lunedì 28 marzo 2022

Hammer 1: Doppia Fuga

Nessuna novità in fumetteria, quindi ho ceduto al richiamo del club del -50%. Solo 2,25 euro quindi, che sarà mai…

A suo tempo (metà anni ’90) non seguii Hammer, di cui amici mi dicevano mirabilie. D’altro canto avevo già le mie soddisfazioni con Lanciostory, Skorpio, L’Eternauta, Comic Art, ecc. Come molte altre, la serie nasceva sull’onda lunga del successo di Dylan Dog che non solo aveva salvato il fumetto italiano ma lo aveva rilanciato, permettendo ad altri progetti di nascere come nel caso di Nathan Never sulla cui scia fantascientifica si inserì appunto Hammer. Gli autori appartenevano alla cosiddetta Scuola Bresciana e praticamente tutti si sarebbero inseriti nel mondo del fumetto, non solo italiano, ad altissimi livelli – anche se confesso che di Borsoni e Febbrari non avevo mai sentito parlare. Ricordo da varie interviste e articoli che la Scuola Bresciana lo era di nome e di fatto, perché i ragazzi si formarono ai corsi tenuti da Ruben Sosa, un disegnatore argentino praticamente sconosciuto in Italia, anche perché le storie su Alter le firmava con uno pseudonimo. Da quello che ho visto di Sosa in cataloghi e mostre direi che apparteneva alla corrente brecciana della Escuela Panamericana de Arte in cui mi pare che abbia anche insegnato (José Muñoz ricorda che esistevano due correnti principali in quell’istituto: chi si rifaceva allo stile di Hugo Pratt e chi invece seguiva Alberto Breccia). Dato il periodo e il mercato in cui si trovarono ad agire, quei giovani autori non divennero dei bresciani brecciani, ma abbracciarono il rigoroso stile realistico e robusto di marca bonelliana.

Questa ristampa aggiornata del 2014 si apre con la storia breve Tradita, che se non erro era un numero 0 distribuito alle fiere, cosa che però non viene detta da nessuna parte. I disegni di Giancarlo Olivares sono spettacolari. I retini digitali si amalgamano molto bene con i disegni. Non so a che anno risalga la storia, forse il prequel è di qualche anno successivo all’esordio della serie, comunque credo che già all’epoca fosse possibile elaborare digitalmente le tavole. D’altra parte se ben ricordo in un’intervista i componenti del “Gruppo Hammer” sottolinearono che furono tra i primi a usare il lettering digitale (manco fosse una cosa di cui vantarsi), quindi anche altri interventi potrebbero essere stati possibili a metà anni ’90. Nulla di male se Olivares ci avesse messo le mani sopra per questa edizione, visto che anche Majo integrerà la storia portante con una tavola doppia.

I testi di Riccardo Borsoni sono altrettanto interessanti, giocati sul contrappunto ironico tra i ricordi e come si sono svolti realmente i fatti. Tra le suggestioni dell’episodio, oltre ai mecha giapponesi, mi pare evidente il Dark Knight returns di Frank Miller con la sua sovrabbondanza di “opinionisti” (qui testimoni) che dicono la loro in piccole vignette. E magari uno di questi non si chiama Sergente Kirk per caso.

Il piatto forte, cioè il primo episodio della serie, è un gradino sotto a questo fumetto introduttivo. I disegni di Majo, al secolo Mario Rossi, sono sicuramente validi ma l’inchiostrazione è molto pesante (e non penso sia la stampa ad aver ingrossato il tratto) e a volte, ma raramente, ancora un pochino rozzi e quasi confusi. Ma per una serie che non era targata Bonelli fu sicuramente un ottimo biglietto da visita, che giustamente gli aprirà anche le porte dell’altro editore.

La trama vede la hacker Helena reclusa su Lazareth, un satellite-prigione dove dovrà scontare vent’anni di reclusione. I detenuti devono lavorare e sono lasciati a loro stessi, se qualcuno sgarra o semplicemente si fa notare, un robot guardiano lo uccide seduta stante. Helena fa amicizia col pilota (ma più che altro ladro e ricettatore) Swan che possiede un aggeggio indispensabile al criminale di lungo corso John Colter, che sta progettando nientemeno che la fuga da Lazareth. Questa avverrà con un piano curatissimo con cui oltretutto Marco Febbrari fa sfoggio delle sue competenze in progettazione tecnica. Buona parte di Doppia Fuga è occupata dall’evasione, con sequenze frenetiche ma anche un’ottima resa del cyberspazio.

