sabato 28 maggio 2022

Michel Vaillant Nuova Stagione 10: Pikes Peak

Questo decimo volume della Nuova Stagione di Michel Vaillant è probabilmente il migliore, anche in virtù del fatto che è autoconclusivo pur essendo inserito nella continuity della saga.

Mentre Françoise è a Macao per concludere un accordo commerciale, gli strateghi della Vaillante pianificano di ridare lustro alla scuderia partecipando all’unica corsa che non abbia ancora vinto, perché non vi ha mai partecipato: quella di Pikes Peak che si svolge negli Stati Uniti tra tornanti micidiali e altitudini vertiginose. Michel parteciperà con la X-Pikes, una vettura dedicata al fratello deceduto che ricorda la sua identità di pilota mascherato. Le prove nel tragitto sono assai pericolose perché non ci sono transenne a delimitare i bordi delle strade, e oltre ci sono burroni a strapiombo; e questo non è tutto: a mettersi contro Michel Vaillant ci sono anche fastidiosi imprevisti e l’ostracismo del rivale Bob Cramer (forse un po’ macchiettistico) e un po’ di tutto l’ambiente yankee. Questo offre il destro per alcune gustose scenette sulla differenza tra Stati Uniti ed Europa.

Pikes Peak si legge tutto d’un fiato, per l’incalzante ritmo della vicenda ma anche a causa della velocità insita nella struttura della serie che presenta poche vignette per tavola, e spesso si abbandona a panoramiche o a sequenze mute all’interno degli abitacoli.

Benéteau e Dutreuil fanno un ulteriore passo avanti e con il loro stile sintetico riescono a rendere i personaggi estremamente espressivi e a offrire a ognuno un proprio volto personalizzato e identificabile, probabilmente essendosi ispirati a persone reali. Sui veicoli non mi pronuncio ma non ho dubbi sul fatto che siano il top a disegnarli. Unica pecca: dopo aver sfogliato il terzo episodio mi è sembrato che la loro interpretazione di Carole non fosse troppo rispettosa di quella di Bourgne. Ma mi sono anche accorto che i colori di Antoine Lapasset sono molto migliori rispetto a quelli dei primi volumi.

Pur essendo godibile a se stante (mutatis mutandis, un corrispettivo de L’uomo dalla stella d’argento nella saga di Blueberry), Pikes Peak è impregnato della continuity della saga e oltre a sviluppare qualche situazione precedente ne introduce probabilmente altre: Steve Warson tornerà a correre e le sue dichiarazioni di abbandonare la politica verranno rese pubbliche? Le minacce di Bob Cramer si concretizzeranno? Il crampo di Françoise è il sintomo di una malattia?

Dopo sette anni a 16,90 euro la collana subisce un aumento di prezzo che adesso sale a 18,90.

mercoledì 25 maggio 2022

The Programme volume 1

Alla fine è veramente entrato in vigore il regime del tutto a 3 euro. Invece che scoprire come va a finire Il Protocollo Pellicano mi sono fatto irretire dal nome di Peter Milligan, pur se la storia era di supereroi. Ma è una storia di supereroi come la può scrivere Milligan, appunto.

Lo scenario parte dal presupposto che nel corso della Seconda Guerra Mondiale la Germania avesse sviluppato un programma per creare un’arma biologica, cioè in sostanza un supereroe. Ma con l’approssimarsi della disfatta del Terzo Reich lo scienziato responsabile del progetto contrabbanda il feto negli Stati Uniti. La Russia non è stata a guardare e ha sviluppato una sua classe di supersoldati, la Matrioska, che sono rimasti inattivi fino a poco fa, quando uno si è risvegliato per andare in soccorso del Talibstan, un nome un programma.

Proprio a seguito dell’intervento del superessere contro le forze militari americane in loco, il governo cerca di “riattivare” il suo supereroe, che è stato condizionato psicologicamente e adesso gestisce un bar ignaro di tutto. Per convincerlo interviene anche un altro superessere che a suo tempo era stato condizionato per credere di essere il senatore McCarthy! Nel mentre uno scienziato russo liberato da un gulag risveglia il resto della Matrioska, disgustato da quello che è diventata la Russia. Nel sesto e ultimo capitolo raccolto nel volume assistiamo a un classico coup de theatre di Milligan, che se non sbaglio ammazzava a spron battuto i personaggi che gli venivano affidati; purtroppo non è con la nuclearizzazione di metà Russia che si conclude la vicenda, ma più probabilmente con un classico scontro tra supereroi che si vedrà nel secondo e conclusivo volume dopo il micidiale cliffhanger che chiude questo.

Lo stile di Milligan è iconoclasta e abrasivo, tra metafore sin troppo trasparenti della situazione politica degli ultimi anni (il presidente degli Stati Uniti somiglia curiosamente a Hugo Pratt) e trovate sopra le righe come scienziati pedofili e stupratori da gulag. Il tutto mediato da dialoghi urticanti e una certa attenzione per la documentazione – chissà se è vera la storia del destino dei dissidenti russi in base all’orario in cui avrebbero ricevuto la “visita”.

