domenica 31 maggio 2015

NOWCOMICS/3



...e tre. Il flusso di volumi NOWCOMICS non accenna a diminuire – ma ho notato che la data di stampa è novembre 2014 quindi forse questa prima infornata è in realtà un passaggio successivo nelle fumetterie dopo la presentazione nelle fiere.
Arrivati ieri, ho già divorato gli ultimi episodi di Scotland Yard e Mister Hyde contro Frankenstein. Anche questi due capitoli finali confermano l’impressione avuta con Vivi e morti: il primo episodio dei distici 1800 serve a incuriosire e a definire l’ambientazione e l’atmosfera, ma è con il secondo e conclusivo che la trama esplode in tutta la sua potenza.
In particolare, essendo entrambe le serie scritte da Dobbs, è stato ancora più interessante leggerle a distanza ravvicinata godendo quindi dei dettagli in comune e dello sviluppo della continuity (chi l’avrebbe mai pensato che la Clerval sarebbe finita così?).
Bambole di sangue che conclude Scotland Yard è un bel thriller investigativo perfettamente godibile a sé senza per forza sapere cos’è successo nel primo episodio. Forse sarebbe stato interessante sviluppare certi personaggi o certi aspetti secondari della trama ma immagino che accumulare troppe vignette avrebbe finito per mortificare lo stile pittorico del bravo Perger che si esprime al meglio nell’ariosità della tavola. E non è detto che alcune suggestioni non verranno riprese e sviluppate in altre sedi.
La rovina della casa dei Jekyll è forse addirittura meglio, la trama è originale e complessa, molte situazioni prendono direzioni inaspettate e c’è persino un’eccellente guest appearence perfettamente congruente con l’argomento trattato. È vero che intravedere la lotta tra due specie di Hulk sfogliando il volume può sembrare ridicolo, ma la lettura fuga ogni dubbio sulla qualità della storia. Ho anzi apprezzato molto la maniera in cui Dobbs fa esprimere il mostro di Frankenstein.
Come avevo accennato in precedenza i disegni di Marinetti non traggono molto beneficio dai toni freddi e dalla tavolozza limitata con cui sono stati colorati, ma in compenso ho notato che in questo secondo volume il disegnatore non ha fatto ricorso a fotografie o computer grafica per panorami e interni.
Come nel caso di Vivi e morti l’unica anticipazione che viene fatta sui prossimi volumi è l’annuncio di 20.000 secoli sotto i mari che per titolo e argomento (crossover tra Lovecraft e Verne) ho già deciso che sarà un capolavoro.

sabato 30 maggio 2015

Cosmo Noir 2 - Battaglia 2: La lunga notte della Repubblica



La prima cosa che si nota di questo secondo episodio del Battaglia pocket è il nettissimo calo del comparto grafico. Ryan Lovelock è un disegnatore piuttosto scarno (almeno in questa sede, non l’ho mai visto prima) con un’inchiostrazione poco meditata e incline a certi accomodamenti anatomici poco eleganti, come qualche orecchio che “naviga” nelle teste di profilo o le mani disegnate senza particolare cura. Quando riempie le sue vignette di tratteggi mi ha dato più di una volta l’impressione di aver buttato su il lavoro senza criterio tranne che nei primi piani.
Ovviamente a difesa di Lovelock si possono invocare il formato ridotto in cui è stato costretto e forse la rapidità di esecuzione che gli è stata richiesta, eppure Des Dorides nelle stesse condizioni ha saputo realizzare un prodotto egregio.
Per fortuna dal punto di vista dei testi siamo a un livello addirittura superiore al precedente La figlia del capo. Stavolta Pietro Battaglia viene coinvolto nell’operazione di salvataggio di Aldo Moro (già questo è un punto di partenza assolutamente originale), ma le vicissitudini del capo della Democrazia Cristiana rimangono sullo sfondo fino allo splendido finale, in favore della lotta tra il vampiro siculo e un suo arcinemico tedesco.
La narrazione è secca, tesa e rigorosissima (purtroppo lo stile esangue di Lovelock si estende anche alla documentazione fotografica vanificandone il senso di realismo che probabilmente voleva evocare) e la storia si legge tutta d’un fiato. Ovviamente ignoro dove sia terminato il lavoro di Giulio Antonio Gualtieri e dove sia iniziato l’eventuale intervento di Recchioni, ma ho notato con piacere un ridimensionamento delle battute cool e soprattutto delle citazioni, con conseguente beneficio alla scorrevolezza della storia. Diciamo che quel «let’s fight!» pronunciato da Jess Jones mi puzza di citazione da qualche videogame picchiaduro, ma essendo ignorante in materia non gli ho dato troppo peso.
La scelta di relegare gli avvenimenti storici, e con essi la figura di Aldo Moro, in un relativo cono d’ombra all’interno dell’economia della storia mi è sembrata inizialmente dettata dalla comprensibile volontà di non incorrere in noie legali o attirare polemiche, invece si è rivelata un’efficace strategia per arrivare al colpo di scena finale, momento di grandissimo e inatteso climax pur dopo gli avvincenti combattimenti delle pagine precedenti.
In questo episodio mi sembra inoltre che si cominci a delineare anche una sorta di continuity nella miniserie e si delinea quindi con maggior precisione la figura di un loschissimo manovratore gobbo e orecchiuto…
En passant, niente male l’editoriale in tema con il periodo in cui si svolge la storia.
Salvo improbabili crolli nei prossimi episodi credo che la qualità della serie si sia ormai attestata su livelli molto alti, quindi mi aspetto mirabilie dall’annunciato Il Muro di Piombo che si occuperà di Ustica, e per cui Leomacs ha realizzato pure una bella copertina.

