domenica 31 luglio 2016

Quasi signorina

Graphic novel che riassume l’infanzia di una bambina napoletana mentre in sottofondo si dipana la Storia recente d’Italia.
A volersi lasciare trasportare, Quasi signorina occasionalmente diverte e commuove ma come tutti gli altri prodotti simili dà l’impressione al lettore di essere un voyeur che spia l’intimità di una famiglia e peggio ancora di una ragazzina cercando gli aspetti pruriginosi, che in effetti non mancano, con la scusa della pretesa artisticità del prodotto (Persepolis avrebbe avuto lo stesso successo con un protagonista maschio? Ne dubito).
Unica concessione alla semplice cronaca, la protagonista ha dei dialoghi immaginari con Diego Armando Maradona che riveste così il ruolo dell’Elvis di Una Vita al Massimo o del John Wayne di Preacher.
Sono rimasto colpito nel constatare come, nonostante l’autrice abbia dieci anni meno di me, condividiamo un immaginario comune (Drive-in, i Masters, ecc.), forse a testimonianza di quanto gli anni ’80 siano stati una fucina di miti popolari la cui eco è durata a lungo. E in maniera più disarmante mi ha colpito constatare come trent’anni fa la situazione economica italiana fosse drasticamente diversa da quella attuale,  e una famiglia composta da un padre conducente d’autobus che arrotonda facendo il grafico e una madre infermiera potesse permettersi di abitare in uno stabile come quello descritto e farsi delle vacanze come quelle che racconta l’autrice.
Vista la categoria merceologica in cui è inserito il suo fumetto, Cristina Portolano ce la mette tutta per disegnare peggio che può, ma purtroppo per lei e fortunatamente per il lettore il suo evidente talento viene inevitabilmente alla luce alla faccia dell’etichetta del graphic novel. La scelta di virare il tratto in 3 o 4 tonalità pastello rende bene l’idea dell’evanescenza dei ricordi, ma alla fine uniforma tutte le sequenze senza dare maggior risalto a quelle che potevano essere più coinvolgenti a livello emotivo. Ma forse l’autrice voleva proprio ottenere questo risultato.
Sicuramente come graphic novel è migliore di moltissimi altri prodotti che rientrano nella stessa categoria, soprattutto dal punto di vista grafico, ma francamente dopo avere finito di leggere Quasi signorina non vedevo l’ora di tuffarmi negli ultimi numeri di Il Morto e Battaglia.
A integrazione del fumetto ci sono due pagine di documentazione di cui si è servita l’autrice (foto di famiglie, le lettere di Barbie, ecc.) e un codice QR con cui accedere alla colonna sonora consigliata durante la lettura del volume.

venerdì 29 luglio 2016

Fantastici Quattro Season One

Nuovo membro del club del 25% di sconto. Come riportato nell’introduzione di Tom Brevoort, il progetto “Season One” era stato pensato come ideale starting point per lettori nuovi presentando le origini delle varie testate nel formato di moda del graphic novel, quindi non miniserie ma un unico volume con tutta la storia (sarà vero? A me sembra che qui ogni venti pagine circa ci sia un cliffhanger).
L’ho preso principalmente per i disegni di David Marquez, ma anche i testi di Roberto Aguirre-Sacasa sono piacevoli – per quanto possano esserlo i testi dell’ennesima rilettura di supereroi classici. Mi pare che lo sceneggiatore si muova perfettamente in equilibrio tra rigoroso scrupolo filologico e umorismo moderno. In questo volume sfilano le origini del quartetto, l’Uomo Talpa e Namor, con una fugace comparsata del Dottor Destino. Così a occhio mi sembra che il materiale ripreso e riadattato arrivi fino al numero 4 della serie originale, escludendo un villain minore come l’illusionista di cui non ricordo il nome ma anche gli Skrull, che non mi pare siano così minori.
Sulle prime pensavo che Alyssa Moy fosse frutto di retcon ma da rapide ricerche risulta che sia presente nella cosmologia dei Fantastici Quattro da quasi vent’anni. Del tutto originale mi sembra invece l’alleanza tra i protagonisti e l’Uomo Talpa. La storia è quella classica trita e ritrita dei Fantastici Quattro, ma Aguirre-Sacasa ha saputo renderla abbastanza avvincente e divertente. La scelta finale di Ben Grimm di tornare a essere la Cosa mi è sembrata un po’ forzata ma immagino che riprenda il materiale originario – che poi… col funzionamento sperimentale del macchinario avrebbe anche potuto morire, rimare umano o trasformarsi in qualcos’altro, eppure torna a essere proprio la Cosa!
I disegni di Marquez sono molto buoni (fantastica la sua interpretazione di Namor) e quasi sempre stampati in maniera dignitosa. Nella palestra dove si allena Ben Grimm ci offre anche un cameo di Jack Kirby.
Per nove euro ne valeva la pena.