A livello grafico C. P. Smith ha uno stile piuttosto affine a quello di Andrea Sorrentino, con delle figure che sembrano essere fotografie sovraesposte. Nel suo caso il dinamismo va a farsi benedire e a volte non si riesce a capire bene cosa abbia “disegnato”, cioè immagino copiaincollato. Uno stile del genere è difficile da colorare e infatti Jonny Rench appiattisce ancora di più le tavole. Per 3 euro ne è comunque valsa la pena, anche se mi si potrà ricordare che essendo un fumetto americano è facilmente reperibile online in originale senza certe traduzioni accidentate e gli occasionali refusi della RW Lion. Certo, ma mica posso sapere cosa era uscito in America dieci anni fa.

domenica 22 maggio 2022

PlayModena 2022




















La rivincita di Play: 40mila presenze in tre giorni. Il Festival del Gioco segna un +70%
Il Festival del Gioco - che si chiude stasera a ModenaFiere - torna ai numeri pre-pandemia, con 40mila presenze: un aumento del 70% rispetto all'edizione dello scorso anno. Oltre all'ottimo risultato di pubblico Play ha centrato il suo obiettivo: coniugare al meglio il gioco giocato con la riflessione culturale
Play è diventato ufficialmente "grande". Il Festival del Gioco, a poche ore dalla chiusura della sua 13esima edizione presso il quartiere fieristico di Modena, traccia un primo bilancio e i numeri fotografano un evento in crescita non solo rispetto allo scorso anno - edizione in versione ridotta causa pandemia - ma anche rispetto al 2019: 24mila metri quadri di superficie espositiva - ottomila in più rispetto allo scorso anno - oltre 150 espositori (+5%), sforato il tetto dei 700 eventi in tre giorni, 70 classi in visita e 40mila presenze, dato quest'ultimo che sfiora quello pre-covid.
Ha funzionato bene anche il rapporto con la città, coinvolta con il ricco Fuori Salone: "Siamo finalmente tornati con un'offerta a pieno regime dopo il periodo pandemico anche fuori dal quartiere fieristico - sottolinea Marco Momoli, direttore generale di ModenaFiere - Play ha invaso pacificamente Modena con eventi di alto livello coinvolgendo numerosi partner culturali del territorio. In fiera è stato particolarmente apprezzato il "padiglione family", la tensostruttura di quasi 3mila metri quadrati con proposte per le famiglie con bambini e ragazzi di tutte le età".
Un festival per tutti, non solo per gamer e appassionati, anche grazie alla partecipazione di alcuni dei più importanti enti di ricerca italiani che hanno scelto il medium ludico per divulgare conoscenza: l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l'Istituto Nazionale di Fisica Nucelare (INFN) e l'OGS di Trieste, ovvero l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale; presente anche l'area umanistica con l'Associazione Italiana di Public History (AIPH). Queste collaborazioni sottolineano come stia aumentando la consapevolezza del valore educativo del gioco: "I giochi "analogici" a cui è dedicato Play - da tavolo, di ruolo, di miniature, dal vivo, di carte - offrono uno stimolo in più a incontrarsi di persona, ad aggregarsi, in tempi in cui tutto si fa online; ma soprattutto stimolano la fantasia, la creatività e impegnano la mente - spiega Andrea Ligabue, ludologo, game designer e direttore artistico di Play - Se ne sono accorti anche gli insegnanti, che sempre di più scelgono Play come meta delle gite d'istruzione: in questi tre giorni abbiamo accolto ben 70 classi per un totale di 1.300 studenti non solo dalla provincia, ma addirittura da fuori regione".
Play - Festival del Gioco è una manifestazione organizzata da ModenaFiere in collaborazione con Ludo Labo, con il supporto di Club Tre Emme, La Tana dei Goblin, La Gilda del Grifone e con il patrocinio del Comune di Modena, Regione Emilia-Romagna, Università di Modena e Reggio Emilia, Azienda USL di Modena. E' stata sponsorizzata da BPER Banca e Conad con la media partnership di Gioconomicon, Io Gioco, Tom's Hardware Cultura Pop.

giovedì 19 maggio 2022

Da domani

 Play 2022: giocare è una cosa seria.

Dal 20 al 22 maggio a Modena torna il Festival del Gioco, per tutti

 

E’ la più importante manifestazione italiana dedicata ai giochi “analogici” - da tavolo, di ruolo,  di miniature, dal vivo, di carte, per gli appassionati come per famiglie – che hanno visto vendite in crescita del 30% negli ultimi due anni. Play – Festival del Gioco coniuga il gioco giocato con la riflessione culturale e ospita enti prestigiosi che hanno scelto il medium ludico per divulgare conoscenza: dall’Istituto Nazionale di Astrofisica a quello di Fisica Nucleare, dall’Istituto di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale fino all’Associazione Italiana di Public History. 20mila metri quadrati con oltre 150 espositori e altrettante novità editoriali, 2.500 tavoli di giochi allestiti contemporaneamente, più di 300 eventi in programma con grandi ospiti come Volko Ruhnke, analista della CIA e autore di wargame. L’appuntamento con Play è dal 20 al 22 maggio a ModenaFiere, obiettivo: far conoscere a tutti la potenza educativa del gioco

 

Stimolo intellettuale e creativo o puro divertimento. Fuga in mondi lontani o trasformazione fantasiosa di esperienze quotidiane. Soprattutto occasione di incontro e socialità. In un mondo pieno di schermi i giochi analogici aiutano a cambiare prospettiva: in particolare negli ultimi due anni, costretti in casa dalla pandemia tra call, videoriunioni e didattica a distanza si è sentito più forte il bisogno di svagarsi senza per forza fissare un monitor. A dimostrarlo è il boom dei giochi da tavolo, un passatempo tutt’altro che per nostalgici: le stime di settore parlano di un tasso di crescita composto annuo pari al +13% da qui al 2025 (secondo il Global Board Games Market Report 2021), anno in cui il mercato mondiale raggiungerà i 21,65 miliardi di dollari.