Come probabilmente tutti sanno (è un fumetto di trenta anni fa) alla fine si scopre che il penitenziario altro non è che una simulazione virtuale, colpo di scena che a suo tempo suscitò l’ammirazione di molti tra cui gli amici che ho citato in apertura – che non leggevano Lanciostory o L’Eternauta.

Hammer aveva un taglio dinamico e moderno che si fa apprezzare ancora oggi. La costruzione delle tavole era liberissima, ma ad allontanarlo di più dai canoni bonelliani credo fosse una certa arditezza con cui introduceva riferimenti a lesbismo e sodomia (Swan ha modo di ammirare cosa gli infileranno nel caso non farà il bravo). Probabilmente fu questo lato piuttosto innovativo a non far decollare la serie a suo tempo, che (vado a memoria) venne chiusa dopo otto numeri per poi tornare a furor di popolo per cinque ulteriori episodi.

La nuova confezione Mondadori non sarebbe affatto male. Il formato (lo stesso “423” del deludente Empire USA) è più grande di un bonellide, la carta non è male, la stampa buona, in appendice ci sono gli studi preliminari e il prezzo era onesto anche otto anni fa. Eppure questa stessa edizione celebrativa con bonus, schizzi, ecc. mi è sembrata al contempo anche un po’ dimessa, senza riferimenti alle pubblicazioni originali e con un’introduzione (di Alessandro Di Nocera) assai sbrigativa e che cita tutta la fantascienza possibile tranne quella più pertinente al fumetto. Ma immagino che si sia trattato solo di un antipasto e da qualche parte doveva pur cominciare.

Hammer è stato un bel tuffo nel passato, testimonianza di un’epoca florida per il fumetto italiano (tanto da avere dei margini di manovra per sperimentare anche nel settore popolare) con un’opera che è ancora godibile ed è invecchiata pochissimo.

Ma oltre che a quello di ventotto anni, Hammer permette anche un salto di una decina di anni, con relativo rimpianto, quando ancora esisteva la divisione Mondadori Comics.

mercoledì 23 marzo 2022

Fumettisti d'invenzione! - 174

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

BASTÍA

(Argentina 1998, in Ruta 40, © ?, fantascienza)

Daniel Mayor (T), Juan Zanotto (D)

Lo sceneggiatore di fumetti Julian non riesce a trovare un’idea da sottoporre alla rivista Ruta 40 ma proprio come ne L’Eternauta (citato esplicitamente) comincia a nevicare e il protagonista assiste a un fenomeno paranormale in cui non compare Juan Salvo ma Bastía, un mendicante che rivela poteri telepatici e lo informa di una minaccia incombente.

La serie non arrivò mai a compimento a causa della chiusura della rivista Ruta 40.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)

NEW YORK (IDEM)

(Francia 1976, in Vaillant, © Eredi Buzzelli, reportage fantastico)

Guido Buzzelli

Breve sunto dell’esperienza di Guido Buzzelli in viaggio nella favoleggiata New York: cercare per quei quartieri sovraffollati tracce dei suoi eroi di carta si rivela un’impresa ardua di fronte alla tensione e al degrado a cui assiste. Ma con un po’ di fantasia riesce a coglierne comunque delle tracce in giro per la città.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

PARODIE (pag. 67)

LOUSTIK

(Francia 1982, in Circus Hors Série, © Glénat, parodia)

François Corteggiani [la “copertina” è realizzata insieme a Giorgio Cavazzano]

Inserto dello «Spécial Nostalgie» di Circus confezionato imitando un’edizione tascabile, narra una breve avventura di un personaggio dei fumetti “petit format” creato per l’occasione. Il giovane Loustik intraprende un viaggio metanarrativo in cui incontra svariati personaggi degli albi per ragazzi conosciuti anche in Francia, ed evidentemente amati da Corteggiani, tra cui non solo gli umoristici ma anche Tex e Blek Macigno.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

