lunedì 29 marzo 2021

Clean Room

Non è facile riassumere questa serie di 18 numeri uscita qualche anno fa sotto l’etichetta Vertigo. Non che sia molto complessa, ma trattandosi di una storia basata su misteri e colpi di scena c’è il rischio di svelare troppo. Inoltre se la trama di per sé non è arzigogolata la struttura è invece molto sincopata, con flashback che trovano spiegazione solo molti numeri dopo quello in cui sono stati introdotti e più sequenze che scorrono parallele.

In estrema sintesi, Chloe Pierce è una giornalista che vuole svelare quelle che ritiene essere le sordide intenzioni di Astrid Mueller, guru dell’auto-aiuto a capo di una azienda/setta, la Honest World Foundation, forse ispirata vagamente a Scientology et similia (anche Astrid come Ron Hubbard ha scritto un romanzo, che nel suo caso si dice porti alla pazzia o all’illuminazione). Chloe ha dei buoni motivi per detestarla: il suo fidanzato si è sparato in testa dopo aver superato una delle fasi verso la coscienza finale prescritte dalla setta di Astrid, di cui era un affiliato. Nonostante venga inizialmente respinta per le sue palesi intenzioni bellicose, Chloe si trova invischiata nel vero scopo della Honest World Foundation: la lotta contro dei parassiti forse alieni o forse demoniaci che infestano l’umanità (con uno scopo ben preciso svelato alla fine) e che solo le persone che sono state sul punto di morire possono vedere. La “stanza pulita” del titolo è uno spazio all’interno dell’edificio della fondazione da cui chi dispone di alcuni poteri come Astrid può far rivivere a un ospite l’evento più traumatico della sua vita.

Lo spunto di per sé non è molto originale, ma Gail Simone riesce a rendere la lettura avvincente grazie a personaggi sopra le righe, a dialoghi molto efficaci, a una volgarità spigliata e liberatoria e al ribaltamento di alcuni stereotipi: c’è l’asiatica piccola e micidiale già vista da tante altre parti, ma ci sono anche tre fratelli redneck in un ruolo positivo. Come in ogni storia del mistero che si rispetti, la tensione viene inevitabilmente meno quando si scopre la natura dei mostri cattivi, e per questo la sceneggiatrice tira la corda fino all’ultimo inserendo nuovi personaggi e nuovi ostacoli sulla strada verso la salvezza della Terra. In effetti alcuni elementi sembrano essere stati inseriti per allungare un po’ il brodo e soprattutto alla fine si avverte una certa perdita di direzione, con tanto di episodio (l’unico, per fortuna, disegnato da Sanya Anwar) avulso dal flusso della storia fino a quel momento. Peccato, perché Clean Room si è mantenuta su livelli molto alti per oltre metà della sua durata. E comunque il finale è ben congegnato.

I disegni dei primi dodici numeri sono opera del bravissimo Jon Davis-Hunt, già visto sulla nuova Wildstorm. Non essendoci supereroi di mezzo (anche se spesso i personaggi indossano delle tute) qui fa una figura ancora migliore. Dal tredicesimo numero, però, la palla passa a Walter Geovani, con l’eccezione che ho indicato sopra: non è Davis-Hunt, ma le sue tavole sono comunque belle ed eleganti. Molto suggestivi i colori di Quinton Winter, mentre Jenny Frison, autrice delle copertine, non aveva evidentemente ben chiara l’etnia della protagonista visto che la disegna come se fosse una caucasica solo un po’ scura di pelle.

mercoledì 24 marzo 2021

The Sheriff of Babylon

I protagonisti di questa serie di dodici comic book sono sostanzialmente tre: Christopher è un ex poliziotto che adesso addestra quella che sarà la nuova forza di polizia irachena; Sofia/Saffiya è la sua ragazza di origine irachena che funge da intermediaria tra le varie forze in gioco nella Bagdad liberata del 2004; Nassir è un ex poliziotto di Saddam Hussein dai trascorsi poco limpidi.

Uno degli uomini che Christopher sta addestrando viene trovato morto e questo innesca un’indagine che coinvolge a catena tutti e tre i personaggi. Nassir dal canto suo deve anche rispondere dell’omicidio di tre soldati statunitensi colpevoli (apparentemente) di avere trucidato le sue figlie. E i suoi contatti col terrorista Abu Rahim, mandante dell’omicidio della recluta di Christopher, attraggono ancora più attenzioni su di lui da parte delle forze di liberazione americane.