mercoledì 27 luglio 2016

Ut 5: Histeria

Semplicemente stupendo questo quinto episodio di Ut. Gli sbandati protagonisti si addentrano finalmente nella/e Casa/e e la narrazione prosegue appassionata, tesa e coinvolgente per tutte e 94 le pagine. E oltre a questo viene spiegato praticamente TUTTO quello che si è visto nei numeri scorsi.
In precedenza ho evitato di parlare di quello che avveniva negli episodi di Ut perché francamente a volte non mi ci raccapezzavo, in questo caso non dico nulla perché ogni commento sarebbe uno spoiler. Alla fine credo che la difficoltà nel trovare un fil rouge e quindi nel comprendere appieno la trama della miniserie sia dovuta non tanto al suo tono onirico e grottesco quanto ai mesi di distanza con cui si è stati costretti a leggere i singoli episodi. Una lettura organica nel volume che sicuramente farà seguito a questa pubblicazione da edicola sarà senz’altro più godibile e soddisfacente – e se magari quel volume verrà stampato su carta patinata sarà molto meglio per la resa dei disegni di Roi. A proposito della parte grafica, in Histeria Roi si è semplicemente superato.
Grazie a dio non c’è nessun elemento metatestuale, stavolta. Segnalo solo una piccola “papera” di Roi: a pagina 71 Caligari raccoglie una mano destra, che però a pagina 72 diventa una mano sinistra.
Ut potrebbe benissimo concludersi qui: credo che il sesto e ultimo capitolo verterà principalmente su chi si cela sotto la maschera di Ut, ma per me non è un particolare poi così determinante.

lunedì 25 luglio 2016

La Saga dei Bojeffries



Uno dei volumi a fumetti che ho atteso più a lungo – il Lazarus Churchyard annunciato da non ricordo più chi penso che non lo vedrò mai. The Bojeffries Saga era stata presentata su un catalogo della Fantagraphics che ancora possiedo come la Famiglia Addams in acido, mentre era parere comune e diffuso che fosse una satira della working class britannica. Si può dire che sia entrambe le cose, nessuna di esse in particolare, e molte altre ancora. O meglio, che sarebbe potuto esserle visto che alla fine La Saga dei Bojeffries è stato un po’ un fuoco di paglia, un esperimento che non ha potuto compiersi nella sua interezza, o almeno questa è l’impressione che mi ha dato.
Al numero 5 di un quartiere popolare vive una famiglia di immigrati, i Bojeffries, composta dal padre Jodremus, dal figlio Reth, dalla figlia Ginda (bruttissima ma dotata di forza spaventosa e non troppo addentro nelle questioni di sesso che vorrebbe sperimentare il prima possibile), da un neonato atomico che non si vede mai e dal padre di Jodremus che è diventato una sorta di mostro cthulhoide. Concludono il quadretto di famiglia i due zii Zlüdotny, un vampiro vegetariano e un licantropo che invece la carne l’apprezza anche troppo.
La “saga” si è dipanata per parecchi anni ma con pochi episodi sparsi, con edizioni diverse e con l’inevitabile evoluzione dello stile di disegno e anche delle temperie culturali che prendevano di mira gli autori. Sicuramente le fortune alterne della rivista Warrior che le diede i natali hanno influito su questa frammentarietà. Escludendo due episodi non prettamente a fumetti e la lunghissima conclusione di pochi anni fa (ben 24 tavole su un totale di 91) non ci restano che solo cinque archi narrativi, e quelli sul Natale e sullo zio vampiro hanno più il sapore dello speciale e dello spin-off, entrambi caratterizzati da un umorismo demenziale più estemporaneo che negli altri episodi. Da ciò la mia impressione di incompletezza, di semplice introduzione a quello che avrebbe dovuto essere un fumetto ben più articolato.
La prosa di Alan Moore è ovviamente piena di citazioni, doppi sensi e costruzioni sintattiche ricercate: non dico che a confrontare la prima storia introduttiva con la versione precedentemente pubblicata in italiano da Star Comics su A1 (Star Book 8) sembrino due fumetti diversi, ma le differenze sono molto marcate. Rimando a quel volume per scoprire cosa sia il Bovril citato nel primo episodio. L’erudizione che Moore profonde nel fumetto è però al servizio di trame e situazioni veramente spassose (curioso come la conclusione de La sera libera di Raoul sia molto simile, soprattutto ideologicamente, a quella del Cauchemar Blanc di Moëbius) e la breve storiellina Festus: l’alba dei morti viventi con protagonista il fantozziano zio vampiro è veramente esilarante.
Purtroppo Alan Moore non ha resistito nemmeno qui alla tentazione di infilare il suo proverbiale episodio interamente in prosa, ma questo (Vacanze Estive, un diario delle ferie di Reth) è comunque divertente mentre invece non lo è per niente Canto delle Terrazze, l’ennesima fottuta versione in forma di musical di una storia, che resiste a ogni tentativo di traduzione che ne rispetti la metrica rimanendo comprensibile, con immane frustrazione del lettore.
L’ultima storia lunga ambientata ai giorni nostri ha un che di malinconico e vede Reth diventato celebre a seguito della pubblicazione di un’autobiografia in cui ha sputtanato i suoi parenti, con cui non ha più contatti ma che ritroverà in un reality show! Il Moore della maturità, sornione e non più così ansioso di ostentare la propria sagacia, è probabilmente ancora più efficace e godibile di quello degli episodi precedenti – anche se forse è la vicinanza di questi temi rispetto a quelli delle gag partorite in epoca thatcheriana a rendere la storia immediatamente simpatica.
Una menzione d’onore va sicuramente al bravissimo disegnatore Steve Parkhouse, uno dei più bravi artisti con cui abbia collaborato il Bardo di Northampton. Parkhouse è un disegnatore umoristico che oltre a essere molto dotato (oltre agli sfondi e alle architetture urbane è bellissimo il lupo che vediamo a pagina 15) non si risparmia affatto quando si tratta di arricchire con dettagli e particolari una tavola, e che comunque riesce sempre a essere espressivo e comunicativo come un umorista deve essere.
Qualche nota sarebbe stata indicata ma d’altra parte la foliazione è quella che è (96 pagine) e già così la Bao si è ritagliata a malapena lo spazio per inserire le note biografiche degli autori e l’introduzione di Steve Parkhouse.
Probabilmente non si tratta di un volume indispensabile nella bibliografia di Alan Moore ma è consigliatissimo per farsi delle risate intelligenti e godere dell’arte di Parkhouse, per quanto mi pare di capire che in origine The Bojeffries Saga fosse nata per un formato un po’ più grande.

