mercoledì 31 maggio 2023

Almanacco del Menagramo

Raccolta delle Gazzette del Menagramo che vengono pubblicate periodicamente più materiale da altre fonti tra cui contenuti sbloccati di un crowdfunding. Il tutto ovviamente in stile brancalonico, un fantasy maccheronico barocco prepotentemente beffardo e parodistico.

Apprendiamo da questo compendio i dettagli sul calendario di Taglia, su alcune leggende di questa Italia trasfigurata, sugli “Infami” (coloro che hanno tradito le cricche), sulla religione e sui segni zodiacali. In effetti dopo una cinquantina di pagine mi sono chiesto se valesse la pena pagare una quarantina di euro (35 nel mio caso, visto che a Modena avevo partecipato a un torneo Need Games) per leggere oroscopi, storielle, ricette, battute e calembour, per quanto divertenti. Per fortuna l’Almanacco comprende anche materiale di gioco che non sono solo gli estemporanei oggetti magici buffi ma anche (soprattutto, anzi quasi esclusivamente) parecchi “lavoretti”, cioè avventure. Il volume di 168 pagine è organizzato con caotico entusiasmo, tanto che un’avventura che è il seguito di un’altra viene pubblicata prima di quella e del suo sequel.

Abbondano e anzi sovrabbondano i rimandi alla campagna L’Impero Randella Ancora (un’anteprima l’avemmo a Lucca 2021), che non so se sia già uscita ma che essendo dichiaratamente una parodia di Star Wars è al di là dei miei interessi. Addirittura l’avventura Conigli! Allo Spiedo! non è giocabile senza quel supplemento visto che i giocatori devono interpretare una nuova razza di personaggi descritta là (così come descritto solo in quel volume è un nuovo mostro). Tutto lecito e più che comprensibile nell’ottica di una promozione commerciale, mentre mi è giunta del tutto nuova l’esistenza de I Molti Feudi di Brancalonia: ma guarda, un nuovo supplemento di cui ignoravo l’esistenza? Macché: è stata una campagna dal vivo su Twitch!

In un trionfo di Guli (ma anche le new entry Fetuse sono spesso sotto i riflettori) si sviluppano quindi un bel po’ di lavoretti che presentano una buona varietà di ambientazioni, trame e meccanismi di gioco differenti. Mi è piaciuta particolarmente La Fantasima del Mar delle Ombre, d’ambiente marinaresco e con un mistero non banale da risolvere. Ma anche un semplice dungeon come quello de Il Convento delle Zitellonie Prima Moniche, Poi Dimonie ha un gran fascino, mentre Tarantasia: il Furto dei Petecchioni ha una premessa bella forte e originale, quasi spiazzante: altro che taverna o covo dove viene assegnata la missione, qui i personaggi partono dalla galera dove sono ai lavori forzati.

Tra le altre, interessante il meccanismo dell’avventura Ricchi e morti: Una notte da tassoni ispirato probabilmente al film Una Notte da Leoni (scrivo «probabilmente» perché non ricordo di averlo visto, comunque uno dei capitoli si intitola Una Notte da Beoni) in cui i personaggi cominciano in medias res e dovranno andare a ritroso con la memoria e le indagini per capire come sono finiti alla scena iniziale ritrovandosi anche sposati e padri di famiglia.

Gustosissima la parte finale con la versione brancalonica di Dante Alighieri, che ha le fattezze di Kurt Russell e combatte contro i Guelfi Oscuri. Ma assai godibile anche la carrellata di omaggi ai pornetti nella descrizione dell’Infame Lucrezia di Almaviva.

Oltre ai “soliti” Mauro Longo, Samuel Marolla e «Masa» (e Marco Bertini che figura come consulente per le regole, immagino per verificare che tutto sia coerente col «gioco-di-ruolo-più-famoso-di-tutti-i-tempi-che-guai-a-nominarlo-anche-mezza-volta») l’Almanacco del Menagramo vede i contributi di Federico Coi, Enrico Fortunato Corno, Nicolas Crudo, Davide Mana, Simone Tirelli, Simone Borri e Valentino Sergi. La parte grafica è stata realizzata da Lorenzo Nuti, Katerina Ladon, Nikos Alteri, Moreno Paissan, Fabio Porfidia, Alessandro Balluchi, Andrea Casciaro, Daniele Gatto, Jacopo Schiavo e Maurizio Bruno.