 

Anche guardando all'Italia, il trend è ugualmente positivo. Il mercato dei giochi da tavolo nel nostro Paese ha un valore stimato di 100 milioni di euro[1] ed è in continua ascesa con una proposta di 800 nuovi titoli l'anno, sintomo di grande vivacità di un settore al quale la città di Modena da oltre un decennio dedica l’intero quartiere fieristico, Play - Festival del Gioco (www.play-modena.it), che torna dal 20 al 22 maggio a ModenaFiere: circa 18mila metri quadrati di padiglioni, ai quali si somma l’area esterna coperta per circa 5mila metri quadrati da tensostrutture, più di 150 espositori, sessanta associazioni coinvolte, una cinquantina di ospiti tra cui star internazionali del gioco da tavolo, 2.500 tavoli pronti per giocare, 7.000 sedie, migliaia di titoli tra grandi classici, ultime novità e anteprime mondiali, incontri e convegni sul ruolo fondamentale del gioco nella nostra vita.

 

Organizzato da ModenaFiere in collaborazione con Ludo Labo e il supporto di Club TreEmme, La Tana dei Goblin, La Gilda del Grifone e altre decine di associazioni ludiche italiane, Play si svolge nel quartiere fieristico della città emiliana: una full immersion con decine di opportunità per divertirsi, stare insieme in sicurezza, scoprire nuove proposte e conoscere quanto il gioco costituisca, prima di tutto, un momento di socialità ed espressione creativa, utile anche per comprendere meglio il mondo che ci circonda, a partire dalla scienza e dalla storia.

 

Oltre ai gamers, Play ospita chi i giochi li inventa, li realizza e li distribuisce, e anche chi ci lavora costruendo progetti di ricerca innovativi basati sul gioco, negli ambiti disciplinari più vari. A conferma del ruolo fondamentale del gioco nei processi di apprendimento e studio, quest’anno Play conta sulla collaborazione di alcuni dei più importanti enti di ricerca italiani che saranno presenti con le loro proposte: l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucelare (INFN) e l’OGS di Trieste, ovvero l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale. In particolare l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) è da sempre impegnato nella progettazione giochi ed esperienze ludiche come strumento di divulgazione o educazione e oggi in INAF è attivo un gruppo di lavoro nazionale che si occupa di apprendimento creativo, tinkering e giochi e che utilizza il gioco come strumento innovativo per veicolare non solo conoscenze e competenze STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) ma anche le pratiche e le metodiche che contraddistinguono la ricerca in astrofisica. Non manca l’area umanistica con l’Associazione Italiana di Public History (AIPH) il cui scopo è promuovere la narrazione storica come strumento scientifico e creativo passando anche attraverso giochi storici.

 

Come si spiega questo boom dei giochi da tavolo? “I board game offrono uno stimolo in più a incontrarsi di persona, ad aggregarsi, in tempi in cui tutto si fa online; ma soprattutto stimolano la fantasia, la creatività e rilassano la mente, impegnandola: si è così concentrati che la tensione si allenta. Inoltre sono economici, costano intorno ai 30-40 euro, come una cena fuori, solo che non si esauriscono in una serata. C’è poi la competizione e un sano rispetto delle regole: è rarissimo vedere qualcuno barare” – spiega Andrea Ligabue, ludologo, game designer e direttore artistico di Play, che sottolinea anche come il gioco da tavolo aiuti a creare un legame con i più piccoli: “Insegna a rispettare le regole e l’avversario, ma soprattutto consente di giocare con gli adulti ad armi pari. In tanti giochi narrativi o di destrezza, i bambini mettono in crisi più di un genitore garantendo risate e relax”.

 

Semplici, veloci, inclusivi: le carte vincenti dei board game, tra classici e novità

Una serie di analisi di base del target dei board games evidenzia che la maggioranza degli acquirenti oggi sono di età compresa tra 25 e 39 anni, quindi la generazione dei Millennials, ovvero i nati tra il 1981 e il 1996.

E nella top ten delle loro preferenze accanto ai classici intramontabili si affiancano i più recenti Dixit, Ticket to Ride, Dobble ed Exploding Kittens (tutti di Asmodee, casa editrice francese); ma popolari sono anche La casa di carta - Escape Game (di MS Edizioni), Coco Rido 2 - la Vendemmia (sempre di Asmodee), Puerto Rico e Disney Villainous (entrambi di Ravensburger), Carcassonne, I coloni di Catan (Giochi Uniti), Bang! (DV Giochi). Ciò che distingue questi giochi più recenti da quelli della generazione dei boomer sono la velocità (le partite non durano più di 30 minuti), la semplicità (le regole sono facili e di immediata comprensione) e l’inclusività (tutti i giocatori proseguono fino alla fine della partita).

Proliferano poi i giochi di ruolo, anche quelli dal vivo: il più iconico rimane Dungeons & Dragons, che ha debuttato negli anni ’70 ma ha conosciuto un’impennata di vendite proprio durante la pandemia, con guadagno complessivo cresciuto del 33% nell’ultimo anno.