sabato 23 luglio 2016

Ci rinuncio

A tradurre i dialoghi alieni dell'ultimo Speciale di Martin Mystère, intendo. Ho trovato un "odio ET" che potrebbe starci in quel contesto, ma il resto è nebuloso - e comunque anche da altre parti si può leggere "odio ET". Nè mi pare che si tratti di latino come potrebbero far pensare alcuni dettagli.
O Castelli ha impostato un ulteriore livello di decrittazione (le scritte in copertina sono "tradotte" con un ulteriore alfabeto diverso) o semplicemente sono simboli messi a caso.

mercoledì 20 luglio 2016

Round and round

Prima di Giètz la premiata ditta Campanella & Pasqualini si era già dedicata al biopic. Dieci anni fa aveva dato alle stampe per Cut Up Edizioni Round and round, biografia del pugile spezzino Bruno Visintin. A suo tempo il volume (uno spillato di 32 pagine in grande formato e bicromia) costava 8 euro, ma è stato recentemente rimesso in circolazione a prezzo ridotto – 5,90 o 5,80 o 5,20 euro, l’adesivo che copriva il prezzo originale della mia copia non è scritto molto bene.
Tramite l’espediente di una intervista concessa a un giornalista francese viene riassunta la carriera di Visintin con qualche rara divagazione generale sul mondo della boxe.
Visto il carattere celebrativo che ha il volume e il breve spazio in cui si sviluppa, Round and round finisce per essere una raccolta di aneddoti e ricordi senza che gli artifici della narrazione a fumetti entrino in gioco a delineare una storia propriamente detta. Ed è giusto così vista appunto la natura di omaggio che ha il volume, con tanto di elenco dei match di Visintin in appendice.
Più interessante risulta l’aspetto grafico, in cui Pasqualini ha alternato uno stile più freddo e posato per le parti dell’intervista del 1964 e uno più concitato ed espressivo per i ricordi che vengono evocati. Trattandosi di boxe uno stile più realistico e “muscoloso” avrebbe forse reso meglio certe inquadrature, ma Pasqualini è comunque molto efficace nel rendere la frenesia dei colpi e la velocità del “balletto” dei pugili e probabilmente questo è più importante nel contesto del fumetto.

lunedì 18 luglio 2016

Il Figlio di Superman

Resistere alle sirene dello sconto del 25% è ancora più difficile se in origine il volume scontato era vagamente lussuoso e a un prezzo apparentemente conveniente (un cartonato a 13,95€).
Il Figlio di Superman è un elseworld (credo) in cui si immagina che Superman abbia avuto un figlio con Lois Lane, diventata sceneggiatrice hollywoodiana, e che Superman sia morto a seguito di una missione in Europa anni prima. L’intensificarsi delle radiazioni solari attiva i poteri dell’adolescente Jon, che viene cooptato dai terroristi che si fanno chiamare “Supermen” per indagare sulla vera sorte di suo padre.
Il fumetto risale al 1999, quindi prima dell’11 settembre, e si poteva ancora parlare di terrorismo –  anche in maniera leggera e mostrando addirittura un po’ di simpatia verso i terroristi. Howard Chaykin e il suo sodale David Tischman adottano il piacevole stile cinicamente sarcastico per cui è conosciuto l’autore di American Flagg, ma per fortuna il ritmo sincopato tipico delle sue sceneggiature è concentrato tutto all’inizio e la storia scorre molto fluida tra intrighi, colpi di scena e sequenze umoristiche. Oggigiorno fa uno strano effetto leggere in un comic book delle didascalie in terza persona, e sicuramente anche nel 1999 non era più una cosa comune.
Jon scoprirà il vero destino del padre trovandosi coinvolto in un complotto di proporzioni enormi, che contempla anche il presidente Lex Luthor e la Justice League ancora attiva pur se composta principalmente da membri alquanto maturi – Batman ovviamente è sempre il più figo, ma pure Wonder Woman fa un figurone. L’attenzione del lettore viene mantenuta viva da una raffica di rivelazioni e colpi di scena che si alternano ai momenti da situation comedy. Curioso notare come il futuro immaginato da Chaykin e Tischman, che sarebbe il nostro presente, non sia poi così lontano dalla realtà attuale.
I disegni di Williams III & Gray, per quanto molto buoni, inizialmente non mi hanno impressionato molto (la coppia ha lavorato anche con Alan Moore, per dire) ma trattandosi di un fumetto di quasi vent’anni fa è ovvio che non avessero ancora raggiunto la loro maturità odierna.
In definitiva Il Figlio di Superman mi sembra un fumetto quantomeno molto simpatico, anzi mi sbilancio a dire che sia un piccolo gioiellino.