Probabilmente non si tratta di un volume irrinunciabile (se non per motivi collezionistici) ma offre comunque materiale interessante ed è piacevole da leggere.

lunedì 29 maggio 2023

I Misteri dell'Impero I

Uno dei primissimi supplementi a uscire per il nuovo Lex Arcana, l’ho comprato solo adesso a Modena. Si tratta della classica raccolte di avventure, di solito tra i prodotti meno riusciti del settore dei giochi di ruolo visto che lo spazio tiranno non permette fisiologicamente di sviluppare compiutamente una trama. Ma questo succedeva anni fa, con mappe ed esplorazioni: oggidì che i moduli sono impostati in modo che le cose succedano che lo si voglia o no la situazione è diversa. E comunque ogni avventura gode di un bel po’ di spazio visto che ce ne sono dieci in 128 pagine, pur con una “tolleranza” di due pagine a dividerle.

Oltre il Limes di Ciro Alessandro Sacco (nientemeno!) inizia come una missione diplomatica che però vira sul sovrannaturale. Curioso che lo snodo principale della trama sia subordinato a una rissa da taverna, che oltretutto potrebbe anche non svolgersi con i parametri richiesti.

La Pietra dei Ruteni di Andrea Marengo è la seconda avventura più lunga; è piuttosto complessa e vede i Custodes indagare su una reliquia dei Galli nell’ostile Rutenia. Il meccanismo del personaggio giocante che è il discendente di una figura importante per l’avventura può risultare forzato e non è adatto a tutti i gusti.

Faro di Speranza di David Esbrì è una classica avventura investigativa ambientata in un villaggio dove gli abitanti non sono esattamente quello che sembrano.

Dal Vespero all’Aurora rivelerebbe sin dal titolo il piglio citazionista e un po’ scanzonato del suo ideatore Mauro Longo, ma in realtà è un’avventura horror che potrebbe facilmente finire in tragedia. Il corrispettivo di Cristoforo Colombo di Lex Arcana è rientrato a Gades dal misterioso occidente (il “Vespero”) con qualcosa di pericolosissimo che tra rivolte e trasformazioni in non-morti sta devastando la città.

La Ninfa e il Senatore di Francesca Garello e Andrea Angiolino è un’indagine abbastanza articolata che parrebbe coinvolgere un elemento sovrannaturale che affonda le sue radici nella storia antica di Roma.

Non credo sia necessario specificare dove e quando si svolge Le Fiamme di Pompeii di Laura Cardinale; mi sembra che l’avventura richieda un certo impegno per sciogliere tutti i nodi e ha una caratteristica originale: è ambientata nell’832 aUc, un periodo storico in cui la Cohors Arcana ancora non esiste e quindi i giocatori interpretano dei Custodes Arcani, precursori di quelli “moderni”. Questa stessa scelta obbliga però a giocarla come “one shot” impedendo di giocarla all’interno di una campagna avviata.

Altrettanto intuibile è l’ambientazione sicula de L’Occhio del Ciclope di Marco Rafalà. Mi è sembrata una delle avventure migliori, con delle scene molto suggestive e un antagonista ben caratterizzato – che poi gli antagonisti sono due. Certo, se i Custodes falliscono nella loro missione le conseguenze per l’Impero (e il mondo intero) saranno assai nefaste… Questa avventura ha fornito l’ispirazione per la copertina di Antonio De Luca: suggestiva, sì, ma non mi sembra adatta a “bucare” gli scaffali dei negozi.

I Figli di Caligola di Mark Rein-Hagen (sì: il creatore di Ars Magica e Vampiri!) è un’indagine che porta in scena nientemeno che l’antica Atlantide, o meglio una sua propaggine visto che si svolge principalmente nel Mar Nero.

La Casa del Vino di Gareth Hanrahan (che scopro essere un autore affermato e molto prolifico) parte come un’indagine all’apparenza banale ma alla fine i Custodes dovranno vedersela con un dio! La riuscita della missione sarà subordinata all’equilibrio con cui si potranno soddisfare (o non offendere) le varie parti in causa. Lo stile cinicamente brillante di Hanrahan è molto piacevole.

Vivere e Morire a Byzantium di Michele Garbuggio e Francesco Nepitello è l’avventura più corposa: si tratta di una missione molto “fisica”, basata sulle indagini ma anche sulla forza bruta, e in cui gli elementi sovrannaturali sono del tutto assenti, a differenza di altre avventure che magari partivano “concrete” per poi rivelare un’altra natura o al contrario si rivelavano ben prosaiche dopo un incipit preternaturale. Ci sono un grifone, alcune manticore e una pozione dagli effetti speciali, ma sono tutti elementi “naturali” del mondo di Lex Arcana, non c’è insomma un elemento magico o divino. Vivere e Morire a Byzantium fornisce anche una breve guida della città del Corno d’Oro che può tornare utile al Demiurgo per ambientarvi le sue avventure.

