccato che il vero colpevole sia il nemico più ridicolo degli X-Men, e in generale uno dei personaggi più assurdi mai creati, forse addirittura peggiore del Joker. Il tutto calato nel banale scenario in cui tutto avviene nella mente dei personaggi. Una sequenza fiacca salvata a tratti dalle trovate divertenti di Wells e da un meccanismo di doppi e tripli giochi un po’ inverosimile. Verso la fine anche Segovia mostra un po’ la corda.

Dopo un episodio vagamente umoristico in cui anche i membri non invitati si imbucano a un evento mondano di livello mondiale, ha luogo la run finale con un’intelligenza artificiale mutante autogenerantesi sottratta negli episodi precedenti e una minaccia di livello divino ereditata dai due episodi saltati, come risalente a quel dittico è un doppio di Sinistro. Alla fine si scopriranno degli ulteriori doppi giochi e piani segreti, ma nulla che faccia riscattare la serie. Che anzi sembra solo un’enorme giustificazione per il ritorno di Madelyne Pryor, chiunque essa sia. Almeno vengono tolti di scena due personaggi tra i più ridicoli che abbia mai visto.

Lo stile di Zeb Wells è piacevole (simpatici gli inserti con documenti di vario tipo che aggiungono dettagli alle storie) ma purtroppo c’è un pregresso enorme alle spalle della serie e tantissime cose mi sono sfuggite. Se Stephen Segovia fa generalmente un buon lavoro (ma in netto calo già prima di metà serie) il suo sostituto Rogê Antônio non è allo stesso livello, come nemmeno lo Zé Carlos che lo ha aiutato nell’ultimo episodio. I colori dei primi 10 numeri sono opera di David Curiel, che passa il testimone a Rain Beredo negli ultimi sei. Francamente non capisco perché il secondo abbia voluto fare ricorso anche ai retini, che non facilitano la lettura di alcune vignette (tutt’altro).

Non so se Hellions entrerà nella storia del fumetto (ne dubito) e mi pare che l’edizione deluxe della Panini sia assolutamente immeritata. Cionondimeno è stato comunque una lettura vagamente gradevole di cui ho gradito più che altro le punte di sarcasmo. Per il resto, è una lettura riservata ai conoscitori di lungo corso della Marvel.

domenica 13 agosto 2023

Hai rubato anche tu questo disegno?

Dalla recensione sull’ultimo Fumo di China mi è sembrato un fumetto simpatico e utile per i Fumettisti d’invenzione. Centrati entrambi i bersagli.

L’autore Alessandro Ripane, praticamente sempre muto (ma dai dialoghi capiamo che gli altri personaggi riescono a “sentirlo”), si presenta alle sfavillanti Edizioni BD con il suo nuovo progetto. Questo però gli viene rifiutato perché i responsabili della casa editrice ravvisano una netta somiglianza con un disegno che da anni circola in rete. Solo che il vero autore di quel disegno è proprio lui, che è stato derubato della sua immagine persino da nomi eccellenti come i Prodigy!

Depresso e assillato dai due bambini del suo disegno (che vorrebbero facesse un fumetto su di loro), Ripane si rivolge prima a uno psicologo su “suggerimento” della sua ragazza, poi imbocca la strada della violenza contro i malfattori e infine assolda un detective con cui vivrà avventure surreali finendo per essere “derubato” anche da lui!

Alla fine il desiderio dei bambini verrà esaudito, il loro fumetto sarà pubblicato (ovviamente è quello che abbiamo appena letto) e per l’occasione anche noi riusciremo finalmente a sentire la voce dell’autore.

Hai rubato anche tu questo disegno? è una cavalcata frenetica e divertente in cui Ripane ha sublimato la frustrazione di non aver visto il becco di un quattrino dallo sfruttamento della sua opera (riprodotta anche su magliette e tatuaggi) in uno sfogo deflagrante in cui la metanarrazione non è per una volta una facile scorciatoia ma il motore e la chiave di volta di tutta la storia.

I disegni sono stilizzati, sospesi tra underground e graffiti ma con una solida conoscenza di movimento e proporzioni alla base. Mi hanno ricordato un po’ certi autori “xilografici” come il Prof. Bad Trip. Il risultato mi è piaciuto anche se la stampa non è buona e trasmette l’impressione che le pagine siano la riproduzione di originali molto più piccoli, che con l’ingrandimento sono finiti smangiucchiati, retini compresi. Ma magari è un effetto voluto.