Tra gli evergreen vanno citati poi i giochi di miniature come Warhammer (prodotto dalla britannica Game Workshop) – e naturalmente i giochi di carte, il cui capostipite è Magic, il primo gioco di carte collezionabili del mondo.

 

Play – Festival del Gioco è una manifestazione organizzata da ModenaFiere in collaborazione con Ludo Labo, con il supporto di Club Tre Emme, La Tana dei Goblin, La Gilda del Grifone e con il patrocinio del Comune di Modena, Regione Emilia-Romagna, Università di Modena e Reggio Emilia. E’ sponsorizzata da BPER Banca e Conad. Media partner: Gioconomicon, Io Gioco, Tom’s Hardware Cultura Pop.

 

 

 

ISTRUZIONI PER L’USO:

 

Dove: Play-Festival del Gioco 2022 si svolge all’interno del quartiere fieristico ModenaFiere in viale Virgilio 70

 

Quando: dal 20 al 22 maggio. Orari di apertura: venerdì 20 e sabato 21 maggio dalle 9 alle 20, domenica 22 maggio dalle 9 alle 19.

 

Biglietti: tutte le info sull’acquisto dei biglietti di ingresso, pacchetti e riduzioni a questo link: https://2022.play-modena.it/informazioni/biglietti/



[1] Dati Assogiocattoli: la crescita del mercato dei giochi di società in Italia viene monitorata attraverso i dati di vendita delle singole aziende

mercoledì 18 maggio 2022

Fight Girls

Cosa si fa quando una regina è costretta ad abdicare in quanto non può dare un erede al suo gigantesco regno galattico? Che domande: si organizza una sfida tra dieci donne, peraltro nemmeno necessariamente di sangue blu, e chi sopravvivrà alle quattro prove imposte dalla tradizione sarà la nuova regina. Ne viene fuori così una specie di reality show in cui tutti gli occhi dell’impero guardano le contendenti mettersi in mostra contro belve feroci diverse a seconda dell’ambientazione: dinosauri, scorpioni giganti, megalodonti…

Tra le dieci a risaltare è la numero 7, Xandra Blackwater, che proviene da una misera comunità mineraria e che si dimostra da subito sin troppo competitiva. Visto che con questo background risulta un po’ strano che sia arrivata fin lì il Primo Ministro avvia un’indagine discreta su di lei.

Xandra risalta anche per la benda che porta sull’occhio sinistro, perché pur con tutta la cura per i dettagli che ci ha profuso (una è asiatica, una è nera, una ha una ciocca di capelli bianchi, una i capelli corti, ecc…) Frank Cho non è riuscito a caratterizzare efficacemente le sue protagoniste, che hanno tutte le stesso fisico robusto, ultracallipigio e un po’ tozzo e che nei campi lunghi sono difficili da distinguere l’una dall’altra se non fosse per il numero che indossano e per le loro chiome. Purtroppo la colorista Sabine Rich non aiuta e a volte dipinge di un colore troppo scuro o chiaro una ragazza. In altre vignette Cho si è sbizzarrito a tirare fuori fattezze e anatomie molto diverse e ben caratterizzate, ma si sa che ogni disegnatore alla fine non può che disegnare la sua immagine stereotipata della donna, un tratto in più o un particolare troppo marcato danno origine a mostri – a meno che non si sia Zanotto o Garcia Seijas, ovviamente.

La trama, in cui si ravvisano suggestioni da molte altre opere, è ovviamente solo una scusa per mostrare i corpi delle contendenti in pose atletiche e dinamiche. Alla fine però ci sarà anche un bel colpo di scena. E meno male che nell’ultima parte c’è qualche sorpresa, perché le scene di combattimento e di esercizi ginnici (cioè la maggior parte del volume) si leggono molto velocemente e alla lunga stufano. Forse sarebbe stato più soddisfacente per il lettore se gli albi originali fossero stati dieci invece che cinque, in modo da affezionarsi alle contendenti e quindi provare un minimo di pathos per la dipartita di molte di loro, e anche per sviluppare la sottotrama parallela che si concretizza solo alla fine.

I disegni di Cho sono belli ed espressivi ma come già detto le sue donne sono spesso la stessa donna con pochi tratti distintivi diversi. Oltre che con il gentil sesso, Cho si è profuso nel disegno di animali più o meno mostruosi e di vari panorami, ma la Rich non ha saputo sempre rendergli giustizia, ad esempio con le onde sul mare. Come nel caso di Skybourne il tratto di Cho esce occasionalmente dai contorni delle figure, soprattutto alla fine, dando un’impressione un po’ sketchy.

Laddove Skybourne non era originalissimo ma aveva qualche guizzo, Fight Girls è del tutto derivativo ed estremamente lineare. Ovviamente trattandosi di Frank Cho bisogna stare al gioco e non ci si può aspettare qualcosa di diverso, ma l’edizione saldaPress è troppo lussuosa per un fumetto del genere, e di conseguenza cara per una storiellina che non vale 24,90 euro.

lunedì 16 maggio 2022

Il Morto 52: Halloween Party

Fa un po’ strano leggere un fumetto ambientato ad Halloween a maggio, a maggior ragione con il clima agostano che c’è in questi giorni alle mie latitudini.