mercoledì 27 maggio 2015

NOWCOMICS/2



Seconda infornata di volumi NOWCOMICS. Stavolta oltre a uno della collana 1800 ce n’erano due Sci-Fi. Il secondo e conclusivo volume di Sherlock Holmes e i vampiri di Londra mantiene le promesse alla grande e sembra addirittura anticipare un seguito, ma la graditissima conferma è stata bilanciata dalla doccia fredda di Universal War One. Non è il mio genere, c’è poco da fare.
Denis Bajram imbastisce una space opera bellica magniloquente e vagamente misticheggiante, popolata da personaggi stereotipati per cui è difficile provare simpatia (o qualsiasi altro sentimento) vista la scarsa incisività fisiologica a cui sono inevitabilmente costretti dalla struttura corale e dalla brevità del primo volume, Genesi, dove ognuno dei sette protagonisti deve sgomitare per ritagliarsi il proprio spazio. E le cose non migliorano col secondo episodio Il frutto della conoscenza.
La trama di partenza sarebbe anche interessante visto che coinvolge un manipolo di astronauti rinnegati, pendagli da forca in attesa di giudizio, alle prese con un misterioso muro di materia nera che taglia in due l’universo (non penso che questo elemento sia solo un vezzo da fisico teorico ma voglia avere anche connotati mistici) ma la narrazione è frammentaria e sincopata e, se ho ben capito, piegata alle esigenze di una struttura fissa in cui le prime tavole devono sempre essere dedicate al flashback su uno degli “eroi” e ogni episodio deve sempre terminare con la dipartita di uno di loro.
Obiettivamente l’impegno dell’autore ai disegni è notevole e non si può certo dire che si sia risparmiato. Purtroppo Bajram fa parte di quella generazione di disegnatori francesi per cui gli stilemi lontani dalla tradizione franco-belga erano già stati sdoganati (ah, Claire Wendling, che hai fatto, Claire Wendling!) e così accanto a mezzi spaziali rigorosamente riprodotti ci sono inquadrature ipertrofiche e figure umane a volte un po’ abbozzate e quasi caricaturali, che si muovono con le linee cinematiche dei manga. Non tocchiamo per fortuna le esagerazioni di Ange, ma siamo anche lontani dall’eleganza di Alice. Diciamo che Bajram è un po’ il Lauffray della fantascienza.
In definitiva questo Universal War One non mi ha proprio catturato, anche se ho apprezzato il tocco di classe della 001 nello scegliere un lettering ad hoc (anche se la punteggiatura non è proprio impeccabile). Dubito comunque che all’autore e all’editore possa importare qualcosa del mio scarso gradimento visto che a quanto si evince dagli editoriali del primo volume sono l’unico in tutto l’universo a non aver apprezzato, e la saga è stata un successo anche in mercati impensabili per la BéDé.
Ciò detto, mi sa che continuerò comunque l’acquisto della serie visto che tanto ormai sono già arrivato a un terzo e questi volumetti col cartoncino rigido fanno la loro bella figura. Tutto sommato 4,90 euro per volta sono un prezzo accettabile soprattutto se dilazionato e anche se il fumetto non è nelle mie corde restano pur sempre 16 pagine di redazionali che nel caso di Universal War One sono molto interessanti. Quindi alla fine l’unico difetto che avevo trovato nella collana si è rivelata un’opportunità commerciale...