Le illustrazioni digitali del volume sono state realizzate principalmente da Giorgio Donato con contributi di Andrea Piparo, Fabio Porfidia e Angelica Donarini. Essendo realizzate al computer non riesco a distinguere uno dall’altro. Molto belle le mappe di Francesco Mattioli.

È chiaro che con una tale varietà di stili, soggetti, spunti e ambientazioni è inevitabile trovare almeno un paio di avventure che piacciano o entusiasmino; purtroppo I Misteri dell’Impero I avrebbe necessitato di una revisione in più: al di là degli occasionali (e quasi fisiologici) refusi, nella sola avventura La Pietra dei Ruteni la caratteristica dei png che doveva essere l’Apparenza a un certo punti diventa «Appartenenza», e mancano i numeri delle Scene 5 e 6. Nulla che impedisca di godere della raccolta, ma che insieme a rari rimandi a riquadri inesistenti e a confusioni tra parti normali e quelle in corsivo da leggere ai giocatori può inizialmente confondere il lettore. Così come chiamare in varie parti «Hispania» la provincia che in Lex Arcana è comunemente nota come Iberia.

venerdì 26 maggio 2023

Proposte varie Stratagemma

Gli acquisti migliori delle fiere sono quelle sorprese che uno non si aspettava di trovare, meglio ancora se le limitazioni del budget o una scelta consapevole degli autori li costringono a dare fondo alla creatività. Se poi vengono offerti gratuitamente…

Quest’anno al Play allo stand Stratagemma venivano forniti un sacco di prodotti gratuiti da provare, con particolare attenzione a giochi contenuti in uno spazio ridotto.

Il pezzo forte è sicuramente Agreement, un intero gioco di ruolo contenuto in un biglietto da visita. Viste le sue caratteristiche faccio prima a postarne un’immagine (sempre che il nuovo sistema di caricamento di Blogger non faccia le bizze) che a riassumerlo:

Un vero colpo di genio: le limitazioni del formato vengono sfruttate per creare un apposito sistema di regole e l’“ambientazione” è molto evocativa.

Un altro esempio di gioco di ruolo contenuto in spazi ridotti è L1tterally YHOJ, realizzato da JoCoGamesStudio ispirandosi a una scena del film Ocean’s Eleven: si tratta di una cartolina con le “regole”: basandosi sull’immagine di un lavoro venuto male uno dei due giocatori rimprovera l’altro di non aver svolto bene il suo compito e da lì devono instaurare un dialogo della durata prevista tra i cinque e i dieci minuti. Non è il mio genere.

Geert the Fishman propone un oggetto magico in un foglio A4 ripiegabile: Cryptomnemonic Arrow, mentre Matteo Ignesti presente Continua, un gioco per quattro partecipanti in cui uno interpreta “il Protagonista” morto di recente che però può andare a ritroso nel tempo e salvarsi. Gli altri tre giocatori sono “l’Universo”, “il Tempo” e “l’Entropia” e gli esiti delle loro interazioni sono determinati da un gioco simile alla morra cinese.

Bord è un gioco di ruolo per 3-6 giocatori in cui si interpretano dei pirati banditi da un Imperatore che devono esplorare 12 isole, raccattare tesori e al contempo recuperare anche i loro ricordi. Una volta conclusa l’esplorazione e raggiunto il bordo del mondo conosciuto si volta pagina e l’ambientazione cambia drasticamente rivelando la vera natura del gioco, di cui non spoilero nulla. Si usano dadi poliedrici e i fogli costituiscono le mappe su cui muoversi. Molto bello ma per sua natura è uno “one shot” sicuramente rigiocabile ma che perde il suo fascino una volta svelato il colpo di scena.

Altri tre giochi di ruolo, tutti ideati da Vittorio Guerriero, erano esauriti in versione cartacea (rimanevano solo copie dimostrative) ma ho potuto recuperarli in formato digitale a questo indirizzo. Bivio e Persi nel dungeon sono recto e verso del medesimo foglio ed entrambi sono stati progettati per durare cinque minuti. Il primo è piuttosto astratto e vede un gruppo di avventurieri giungere a un bivio, fisico o metaforico che sia. Si gioca in 3: un giocatore “interpreta” l’intero gruppo mentre gli altri due sono rispettivamente la Strada di Destra e quella di Sinistra e dovranno convincere il “Party” a scegliere una piuttosto che l’altra in base alle descrizioni che ha fatto della situazione in cui si trova. Persi nel dungeon è più canonico e in sostanza si concentra semplicemente sull’affrontare tre stanze a difficoltà crescente (si gioca con un dado). Visto che la struttura e la difficoltà delle prove rimangono invariate immagino che la vera abilità consista nel descrivere nei due minuti concessi all’inizio più membri possibili del gruppo di avventurieri.