Un fumetto veramente simpatico, che offre al lettore anche l’occasione per interrogarsi se a sua volta Ripane non abbia voluto “citare” più o meno consapevolmente il marchio della vecchia etichetta discografica La Voce del Padrone.

giovedì 10 agosto 2023

Spider-man: Affari di Famiglia

Beh, i testi erano del Mark Waid che aveva firmato quel bel ciclo di Devil e mi è venuta la curiosità di leggerlo nonostante si profilassero anche i disegni cachettici di Werther Dell’Edera.

Dopo un micidiale autogol in cui un flashback svela chi è il colpevole di quel che leggeremo e qual è il meccanismo con cui agirà, comincia la storia. Peter Parker viene salvato dal rapimento da parte di un gruppo armato nientemeno da quella che si presenta come sua sorella. Teresa Parker è degna figlia dei suoi genitori e lavora per la CIA. E qui sono stato proiettato indietro di quasi quarant’anni: da bambino credo di aver letto tra i vari albi Corno che avevo ereditato da un parente proprio la storia in cui veniva svelato che i genitori di Peter Parker erano degli agenti segreti. Concetto probabilmente modificato, smentito, retconnato chissà quante volte – o magari si tratta solo di un mio falso ricordo.

La situazione che si profila è la seguente: i coniugi Parker avevano nascosto in Egitto una caterva d’oro nazista insieme a un Dormiente come guardiano, e solo chi può esibire il codice genetico di papà Parker (cioè Peter) può sbloccare il meccanismo tecnologico che permette di accedervi.

E qui mi è scattata un’altra madeleine proustiana: i “Dormienti” sono i robot nazisti che avevo visto da bambino in quel terrificante cartone animato (neanche tanto animato) di Capitan America – o anche questo è un falso ricordo?

Per poco più della metà la storia è gradevole e appassionante, un mix di James Bond e Indiana Jones. Nulla di trascendentale, ma “funziona” alla perfezione anche perché i protagonisti avrebbero potuto essere chiunque. Poi però i cliché del genere impongono la loro ingombrante presenza e quindi via con le mazzate, tra battutine sceme e sequenze che invece vorrebbero avere chissà quale profondità. L’identità segreta di Peter Parker viene svelata ma tanto c’è di mezzo un telepate e quindi alla fine tutti amici (o nemici) come prima. E poi c’è ancora spazio per un sotto-finale di quelli stupidi che possono voler dire tutto o niente, in questo caso credo proprio niente: solo un’esca gettata a cui nessun altro autore avrà abboccato. Vabbè, diamo la colpa a James Robinson che ha cofirmato la sceneggiatura.

Comunque il difetto più grande di Affari di Famiglia (oltre ai consueti riferimenti alla continuity che mi sono sfuggiti) è che Waid non ha giocato con le aspettative del lettore come speravo e alla fine si scopre che il retroscena era proprio quello che il lettore aveva subodorato sin dall’inizio, e il flashback iniziale non era una falsa pista. Se fosse veramente esistita una Teresa Parker sarebbe stata una bella sorpresa, altroché.

Il comparto grafico, almeno, è di altissimo livello. Credo che Dell’Edera abbia fatto i layout su cui poi Dell’Otto ha dipinto. Anche se meno dettagliate di altri suoi lavori, le tavole sono splendide e non perdono efficacia (forse addirittura ne acquistano di più?). Al di là del dinamismo, dell’espressività e dell’obiettiva bellezza, si fanno apprezzare per l’ottimo lavoro svolto sul cast dei comprimari, con una scelta azzeccatissima dei volti giusti. E il suo Kingpin è fantastico.

Purtroppo queste tavole mi sono sembrate sprecate per una storia del genere, così come il soggetto che avrebbe potuto portare a sviluppi originali – ma poi chi li sentiva i fan della Marvel?

martedì 8 agosto 2023

Enrique Mosconi

Oltre a Don Casimiro Szapeliz, un altro personaggio poco conosciuto della storia argentina a essersi meritato un biopic a fumetti da La Duendes è Enrique Mosconi. Di origine italiana, intraprese in giovane età la carriera militare seguendo la tradizione del ramo materno della famiglia, ma il titolo di “colonnello” fu quasi solo simbolico visto che si distinse come ingegnere e industriale.