sabato 16 luglio 2016

Chicca

Mi è stata segnalata questa perla dall'ultimo TV Sorrisi e Conzoni:
Quindi adesso le graphic novel (al femminile) vanno in onda in televisione?! Boh, chissà di cosa si tratta. Forse del vecchio progetto per un cartone animato, che però si era arenato anni fa? Vedremo. Forse. Bellissimo comunque il ritratto di Celentano fatto da Manara a corredo della segnalazione:

giovedì 14 luglio 2016

Invincibile Iron Man 1-3

Dopo 3 numeri, corrispondenti a ben 6 comic book originali, non so ancora se dare fiducia a questa testata, l’unica Panini che seguo dopo l’abbuffata Secret Wars.
È vero che i disegni di David Marquez da soli varrebbero l’acquisto (lo trovo persino migliore del veterano Deodato Jr., ottimo ma un po’ freddino nel disegnare il sesto episodio che inaugura un nuovo ciclo) e tutto sommato Brian Michael Bendis ha confezionato per il primo arco narrativo di 5 episodi una storia piacevole pur se non originalissima in cui ha introdotto sia un nuovo amore per Tony Stark che un’interfaccia virtuale a fargli da segretaria e assistente sul campo.
La trama, dicevo, è abbastanza interessante: Madame Masque compie dei furti di artefatti magici che coinvolgono anche Tony Stark, il quale troverà un aiuto inaspettato e fondamentale contro la supercriminale in un apparentemente redento e non più sfigurato Victor Von Doom. Le azioni di Madame Masque sono però solo le avvisaglie di un pericolo ben più grave.
Ovviamente trattandosi di Bendis buona parte del fascino di questo fumetto risiede nei dialoghi e nel suo piglio brillante, ma non sempre il bersaglio viene colpito: simpatico l’inneggiare all’Hydra di Tony in intimità con Amara Perera per verificare che non sia un “nemico”, ma la richiesta di darsi il cinque col Dottor Strange in quanto “fratelli di baffi” è una caduta di stile, anche se avrà incredibilmente una sua rilevanza sia pur minima nel seguito della storia. La presenza di Mary Jane Watson è poi puramente esornativa, un’esca per Marvel zombie sottolineata dagli “strilli” in copertina che rivelano quale sia il pubblico a cui la Panini si rivolge.
C’è poi da dire che il primo ciclo di cinque capitoli non è chiuso in sé ma serve appena da antipasto a un’altra trama. Per come sono strutturati i cicli narrativi dei comic book, quelli di Bendis in particolare, mi viene il sospetto che anche stavolta avremo la solita formula per cui la tanto attesa conclusione di un arco narrativo non sia altro che l’introduzione di quello successivo con cui il lettore spera di superare il senso di incompiutezza del primo ciclo, quando invece anche il secondo e quelli successivi continueranno ad alzare la posta senza mai risolvere nulla nella migliore interpretazione del capitalismo di cui i metodi produttivi dei comic book recenti sono un ottimo esempio. Finora con Invincible Iron Man ci è andata pure bene, perché ha senz’altro una buona densità di scrittura, ma qualche timore mi viene.
Dal prossimo numero si preannuncia la serie parallela di Invincible Iron Man, ovvero International Iron Man. Spero che la testata non venga occupata in esclusiva da quest’altra serie, anche perché lo iato tra il sesto episodio e il settimo della titolare renderebbe difficile seguirla, ma conoscendo Deodato Jr. potrebbe benissimo darsi che abbia accumulato ritardi sin dal suo secondo numero nonostante l’uso massiccio che fa di fotografie e computer grafica (vedi Vincent Cassel che “interpreta” il Dottor Destino).

mercoledì 13 luglio 2016

NowComics 1800 9 e 10 - Sherlock Holmes e il Necronomicon 1 e 2

Ormai davo per defunta la collana e invece un paio di settimane fa sono usciti due nuovi volumi. Stando alle note in gerenza sarebbero stati confezionati ancora a febbraio 2016, mentre dai redazionali figurano contemporanei ai due di 20.000 secoli sotto i mari che però datavano ottobre 2015. Mistero.
Sherlock Holmes e il Necronomicon riprende il filo della saga iniziata con i vampiri e vede il ritorno dell’arcinemico Moriarty salvato dalle sue abilità magiche. Nonostante la natura del protagonista l’elemento investigativo non è quello predominante in questo fumetto: c’è spazio sia per delle divagazioni fantastiche molto suggestive che per una buona dose di azione e di “effetti speciali”. La storia è insomma avvincente e originale, e si legge con grande piacere nonostante un protagonista programmaticamente freddo e distaccato – come lui stesso si scusa di essere.
Forse Sherlock Holmes avrebbe dovuto intuire il bluff di Megan Donnelly all’inizio, il cliffhanger che chiude il primo volume ricorda sin troppo quello di 20.000 secoli sotto i Mari e sarebbe stato più coerente che le motivazioni di Taher Emara lo portassero dalla parte dei buoni, ma a parte questi particolari insignificanti la storia è l’ennesimo gioiello di questa serie. Anzi, probabilmente uno dei migliori con la raffica di colpi di scena nel secondo volume e il finale per niente scontato.
Vladimir “Laci” Krstić si conferma un ottimo disegnatore: realistico, dettagliatissimo ma anche espressivo. I suoi sfondi sono curatissimi ed eccelle nel chiaroscuro. Credo comunque che parte del merito della resa finale delle tavole, così suggestiva, vada attribuito anche al colorista Axel Gonzalbo.
In appendice come al solito approfondimenti, dietro le quinte e anticipazioni. Confesso che i primi hanno avuto una certa utilità a darmi un’idea di quello che può essere successo in Providence 2.
In seconda di copertina viene annunciato che il prossimo distico a essere pubblicato sarà Sherlock Holmes Crime Alleys, ma se e quando usciranno altri volumi della collana NowComics credo che nemmeno Sherlock Holmes in persona saprebbe dirlo.