A seguito degli eventi dello scorso numero Peg fugge ancora travestito da Morto e provvidenza vuole che siccome è Halloween abbondino le feste in cui imbucarsi senza destare sospetti. Così, seguendo una tizia vestita da Vampirella, si ritrova al party droghereccio e scopereccio del neofascista Fosco (che in almeno un’occasione diverrà «Fusco») e qui aiuterà una nuova conoscenza, Itala, a recuperare dei documenti relativi a un’eredità. A causa del casino successo nello scorso numero (e chi se lo ricorda essendo passati mesi?) i carabinieri, tra cui militano anche Nino Frassica e Gigi Proietti, danno la caccia a chiunque indossi una maschera simile alla sua, mentre i fuggitivi Itala e Peg salvano un’amica di lei da un’aggressione e vanno alla ricerca di questo misterioso tesoro che farebbe parte dell’eredità.

Le forze dell’ordine catturano intanto Simone Baiatesa, nientemeno che il sarto che confezionò il costume del Morto tuttora usato da Peg, ricollegandosi così agli esordi della saga.

Giunti alla casa ormai abbandonata del nonno di Itala, i due con una botta di fortuna trovano un passaggio segreto che li porterà al tesoro: lingotti d’oro occultati da repubblichini che li sottrassero agli alleati nazisti. Ma sul posto giungono anche i carabinieri e Fosco con la sua compagnia golpeggiante, per un redde rationem che non chiude l’albo, che si conclude invece con uno dei soliti micidiali cliffhanger di cui vedremo il seguito tra mesi.

Halloween Party ha qualche passaggio un po’ inverosimile: Peg dice giustamente che per passare inosservato deve mettersi degli abiti civili ma non si toglie la maschera del Morto nemmeno passato il 31 ottobre, inoltre la facilità con cui trovano il passaggio segreto è quasi ridicola. Ciononostante, e pur considerando che errori e refusi sono più abbondanti del solito (tra cui un micidiale «UN zelante» che apre il riassunto dello scorso numero), questo episodio si fa leggere di gusto per la frenesia dell’azione e per il consueto sguardo cinico di Giovacca sull’Italia di oggi, stavolta senza molta ironia. Buoni i disegni di Vasco Gioachini, pur se a volte sono un po’ squadrati e poco dinamici. L’ambientazione mascherata offre al disegnatore l’occasione di inserire più di una citazione fumettistica nelle sue tavole, e anche un’opinione sulla situazione ucraina nell’insegna di un negozio.

A completare il fascicolo la storia breve La lettera D, che al di là dello spunto mistico (forse nemmeno voluto) è divertente e soprattutto ben disegnata da Angelo Feltrin che l’ha anche scritta.

Da questo numero Il Morto costa 30 centesimi in più, ma col suo ritmo di uscita mi ci perdo al massimo un caffè all’anno.

sabato 14 maggio 2022

Fantastici Quattro: La Storia della Nostra Vita

L’idea di partenza di questa miniserie è piuttosto interessante: cosa sarebbe successo se dalla loro prima apparizione nel 1961 gli anni fossero passati veramente per i Fantastici Quattro? Avrebbe potuto essere l’occasione per un tuffo nostalgico e celebrativo tra i momenti più salienti della storia recente. Invece si è rivelato solo l’ennesimo what if.

La trama verte principalmente sull’individuazione di Galactus e la preparazione delle difese per il suo inevitabile arrivo. Reed Richards non viene però creduto e i suoi avvertimenti sono presi alla stregua di teorie del complotto. Nel mentre Victor Von Doom gli fa da assistente per poi tradirlo facendo comunella col Pensatore Folle.

Ogni capitolo è ambientato in un decennio specifico e viene narrato da un personaggio diverso. Mark Russell attinge a piene mani dalla continuity Marvel ma al contempo la distorce e la reinterpreta come gli fa più comodo. È così che si fa con gli what if, no? Le origini de Dottor Destino sono totalmente stravolte, così come molti altri particolari (o forse negli anni ’70 Sue Storm ha veramente abbandonato Reed per Namor?) ma al contempo c’è una grande cura per i dettagli secondari: non capivo perché dare così tanto rilievo a Ricardo Jones finché ho scoperto che è un personaggio realmente esistente.

I disegni di Sean Izaakse non sono molto dettagliati né spettacolari ma hanno una base realistica che li salva dal caricaturale. I personaggi di contorno (e non solo quelli) sono disegnati in maniera stereotipata, ma penso sia anche una strategia per confondere un personaggio con un altro che muore inaspettatamente e quindi per evitare spoiler a un lettore che sfogli il volume prima di leggerlo. Il disegnatore non si cura molto di ricreare le atmosfere dei singoli decenni: solo gli anni ’80 e ’90 sono un po’ caratterizzati da uno stile di abbigliamento e altri particolari che ci ricordano il periodo storico, ma perché servono anche a fare delle battute: per il resto se Izaakse avesse voluto caratterizzare i vari decenni esemplificandone mode e design non mi pare ci sia riuscito visto che non va oltre a qualche “lava lamp” ogni tanto. Inoltre, anche se in alcuni casi vengono date delle spiegazioni in merito, alcuni personaggi non mostrano i segni dell’età che avanza. Nonostante il suo scarso impegno (o magari ha dato il massimo, ma evidentemente non era abbastanza) Izaakse non fa una bella figura anche perché per finire gli ultimi tre capitoli ha dovuto ricorrere all’aiuto di altri disegnatori, manco fosse Bryan Hitch, con risultati altalenanti: piuttosto stilizzato Francesco Manna, più apprezzabili Zé Carlos, Angel Unzueta e soprattutto il rigoroso Carlos Magno.