Mosconi, che operò agli inizi del XX secolo, era guidato da una visione dell’Argentina (e più in generale del Sud America) che fosse autosufficiente e spinse affinché venisse creata un’industria nazionale senza dover più dipendere dai beni forniti dall’Europa, in cui spesso andava per aggiornarsi e approvvigionarsi. Ma al contempo fu anche determinante nel creare un’aviazione argentina che fornisse sia una forza militare aerea che un sistema di trasporto attraverso le enormi distanze nazionali. Ideò le prime rotte aeree interne al paese e la loro organizzazione in scali principali e secondari.

Purtroppo gli accordi con i rappresentanti della ditta statunitense fornitrice di carburante, che volle essere pagata in anticipo, non andarono a buon fine: la storia di Mosconi si intreccia quindi con quella dell’YPF, la compagnia petrolifera nazionale argentina, di cui diventa direttore generale nel 1922. E di conseguenza anche la politica (estera ma soprattutto interna) si intreccia con la sua vita fino a determinarne l’esilio – cosa in fondo non così tragica visto che in Francia si accasò.

Rientrato in patria, divenne un personaggio scomodo a cui nemmeno i governi che si succedettero in Argentina perdonarono di non aver partecipato al golpe contro Yrigoyen.

Il fumetto è frutto di un grande lavoro di documentazione, anche a livello iconografico (le varie fasi della vita di Mosconi sono inframmezzate da poster d’epoca reinterpretati da Alejandro Aguado), e cita direttamente anche i discorsi che fece in varie occasioni il protagonista o il suo amico fraterno Baldrich. Il risultato è quindi molto scritto, anche per la necessità di fornire un quadro più generale e spiegare ad esempio come nacque la YPF – e l’aneddoto della scoperta del petrolio nel Chubut è quasi esilarante! Non mancano comunque sequenze più dinamiche e addirittura un capitolo praticamente muto, escludendo titolo e onomatopee.

Lo stile di Aguado si adatta all’argomento e abbandona il suo lato grottesco in favore di una rappresentazione realistica a volte quasi granitica nella sua monumentalità: inevitabile, visto che molte immagini sono ispirate a fotografie d’epoca e ovviamente nelle occasioni ufficiali i soggetti ritratti si mettevano in posa.

Il gusto metafumettistico dell’autore è invece ancora ben presente e, oltre alle reinterpretazioni dei poster ricordate sopra, si abbandona al gioco di inserire in alcune tavole dei personaggi della storia del fumetto (non solo argentino) a volte ben nascosti tra la folla. Al lettore il piacere di individuarli o magari di scoprire personaggi di cui ignorava l’esistenza. Peccato che le “soluzioni” non siano state messe alla fine del libro ma in calce delle tavole, dove è più facile sbirciarle anche involontariamente. Oh, beh, basta coprire le note a piè di pagina e il gioco funziona lo stesso.

domenica 6 agosto 2023

I Mondi di Thorgal 12 - La Giovinezza di Thorgal 5: Le Lacrime di Hel

Ultimo volume della Jeunesse di Thorgal, e immagino di tutti i suoi Mondi (in Francia hanno infatti cominciato a produrre delle versioni “vu par”). Visto che gli episodi raccolti stavolta sono tre invece di due la Panini ha aumentato il prezzo in maniera alquanto sproporzionata: ben 24 euro contro i consueti 14. Ma non ha senso lamentarsi, anzi meno male che hanno concluso la serie nel formato “integralino” che ormai è stato abbandonato – come, mi pare, quasi tutto il fumetto franco-belga per Panini.