domenica 10 luglio 2016

Providence 2

Il viaggio alla ricerca dell’America sotterranea arriva a un punto fondamentale e rende progressivamente Robert Black confuso, affranto e sconvolto. E con lui il lettore.
Providence manifesta in tutta la sua austerità la propria natura di opera complessa e sofisticata, la cui lettura è diventata ormai piuttosto ostica. Non mi riferisco tanto alle molteplici citazioni o alla sovrabbondanza di solo testo scritto (che comunque in questi episodi ha sfiorato le venti pagine per capitolo) quanto agli argomenti e agli espedienti introdotti da Alan Moore. Nel primo episodio ci troviamo forse in un sogno dentro a un sogno dentro a un sogno, e in quello stesso capitolo il tessuto del tempo diventa malleabile e inaffidabile, facendo perdere al protagonista e al lettore il senso dell’orientamento. Lo so che alla fine Alan Moore riuscirà a tirare le somme di tutto, ma per il momento riuscire a raccapezzarci è una bella sfida.
Assolutamente indispensabile leggere le parti scritte (in cui troviamo finalmente una prima parte del famoso romanzo che Black dovrebbe scrivere!), così da capire ad esempio cosa abbia fatto il protagonista prima di incontrare Elspeth e soprattutto come sia arrivato a Boston, oltre ovviamente ad avere dei dettagli aggiuntivi sui pensieri e le motivazioni del protagonista. Per il resto, anche le parti a fumetti sono piene di doppi sensi e allegorie testuali quindi non sono meno ostiche delle pagine solamente scritte; e continua il giochetto di Moore col lettore… c’erano veramente i buchi e i fogli di giornale per riempirli nella casa di Goffs Falls? Dove ha lasciato Black il suo soprabito? In alcuni casi bisogna pure riprendere in mano il primo volume se si vuole controllare.
Tanta austerità e pretese letterarie non escludono comunque un lato umoristico (credo ad esempio che Moore abbia voluto giocare sull’equivoco che si genera coi suoi ospiti iniziali in quanto reanimators e non omosessuali) e una vena romantica (il ghoul che spiega a Black l’utilità di ogni vita, anche della più desolata).
Ci stiamo comunque avvicinando al bandolo della matassa e il rassicurante ultimo capitolo che mette in prospettiva quanto letto in precedenza (ma chi ci crede…) assomiglia tanto alla quiete, peraltro assai relativa, prima della tempesta.
Burrows si mantiene sugli stessi livelli precedenti, senza alcun guizzo che lo faccia emergere ma privilegiando uno stile misurato che a volte arriva anche a essere piuttosto elegante. Si conferma molto bravo a disegnare le scene di massa. Ma tutto sommato i disegni sono la cosa meno importante di Providence e il bardo di Northampton sembra sottolinearlo dando molto più spazio alla parte puramente letteraria dell’opera. Sperando che, nonostante i vari indizi disseminati da Moore, Providence non si concluda alla stessa maniera di Neonomicon, possibilità paventata anche da Antonio Solinas nella sua illuminante e approfondita appendice.
Se nel volume precedente mi era venuto il dubbio che la Panini avesse tagliato l’ultima parte del diario di Black, qui viene riportato per due volte lo stesso testo come citazione conclusiva ai primi due capitoli. Ma anche in questo caso probabilmente non è un errore perché i due episodi si svolgono nella stessa località e tutto sommato la ripetizione ha un effetto ipnotico che ben si adatta all’atmosfera straniante di quei capitoli.