lunedì 25 maggio 2015

Hitman



Tutta colpa di Renzi. Non di Cesare né di Roberto ma di Matteo Renzi, che col suo bonus in busta paga ha contribuito a vincere la mia ritrosia e a prendere il blocco di 3 volumoni dell’Hitman della Planeta che giaceva da un bel po’ in una fumetteria (dove peraltro mi hanno anche fatto uno scontone del 20% portando il totale a 60 euro, per cui il bonus Renzi avanzava pure).
La mia parte migliore, quella razzista e settaria, mi diceva che trattandosi di comic book e soprattutto di Garth Ennis si sarebbe trattato dell’ennesima stronzata che basava il suo appeal sull’ostentazione della scorrettezza politica e sullo shock value ma invece alla fine si è rivelato un buon acquisto. D’altra parte la serie esordisce nel 1996 e il personaggio nasce nel 1993, risale quindi a un’epoca in cui Ennis doveva mostrare almeno un po’ di sostanza e non poteva ancora vivere di rendita.
Tommy Monaghan è un sicario a pagamento con una sua morale che a seguito dell’aggressione di un parassita alieno sviluppa dei tratti metaumani: i suoi bulbi oculari diventano neri come la pece ma in compenso può leggere la mente e vedere attraverso gli oggetti e gli edifici. Queste nuove abilità sono particolarmente adatte a un killer visto che così non potrà mai essere colto di sorpresa. Almeno nella prima decina scarsa di numeri della serie, visto che presto Ennis si dimentica della cosa. Né funziona la pezza che usare i poteri provochi mal di testa a Tommy, visto che lo sceneggiatore butta là l’idea e si dimentica presto anche di quella, salvo riesumarla (raramente) quando gli fa comodo.
Una serie di oltre sessanta numeri non vado a riassumerla tutta. Diciamo che, con le inevitabili approssimazioni e contaminazioni, si possono riscontrare principalmente 3 filoni: gli incontri coi supereroi DC in trame abbastanza classiche; storie di argomento bellico, criminale o comunque violente e drammatiche; minchiatine parodistiche come gli scontri con i dinosauri e i pesci-zombi.
A mio avviso la serie si mantiene su buoni livelli almeno fino al numero 50, episodio dopo il quale Hitman mostra un po’ il fiato corto e sembra essere stato scritto giusto per arrivare alla preventivata conclusione del numero 60.
Ancora oggi le storie, i personaggi e i dialoghi di Ennis mantengono una certa originalità e freschezza. Inoltre il massiccio inserimento di elementi di carattere bellico o comunque realistico e documentato funzionano ancora a distanza di anni nonostante il lettore contemporaneo sia più abituato a queste derive ennisiane. Segno che evidentemente quando scrive di qualcosa che gli piace Ennis è in grado di tirarne fuori delle buone cose. Prima ho accennato alle minchiatine parodistiche che sono state alla base di più di un episodio: per fortuna non sono state tante ma dopo essersi letti una bella storia sulla seconda guerra mondiale o sulla mafia trovarne una è una bella doccia fredda.
I cedimenti più irritanti sono stati a mio avviso la Sezione 8, l’episodio One Million, i due del tesseratto anale e Baytor. Ma Baytor alla fine è simpatico ed ha un suo peso nell’economia della serie.
Il problema di Hitman sono i disegni di John McCrea. Immagino che solo una lunga frequentazione con l’amico sceneggiatore di successo abbia permesso di sdoganare i suoi disegni deformi, approssimativi, tirati via. Un po’ come Yeowell con Morrison. Poi è anche vero che McCrea è riuscito a disegnare da solo praticamente tutta la run di Hitman, ma vorrei ben vedere che con gli sgorbi sproporzionati che disegna si mettesse pure ad accumulare ritardi.
Il veterano Garry Leach ha fatto veramente miracoli ed è riuscito a rendere con le sue chine addirittura belle certe tavole di McCrea, che forse il titolare aveva solo abbozzato. Purtroppo il suo ingresso in campo è arrivato troppo tardi e non è stato costante.
Mi ha fatto quasi tenerezza vedere qualche balloon ancora in spagnolo o le parole tronche, marchi di fabbrica dell’ingiustamente vituperata Planeta Editoriale. Magari oggi avercela ancora la Planeta, con la sua varietà di offerte e i suoi prezzi bassi.

sabato 23 maggio 2015

Il sesso e il colore variabili dei supereroi

Dal numero 24 de I Nuovissimi X-Men. Nel primo episodio della serie titolare lo Ultimate Dottor Cho parla per un attimo di sé come se fosse una donna:
E in X-Men il colorista interpreta due ditoni della zampa sinistra di Manifold Tyger come se fossero pezzi del fucile:

lunedì 18 maggio 2015

...



Adoro le collane come Marvel Universe, Marvel Mix, Marvel World, Marvel Qualsiasialtraroba. Per una manciata di euro permettono di leggere un bel po' di roba, almeno 4 comic book al colpo, occasionalmente su buona carta e stampati bene.
Poco importa se poi nei fatti il fumetto in sé è poca roba, l'impressione di aver fatto un affarone basta a farmi produrre endorfine. E' capitato con il recente Marvel Mega 92 che raccoglie i sei episodi della serie Ultimate FF. Il fumetto in sé è una minchiata (una banale storiella di universi alternativi con battute insopportabili e situazioni che vorrebbero essere divertenti, “impreziosita” dalla truffaldina presa per il culo di un personaggio dell’Universo Ultimate resuscitato per l’occasione) ma mi ha almeno offerto il destro per questo post-pinailleur:
l'ultima "voltanta"...
spaziatura assente che dona alla frase un che di ellenico.
Ultimate Machine Man si dimentica un articolo con effetto straniante.
mi pare che qui ci sia un problema logico a causa di un "non" in più: non farà "parecchio" male?