ZIO DRAGOOU

(Italia 2021, © Ugo D’Orazio, umorismo, parodia)

Hugh [Ugo D’Orazio]

(eh, sì, alla fine mi è arrivato – ancora due mesi fa)

Un placido e nostalgico drago (o è un varano?) vive tranquillo a Glownzo Island, consapevole di trovarsi all’interno di un fumetto sconosciuto dove nessuno lo disturberà, finché da un manga arriva Klorinda, stufa di essere usata per mostrare la sua biancheria intima ai lettori.

Tra citazioni e omaggi, resi però con uno stile di disegno sin troppo rudimentale, vivranno varie avventure metanarrative contro il malvagio Boor che (orrore!) vuole fare di Zio Dragoou un(a) graphic novel. La ragione di tanto sovrapporsi di personaggi e serie diverse (non solo a fumetti) va ricercata nella natura stessa dell’isola, sede di esperimenti per ibridare il fumetto di Zio Dragoou utilizzando anche personaggi dimenticati che così l’autore può omaggiare.

Pseudofumetto: oltre al manga da cui provengono Klorinda e Boor (mai nominato) viene citato nella collezione di Zio Dragoou Nonna Beffarda.

venerdì 18 marzo 2022

Proctor Valley Road

È il giugno del 1970 a Chula Vista, vicino al confine col Messico, e l’adolescente August vorrebbe andare a vedersi il concerto di Janis Joplin insieme alla cugina Rylee e alle altre sue amiche. Ma non hanno un soldo e così per tirare su qualche dollaro si inventa un tour dell’orrore sulla strada di Proctor Valley. Se poi i loro compagni di scuola accettano solo perché sperano di combinare qualcosa con loro, l’importante è che paghino. Il “tour” non va come previsto e accadono degli avvenimenti sovrannaturali in cui i maschi spariscono. È il periodo della guerra del Vietnam e le ragazze sono accusate di favoreggiamento nella diserzione dei ragazzi spariti. Indagando su quella strada maledetta, che a quanto pare lo è davvero, August e compagnia saranno a loro volta vittime di strani fenomeni, fino a scontrarsi con la vera causa dei fenomeni.

In questo fumetto di Grant Morrison c’è poco o nulla, il che per alcuni potrebbe pure essere un pregio. Si tratta semplicemente di una storiellina horror mista a un vago romanzo di formazione, condita di elementi pop che faranno felici i lettori più attempati ma che diranno poco a chi non è stato bambino in America negli anni ’70. Il mistero del posto in cui nessuno può morire si è già visto altre volte e il mostro alla base della storia non è molto affascinante, anzi un po’ ridicolo. E il finale è un tripudio di buoni sentimenti. A volte i dialoghi sono prolissi e la storia è molto lineare, per cui credo che buona parte dei testi si deva ad Alex Child. Le quattro protagoniste sembrano essere state create per soddisfare più fette di pubblico possibili: August (carina) soffre per l’abbandono del padre, Rylee è sovrappeso, Cora è una messicana nictofoba e Jennie una ragazza di colore che sogna di fare l’astronauta. August è una discreta ribelle e le ragazze fumano, né mancano riferimenti a droghe varie, ma il sesso (figuriamoci!) è del tutto assente.

Un fumetto assolutamente trascurabile, in cui il nome di Morrison serve evidentemente solo a spacciare una storia banalotta e consolatrice. E in ogni caso i disegni cartooneschi di Naomi Franquiz sono del tutto inadatti per un fumetto horror.

mercoledì 16 marzo 2022

Fumettisti d'invenzione! - 173

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

’MAZING MAN

(Stati Uniti 1985, nel comic book omonimo, © DC Comics, umorismo)

Bob [Robert] Rozakis (T), Stephen DeStefano e Karl Kesel (D)