venerdì 8 luglio 2016

Historica 45 - Napoleone: Ascesa e caduta

L’ultima proposta di Historica è il classico esempio di fumetto indirizzato non ai lettori di fumetti ma agli appassionati dell’argomento trattato, nella fattispecie Napoleone. Il che può servire come esempio delle qualità divulgative del mezzo, ma ne limita molto le possibilità espressive e quindi alla fine anche la qualità.
Nei tre episodi che costituiscono Napoleone vengono semplicemente inanellati gli eventi salienti della vita e delle campagne militari di Bonaparte, riprendendo anche di peso alcuni suoi discorsi. Alcuni piuttosto lunghi. Come in altre opere analoghe, si dà per scontato che il lettore si è avvicinato all’opera perché già interessato alla materia che già conosce e quindi certi passaggi possono essere trascurati in favore delle informazioni meno conosciute o di gustosi pettegolezzi (lo storico bonapartista Jean Tulard ha fornito supporto documentaristico allo sceneggiatore Noël Simsolo). È anche vero che racchiudere 22 anni di una vita molto articolata in 3 volumi dalla durata standard era un progetto impossibile già in partenza.
Risulta quindi fondamentale in questo caso l’introduzione di Sergio Brancato, che sottolinea gli aspetti più importanti della vita di Napoleone e ci fornisce alcuni approfondimenti su certi aspetti non sviscerati a dovere nel fumetto.
Io non sono contrario alle didascalie informative (e anche quelle descrittive possono avere un loro perché) ma in Napoleone sono un po’ eccessive, anche se lo strumento di infodumping peggiore sono i dialoghi da coro greco dei personaggi di contorno, che si rimpallano informazioni che già sanno, e che in alcuni casi dovrebbero evitare di dire apertamente, per metterne al corrente anche il lettore.
Difficile dare un giudizio sui disegni: il lavoro di Fabrizio Fiorentino è a stento riconoscibile coperto com’è dai pesantissimi colori di Alessia Nocera che coi suoi effettacci al computer intorbidisce le vignette. Credo che parte della colpa vada però attribuita anche allo stesso Fiorentino che ha scansionato le sue matite senza inchiostrarle e soprattutto ha lasciato molti sfondi (in particolare di interni) desolatamente vuoti, cosa inconcepibile per il mercato franco-belga, e da cui potrebbe essere nata la necessità di “sporcarli” il più possibile di colore per riempirli in qualche maniera. Lo stesso discorso vale anche per alcuni campi lunghi scarni e poco dettagliati.
Fiorentino realizza comunque dei primi piani intensi e curati ed è stato molto bravo a rappresentare lo scorrere del tempo mostrando l’effetto che gli anni hanno avuto sulle fattezze del protagonista e degli altri personaggi, ma non mi sembra il disegnatore adatto per un progetto di questo tipo.
In definitiva per me Napoleone non è proprio la proposta peggiore presentata da Historica, ma figura comunque tra i volumi meno interessanti della collana. Probabilmente una goduria per gli appassionati di Napoleone, comunque.

mercoledì 6 luglio 2016

Decio

Sull’Anteprima da cui l’ho ordinato veniva indicato come versione deluxe a tiratura limitatissima (forse solo 100 copie) ma nel volume non c’è nessun riferimento in merito. Mi fido comunque.
Decio è la storia di un giovane patrizio che vive la drammatica discesa di Annibale lungo la penisola italiana. Mi ha ricordato un po’ L’Elmo e la Rivolta di Giuseppe Palumbo e Luciano Curreri, non tanto per l’ambientazione (là Spartaco, qui Annibale) quanto per la forte componente documentaristica e un po’ didattica e per il fatto che l’autore dei testi è una persona estranea al mondo dei fumetti, o comunque non un habitué. In effetti la sceneggiatura di Giorgio Albertini non è esattamente fluida ma ci sono uno stacco repentino e una brusca impennata del ritmo alla fine, il che non è necessariamente un difetto – anzi, tutt’altro.
La prima metà di Decio è la descrizione della disastrosa calata di Annibale con la progressiva disfatta dell’esercito romano. Nella seconda metà il protagonista si trova nell’ambiente per lui nuovo e pericoloso dell’Urbe finché parte anch’egli per la guerra e il fumetto diventa molto più drammatico e concitato fino alla splendida (drammatica e beffarda) conclusione.
Le tavole di Casertano sono molto belle: le sue ampie pennellate mi hanno ricordato proprio Palumbo, anche se in certi primi piani mi è sembrato di ravvisare Andrea Pazienza, e i colori sono molto suggestivi – in appendice Casertano spiega quale tecnica ha utilizzato.
Il volume è integrato da alcune pagine di schizzi preparatori e altro materiale che illustra la genesi del progetto (oltretutto Albertini sembra un ottimo disegnatore).