Mi rendo conto di arrivare in ritardo, essendo il volumetto uscito già da qualche tempo, ma i disegnatori coinvolti erano uno peggio dell’altro e non ce l’ho fatta proprio a leggerlo di fila senza qualche pausa ristoratrice. Cristiano Grassi nelle note conclusive mi dà parzialmente ragione attribuendo con grande onestà alla scelta di questi disegni «underground» (così li definisce Grassi con molta signorilità) parte dell’insuccesso commerciale della serie. Piuttosto gradevole, comunque, il rimando involontario al logo della vecchia Editoriale Corno sulle divise degli eroi. Peccato sia l’unica cosa gradevole di tutto il volumetto.

sabato 16 maggio 2015

Immaginario Sexy volume primo: Le Edizioni 66 - Erregi



Immaginario Sexy è un ammirevole progetto frutto della precedente incursione dell’autore/editore nel mondo dei fumetti “neri”, che ha portato alla pubblicazione dei due tomi Avventure Noir.
In 240 pagine Luca Mencaroni offre una panoramica esaustiva sulla produzione delle case editrici Sessantasei ed Erregi di Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon avviata entro il 1972, anno della separazione dei due soci che portò alla nascita di altre case editrici e a un rinnovamento del genere.
Il bel volume cartonato in formato quadrotto inizia con un’introduzione molto approfondita nonostante la brevità (alle figure di Barbieri e Cavedon verranno dedicati approfondimenti nei prossimi volumi), in cui Mencaroni ricostruisce, fonti alla mano, una sua versione della scintilla che generò la passione di Barbieri e delle vicissitudini che portarono alla nascita dei primi tascabili e al reclutamento degli autori, correggendo o avanzando i suoi dubbi sui dati riportati nei pochi altri lavori analoghi di riferimento. Non mancano interessanti digressioni sull’andamento economico delle testate e sulla vita privata delle persone coinvolte, il tutto riportato con discrezione e senza scadere nel gossip che comunque in un lavoro compilatorio come questo sarebbe stato giustificato per dare il giusto inquadramento storico.
Mencaroni analizza tutte le testate a fumetti del genere sexy seguendo l’ordine cronologico di pubblicazione (per amor di completezza segnala l’assenza di Domino e I Playboy’s, il primo un “nero” già trattato in Avventure Noir e il secondo non propriamente fumetto): siamo ancora agli albori del genere, che se Mencaroni non mi smentirà nelle prossime uscite diverrà definitivamente porno dallo sdoganamento del pene ne Lo Sconosciuto di Magnus, e i fumetti qui riportati sono ancora tutte propaggini di altri generi con talvolta i soli riferimenti pruriginosi in copertina a offrire un accenno di erotismo o trasgressione.
A ogni testata viene dedicata una presentazione che non supera mai le due pagine, seguita da un ricchissimo apparato iconografico che riproduce tutte le copertine della serie (e delle eventuali ristampe, raccolte, ecc.) unitamente ad eventuali gadget come cartoline promozionali e poster allegati.
È incredibile come l’autore sia riuscito a condensare in poco spazio un sacco di informazioni che, nonostante la scrupolosità da entomologo, è riuscito a integrare con aneddoti e curiosità. Merito evidentemente di uno stile stringato e di una organizzazione ottimale dello spazio a disposizione. La parte scritta riveste un ruolo minoritario eppure la densità di scrittura è elevata.
Va segnalata la particolare scelta di inserire le biografie dei fumettisti e dei copertinisti di maggior rilievo all’interno della trattazione delle testate in cui ebbero maggiore influenza e non in una appendice a parte. Poco male, anzi forse è meglio così: se uno volesse ripassarsi la carriera di Alessandro Biffignandi o di Sandro Angiolini dovrebbe solo seguire le indicazioni nell’indice analitico posto alla fine.
Dal punto di vista della resa grafica è innegabile che la necessità di far stare 24 copertine in una sola pagina comporti il loro drastico rimpicciolimento, ma visto che il formato d’origine era già piccolo di suo la cosa non preclude la fruizione delle immagini, che a onor del vero vengono anche proposte in più ariosi gruppi di 12 dove possibile. E quindi saltano comunque agli occhi le differenze talvolta abissali tra maestri come Carlo Jacono e Pino Dangelico e alcuni mestieranti alle prime armi o vessati dalle scadenze.
Oltretutto, Mencaroni sembra scandalizzato per l’evidente plagio del manifesto pubblicitario di Soldato Blu in una copertina di Walalla, ma il bello di questo volume è anche l’occasione che offre all’esperto di andarsi a trovare tutte le molteplici e smaccate “citazione” che vennero fatte (persino a più riprese!). Ne avevo già accennato qui.
Scorrere di fila le copertine delle testate di maggior successo, che quindi videro passare molte mode e fenomeni di costume diversi, permette anche di vedere come si sia evoluto il gusto dei lettori e di tastare con mano la furbizia degli editori.
Gli ultimi numeri di Terror, ad esempio, strizzano l’occhio a un certo stile aerografato e televisivo dei primi anni ’80, mentre il film-scandalo Malizia compare persino in una copertina di Jacula, per quanto sia totalmente impensabile un crossover della fantesca di Laura Antonelli con una vampira che agisce nei primi dell’800!
Questo primo tomo di Immaginario Sexy è stato per me una fonte di curiosità e sorprese. Tra le altre cose, ho scoperto che anche Vicente Segrelles ha realizzato dei “pornetti”, che il misconosciuto Peter Paper era scritto da Pippo Franco, che Guido Buzzelli aveva un fratello fumettista (peraltro piuttosto bravo, sembrerebbe). Tutte cose che un esperto sicuramente sapeva già, ma che per me sono state delle novità.
Il volume ha un costo piuttosto importante, 40 euro, ma la passione e la competenza di Mencaroni (coadiuvato da uno staff di nomi anche eccellenti) lo giustificano abbondantemente anche se non mancano refusi che non pregiudicano la comprensione a chi abbia una cultura specifica o a chi legga con un minimo d’attenzione tutte le parti del volume: «Frankenstein» e non «Frankestein», Bull «Rockett» e non «Rocket»; è ovvio dalla cronologia stessa che l’ultimo numero di De Sade fu il 172 e non il 47, così come l’anno di nascita di Lucifera riportato nel riquadro non è quello corretto che si evince invece dal testo.
Francamente non ho capito a cosa facciano riferimento gli asterischi che accompagnano i dati tecnici dei singoli fumetti: immagino si tratti di una stima della rarità (non ho trovato nessuna parte in cui venga spiegato, probabilmente perché si intende Immaginario Sexy come continuazione ideale di Avventure Noir).
Aspetto con trepidazione le prossime uscite, che spero non si faranno attendere troppo.