Non si tratta insomma del solito fumetto di supereroi, ed è già qualcosa, ma non si può certo dire che The Sheriff of Babylon sia un capolavoro. Letto tutto d’un fiato si finisce per pensare «Beh, tutto qua?» ma d’altra parte a leggerlo mensilmente nelle dodici uscite originali sarà sembrato che non finisse mai e si sarebbe potuto perdere il filo della trama, per quanto esile. Per il pubblico statunitense l’ambientazione e l’argomento avranno sicuramente un forte impatto, ma al di là di questo la trama si sviluppa in maniera sin troppo lineare con pochissimi colpi di scena (tra cui un trascorso comune tra Nassir e Sofia) e un sacco di dialoghi che vorrebbero essere profondi o almeno cool senza riuscirci sempre. Curiosamente i personaggi smettono di blaterare quando invece avrebbe potuto essere necessario: cioè alla fine, quando la storia si sposta in avanti di qualche mese verso un finale moraleggiante che svela, o forse no, chi siano i veri responsabili. Essendo molto “parlato” immagino che The Sheriff of Babylon fosse in origine un progetto per il cinema; forse Tom King viene da quel medium (o forse è la trasposizione di un romanzo, dove i dialoghi lunghissimi e le occasionali elucubrazioni filosofiche avrebbero trovato la loro dimensione ideale), anche se gli va riconosciuto di essersi sforzato di elaborare una soluzione abbastanza originale per le tavole dove ci sono sparatorie, che diventano spesso delle specie di scacchiere in cui le onomatopee sono contenute in vignette interamente nere.

Passando alla parte grafica, anche il disegnatore Mitch Gerads produce qualcosa di diverso rispetto a quello che si vede di solito nei comic book, ma nemmeno lui realizza qualcosa di innovativo o memorabile. Parte evidentemente da fotografie, o comunque si rifà a della documentazione precisa, ma ciò non gli impedisce di limitarsi ad abbozzare alcuni dettagli e imbastire sfondi e interni che a volte sono solo schizzati rapidamente. Troppo computer, comunque, soprattutto alla fine quando forse Gerads si era trovato con i tempi più stretti: vedere gli stessi identici sfondi può anche starci, ma personaggi che parlano e sono immobili senza differenza di vignetta in vignetta danno un senso di staticità poco adatto a questa storia. Nemmeno le sue linee cinematiche bianche mi convincono molto: stonano con l’ostentato realismo del resto. Gerads si occupa infatti personalmente anche dei colori, indugiando troppo spesso in effetti incongruenti che fanno sembrare le tavole delle vecchie pagine rovinate o scolorite in alcuni punti.

giovedì 18 marzo 2021

Batman: L'Oscuro Principe Azzurro

Ecco perché Enrico Marini non realizzava da un po’ episodi de Le Aquile di Roma. Se ho ben capito, questi in origine erano due comic book extralarge realizzati però con i crismi del fumetto franco-belga, quindi con una cura che ha impegnato l’autore per circa un anno cadauno, in modo da essere rivendibili anche sul mercato in cui opera di solito (se ho ben capito la Dargaud è parzialmente responsabile del progetto insieme ovviamente alla DC Comics).

Due cornici narrative racchiudono la storia: Batman fa perdere la refurtiva di un ricchissimo colpo del Joker, che tra le altre cose aveva arraffato anche una collana di perle costosissima che pensava di regalare ad Harley Quinn per il suo compleanno. Incazzato nero (anche perché la stessa Harley Quinn è furiosa per il mancato regalo) Joker architetta un piano per impossessarsi di un gioiello ancora più prezioso: stando ai notiziari, Bruce Wayne avrebbe avuto una figlia da una cameriera che, otto anni dopo il concepimento, è andata da lui a batter cassa. Joker la fa rapire e in cambio chiede al miliardario di aggiudicarsi all’asta un gioiello valutato 50 milioni di dollari. Ma anche Catwoman si mette in mezzo. Marini gioca con le aspettative del lettore: Alfred dice che l’esito dell’analisi del dna del sangue della madre «non piacerà» a Bruce Wayne, ma ovviamente il lettore accorto sa già che non vuol dire che è veramente lui il padre e che dovrà aspettarsi un colpo di scena. Colpo di scena che però purtroppo è assai prevedibile.

Ovviamente il motivo principale per approcciarsi a questo volume sono gli stupendi disegni e colori di Enrico Marini ma, pur se non dice quasi nulla di veramente innovativo o ispirato, anche i suoi testi non sono male. Oltretutto ho ravvisato un maggiore tasso di violenza e molteplici riferimenti alla droga e al suicidio, non sempre trattati con ironia: una cosa piuttosto rara nel mercato supereroistico. La storia non è priva di qualche buchetto logico (la madre di Alina sembra convinta veramente che il padre sia Bruce Wayne), comunque facilmente giustificabile.

Non è Gypsy o Lo Scorpione o Le Aquile di Roma, ma si vede che Marini ha dedicato una grandissima cura a questo progetto. Forse anche troppa: chissà se a un pubblico assuefatto ai cascami Image e alla colorazione digitale saranno veramente piaciuti i suoi splendidi acquerelli. E in fondo la storia poteva benissimo svilupparsi in meno pagine – certo, poi però non sarebbe stato possibile realizzare i volumi francesi della classica sessantina di pagine l’uno. Non so quanto ci sia di rispettoso della continuity (nella versione di Marini Catwoman sa che Bruce Wayne è Batman) ma è la cosa che mi interessa di meno.

E adesso, sotto con Le Aquile di Roma!

lunedì 15 marzo 2021

...e chi lo vede più?