lunedì 4 luglio 2016

Yoko Tsuno Integrale 1 e 2

Alla fumetteria dove l’avevo ordinato mi hanno detto che sono passati tanti mesi prima dell’arrivo del primo volume perché Pan Distribuzione ha cambiato il tizio che si occupava degli arretrati (ma quando lo avevo ordinato non era certo un arretrato…), un amico dice di aver visto una copia mesi fa in fumetteria, evidentemente venduta a mia insaputa…
Sia come sia, finalmente è arrivato insieme a una caterva di altra roba il primo numero dell’Integrale di Yoko Tsuno, e visti tutti i mesi passati prima della sua comparsa ha fatto in tempo ad arrivare pure il secondo!
Oltre che una piacevole lettura Yoko Tsuno è stata una sorpresa, o meglio una serie di sorprese: per cominciare la protagonista non è un’adolescente e tanto meno una bambina come alcune immagini potevano far pensare, non corrisponde allo stereotipo dell’orientale riflessiva (anzi è una donna d’azione) e soprattutto ho scoperto che in origine non era nemmeno la protagonista della serie ma solo la spalla dei due reporter/produttori/cameraman Vic e Pol.
Questa collana di Integrali non è cronologica ma tematica, quindi gli episodi non vengono presentati secondo ordine di pubblicazione ma a seconda dei temi trattati e delle ambientazioni. Se nel primo, Dalla Terra a Vinea, il gap temporale tra i volumi è relativamente contenuto (gli episodi raccolti sono il primo, il terzo e il sesto) nel secondo, Avventure tedesche, passa oltre un decennio tra il primo episodio raccolto, il secondo della serie: L’Organo del Diavolo, e il quattordicesimo, Il fuoco di Wotan. Chiaramente NonaArte si è rifatta alla collana omologa confezionata da Dupuis, da cui sicuramente ha preso anche gli interessantissimi redazionali, ma non è certo un problema se le storie non vengono presentate nell’ordine cronologico visto che la saga pur avendo una continuity generale con personaggi che ritornano periodicamente non presenta episodi collegati o storie divise in più volumi.
È invece un po’ un peccato che tra gli episodi raccolti non compaiano le quattro storie brevi che come da consuetudine servirono sulla rivista belga Spirou per saggiare il gradimento dei lettori e decidere se era il caso di promuovere il nuovo personaggio agli album lunghi. Ma anche qui la responsabilità va cercata a monte nell’edizione originale.
Anche Leloup è vittima della maledizione del sesto dito
Tra i personaggi presentati nei vari Integrali Yoko Tsuno è quello più recente essendo nata appena nel 1971. Le sue storie sono di genere fantascientifico o mystery in cui l’aspetto investigativo ha un grande peso e in cui l’umorismo è molto limitato. Leloup ha fatto da assistente ad Hergé e Jacques Martin e si vede: i suoi sfondi e i suoi particolari tecnici sono dettagliatissimi e veramente splendidi, un vero piacere per gli occhi.
La lettura ravvicinata dei due Integrali mi ha permesso di seguire l’evoluzione dello stile di Leloup e in effetti all’inizio la protagonista era piuttosto diversa da come sarebbe stata rappresentata negli episodi più recenti. Inizialmente Leloup ne fa una specie di dark lady austera e volitiva (ma l’impatto di vederla esordire come ladra sarebbe stato diverso se avessimo letto le prime storie brevi e la conoscessimo già!) ma già nel secondo episodio comincia quel processo di riduzione della chioma e di aggiustamento del taglio degli occhi che la renderà molto più aggraziata e giovanile – fino a renderla successivamente un po’ leziosetta da quello che ho potuto vedere.
Come dicevo sopra, le sue storie sono principalmente delle indagini che Yoko intraprende insieme agli amici Vic e Pol per la loro società di audiovisivi. Nonostante l’attenzione ai dettagli e la cura documentaristica, Leloup crea delle situazioni esoteriche o fantascientifiche a volte un po’ improbabili ma una volta sospesa l’incredulità il fumetto si legge con grande piacere e avvince come pochi.
Nel primo Integrale viene raccolta una trilogia dedicata al pianeta Vinea: ne Il trio fantastico Yoko, Vic e Pol scoprono l’esistenza di una razza aliena che vive sotto terra esiliata da un pianeta morto; in La fucina di Vulcano degli scavi petroliferi rischiano di far scoprire la razza dei Vineani causando un cataclisma e ne I tre soli di Vinea il trio andrà nientemeno che nello spazio e contribuirà alla rinascita del pianeta Vinea.
Il secondo Integrale, come è chiaro sin dal titolo Avventure tedesche, è ambientato in Germania e ha come fil rouge la presenza come coprotagonista della bella organista Ingrid Hallberg: L’Organo del Diavolo è una storia forse non molto fluida ma veramente avvincente e suggestiva, in cui un gigantesco organo da chiesa diventa un’arma; Le frontiere della vita (o La frontiera della vita, quelli di NonaArte erano indecisi su come tradurre il titolo) inizia come storia di vampiri per poi svelare una trama medico-spionistica di quando ancora c’era il muro di Berlino; Il fuoco di Wotan è una spy story in cui Yoko dovrà impedire l’utilizzo di un’arma fantascientifica.
L'evoluzione del tratto di Leloup verso la leziosità nel quattordicesimo volume
A seconda delle ambientazioni che sceglie Leloup è efficacissimo nel creare un grande sense of wonder nelle storie fantascientifiche o a fare montare la tensione in quelle esoteriche/investigative.
Come nel caso degli altri Integrali, oltre ai fumetti in sé i volumi offrono dei ghiotti redazionali con i retroscena della creazione delle storie (Leloup è un maniaco che spende mesi in documentazione, e si vede) e testimonianze dirette dello stesso autore: forse sarebbe stato meglio non riportare l’origine del nome Vinea e del colorito azzurro dei suoi abitanti… La carriera stessa di Roger Leloup assume contorni appassionanti, visto che dopo vent’anni passati da anonimo assistente (anche per Peyo) gli viene finalmente data una occasione che però si concretizzerà solo dopo alcune false partenze e correzioni di tiro fino a ottenere il grande successo con Yoko Tsuno, praticamente l’unico personaggio che ha creato.
A parte l’indecisione su come tradurre La Frontière de la Vie, la cura di NonaArte è ottima come sempre, anche se al telefono il dottor Schulz dice contemporaneamente «je viens» e «arrivo» ne La frontiera della vita – e credo che a pagina 35 del primo Integrale fossero i proiettori a illuminare la parete rocciosa e non i «proiettili».
Spettacolari per l’epoca i colori dello Studio Leonardo, capaci di essere perfettamente leggibili e coerenti con i personaggi e contemporaneamente di uniformarsi allo scrupolo realistico di Leloup adottando una tavolozza ricchissima negli sfondi e producendo degli ottimi effetti, ad esempio per rendere lo scorrere dell’acqua o particolari illuminazioni. Del tutto irrilevanti nel complesso generale gli errorini che hanno commesso (la borsa di Yoko in La fucine di Vulcano diventa blu da rossa, il maglione di Vic prima era rosso e poi arancione in L’Organo del Diavolo).
Sull’ultima Anteprima è stato annunciato l’Integrale numero 5 dedicato a storie ambientate in Cina, quindi NonaArte salterà i due Integrali in mezzo, ma data la particolare continuity rilassata non sarà un problema. Spero solo che lo pubblichino presto, e d’altra parte la ricca offerta di Integrali (oltre a questi ho preso anche il quarto di Barbarossa) lascerebbe intendere che un pubblico per questi prodotti è stato intercettato con successo.