La prima storia, quella che dà il titolo al volume, vede l’eterogeneo gruppo di Thorgal in fuga per mare da Harald Dente Blu approdare nientemeno che sull’Isola dei Morti di Böcklin! Dubito che il pittore svizzero si fosse ispirato a un aldilà norreno per il suo quadro ma questa idea mi ha reso un po’ più tollerabile la citazione forzata – qui l’isola si chiama Bóhk Lhynn. Nessuna scappatoia, invece, per sopportare lo stridore dell’“omaggio” ad Arleston/Arlesthön tra i rematori…

Superati questi momenti di perplessità, la storia si rivela una bella trama d’avventura come non se ne fanno più: l’isola parrebbe essere il portale da cui si accede al regno di Hel, la dea dell’aldilà (oltre a una necropoli c’è persino una gigantesca valchiria a presidiare un simbolico ponte) ma come scoprirà il giovane Thorgal in realtà si tratta del rifugio di una comunità di donne che hanno preferito l’isolamento alla violenza dei maschi, approfittando delle superstizioni e delle difese naturali dell’isola per proteggersi. Contemporaneamente (anzi, proprio all’inizio dell’episodio) viene svelato il retaggio di Sveynn che avrà un ruolo molto importante nella storia quando arriverà il momento dello scontro finale contro Harald. Peccato che dopo due anni dall’uscita dell’ultimo volume io manco ricordassi che esistesse questo Sveynn.

A voler cercare delle ispirazioni per alcuni degli elementi di Le Lacrime di Hel le si troverebbero sicuramente, ma più che l’originalità assoluta degli ingredienti quello che importa è il riuscito utilizzo che ne fa Yann, scrivendo una storia appassionante con qualche colpo di scena abbastanza riuscito e anche delle morti eccellenti. Probabilmente avrebbe tratto beneficio da qualche pagina in più, o meglio da una diversa gestione delle tavole (basate su tre strisce, talvolta per un totale di solo sei vignette), per svilupparsi in maniera ancora più compiuta e soddisfacente.

Il secondo episodio, Sidönia, è quasi solo un lungo flashback per ricostruire com’è morto Thorgal (!). Infatti Sveynn non è affatto ben accetto in patria, dove la diabolica bambina del titolo, figlia di Harald e altrettanto crudele e amante della violenza, prende il potere grazie all’aiuto di un’entità sovrannaturale che risiede nella pelle dell’orso bianco ucciso qualche numero fa e che già consigliava il vecchio re. Si scatena quindi una feroce guerra ad Haithabu in cui Sveynn coinvolge altre popolazioni vicine: ne esce un episodio che paradossalmente consta di più tavole delle canoniche 46 nonostante sia molto più lineare degli altri, che seguivano due o più trame che si intrecciavano.

Il gran finale arriva con Grym, in cui da una parte Thorgal intraprende il cammino mistico che lo porterà fuori dal regno dei morti e dall’altra Aaricia si strugge nell’attesa di rivedere l’amato nel villaggio che l’ha accolta. Purtroppo la prima trama è maledettamente simile a quella di Al di là delle ombre, forse l’episodio più bello di tutta la saga principale, e anche il meccanismo con cui Thorgal torna in vita è praticamente lo stesso. Che sia un omaggio voluto piuttosto che mancanza di ispirazione da parte di Yann non cambia nulla. Molto meglio la parte relativa ad Aaricia, che presenta la trovata originale della popolazione di reietti che, ancor prima di abitare le grotte, sono diventati daltonici ma hanno sviluppato la capacità di vedere al buio. Sarà proprio durante la permanenza di Aaricia nel villaggio che il popolo troglodita lo assalterà per vendicarsi, portando a una guerra che presenterà più di un momento di alto lirismo drammatico. Come nel caso di Le Lacrime di Hel, anche qui però ho avvertito la necessità di sviluppare un po’ di più la storia, con qualche pagina in più o un’organizzazione diversa delle tavole, anche se immagino che non si sia voluto spremere troppo il già provato Surzhenko.

Il suo disegno è quello un po’ esausto delle ultime prove. Qualche volto e qualche posa sono belli ed evocativi (ispirati probabilmente a fotografie) ma inevitabilmente ha dovuto sacrificare la cura certosina delle sue prime prove sull’altare della frenesia commerciale. Il passaggio del testimone dei colori a Elvire De Cock non è affatto traumatico, anzi piuttosto rispettoso di quelli dello stesso Surzhenko, anche se la loro natura digitale è più evidente. A inframmezzare gli episodi ci sono le copertine originali di Grzegorz Rosinski, che nel caso della prima e della terza dimostrano la sua età – quella di Grym l’avrà davvero dipinta lui? Sembra fatta col computer.