’Mazing Man è un ometto mascherato che va in giro per New York facendo buone azioni, o almeno provandoci. La voce narrante è solitamente quella del suo amico Denton Fixx, piccolo come lui ma con la testa di un cane (!), un aspirante sceneggiatore di fumetti che troverà lavoro presso una casa editrice di terza fila. Quando Denton sarà afflitto dal blocco dello scrittore, i vari comprimari gli offriranno le loro idee a seconda della loro personalità. Infatti, nonostante il titolare sia la parodia di un supereroe, le storie non pescano da quell’ambito ma trattano principalmente della vita e dei piccoli problemi della fauna urbana di giovani adulti che vivevano nel Queens negli anni ’80, fornendo un affresco corale fatto di coppie borghesi in crisi, machos italoamericani, ragazze a caccia di ricchi mariti, ecc. tanto che lo stesso ’Mazing Man a volte comparirà solo marginalmente nelle storie.

Malgrado il soggetto di partenza e la struttura antologica poco comuni nel mercato statunitense, la testata durò dodici numeri cui fecero seguito tre speciali. In particolare, gli Specials numero 2 e 3 contengono elementi metanarrativi e omaggi o parodie a vari fumetti.

Pseudofumetti: Denton lavora presso la BC Comics, una casa editrice minore attiva sin dagli anni ’40 che pubblica Splendidman, Nightman & Redbreast, Wonderful Woman, Splendiddog e (intuiamo dall’intestazione di una sceneggiatura) All Fun: riesce ad avere il lavoro arruffianandosi l’editore dicendogli che crederà alla sua versione in merito alle contese legali con la DC Comics – i personaggi della BC sono palesi plagi di Superman e compagnia, tanto che l’editore pianificherà una propria Crisis: «Catastrophe on BC-Earth». Assunto per scrivere Splendiddog dopo aver adattato un soggetto per Krypto rifiutato dalla DC, lo si vede lavorare principalmente su Splendid Pup.

Dal numero 7 compare occasionalmente tra le storie che compongono ogni numero anche The very fun Adventures of Zoot Sputnik and his Friends, esempio di un fumetto BC Comics disegnato da Fred Hembeck e ovviamente attribuito a Denton. Gli altri ruoli come colorista e letterista sono assegnati a vere persone dello staff di ’Mazing Man.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)


AUNTIE GOOSE RHYMES DEPT.
(LE RIME DELLA ZIA)

(Stati Uniti 1968, in Not Brand Ecch, © Marvel Comics Group, parodia)

Roy Thomas [Roy William Thomas Jr.] (T), John Verpoorten (D)

Parodia della Mamma Oca (“Mother Goose”) che nella letteratura popolare di molti paesi è il personaggio che racconta filastrocche e fiabe per bambini. Qui è interpretata dalla Zia May di Spider-Man e le sue storielle vertono attorno ai personaggi della Marvel. Ospite d’onore, Jack Kirby.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

THE COMIC BOOK HISTORY OF COMICS

(Stati Uniti 2012, © IDW/Van Lente/Dunlavey, saggio)

Fred Van Lente (T), Ryan Dunlavey (D)

Programmaticamente storia dei fumetti a fumetti, finisce presto per diventare il solito panegirico su Jack Kirby dedicando comunque un certo spazio alle biografie e alle opere di molti altri autori come Robert Crumb, Harvey Kurtzman e Alan Moore. Stan Lee non riceve lo stesso trattamento di favore essendo ancora vivo all’epoca dell’uscita del volume e quindi non ancora santificato.

Oltre ai soliti aneddoti risaputi, questa storia dei fumetti a fumetti offre comunque qualche altro episodio interessante e uno sguardo al cinema d’animazione, alla Pop Art e ai protofumetti che la elevano dalle altre opere consimili. Peccato per i disegni molto rudimentali, che vorrebbero essere in sintonia col tono allegro della narrazione ma finiscono per essere molto rozzi.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

4 KOMA BREAK

(Italia 2022, in Fumo di China, © ?, umorismo)

Yuu [Andrea Dentuto]

Le vicissitudini dello studio di un mangaka giapponese viste attraverso gli occhi di uno dei suoi assistenti, e realizzate da un autore che conosce bene il settore avendo lavorato in Giappone per oltre 10 anni.


giovedì 10 marzo 2022

Yoko Tsuno Integrale 3: All'inseguimento del tempo

Quinto volumone italiano della saga di Yoko Tsuno, in origine terzo Integrale uscito in Francia e Belgio. Come al solito la raccolta non è cronologica ma tematica e stavolta sono di scena i viaggi nel tempo e un nuovo personaggio che fa da trait d’union alla trilogia.