La zona archeologica è molto più articolato: il master «Dungeon Archaelogy» deve preparare una mappa con dei punti fissi in cui i personaggi, archeologi finiti in un mondo fantasy, potranno trovare scoperte o pericoli. Anche una volta raggiunta la quota di scoperte sufficiente a fuggire il gioco non finisce ma contempla una prova aggiuntiva, ed è comunque più strutturato di come l’ho riassunto (chi trova una scoperta deve descriverla e disegnarla). Il sistema può essere arricchito con molti altri dettagli o varianti e viene anche illustrata una versione «da Infame».

Il re boia – bastardo – racconta prevede un master che veste i panni del Re del titolo e racconta una storia ai giocatori, che useranno tre oggetti per definire le capacità dei loro personaggi e tenere conto della loro vitalità. All’interno della narrazione potranno verificarsi delle situazioni che richiedono una Sentenza, che si risolve con il lancio di un pacchetto di sigarette (allo stand mi hanno detto che da esso prende nome il gioco). Il tono è scanzonato.

Passando a materiale più canonico, Gianluca Poccianti è autore del modulo “old school” Il Castello di Geirrod ispirato alla mitologia norrena filtrata attraverso il Norwold dello Known World. La passione dell’autore e la sua documentazione sull’argomento sono evidenti: non sapevo ad esempio che il dio Thor poteva brandire il suo proverbiale martello in virtù dei guanti magici che possedeva, che i personaggi sono incaricati di recuperare in questa e nella prossima avventura. Autocopertinato di 32 pagine complessive in bianco e nero su carta patinata, il modulo è pensato per un gruppo da 4 a 7 personaggi di livello 4°-6°. Dopo l’ingaggio e un po’ di esplorazione con qualche incontro casuale arriva un dungeon crawl molto semplice ma anche molto suggestivo, con una simpatica ideuzza alla base. Mi pare che Poccianti ami di più l’aspetto narrativo su quello ludico, non mi sembra che abbia scritto tutte quelle scene solo per rimpolpare il modulo. Molto belle le mappe, opera di Marco Potestio.

Concludo la carrellata con I gdr e la Dichiarazione d’Intenti, in cui Riccardo “Musta” Caverni propone un accordo in più punti da stabilire prima di cominciare a giocare di ruolo in cui ci si mette d’accordo sul tono della campagna, gli argomenti sensibili, l’eventuale tasso di umorismo, ecc. Potrebbe anche essere utile, solo che richiede un bacino d’utenza vastissimo a cui attingere per trovare proprio quei giocatori specifici con cui si è in perfetta sintonia. Data la sua natura di “pamphlet” il volume è assurdamente lussuosissimo: sedici pagine a colori su carta patinata con una copertina in cartoncino rigido e un sacco di vignette (peraltro molto belle) di Stefano Tartarotti.

giovedì 25 maggio 2023

Neverland: L'Isola Che Non C'è

Non un acquisto di Modena ma un regalo di compleanno.

Non so se qualcuno lo abbia già fatto, comunque quella che propone Andrew Kolb è un’ambientazione per giochi di ruolo ispirata all’universo di Peter Pan. L’impressione è di entrare a film già iniziato, poiché l’autore dà per scontato che i lettori conoscano l’opera di J. M. Barrie senza la necessità di riassumerne gli aspetti salienti. Ovviamente per sommi capi la conosco anch’io ma certi dettagli mi sfuggono.

Il volume è strutturato in maniera molto razionale (come d’altro canto mi pare che lo siano tutti i manuali moderni) e gli argomenti sono trattati in capitoli ben delimitati con l’alternanza cromatica di verde e rosso a differenziarli. Dopo la presentazione delle nuove regole specifiche per l’ambientazione, il secondo ricco capitolo tratta della fauna locale: un bestiario ma anche il cast dei vari personaggi, che sono delle versioni aggiornate rispetto agli originali (almeno da quel poco che li conosco io). Il tono del volume è infatti “grim and gritty”, ammesso che si dica così, e tanto per fare un esempio uno dei fratelli di Wendy è un lich, e la stessa Wendy Darling è diventata una strega. Ma visto che non conosco bene il materiale di partenza potrebbero anche essere degli sviluppi coerenti con i personaggi originali.