mercoledì 13 maggio 2015

NowComics



Tra i meriti dell’Editoriale Cosmo (che ne L’Incal 2 ha invertito due balloon ma vabbè) c’è quello di aver inventato o consolidato dei formati che altri editori, constatata la permanenza delle proposte sul mercato, hanno adottato a loro volta occasionalmente adattandoli secondo le esigenze delle tipografie.
La 001 è la seconda casa editrice, dopo la deludente scelta della Mondadori, ad aver seguito l’esempio delle benemerite collane Cosmo Color e sta producendo una raffica di volumi in formato 20x26 brossurati a colori. Io ne ho trovati al momento solo 3, di cui l’ultimo era appena arrivato in fumetteria sabato scorso, ma pare che il programma editoriale preveda delle uscite molto fitte.

Obiettivamente, a differenza degli omologhi della Cosmo i prodotti targati NowComics (questo il nome della collana-ombrello) si segnalano per materiali di qualità più elevata: la carta è una patinata lucida e il cartoncino della copertina è bello rigido. Inoltre a integrare le canoniche 46 tavole di fumetto ci sono dei redazionali con cui si tocca la classica soglia delle 64 pagine – poiché tra questi redazionali ci sono interviste in cui si parla esplicitamente di questa edizione e della 001 è chiaro che si tratta, almeno in parte, di materiale prodotto apposta e non semplicemente tradotto. Le pagine sono inoltre rilegate e cucite sul dorso, non incollate. Il tutto a un prezzo in linea con i prodotti Cosmo, ovvero 4,90 euro a volumetto. Avendoli trovati solo in fumetteria e non in edicola (con un percorso quindi inverso rispetto al circolo virtuoso della Cosmo) ignoro se e come la 001 possa ricavare utili dall’operazione, ma finché dura ne approfitto. Oltretutto, la stessa Cosmo ha già pubblicato in formato bonellide gli stessi titoli.
Il piano editoriale prevede principalmente la pubblicazione di fumetti inseriti nella collana francese 1800, una scelta a mio avviso molto valida strategicamente perché le singole mini-saghe si articolano in due soli volumi, quindi il lettore accorto delle regole del mercato franco-belga sa che per arrivare alla fine non dovrà aspettare anni. Inoltre l’abbondanza di numeri 1 invita ancor di più all’acquisto, soprattutto a questo prezzo: li compro per provarli e di quelli che mi sono piaciuti leggo anche il seguito.
Al momento unica eccezione a questa formula è l’inserimento della saga ben più articolata di Universal War One, anche quella piuttosto invitante.
In 1800 autori diversi si sono cimentati con la stessa formula: ogni distico prevede l’incontro/scontro tra due o più personaggi letterari, quindi Sherlock Holmes contro Dracula, Frankenstein contro il Dottor Jeckyll e via di seguito. Un’idea non proprio originalissima, ma capace di produrre buoni risultati se ben condotta. E infatti, andando ad analizzare brevemente i primi volumi:

Sherlock Holmes e i Vampiri di Londra 1: Il richiamo del sangue. Sherlock Holmes viene ingaggiato col ricatto dal vampiro Selymes per dare la caccia alla “scheggia impazzita” Chanes, vampiro brutale che si è spinto troppo oltre con i suoi delitti attirando attenzioni indesiderate per la comunità dei vampiri.
La storia è intrigante e la figura di Sherlock Holmes resa molto bene, con i suoi pregi e i suoi difetti. Da vecchio giocatore di ruolo mi è sembrato però che lo sceneggiatore Sylvain Cordurié non abbia trattato col dovuto rispetto i vampiri, qui talvolta delle mammolette a cui persino il non più giovane Mycroft Holmes riesce a spezzare il collo (!). E nel 1891 Selymes non poteva avere nella sua collezione l’Urlo di Munch.
I disegni di Vladimir Krstić, in arte Laci, sono molto buoni. Gli sfondi sono particolarmente curati, forse quando mette del nero (soprattutto nei primi piani) ce ne mette un po’ troppo.