In definitiva è il solito fumetto Marvel con strizzatine d’occhio agli appassionati e dialoghi brillanti o “profondi” per giustificare le scazzottate, anche se qualche ideuzza interessante spunta qua e là: non so come funziona Galactus, ma il piano del Dottor Destino per tenerlo a bada mi sembra perfettamente logico.

giovedì 12 maggio 2022

Fantastica 12 - Il Protocollo Pellicano 1: L'Esperimento

Nuovo tuffo nel settore -50% visto che nessuna novità è arrivata in fumetteria. Il volume risale al 2015, quando ancora esisteva la divisione Mondadori Comics che oltre a Historica pubblicava altre collane di minore reperibilità nelle edicole, almeno in quelle che frequento io.

Ne Il Protocollo Pellicano undici persone molto diverse per sesso, età, carattere e provenienza geografica vengono sequestrate e portate in un complesso carcerario dove vengono periodicamente sottoposte a degli interrogatori dalla natura poco chiara. Tra i reclusi spicca la spagnola Isabel, altresì chiamata Unità n. 4, che tenta ripetutamente la fuga per tornare ad abbracciare il fratello giovane ma già nella spirale della droga. Nel complesso denominato Pellicano B le guardie non si chiamano così ma vige l’obbligo di chiamarli «Compagni», mentre gli scienziati che conducono le ricerche sono i «Confidenti». Il primo episodio (questo volume ne raccoglie due) è puramente introduttivo e sconta lo scarso appeal che spesso hanno le tecniche di narrazione televisiva applicate al fumetto, dove l’occhio non è aiutato dal sonoro e dai movimenti a capire quali sono le informazioni importanti. E ci sono un bel po’ di personaggi a cui stare dietro, con tanto di introduzione iniziale di tre pagine apparentemente avulsa dal resto ma che immagino avrà un senso solo al termine della serie. Il colpo di scena finale è piuttosto scontato e già visto al cinema, in televisione e nei fumetti (cito solo il primo Morbus Gravis) e oltretutto può essere anticipato dalla quarta di copertina.

Con il secondo episodio non è che la trama si sviluppi poi molto. Mentre nel mondo esterno la vita continua e qualche conoscente degli scomparsi cerca di capire che fine abbiano fatto, i sequestrati continuano nella loro routine di interrogatori e occasionali “ore d’aria”. Come nel primo episodio la scansione temporale sembra sbagliata, con eventi che dovrebbero svolgersi mesi e non settimane dopo altri, ma avrò capito male io. I test e le sessioni di domande a cui sono sottoposti gli undici continuano a sfuggire alla logica: nonostante qualche vago accenno sospeso tra fantascienza e sovrannaturale sembra che il tutto possa essere solo un enorme esperimento psicologico di cui anche Compagni e Confidenti fanno parte. Anche perché vengono citati dei precedenti e delle teorie al riguardo, con profusione di dettagli non proprio scorrevoli da leggere. Forse il computer quantico A.D.A.M. ha un suo ruolo in tutto questo, ma è presto per dirlo. Ecco però che la situazione cambia inaspettatamente: le celle sono aperte, le Unità libere (e quindi possono esprimere la loro vera personalità) e il personale è sparito. Come intuibile, si tratta solo di una liberazione illusoria e la vera svolta dell’episodio è il colpo di scena finale con la reclusione di una dodicesima insospettabile Unità.

Richard Marazano ha voluto evidentemente imbastire un fumetto che si fruisse come una serie televisiva moderna piena di misteri che tenga incollato il lettore alla pagina, ma coi ritmi di uscita dei volumi franco-belgi questa strategia può risultare un po’ frustrante, tanto più che la sovrabbondanza di protagonisti rende difficile interessarsi a loro. Anche perché il glaciale lavoro del disegnatore Jean-Michel Ponzio aumenta il distacco dalla storia.

In effetti lo storyboard viene anch’esso attribuito a Marazano, per cui immagino che Ponzio abbia solo “messo in bella” le indicazioni dello sceneggiatore. Per farlo ha fatto massicciamente ricorso a fotografie e a volte sembra che non le abbia solo usate come riferimento, ma le abbia semplicemente modificate digitalmente per metterle nelle tavole. Io credo che lo “storytelling” sia solo una scusa per giustificare chi non sa disegnare, e il ricorso a documentazione fotografica è assolutamente lecito; qui però si è esagerato, l’impressione è che Ponzio abbia fatto posare degli amici poco avvezzi alla recitazione, che una volta trasposti su carta hanno perso la poca naturalezza che avrebbero dovuto avere e sono risultati rigidi e artefatti. Inoltre, soprattutto all’inizio, certe scelte tra il materiale a disposizione risultano stridenti: la giornalista che viene invitata a sedersi in realtà non si accomoda mai, e il colpo d’occhio del passaggio da pagina 27 a pagina 29 è caratterizzato da due vignette pressoché identiche poste in basso a destra.