Il terzo capitolo spiega nel dettaglio le 24 location dell’Isola Che Non C’è: Neverland è infatti un gioco di ruolo «hex-crawl» in cui i personaggi possono muoversi sul tabellone/mappa con delle regole precise in merito agli incontri, al passaggio del tempo, ecc. Dopodiché viene illustrata la versione fatata dell’isola, Elphame, un mondo che ricalca la geografia dell’isola ma è alternativo ad essa, con forti componenti surreali e magiche. Nonostante alcuni suggerimenti, Kolb lascia libero il master di decidere in autonomia come si possa accedere a Elphame, come d’altra parte lascia anche altre decisioni all’arbitrio del master.

Seguono poi le descrizioni dettagliate di alcuni dei luoghi più rilevanti, con tanto di belle mappe funzionali; una particolare attenzione è riservata all’Isola del Teschio con oltre dieci pagine fitte di tabelle scritte in un carattere ancora più piccolo di quello degli altri capitoli. Poi c’è ancora un profluvio di tabelle per determinare casualmente gli elementi più vari, dall’atteggiamento dei mostri incontrati al nome dell’anno in cui si svolge la storia. In alcuni casi si ha l’impressione che certe tabelle siano state messe tanto per far numero, ma in compenso altre (vedi quella sui png erranti) offrono molti spunti interessanti. Chiude il volume un’antologia di racconti apocrifi da cui trarre ispirazione per impostare il tono delle avventure o come spunto per avventure (e stavolta, a simulare un libro per ragazzi, le lettere sono scritte bene in grande). E c’è anche un’appendice finale in cui sono riportati schizzi e progetti di Kolb, che oltre ad aver scritto Neverland lo ha anche illustrato.

Unica nota negativa, la dichiarata concessione al politically correct che ha fatto togliere o radicalmente modificare i riferimenti a Giglio Dorato e ai Piccaninny – cosa di cui non mi sarei mai accorto se non lo avesse segnalato l’autore, manco so cosa siano i «Piccaninny».

Neverland è decisamente un bell’oggetto, un cartonato dalla copertina ruvida in cui titoli e fregi dorati spiccano sul verde dello sfondo. L’idea è sicuramente quella di renderlo simile a certi libri per l’infanzia d’antan e anche la cura grafica interna è notevole. Consta inoltre di alcuni game prop ovvero le schede dei personaggi giocanti (se si vogliono usare quelli), un cartoncino che riassume varie informazioni e ovviamente la mappa dell’isola. Mi pare che la versione italiana sia pressoché inattaccabile, al di là di qualche refusetto di scarso rilievo ci sono solo delle imprecisioni che potrebbero non essere tali ma solo mie incomprensioni: ad esempio a pagina 9 viene riportato due volte l’esito di una contrapposizione “ATTACCO vs. SCHIVATA”, mentre gli «artisti in sede» del centro aggregativo delle Sirene probabilmente erano in origine una “residence” per artisti. Ma, appunto, potrebbero essere solo miei fraintendimenti.

Ambientazione generica ma pensata per la Quinta Edizione del Gioco-Di-Ruolo-Più-Famoso-Del-Mondo-Di-Cui-Però-Non-Si-Può-Citare-Il-Nome, Neverland può facilmente essere usata anche per altri sistemi grazie alle proprie regole specifiche e al fatto che essendo un mondo a sé stante può costituire una tappa isolata in una campagna più vasta. Ma al contempo offre materiale per anni e anni di gioco limitati all’isola.

lunedì 22 maggio 2023

PlayModena 2023

 

















Modena capitale del buon gioco grazie a Play: soddisfazione di pubblico ed espositori