Scotland Yard 1: Nel cuore delle tenebre è un pastiche con un sacco di citazioni. Il protagonista principale (ma la storia è di impianto corale) è Tobias Gregson, personaggio minore dei romanzi di Sherlock Holmes, che viene trasferito a una “squadra fantasma” di Scotland Yard per dare la caccia a due maniaci omicidi scappati durante un traferimento che egli stesso stava conducendo e che è stata l’occasione per il suo superiore di farlo finire in disgrazia. I due pericolosi alienati sono tratti dal Dracula di Bram Stoker, ma in un corto circuito metanarrativo compare tra le comparse lo stesso Stoker, a Londra in cerca di ispirazione (quindi immagino che al termine delle storia si scoprirà che si è ispirato alla figura di Renfield per il personaggio omonimo e all’altro matto, Carfax, per il nome della proprietà di Dracula).
La storia è frenetica e appassionante e i personaggi sono ben caratterizzati. Ha inoltre il pregio di essere perfettamente conclusa in questo primo volume, anche se resta ancora un pazzo da recuperare, cosa che sarà ovviamente oggetto del prossimo episodio. I disegni acquarellati di Stéphane Perger sono uno spettacolo, mi chiedo come possano essere stati resi nella versione Cosmo.
In Scotland Yard si palesa manifestamente la natura di universo condiviso che permea tutte le singole collane di 1800: l’ispettore Lestrade ha un piccolo ruolo anche nel precedente volume, così come Faustine Clerval, uno dei componenti di questo C.S.I. ante litteram, sarà protagonista in Mister Hyde contro Frankenstein.

Mister Hyde contro Frankenstein 1: L’ultima notte di Dio. Quasi anticipato da un manifesto che compare in Scotland Yard (con cui questa serie condivide lo sceneggiatore, Dobbs al secolo Olivier Dobremel), questo fumetto è il più esplicito a rivelare le sue ispirazioni letterarie. Che però non si limitano ai personaggi del titolo ma abbracciano anche altre realtà non solo fantastiche: in apertura la Clerval pone fine alle sofferenze del povero John Merrick, l’Uomo Elefante.
La narrazione è frammentaria, vengono presentati diversi personaggi finora non indispensabili allo sviluppo della trama e non mancano divagazioni dal retrogusto filosofico. L’unico filo conduttore è la ricerca che Jekyll compie per recuperare dei ritrovati farmaceutici nella più profonda e inquietante Europa dell’Est, occasione nella quale avrà il primo contatto col mostro di Frankenstein. Nonostante questa narrazione sincopata e gli arditi salti temporali, Mister Hyde contro Frankenstein è molto coinvolgente e non vedo l’ora di leggere il seguito.
A una prima scorsa i disegni di Antonio Marinetti sembrano un po’ scarni ma una volta letto il fumetto il disegnatore rivela tutta la sua maestria nel raccontare, e oltretutto le immagini digitali che usa per gli sfondi sono amalgamate piuttosto bene con i suoi disegni, cosa niente affatto scontata. Forse una colorazione più vivace (limitando le tinte più cupe ai flashback) avrebbe valorizzato di più il lavoro di Marinetti.

Insomma, questa prima informata di titoli mi ha pienamente convinto e sicuramente seguirò la collana, che immagino si manterrà sugli stessi livelli – dalle interviste agli autori risulta che l’editor della collana Jean-Luc Istin è alquanto puntiglioso. Va inoltre detto che la grafica di NowComics pur essendo semplice è piuttosto elegante e, cosa molto più importante, che gli unici difetti di stampa che ho riscontrato nelle mie copie sono stati dei fuori registro, quindi un problemino di carattere meccanico e non le turpitudini pixellate a cui ci ha abituato (SE qualcuno ci si è abituato) la stampa digitale.
A mio avviso l’unico “difetto”, ma tra moltissime virgolette, di questa collana è proprio quello che dovrebbe essere uno dei suoi valori aggiunti, ovvero la presenza dei redazionali. Dimostrano senz’altro una grande cura e competenza, e in linea di massima è anche gradevole guardare i dietro le quinte e persino i “prossimamente”, però si tratta comunque di un corpo estraneo che il lettore “deve” leggere e che fa assomigliare i volumi più a delle riviste che a degli albi a fumetti.

domenica 10 maggio 2015

Mac Coy?



Me cojoni, altroché. Come già segnalato a Luigi, per avere anche i titoli più recenti di questa benedetta collana bisogna essere clienti affezionati sin dall’inizio (poco importa se i primi numeri presentano personaggi che uno ha già o che non interessano), impossibile salire “in corsa” quando le tirature sono state calibrate e distribuite secondo la domanda consolidata.
Eppure alla fine sono riuscito a recuperare le prime tre uscite di Mac Coy grazie a un amico che si serve presso un’edicola in cui sono riusciti perfino a fargli avere il primo volume arretrato (!). La molla che mi ha spinto a ricercarlo è stata come in altre occasioni la possibilità di leggere questo fumetto finalmente in maniera integrale e ordinata dopo averlo saggiato a spizzichi e bocconi su qualche Skorpio e Comic Art. Non avevo grandi aspettative: dai ricordi e dai commenti sulle riviste mi aspettavo dei solidi testi classici virati all’umoristico, dei disegni molto curati realistici ma tendenti al grottesco e dei colori belli carichi e squillanti. In effetti (con la lettura sono arrivato al terzo episodio, il primo del secondo volume della Gazzetta) finora ho ritrovato tutti questi aspetti. Non so come abbia fatto Mac Coy a ritagliarsi lo spazio che si è ritagliato (continuato in Francia sino al decesso del disegnatore, quando il western era tramontato, oggetto sin da subito di ristampe in altro formato e di edizioni integrali poco dopo, pubblicato in Italia quasi in tempo reale e con frequenza più massiccia rispetto a quella di altri classici della BéDé, ecc.), credo che gli splendidi disegni di Palacios siano stati determinanti per il suo successo, ma lo trovo in ogni caso una lettura molto piacevole.