In conclusione mi verrebbe da dire che se questo volume è finito nelle offerte stracciate un motivo ci sarà. La storia è troppo ostentatamente misteriosa (e pretenziosa) per catturarmi, e la parte grafica non aiuta certo ad affezionarsi. Noto con sorpresa che Il Protocollo Pellicano ha invece raccolto dei buoni consensi in Francia, almeno a giudicare dai voti su Bedeteque. Il secondo e ultimo volume è anch’esso disponibile scontato in fumetteria ma francamente non sento l’urgenza di scoprire la soluzione del mistero. Magari lo prenderò se un giorno andrà in porto il progetto di mettere a 3 euro la roba invendibile.

martedì 10 maggio 2022

Four Against Darkness - Tane, Rifugi e Nascondigli - Contro il Caos

Tecnicamente non è proprio un gioco di ruolo, ma lo metto comunque nella categoria perché non sono un esperto e non saprei che altra Etichetta mettere. Lo avevo già adocchiato come premio a un concorso a cui sarei pure arrivato primo se non fosse che un nuovo conteggio dei voti mi ha fatto scendere in classifica e quindi il nuovo vincitore me l’ha soffiato! L’altro giorno un amico ha provvidenzialmente pensato di regalarmelo per il compleanno insieme a un paio di supplementi.

Nonostante il titolo in inglese e le prime edizioni estere, l’autore è l’italianissimo Andrea Sfiligoi, che dal cognome potrebbe essere triestino e forse dai riferimenti alla «Dama in bianco» di Duino.

In sostanza Four Against Darkness è la versione cartacea di un rogue-like, o almeno credo si dica così, in cui si gioca in solitario muovendo 4 personaggi in un dungeon che viene generato casualmente turno dopo turno. Dopo aver determinato la stanza di partenza si tirano due dadi (i d6 sono gli unici usati in questo manuale di base) per definire le altre stanze o corridoi collegati, con la facoltà per il giocatore di modificarne l’inclinazione o l’orientamento o (un po’) le dimensioni affinché siano coerenti col resto del dungeon e rimangano all’interno della griglia consigliata di 20 per 28 quadretti.

Gli otto personaggi di base tra cui scegliere sono il classico eptagono del vecchio Dungeons & Dragons con l’aggiunta del Barbaro. Al di là delle abilità specifiche, tutte le prove vengono effettuate lanciando il dado ed eventualmente aggiungendo il livello del personaggio: Barbari, Elfi, Guerrieri e Nani lo aggiungono ad esempio ai tiri per colpire (non con tutte le tipologie di armi e con occasionali bonus a seconda della razza del nemico) mentre Elfi e Maghi lo aggiungono al lancio degli incantesimi. Il parametro fondamentale è il Livello, sia dei personaggi che dei mostri, visto che non sono i nemici ad attaccare ma i personaggi a effettuare un tiro per difendersi basato appunto sul Livello altrui.

Il Caso è sovrano e anche se si incontra qualche mostro assai potente (magari dopo che i Gremlin Invisibili hanno fottuto tutte le armi del gruppo) esiste sempre la possibilità di sconfiggerlo grazie alla regola del “6 esplosivo”, ovvero cumulativo finché non si ottiene un risultato diverso da 6, che poi sarebbe una versione in sedicesimo del tiro high open-ended di Rolemaster. D’altro canto nemmeno la vittoria è scontata, perché un tiro di 1 è sempre un fallimento. Sempre a causa dell’alea i dungeon possono assumere forme assurde o chiudersi molto rapidamente.

Pur con i limiti imposti dai meccanismi di gioco e dall’assenza di interazione con altri giocatori, è lodevole l’ampio ventaglio di possibilità che viene dato, come l’occasione di ottenere Indizi e quindi scoprire Segreti, rinvenire oggetti o passaggi segreti, farsi affidare missioni e interagire coi nemici in modi che non siano solo uno scontro. E in ogni caso sono previste anche altre modalità di gioco in cui ci siano più partecipanti in competizione o in collaborazione tra di loro.

Al di là di questo troviamo le situazioni tipiche dei giochi di ruolo fantasy, con personaggi stereotipati ma non troppo: qui nessuno ha l’infravisione e addirittura i nani sono miopi! E riescono pure ad “annusare” l’oro e a rivendere gemme e gioielli a prezzo maggiorato!

L’unico elemento che ho trovato un po’ stridente è la necessità del possesso e del trasporto della lanterna: tocca ricordarsi di spendere soldi in tal senso quando invece sarebbe stato opportuno e realistico fornirla direttamente con l’equipaggiamento di partenza di un personaggio, ad esempio il Furfante. E in effetti nel supplemento Contro il Caos (scritto in collaborazione con Erick N. Bouchard) un nuovo personaggio, il Veterano, ce l’ha in partenza ma nel suo caso si tratta di una tipologia di personaggio che, se ho ben capito, è pensato principalmente per essere usato come un “di più”, un supporto al tipico gruppo di 4 avventurieri che non rientra nel computo – anche se si possono fare gruppi costituiti solo da Veterani. C’è poi da dire che la dinamica secondo cui lo scopo è raggiungere il Boss Finale e quindi tenere traccia degli incontri con i mostri maggiori non è immediata da ricordare, così come rintracciare le singole tabelle nel manuale è un po’ farraginoso. Ma immagino che si tratti di cose che col tempo diventeranno automatiche.