Un festival che continua a crescere, per la qualità e la quantità delle sue proposte. Ma soprattutto per il numero di sorrisi strappati nei tre giorni di svolgimento. Questa è Play, manifestazione che conferma di essere l'evento ludico più rilevante a livello nazionale. A decretare il successo anche il numero dei visitatori, in crescita rispetto allo scorso anno. Un pubblico, quello del festival, estremamente eterogeneo: dalle famiglie con bambini e ragazzi, ai gruppi di amici appassionati di giochi, fino ai meno giovani. Una folla di visitatori che si è lasciata contagiare dall'atmosfera che si respira al quartiere fieristico modenese, amplificata e allargata anche al centro storico dove, nell'ambito di Play in The City, si sono svolte numerose iniziative che hanno trasformato monumenti e luoghi di cultura in inimitabili set per eventi ludici e giochi di ruolo dal vivo."Gioco ma non solo. Play conferma e rafforza il suo ruolo di evento leader in Italia che porta a Modena migliaia di persone che spesso si fermano per l'intero fine settimana, con benefici tangibili per il territorio. A ciò va aggiunto che da tempo la maggior parte degli editori di giochi più importanti puntano su Play per incontrare gli appassionati e, sempre più spesso, presentare in anteprima le loro novità: un chiaro indice di qualità e maturità della manifestazione" ha sottolineato il consigliere delegato di ModenaFiere, Marco Momoli.

"Attraverso il gioco la gente si diverte e apprende - specifica Andrea Ligabue, direttore artistico del festival - La grande partecipazione a Play di realtà del mondo accademico e della ricerca - e persino il primo convegno scientifico su gioco e storia - sono occasioni per riflettere attraverso il gioco su temi di grande attualità: l'integrazione, i rapporti sociali e anche la crisi climatica. Con Play vogliamo fare conoscere a più gente possibile la potenza educativa del gioco e direi che il nostro obiettivo è stato raggiunto, come dimostra la grande partecipazione delle scuole, che in questi giorni hanno portato in visita oltre 2.000 studenti". 

Tutto lo staff organizzativo della manifestazione intende rivolgere un ringraziamento speciale al pubblico, associazioni ed espositori che hanno sostenuto il festival con la loro presenza.

Play - Festival del Gioco è una manifestazione organizzata da ModenaFiere in collaborazione con Ludo Labo, con il supporto di Club Tre Emme e La Tana dei Goblin. Il festival gode del
patrocinio del Comune di Modena, Regione Emilia-Romagna, Università di Modena e Reggio Emilia, Università di Genova, Azienda USL di Modena. E' sponsorizzato da BPER Banca e Conad. Media partner: Gioconomicon, ioGioco.it

venerdì 19 maggio 2023

Il Nome della Rosa 1

Ovviamente ne ero già a conoscenza, ma è stato comunque spiazzante vedere che la prima parte della riduzione del romanzo di Umberto Eco finisce bruscamente proprio sul più bello, quando l’azione ha pienamente carburato e la curiosità di arrivare al bandolo della matassa è tanta. Senza neanche un «fine della prima parte» o «continua» a testimoniare un punto fermo, per quanto sospeso.

Non credo che serva riassumere la trama de Il Nome della Rosa, probabilmente il romanzo più famoso e venduto di Eco, celeberrimo anche per la sua versione cinematografica a opera di Jean-Jacques Annaud – in cui per il ruolo del monaco deforme Salvatore era stato proposto inizialmente Franco Franchi. In breve, un francescano maturo ex-inquisitore e il suo giovane attendente benedettino giungono a un’abbazia dove dovranno indagare su una misteriosa morte che sarà il preludio di una strage di monaci, quasi tutti amanuensi.

Manara introduce la storia “fumettando” un’introduzione dello stesso Eco e per tutto il corso delle tavole riesce a mantenere un equilibrio perfetto tra la fedeltà al testo originale (spesso aulico e compiaciuto di esserlo) e la necessità di raccontare per immagini. Le posture e le espressioni dei personaggi rendono vivi anche i dialoghi più lunghi e bizantini, ma il testo di partenza presenta anche sequenze concitate e persino lisergiche che vengono rese con grandissima efficacia.

Al di là di questo le tavole sono uno spettacolo per gli occhi. Paradossalmente le rarissime donne che vi fanno capolino sono quasi un corpo estraneo, elementi un po’ stereotipati laddove gli uomini sono raffigurati con una grandissima naturalezza che li rende vivi. Non mancano ovviamente le citazioni: il protagonista Guglielmo da Baskerville è un giovane Marlon Brando, qua e là riaffiorano i volti dei caratteristi del cinema italiano e forse in Alinardo da Grottaferrata chissà che non ci sia un omaggio al Giuseppe della Paulette di Wolinski e Pichard. Le citazioni comunque non si limitano ai modelli su cui basare le fattezze dei personaggi, ma comprendono anche pittura e architettura. Non mancano inserti più o meno lunghi in cui i fatti (cioè il passato di alcuni personaggi) vengono riassunti e illustrati più che raccontati, ma l’effetto non è affatto didascalico, anzi mi hanno ricordato alcune parti analoghe dei primi Giuseppe Bergman.