L’edizione della Gazzetta presenta purtroppo una stampa non perfetta sino al quarto episodio (cioé il secondo del secondo volume), ma si fa perdonare facilmente vista la generosità con cui propone una foliazione che occasionalmente tocca le 112 pagine allo stesso prezzo dei volumi canonici. Inoltre anche gli editoriali sono molto ghiotti per me che ignoro praticamente tutto dei due autori.

venerdì 8 maggio 2015

Historica 31 - Bruce J. Hawker 2: Al servizio di Sua Maestà



Prosegue e si conclude con questo secondo volume la saga di Bruce J. Hawker, con André-Paul Duchâteau al timone dei testi insieme a Vance.
Le prime due storie, Il puzzle e Tutto o niente, sono un distillato di avventura pura, un’unica storia in cui il protagonista dovrà recuperare i piani dell’arma segreta che furono causa della sua rovina. Stereotipi e luoghi comuni come se piovesse (il protagonista è l’unico a non finire falcidiato dalle fucilate limitandosi a correre a zig zag, una donna violentata non sembra accusare il trauma dell’esperienza vissuta, ecc.): ma sono il sale dell’avventura e stando al gioco ci si gode una bella storia appassionante e oltretutto ben documentata, in cui comunque ci sono alcuni margini di originalità.
Ancora più interessante il distico conclusivo I giustizieri della notte-Il regno delle tenebre (organizzato quest’ultimo su 4 strisce invece di 3 e forse per questo della durata di sole 30 tavole), in cui il patrigno di Bruce viene rapito da una delle gang che si muovono nel sottobosco criminale di una Londra mai così opprimente e minacciosa. Il gruppo, appunto i «giustizieri della notte», complotta nell’ombra e agisce al riparo di cappucci viola, ma una vecchia e affascinante conoscenza di Bruce lo aiuterà a venire a capo del mistero. Un bell’intrigo, una trama originale, un’ambientazione stupenda e una protagonista femminile più accattivante di quella dei due episodi precedenti fanno di quest’ultima apparizione di Bruce J. Hawker il migliore dei commiati, anche se di materiale per ulteriori episodi non ne sarebbe mancato se prima gli altri impegni e poi la malattia di Vance non lo avessero allontanato dal fumetto.
Dal punto di vista grafico siamo purtroppo nella fase di piena maturità del disegnatore, che aveva abbandonato lo stile più sporco ed espressivo per cui mi ero appassionato al primo volume (e che riaffiora in una storia breve risalente al 1980 proposta in appendice) in favore della freddezza e della rigidità che hanno caratterizzato la saga di XIII. Ogni tanto qualche volto risulta espressivo e qualche scena d’azione è abbastanza movimentata, ma nel complesso il tutto è troppo ingessato per i miei gusti. Il primo episodio soffre oltretutto di una qualità di stampa non all’altezza ma per fortuna i problemi di resa si limitano solo a quello.
Dato il periodo di tempo molto lungo in cui si sono concretizzati questi episodi (Il puzzle e Tutto o niente tra 1985 e 1987, gli altri due episodi sono rispettivamente del 1990 e del 1995) possiamo ammirare l’evoluzione dello stile della colorista Petra, che con fatica si è scrollata di dosso convenzioni e abitudini degli anni ’70, non riuscendo però del tutto a rinunciare a una stesura piatta e uniforme dei colori delle figure in primo piano, nonostante alcuni tentativi promettenti sul primo episodio.
Questo è uno dei volumi di Historica che ho letto con più gusto, tanto più che contiene pure una inattesa aggiunta per i Fumettisti d’invenzione. In questo integrale (privo per una volta di balloon invertiti ma con un errore in quarta di copertina) sarebbero state bene alcune copertine e illustrazioni a colori in più, quelle riprodotte sono talmente belle da mozzare il fiato.