È invece inevitabile che a un certo punto i personaggi e le avventure casuali esauriscano le proprie attrattive, proprio per il ricorso a stereotipi, alla ripetitività degli incontri (se poi regolarmente a ogni partita si beccano i fottuti Gremlin Invisibili…) e alla limitatezza di certi elementi come l’equipaggiamento. Ma il manuale di base è stato accompagnato da molti supplementi che arricchiscono le dinamiche di gioco e che addirittura presentano delle avventure strutturate come moduli canonici per giochi di ruolo. O così almeno ho capito: di quelle contenute in Tane, Rifugi e Nascondigli si dice chiaramente di non leggerle prima di giocarle per non rovinarsi la sorpresa e così ho fatto. Inoltre 4AD è un sistema in divenire, in cui molte novità vengono accennate ma sviluppate in manuali di prossima uscita. Non solo: è evidente da alcuni dettagli letti qua e là che si tratta di un progetto articolato con un proprio mondo di ambientazione alle spalle.

Le illustrazioni, spesso opera dello stesso Sfiligoi, sono di buon livello, ricordando un po’ il ruspante entusiasmo di Willingham, Roslof o Truman ma coniugandolo con un’estetica più che dignitosa.

L’edizione italiana comprende anche alcune tabelle aggiuntive a opera di Victor Jarmusz sui nemici “Diabolici”, cioè più potenti di quelli di base (con relativo tesoro potenzialmente più cospicuo) il cui utilizzo è consigliato dal 3° livello in poi. O, aggiungo io, quando uno si stufa di incontrare sempre i soliti Goblin o i fottutissimi Gremlin Invisibili.

La copia che mi è stata regalata è addirittura la sesta ristampa (!) del manuale di base, uscita un anno fa. Chiaramente le tirature sono un segreto di Stato ma visto che avrebbe poco senso stampare poche copie per volta (aumentando così il prezzo unitario della singola copia) immagino e mi auguro che qualche migliaio di copie siano già riusciti a smerciarle.

D’altra parte l’editore italiano MS Edizioni ha pubblicato e sta pubblicando un bel po’ di supplementi e materiale correlato, quindi 4AD deve aver avuto il suo bel riscontro. Perciò mi aspetta un bel po’ di roba da comprare tra un paio di settimane al PlayModena.

 

sabato 7 maggio 2022

Fumettisti d'invenzione! - 175

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag. 28)

CROSSOVER (IDEM)

(Stati Uniti 2020, nel comic book omonimo, © Donny Cates & Geoff Shaw, fantastico)

Donny Cates (T), Geoff Shaw (D)

Nel 2017 a Denver in Colorado si è aperta una faglia dimensionale e il mondo reale è stato invaso dai personaggi dei fumetti! Un muro magico impedisce di entrare e uscire dalla zona. I “finti” si riconoscono per la loro colorazione retinata tipica dei vecchi comic book, che però non si usa più dai primissimi anni ’90: evidentemente il pubblico di riferimento non sono lettori giovani ma nerd attempati.

Nel mentre, un serial killer uccide vari sceneggiatori di fumetti come Brian K. Vaughn e Scott Snyder mentre altri come Michael Brian Bendis compaiono in prima persona nel fumetto: il settimo episodio è scritto dallo stesso Chip Zdarsky che ne è anche protagonista. Inoltre, in un impeto metanarrativo, si scopre che l’essere onnisciente che sembra “scrivere” la storia altri non è che lo stesso Donny Cates.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)

ADULT SUPER-HERO DAYDREAMS!

(Stati Uniti 1969, in Not Brand Echh, © Marvel, umorismo)

Bill DuBay [William Bryan Dubay] e Roy Thomas [Roy William Thomas Jr.] (T), Bill Dubay [William Bryan Dubay] e Tom [Thomas F.] Sutton (D)

Dopo un fumetto in cui Marie Severin ipotizzava quello che succederebbe se i bambini ottenessero i poteri dei supereroi, stavolta sono di scena gli adulti: un postino ad esempio sarebbe inattaccabile dai cani se indossasse l’armatura di Iron-man (che qui diventa «Iron-can») e una casalinga potrebbe svolgere le faccende domestiche in totale relax se avesse i capelli di Medusa («Medoozy»). Persino Jack Kirby potrebbe trarne un gran beneficio.


[CINEMA] FUORI TEMA 2: BIOGRAFIE (pag. 109)

PROFESSOR MARSTON AND THE WONDER WOMEN (LA GENESI DI WONDER WOMAN)

(Stati Uniti 2017, biografico)

Regia e sceneggiatura: Angela Robinson, con Luke [George] Evans (William Moulton Marston), Rebecca Hall (Elizabeth Marston), Bella Heathcote (Olive Byrne)

La vita anticonformista dello psicologo e inventore che creò Wonder Woman basandosi sulle sue teorie, sulle due donne che ebbe accanto e sulla sua fascinazione per il bondage. Al fumetto in sé non viene riservato molto spazio ma il film, narrato attraverso flashback, si concentra sulla relazione poliamorosa che Marston ebbe con la moglie e una sua studentessa. Il personaggio è d’altra parte proprietà della DC Comics e quindi della Warner Bros., mentre il film è stato prodotto da compagnie minori (Boxspring Entertainment, Stage 6 Films, Topple Productions).

[ALTRI MEDIA] GIOCHI (pag. 134)

MANGAKA: THE FAST & FURIOUS GAME OF DRAWING COMICS

(Stati Uniti 2016, gioco di carte edito da Japanime Games e Mock Man Press)

Jason Bradley Thompson

I giocatori si improvvisano disegnatori di manga e devono realizzare delle opere su fogli prestampati con limiti sempre più stringenti (si parte scegliendo semplicemente un Tema a caso) ottenendo nei quattro turni della durata di una partita più Fama degli altri giocatori.