Onore al merito, va segnalato che anche il lavoro ai colori di Simona Manara è ottimo, riuscendo quasi a simulare dei veri acquerelli – certo, ho visto che in alcune vignette il colore sbava debordando dai contorni, ma probabilmente è dovuto al fatto che Manara ha lavorato certi elementi a mezzatinta.

Oltre alle 60 tavole del fumetto il volume comprende anche un’appendice con schizzi e prove. Se non finirà nel Meglio del 2023 non sarà solo perché lascia il lettore in sospeso e so già come va a finire la storia, ma anche per una scelta bislacca di Oblomov/Nave di Teseo: perché non stamparlo su carta patinata?

giovedì 18 maggio 2023

I solchi del destino

I solchi del destino sono per il poeta Antonio Machado (che fa una comparsata nel fumetto) quelle circostanze che portano le persone a rincontrarsi inaspettatamente nei luoghi più impensabili. È quello che succede a un combattente delle Brigate Repubblicane spagnole che dopo la disfatta del 1939 si trova sballottato per Africa ed Europa mentre infuria la Seconda Guerra Mondiale, ritrovando vecchi compagni che confluiranno nella 9° Compagnia della Divisione Leclerc, “La Nueve”.

Paco Roca, trasfigurato nelle vesti di giornalista o romanziere, intervista il protagonista Miguel Ruiz che, autoesiliato in Francia, gli racconta la sua vicenda di anarchico che dopo la fuga da Alicante in condizioni meno che precarie dovette ripiegare a Orano come rifugiato politico per poi marcire per tre anni in un campo di lavoro nel deserto e da lì, dopo varie diserzioni e reintegri in altri battaglioni (prese parte al Corpo Franco d’Africa), unirsi al comandante Bronne nell’esercito francese con la speranza, condivisa da altri suoi commilitoni spagnoli, che la liberazione di Parigi sarebbe stata l’anticipazione della liberazione della Spagna. Una pia illusione, ma almeno a Parigi ritroverà la ragazza che lo aveva folgorato durante la traversata infernale da Alicante a Orano. I solchi del destino, appunto. Nel corso delle sue peripezie Miguel dovrà spesso, come altri, declinare generalità false per sfuggire alla giustizia militare ed evitare ripercussioni sui famigliari: ed è così che assumerà il cognome Campos diventando quel fantomatico ed eroico soldato di cui Paco Roca ha trovato traccia in uno dei libri che ha consultato per ricostruire la storia de “La Nueve”.

Anche se il fumetto si concentra principalmente sulle sequenze belliche, o che comunque sono correlate alla guerra (l’ingrato trattamento riservato ai soldati del Ciad, i giochi politici, la presenza di Hemingway…), Paco Roca accenna anche alle vicende di Albert, “badante” divorziato di Miguel, e alla vita dello stesso Miguel ormai anziano. Le parti ambientate nel presente sono realizzate con un tratto più rapido e in toni seppia mentre il resto è a colori.

Il disegno di Paco Roca è come al solito semplice ed espressivo, ma risulta poco funzionale che in fase di inchiostrazione (digitale o meno che sia) non abbia chiuso i margini delle sue figure lasciando che sia il colore a determinare le masse: quando la tavolozza è poco variata i soggetti emergono con difficoltà dallo sfondo.

Questa edizione è arricchita di un apparato redazionale in cui vengono presentate prove, tavole inedite o versioni preliminari e soprattutto una chiacchierata con lo storico Robert Coale (con un intervento di Isana Sánchez Campos, nipote del vero Miguel), il cui contributo è stato fondamentale per correggere alcuni passaggi. Paco Roca rivela senza problemi quante libertà si sia preso nella realizzazione de I solchi del destino, segnalando sviste e licenze poetiche e soprattutto rivelando che il vero Miguel Campos scomparve probabilmente nel 1944 dopo aver dato ultime tracce di sé alla famiglia nel ’42. Anche da questi dettagli si capisce il maniacale lavoro di ricerca effettuato dall’autore, oltretutto su un argomento alquanto ascoso che valse a “La Nueve” il giusto riconoscimento ufficiale nella liberazione di Parigi dopo decenni di totale anonimato.