venerdì 1 luglio 2016

Immaginario Sexy Volume Secondo: Edifumetto - Gli Anni Sessanta e Isabella Speciale 50 anni

Come avevo immaginato con il nuovo numero di Immaginario Sexy si comincia a fare sul serio e la blanda prurigine delle prime prove targate Sessantasei/Erregi diventa erotismo e sul finire degli anni ’70 pornografia. L’allentarsi delle morse censorie e lo sdoganamento che conobbero certi argomenti e un linguaggio più diretto si riflettono sull’operato della casa editrice Edifumetti, e alcuni titoli di Lando e Karzan che forse a suo tempo volevano essere provocatori adesso fanno scompisciare dalle risate!
Oltre ai titoli fenomenali ci sono delle curiosità come improbabili ibridazioni e crossover: non intendo solo quello tra Sukia e Zora, ma l’esistenza di un Gozzilla: la belva immane! (dalla copertina il mostro risulta essere uno scimmione ma va bene lo stesso).
Ovviamente anche in questo caso ci sono delle curiosità e delle chicche che altrimenti non avrei mai scoperto, come Cioci e Tato, la versione a fumetti di Cochi e Renato (!), oppure il fatto che Lucio Filippucci disegnava fumetti almeno dal 1975 (credevo fosse più giovane) o che Vincenzo Monti ha disegnato Alamo Kid su Lanciostory mentre io ero sicuro che lo disegnasse Montanari, o ancora che il cabarettista Boris Makaresko scrisse fumetti al pari del Pippo Franco che comparve sul numero precedente.
Mencaroni ha fatto il solito lavoro certosino di catalogazione e in questo caso è stato ancora più lodevole vista l’abitudine che scopro molto diffusa di terminare o anticipare delle serie in testate antologiche, oltre ovviamente alla pletora di ristampe e riedizioni. Col solito rigore filologico Mencaroni ha anche corretto alcune attribuzioni discutibili di intestazioni delle serie, laddove ad esempio i supplementi di una collana presentavano l’inizio di un’altra.
Che Renzo Barbieri avesse un fiuto particolare nell’assecondare i gusti del pubblico è risaputo (grazie a questo secondo volume scopro che pubblicò pure un manuale su come vincere ai telequiz e il primo fumetto gay-friendly, anche se poi tanto friendly probabilmente non era) ma da quello che si evince da questo secondo Immaginario Sexy risulta che fosse anche una macchina inesauribile come sceneggiatore, con centinaia di sceneggiature al suo attivo. Ma ovviamente la storia del fumetto lo ricorderà principalmente come un grandissimo paraculo: ideò addirittura una collana, Odeon, imitando il logo della trasmissione televisiva omonima che tanto successo stava avendo in RAI!
Come al solito il formato ridotto cui sono costrette le copertine per non gravare troppo sulla foliazione permette paradossalmente di godere ancora di più (non evidenziandone i difetti) delle opere di Biffignandi, Karel Thole (!), Taglietti e compagnia.
All’inizio Mencaroni ci vizia mettendo anche le foto di tutti i gadget ma dall’amuleto di Satana allegato a Vampirissimo si limiterà quasi sempre a citarli. Il testo non è scevro da refusi o imprecisioni (quando a un autore viene attribuita la paternità di episodi realizzati in anni diversi ma con un solo numero progressivo quali ha effettivamente realizzato?), ma in numero assai ridotto rispetto a quanto letto sul primo Immaginario Sexy e nel caso di un lavoro enciclopedico così complesso sono più che perdonabili visto che spesso il lettore li può facilmente correggere da solo: è evidente che Stoker non scrisse Dracula nel 1987.
Non vedo l’ora di mettere le mani sul terzo capitolo di questa ricognizione sui pornetti, che ufficialmente dovrebbe essere già uscito a maggio.

Oltre a questo secondo volume è uscito anche un supplemento brossurato con bandelle interamente dedicato a Isabella, in sostanza il catalogo della mostra dedicata all’eroina in occasione dei suoi cinquant’anni da Collezionando.
A integrare il generosissimo materiale iconografico ci sono in questo caso dei redazionali molto interessanti e scorrevoli, dei quali uno a firma del regista Corrado Farina, che svelano alcuni retroscena sulle versioni cinematografiche del fumetto e ricostruiscono l’atmosfera dell’epoca in cui Isabella vide la luce. Forse qualche articolo in più, o più lungo, sarebbe stato ancora meglio ma privilegiando Mencaroni l’aspetto iconografico e collezionistico va benissimo anche così.
La natura specifica del volume/catalogo consente di mettere meno copertine per pagina, dodici invece delle consuete 20 della collana, ma non essendo Angiolini tra i miei copertinisti preferiti, la cosa non mi ha suscitato particolari entusiasmi.
A differenza dei tomi cartonati della collana portante che costano 40 euro l’uno Isabella Speciale 50 anni ne costa 17,50.