lunedì 10 febbraio 2025

Vita da cani

Volumone che raccoglie i 37 episodi della serie di Sclavi e Gavioli transitata su Il Giornalino. La cura editoriale è quella a cui ci ha abituati Allagalla: oltre all’introduzione di Guarino & Pollone vengono presentate due testimonianze di Claudio Nizzi e dello stesso Sclavi e un’analisi della serie a cura di Dino Aloi. L’attenzione filologica contempla anche il recupero, tra le altre cose, di un cruciverba dedicato alla serie e un omaggio grafico di Franco Oneta, oltre che la cronologia di tutti gli episodi da cui si evince che la serie ebbe una vita editoriale tormentata e una pubblicazione eclettica: ai tempi del suo esordio nel 1984 venne presentata con frequenza per poi fare solo sporadiche apparizioni finché nel 1990 ne venne ripresa massicciamente la pubblicazione con una raffica di 14 puntate consecutive, rimandando gli ultimi due episodi solo al 1992. Non ne viene svelato il motivo, ma immagino che la serie rimase congelata per un po’ come testimonierebbe anche una citazione/parodia di Drive In nel 1992, quando la trasmissione di Antonio Ricci non era più d’attualità.

Il protagonista è Bobò, un cagnone randagio con berretto e scarpe da ginnastica. Tra i primi comprimari figurano Ciompo, cane attempato che lascia a metà le perle di saggezza che vorrebbe ammannire, il cane barzellettiere Valerio a cui viene sempre impedito di raccontare la barzelletta del portiere e Guglielmo, che fraintende le domande e va con la memoria a fatti lontani.

Gli episodi ruotano attorno ai tentativi di Bobò di trovarsi un lavoro ma possono anche contemplare altri temi come un piano per farsi adottare da una famiglia oppure il ritrovamento di un cucciolo o ancora le inconsuete usanze canine della Città Vecchia. Non mancano personaggi umani, sempre visti ad altezza di cane, come l’industriale Signor Tubi e l’impiegato dell’ufficio di collocamento. Ammiccamenti al lettore sono comuni e non mancano trovate deliziosamente surreali come una fabbrica che produce sia automobili che dolci, con i prevedibili effetti indesiderati se si scambiano gli “ingredienti”.

Vita da cani si basa su uno schema abbastanza fisso e soprattutto sulla ciclicità dell’interazione dei personaggi, tanto che Nizzi nella sua introduzione si rammarica di quanto una serie basata su tormentoni come questa avrebbe beneficiato di una pubblicazione più ravvicinata che non le venne concessa.

Progressivamente, però, qualcosa cambia. Gli umani spariscono dal quadro (eccezion fatta per marito e moglie che commentano da casa le bizzarrie dei cani battibeccando tra di loro) e arrivano nuovi personaggi quali il colonnello Bravacci intriso di retorica militarista, il vu cumprà Timbuctù, il russo (che poi non lo è) Vassili mentre figure prima sullo sfondo come il «deficiento» Michelangelo acquistano maggiore rilevanza. Valerio riesce addirittura a raccontare per intero le sue barzellette, e Ciompo non ripete più «ma va’ là».

Da circa metà serie le storie non si possono quasi più definire tali, ma sono solo un accumulo di gag senza soluzione di continuità. Anche il desolato Bobò confida ogni tanto al lettore che rinuncia a capirci qualcosa. Si ride ancora, ma purtroppo Vita da cani diventa ripetitiva tanto più che Sclavi ricicla le stesse battute e addirittura lo stesso titolo in episodi diversi. Come ricordavo sopra, la serie conobbe una pubblicazione che alternò momenti di presenza continuativa ad altri in cui quasi sparì dalle pagine de Il Giornalino. Ignoro se altri impegni di Gavioli possano aver influito sulla sua realizzazione o se come a volte succede certe tavole finirono sepolte nei cassetti della redazione per poi rispuntare fuori anni dopo (il caso del cane Vassili presentato ufficialmente solo molti episodi dopo la sua comparsa effettiva farebbe propendere per questa ipotesi) ma potrebbe anche darsi che al Giornalino non avessero gradito questa accelerazione verso il nonsense e solo grazie al prestigio dato dal successo di Dylan Dog avessero poi deciso di dare seguito a Vita da cani.

I disegni di Gino Gavioli sono molto schematici e per nulla modulati, rimandando un po’ all’estetica dei cartoni animati di Hannah e Barbera. Il risultato non è affatto male, però, anche in virtù delle soluzioni grafiche adottate per gli sfondi – vedi gli alberi, come ricordato da Aloi.

La qualità di stampa non è ottimale (come detto nell’introduzione di Guarino & Pollone, la riproduzione è stata fatta a partire da precedenti edizioni: Il Giornalino e uno speciale ricolorato) ma sicuramente più soddisfacente che in altri casi. Più che altro sono i colori a risultare un po’ sacrificati, anche se non mancano occasionali tratti pixellati, per fortuna non così diffusi.

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