giovedì 7 maggio 2015

Zenith Fase Due



Continua nel solco tracciato dal primo volume la saga di Zenith: testi molto stuzzicanti e disegni bruttini (poco meno che inguardabili se visti dopo il Caravaggio di Manara).
Questa Fase Due carbura però lentamente e il mio affettuoso pensiero va ai lettori della rivista 2000 AD che all’epoca dovettero leggersi la storia serializzata in maniera terribilmente diluita: fino al capitolo 6 si tratta solo di una lunga introduzione.
Stavolta Zenith deve vedersela con un ricchissimo magnate megalomane (ma spinto da buone intenzioni, si giustifica lui) che minaccia di distruggere Londra e ha sul libro paga il creatore dei superumani inglesi. La trama principale è però solo parte del succo di questa Fase Due perché viene messa sul fuoco un bel po’ di altra carne, ovvero la minaccia dell’Omniedro (con le relative realtà alternative) e la figura di Chimera che purtroppo viene portata in scena per poi essere eliminata con eccessiva fretta.
Semplicemente geniale l’idea, su cui anch’io ho riflettuto più di una volta, che dominare il mondo dev’essere una colossale rottura di palle più che una conquista – ragionamento con cui lo scazzatissimo protagonista salva la situazione.
Forse il Morrison migliore è proprio questo: molte trovate originali e tanto umorismo (qui prende addirittura in giro gli animalisti più intransigenti, prima di diventarlo a sua volta in Animal Man). Di fronte all’inventiva di cui ha dato prova in questa occasione, supportata dal ritmo frenetico delle 5/6 pagine a puntata, anche la sua tanto celebrata Doom Patrol sembra un’accozzaglia di puttanate tirata troppo per le lunghe.
In appendice il volume propone un episodio fuori serie pubblicato in origine su uno Winter Special della rivista 2000 AD, disegnato (vivaddio) da un ruspante Manuel Carmona molto più piacevole del gelido Yeowell.
La Fase Uno di Zenith aveva ovviamente tra i suoi pregi l’effetto novità, eppure nel complesso trovo che questo volume non abbia perso smalto al confronto e sia pienamente all’altezza del precedente. E anche meglio di Multiversity, tra le altre cose.

mercoledì 6 maggio 2015

Caravaggio 1: La tavolozza e la spada



Macché ultimo episodio di Ken Parker, macché ripresa di Kriminal: per me l’evento fumettistico del 2015 è l’uscita del nuovo fumetto di Milo Manara. Tanto più che di questo Caravaggio col volto di Andrea Pazienza si parlava già da un bel po’ e l’attesa (nonostante tra le doti di Manara ci sia anche la rapidità d’esecuzione) era tanta. E quel poco che si era intravisto, ad esempio nel documentario di Giancarlo Soldi Come Tex nessuno mai, faceva prevedere i fuochi d’artificio.
Purtroppo il primo impatto non è stato piacevole: è evidente che i colori delle prime tavole (e forse pure le nuvole degli sfondi) sono state realizzati al computer senza la naturalezza e nemmeno la vivacità della tavolozza del Maestro, qui coadiuvato da Simona Manara. Un discreto calcio nelle palle, come quello che presi anni fa quando Zanotto demandò la colorazione di Orizzonti Perduti alla redazione dell’Eura, trauma che mi fece smettere di comprare Skorpio.
Per fortuna da pagina 14 si torna in carreggiata (e quelle prime tavole assumono il contorno di prologo aggiunto successivamente) e l’arte di Manara si rivela in tutto il suo splendore pur se qualche intervento digitale occasionalmente riaffiora.
Non sarà elegante risolverla così, ma penso che non sia necessario soffermarsi sulla parte grafica del fumetto, anche perché non finirei più di tesserne le lodi e forse la serie di superlativi entusiastici che avrei inanellato avrebbe finito per sminuire il lavoro di Manara. Chiunque faccia una ricerca in internet può vedere quanto sia insuperabile nel ritrarre ogni tipo di soggetto, nel far recitare i personaggi, nel dare l’idea del movimento e nella rappresentazione scrupolosa e dettagliata degli ambienti – esterni e interni.
Quello che invece mi preme è sottolineare quanto la sceneggiatura sia splendidamente riuscita e tenga incollato il lettore alle pagine. Spesso il Manara sceneggiatore ha l’abitudine di cominciare le sue storie in media res o di fare delle ellissi molto ardite (ad esempio negli ultimi episodi de Il Gioco e in Gulliveriana), oppure di aprire delle parentesi un po’ più rilassate che finiscono per incidere sulla godibilità dell’opera nel suo insieme (vedi Fuga da Piranesi). Caravaggio invece è un fumetto omogeneo nella sua appassionante tensione, l’ansia di raccontare di Manara sembra la trasposizione esatta della fame di vita del pittore assassino.
La tavolozza e la spada si snoda tra i 21 e i 35 anni del Caravaggio, proponendo gli incontri (felici e meno) che insieme al suo caratteraccio ne determinarono il destino. La rigorosa documentazione si vede in molteplici dettagli (viene proposto anche l’episodio dei carciofi, che io ricordavo un po’ differente) e Manara inserisce addirittura delle citazioni inaspettate (Artemisia Gentileschi) e un’onestissima considerazione su come anche nei tempi andati a far la fortuna di un artista fossero più le public relations che il talento. La storia si conclude al momento con lo scontro con l’arcinemico Ranuccio Tomassoni e il piano dell’opera prevede un solo altro volume.
L’unica piccola pecca di questo volume (ma sono curioso di leggere su Fumo di China come lo demoliranno, visto che Manara bisogna sputtanarlo sempre e comunque) avrebbe potuto essere l’ostentato turpiloquio, che però a ben guardare ha invece la funzione ben precisa di ricostruire l’atmosfera di degrado, squallore e volgarità di molte delle sequenze riportate: è inevitabile che con il tratto elegante e ricercatissimo di Manara anche il carcere di Tor di Nona e le bettole più povere risultino bellissime.