Il 12 marzo sarebbe dovuto uscire questo albo:

Cioè, non ho dubbi che sia uscito, solo che in nessuna delle edicole del mio comune l’ho trovato. E adesso siamo in zona rossa, quindi non posso andare in altri comuni, di sicuro non per prendere fumetti in edicola! Peccato, non mi aspettavo certo un capolavoro (lo fosse stato, sarebbe già stato ristampato varie volte) ma avevo una certa curiosità. Sì, potrei ordinarlo online ma i tempi di consegna non garantirebbero di stare “sul pezzo” (già oggi sarebbe troppo tardi) e quindi una recensione sarebbe inutile. Perlomeno con questa lamentela riesco a rispettare la consegna di fare almeno un post ogni tre giorni.

venerdì 12 marzo 2021

Fumettisti d'invenzione! - 161

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

 

CINEMA  (pag. 81)

 


LA BELLE ÉPOQUE
(idem)

(Francia 2019, commedia fantastica)

Regia e sceneggiatura: Nicolas Bedos, con Daniel Auteil (Victor Drumond), Fanny [Marguerite Judith] Ardant (Marianne Drumond), Guillaume Canet (Antoine)

 

Victor è un fumettista in crisi, che si trova spaesato nel mondo contemporaneo; anche il rapporto con la moglie Marianne si è deteriorato. Trova una curiosa via di fuga grazie a una ditta che permette di immergere i suoi clienti nel periodo storico preferito, oppure nei momenti migliori della loro vita come sceglie di fare Victor: il suo viaggio nel tempo lo riporterà negli anni ’70, quando incontrò Marianne – e quando anche in Francia i fumetti sembravano essere più popolari.

Catturato dalla ricostruzione storica, Victor avrà delle difficoltà a distinguere tra realtà e finzione.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

 

DIZIONARIO DEI FILM BRUTTI A FUMETTI

(Italia 2016, © La Rosa/Di Nicola, umorismo)

Davide La Rosa (T), Davide La Rosa e Fabrizio “Pluc” Di Nicola (D)

 

Antologia di film brutti in cui i due autori si alternano a riassumere a fumetti questi capolavori del trash. Il volume inizia con un serrato dialogo tra La Rosa e Di Nicola: il primo ha ideato un siero con trasformerà Vincenzo Mollica, noto per parlare sempre bene di qualsiasi cosa, in un Evil Mollica che sparerà a zero su alcune delle pellicole prese in esame

Il volume ha avuto un seguito nel 2019, con relativo ritorno sulla scena degli autori come presentatori.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

PARODIE (pag. 67)

 

BRAWL IN THE FAMILY (RISSA IN FAMIGLIA)

(Stati Uniti 1972, in Spoof, © Marvel Comics Group, parodia)

Stu [Stuart] Schwartzberg (T), Henry Scarpelli (D)

 

Parodia della popolare sitcom All in the Family, nota in Italia come Arcibaldo (dopo un primo passaggio come Tutti a Casa). Artie Bunkum e la sua famiglia ricevono la sgradita visita di alcuni hippy e per distrarsi il padrone di casa si tuffa nella pagina dei fumetti del giornale, immaginando se stesso come spalla dei protagonisti od oggetto delle vignette satiriche.


Un colpo al cerchio e uno alla botte, gli ideali dei figli dei fiori vengono stigmatizzati ma gli hippy e altri elementi della controcultura (tra cui riferimenti al fumetto underground) sono messi bene in evidenza sulla copertina del numero 2 di Spoof per attirare qualche lettore in più.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

 

DIZZY DOG

(Stati Uniti 1950, in Animal Antics, © DC Comics, umorismo)

Sheldon Mayer

 

Le vicende di un cagnolino un po’ irascibile che cerca sempre di farsi bello ma viene ridimensionato dagli altri personaggi, in particolare (nelle prime storie) dal criceto Amster.

 

Senza titolo in Funny Stuff 61 (1951). Sheldon Mayer.

Dizzy Dog legge di gusto i fumetti umoristici pubblicati dalla DC Comics e si accorge che il meccanismo alla base della comicità è creare una coppia di cui un personaggio sia uno stupido sfruttato dall’altro, il più furbo. Quando legge una delle sue stesse avventure in cui fa l’ennesima pessima figura si decide ad assumere una spalla rivolgendosi a una rivista di fumetti (curiosamente il personale della casa editrice è tutto umano nonostante il tipo di rivista su cui viene pubblicata la storia, dedicata ai funny animals). Ma a rispondergli sono proprio i “furbastri” delle altre serie di Funny Stuff e così Dizzy Dog si rassegna a cercare un impiego come spalla scema.

Questo episodio fu ovviamente anche un’occasione per fare un po’ di pubblicità alle altre proposte della casa editrice, che condividevano i personaggi tra le varie testate.

sabato 6 marzo 2021

...il "comico belga Hergé"?

Sì, è risaputo quanto Wikipedia sia inattendibile, ma questo è veramente incredibile, tanto più che non è nemmeno giustificato da una ipotetica traduzione automatica visto che le versioni inglese e francese non dicono le stesse cose.

giovedì 4 marzo 2021

Mah!



Pensare che ieri era praticamente primavera. Vabbeh, le foto le ho fatte stamattina, adesso è già tornato il sole.