Nel complesso questa serie, così come gli altri Mondi di Thorgal, si è rivelata una lettura piacevole pur non potendo ambire al titolo di capolavoro. È anche vero che in questa epoca di autofiction, graphic journalism e graphic novel una bella storia d’avventura è una boccata d’aria fresca, e vista la rarità del genere mancano termini di paragone con cui fare confronti.

Una nota negativa di questa edizione è rappresentata dalla traduzione: certi passaggi mi sono sembrati forzati o poco comprensibili ma sulle prime ho pensato che fossi io a non aver capito bene il contesto… finché sono incappato in vari «donjon» che sono rimasti inspiegabilmente in originale! Una cosa incredibile visto che della traduzione si è occupato un nome illustre come Pier Luigi Gaspa.

venerdì 4 agosto 2023

Don Casimiro - Una vida de aventuras y leyenda en Patagonia

Dopo un periodo di pausa la casa editrice La Duendes ha ripreso a pubblicare volumi, realizzati a vario titolo (ricercatore, disegnatore e soggettista come in questo caso) dal suo animatore Alejandro Aguado.

In questo libro è di scena Casimiro Szapeliz, una celebrità locale di Colonia Sarmiento: imprenditore dalle grandi ambizioni purtroppo non soddisfatte e a un certo punto aviatore civile più anziano in Argentina.

Il fumetto è frutto di uno scrupoloso lavoro di documentazione da parte dello sceneggiatore che ha anche intervistato due delle figlie di Don Casimiro e un suo nipote, oltre ad altre persone a lui vicine. La trama prende l’avvio seguendo le orme della famiglia lituana Szapeliz che piuttosto che venire segregata in Siberia tenta la fortuna dall’altra parte del mondo, in Patagonia. Giunto quindi a Colonia Sarmiento nel 1903, Casimiro ancora bambino familiarizzerà con gli indios Tehuelces, troverà moglie (ma che fatica per riuscire a sposarla…) e incontrerà nientemeno che Antoine de Saint-Exupéry; il suo spirito irrequieto e intraprendente lo porterà nel 1939 con famiglia al seguito alla Sierra di Payagniyeo (da cui trasmetterà persino degli spettacoli radiofonici) dove tenterà la fortuna con “El Solcito”, una miniera di ferro e rame. Ma molto spazio viene dedicato alla passione di Don Casimiro, che in più di un’occasione divenne anche un lavoro e l’occasione di vivere delle avventure: l’aeroplano.

Fisiologicamente la narrazione procede in maniera frammentaria dovendo coprire quasi un secolo di storia (Don Casimiro morì nel 1983) in poco più di 100 tavole, quindi vengono raccontati gli episodi più rilevanti della vita del protagonista. Questa struttura genera 17 capitoli perfettamente autoconclusivi sebbene ovviamente legati tra di loro (almeno un episodio si è visto in un’altra pubblicazione di La Duendes) e permette l’alternanza di un registro umoristico accanto a un altro avventuroso, pur con una certa amarezza di fondo: come dirà il protagonista verso la fine della sua avventura, tentò di sfruttare la miniera e la miniera sfruttò lui.

I disegni di Juan (o meglio Giovanni) Dalfiume sono decisamente buoni. Molto popolare in Argentina, io francamente non lo avrei messo nello stesso Olimpo di Zanotto, Mandrafina, Garcia Seijas, Breccia, ecc. ma in questo caso ha sviluppato uno stile molto più raffinato di quello che gli ricordavo, elaborando suggestioni prattiane e caniffiane con un lavoro sulle sfumature e sui grigi che mi ha ricordato Alberto Breccia. D’altro canto gli episodi sono stati realizzati a distanza di tempo l’uno dall’altro e avrà avuto tutto il tempo per sperimentare. Molto suggestiva la resa del vento e delle distanze enormi della Patagonia. Bello il lettering fatto a mano, così raro oggigiorno.

In appendice è presente un ricco apparato fotografico.

Chi fosse interessato può rivolgersi a duenche@gmail.com.

mercoledì 2 agosto 2023

Altro suggerimento per trascorrere un'estate divertente e istruttiva

Andate a correre in bici nelle parti più ghiaiose di Fossalon.

 
 
Controindicazione: alcuni elementi in ceramica del Rado regalatovi per la laurea potrebbero saltare. Ma si aggiusta. Credo.