Il primo episodio (undicesimo della saga), La spirale del tempo, introduce Monya, una profuga dal XXXIX secolo che fugge all’apocalisse definitiva nel presente di Yoko Tsuno grazie alla macchina del tempo inventata dal padre, ereditando la missione di uccidere lo scienziato che inventò/inventerà la “bomba ad annichilimento” (!) e per questo si farà aiutare da Yoko Tsuno in visita al cugino nel Borneo che tornerà all’epoca della Seconda Guerra Mondiale dove/quando incontrerà suo zio con cui involontariamente attiverà il meccanismo che le darà il suo nome. È probabile che Leloup lavorasse con la trama già ben delineata, ma in queste 44 tavole l’azione si svolge in maniera un po’ troppo meccanica e fluida per Yoko & co. e la sorpresa finale del mostro spaziale sembra una trovata dell’ultimo momento. Per fortuna un po’ di ironia (poca) affiora ogni tanto a nobilitare il tutto. Lo stile di disegno è quello per cui ho accusato Leloup di leziosità, ma gli sfondi e i dettagli tecnici sono stupendi. Un episodio godibile ma non tra i migliori della serie.

Il secondo episodio, Il mattino del mondo, fa tornare in scena Monya che a causa di un suo furtarello nel passato ha messo nei guai un’indigena di sei secoli prima. Ovviamente Yoko la aiuterà ma stavolta col supporto di Vic e Pol (e di Rugiada del Mattino, la bambina che ha adottato ma di cui non mi sembra abbiamo ancora visto le origini). La storia ha un piglio nettamente avventuroso con tanto di dinosauri e un ulteriore motivo di interesse è il dettaglio che lega questo episodio al precedente.

In questo episodio, il diciassettesimo della saga, Leloup organizza le tavole in maniera differente: quasi mai sulle canoniche quattro strisce ma su tre. Se da una parte è inevitabile che così ci sia meno “sostanza” da leggere, è anche vero che i suoi disegni devono essere più dettagliati e marcati per riempire il nuovo formato e quindi sono molto più gratificanti da vedere.

Per finire, L’astrologo di Bruges. Anche questo episodio presenta uno stile differente: Leloup aveva forse cambiato strumenti di lavoro, passando dal pennino al pennello, o forse avrà voluto dare una rinfrescata alla parte grafica. Sta di fatto che i contorni delle figure sono più marcati e c’è qualche tratteggio in più. Anche se siamo in una parte avanzatissima della saga (questo è il ventesimo episodio originale) qui di lezioso c’è insomma ben poco.

Terza storia sui viaggi nel tempo, è un pochino complessa. Yoko si reca a Bruges per incontrare un pittore che le vuole fare un ritratto dopo averla ammirata in un servizio fotografico, ma viene aggredita dal pittore stesso che a sua volta è un viaggiatore del tempo e vuole carpire a Yoko il segreto dell’ubicazione di una fiala che ha sottratto nel passato (di cui lei non si ricorda affatto) e che contiene i patogeni per scatenare la peste. Su questo canovaccio di base si innestano vari altri personaggi e colpi di scena. Forse sarà anche a causa dei disegni molto migliori, ma per me ne L’Astrologo di Bruges siamo al livello delle bellissime Avventure Tedesche.

Come al solito una parte ghiottissima del volume è costituita dai redazionali introduttivi, stavolta dedicati rispettivamente alle teorie dei viaggi nel tempo, a Bali e a Bruges. È vero che gli interventi diretti di Roger Leloup a volte spoilerano parte delle trame, così come la grafica invasiva rende un po’ ostico leggere i testi che sono stampati direttamente sui disegni, ma rimangono comunque un grande piacere.

Visto che alla fine anche questo volume è uscito, nonostante le titubanze di Andrea Rivi, spero che in un futuro non troppo remoto vedremo anche gli altri. Ufficialmente adesso ne mancherebbero solo tre.

martedì 8 marzo 2022