Oltre alla collaborazione con Coale il fumetto ha beneficiato tra gli altri anche dell’intervento di Ignacio Ferreras e del supporto al colore di Raquel, che immagino sia la moglie di Roca. Nel complesso I solchi del destino non è un capolavoro come Rughe e per ovvi motivi gli preferisco L’inverno del disegnatore e la saga dell’Uomo in Pigiama, ma nella mia personale classifica delle opere di Roca occupa un posto più alto dell’intimista La casa e dei meno accessibili Le strade di sabbia, Il faro e Il gioco lugubre.

lunedì 15 maggio 2023

Il Morto 56: Carpe Diem

Episodio di raccordo carico d’azione. A seguito degli eventi dello scorso numero Peg si trova coinvolto in una guerra tra spie che vogliono impossessarsi dell’ingegnere ideatore del supercannone. Da una parte la sua vecchia conoscenza Tatiana (di cui non ha memoria), dall’altra il killer Judix e in mezzo gli iracheni che avevano rapito inizialmente l’ingegnere, e che propugnano una visione assai retriva delle donne.

La vicenda è adrenalinica con inseguimenti e sparatorie (e citazioni di Magnus e Romanini), ma non mancano alcuni vaghissimi sprazzi sul passato di Peg. Certo, trattandosi di un episodio che fa da cuscinetto tra il precedente e il successivo (che infatti si intitolerà Spie) tutto corre rapidamente e si resta un po’ a bocca asciutta. Ai disegni la new entry Claudio Delia chinato dal veterano Gioachini fa un lavoro dignitoso, ma deve ancora prendere le misure del volti – anche le mani a volte non sono proprio perfette.

In appendice la storia breve L’eclissi scritta da William Isaaco Zoe e disegnata da Giuliano Bulgarelli, un soggetto non eccezionale ma comunque simpatico che avrebbe meritato una realizzazione meno confusa, sia a livello di testi che di disegni.

Colgo l’occasione per segnalare il crowdfunding indetto da Menhir Edizioni per la pubblicazione di Spettrik.

mercoledì 10 maggio 2023

Superman: L'Era Spaziale

Ennesimo elseworld che fornisce versioni alternative dei supereroi della DC Comics.

La storia prende le mosse negli anni ’60 con l’assassinio del presidente Kennedy. Questa è la molla che fa scattare nel trovatello alieno Clark Kent, cui la vita bucolica del Kansas sta stretta, la spinta per andare a fare qualcosa di più per la Terra con i suoi poteri e in sostanza impedisce per puro caso l’escalation atomica tra Russia e Stati Uniti che avrebbe potuto portare alla Terza Guerra Mondiale.

Segue quindi una sintetica sfilata di eventi storici (come il caso Watergate, qui scoperto da Lois Lane) ma soprattutto di dettagli sulle mode e il costume di un ventennio, fino all’inevitabile fine di metà anni ’80 annunciata da Pariah e dovuta alla Crisi sulle Terre Infinite.

Oltre al luciferino Lex Luthor i due villain principali sono Brainiac e l’Anti-Monitor, che mi sembrano entrambi ritratti in maniera sin troppo simile al Galactus dell’universo Marvel (ma magari è il contrario: era Galactus ispirato alle loro versioni originali).

Alcune delle deviazioni dal canone sono un Bruce Wayne che è una specie di Tony Stark con appalti militari, un secondo frammento di astronave che avrebbe accompagnato il neonato Kal-El, delle nuove origini per Joker, il concetto di Superman inviato sulla Terra non per farlo sopravvivere al disastro di Krypton ma per impedire che il nostro pianeta finisca come la sua madrepatria e la sua creazione di una panacea per tutti i mali dell’umanità (che poi ha un altro scopo recondito). Data la mia scarsa conoscenza della cosmologia DC ignoro se alcuni di questi concetti siano ripresi da altre fonti o siano tutti farina del sacco di Mark Russell (sì, lo stesso del sequel dell’Incal!). Il quale, nonostante il tono apocalittico e messianico, ogni tanto si concede qualche azzeccato dialogo umoristico.

I disegni di Mike Allred sono piuttosto eleganti pur con qualche sproporzione e anche se a volte certi dettagli risultano un po’ abbozzati o proprio tirati via, in special modo alcuni sfondi. Mi è sembrato poi paradossale la sua scelta di disegnare il giovane Clark Kent come un omone gigantesco già quand’era adolescente, mentre altrove (anche sulle copertina) Superman sembra un po’ mingherlino! Di certo i personaggi di Allred sono ben caratterizzati e soprattutto molto espressivi. Laura Allred colora con maestria il lavoro del marito, senza farsi prendere la mano dagli effetti digitali ma al contempo non limitandosi nemmeno a campiture uniformi o a scelte cromatiche banali.