sabato 31 dicembre 2022

Il Meglio e il Peggio del 2022

In origine, data la scarsità di materiale papabile, questo avrebbe dovuto essere un post sarcastico. Nel Meglio un panegirico della biografia di Kirby e la ripresa di Berserk, nel Peggio La Torre (che alla fine mi è arrivato) e una presa per il culo a quelli che vanno fuori di testa per gli aumenti di pochi centesimi della Bonelli. Poi però la Bonelli ha mantenuto stabili i prezzi e dopo Lucca (ma anche un po’ prima) è uscita roba molto interessante.

Mi spiace perché sarebbe stata l’occasione per ricordare Alex Paci e la sua ironia, ma ne capiteranno altre.

Il Meglio

1

Freak ai confini del mondo. Una necessaria e lodevole raccolta del lavoro di Piero Alligo.

2

La Gabbia. Commovente, desolante ma anche molto divertente.

3

4

Iconoclasta!. La vera sorpresa del 2022.

Il Peggio

1

Marvel Miao. Non che mi aspettassi granché, ma nemmeno così poco. Anche perché questa robetta (che oltretutto richiede una certa conoscenza dell’universo Marvel) costa solo due euro meno del ben più pingue e grande Cosplay.

2

Modeste e Pompon L’Integrale. Non ho dubbi che il fumetto meriti e che l’edizione sia curata, ma… 45 euro?! È vero che la carta è patinata e il conto delle pagine è superiore a quello di Spirou e Fantasio (che a suo tempo pubblicava la RW) e degli altri Integrali della Cosmo ma mi sembra comunque esagerato. Certo, sono passati anni e crisi di vario genere dagli ultimi Integrali della Cosmo, però il contemporaneo volume su Natacha costa un terzo di meno ed è stato presentato come tiratura limitata a soli 200 esemplari (se ricordo bene). E intanto il decimo volume di Barbarossa e l’Integralone di Gaston promessi anni fa latitano ancora, e probabilmente non li vedremo mai.

Buon 2023!

martedì 27 dicembre 2022

Sic transit gloria mundi

Ritengo Eugenio Sicomoro uno dei più grandi disegnatori di fumetti. Qualche tempo fa in Italia c’era stato un ritorno di interesse per il suo lavoro grazie all’Aurea che aveva ristampato alcuni vecchi liberi sul Maxi e aveva pubblicato La Porta per il Cielo. Poi, però, più nulla e Lumière Froide rimane inedito. Vedo sull’ultima Anteprima che è in programma un’uscita a lui dedicata. In bianco e nero e in formato bonelliano.


sabato 24 dicembre 2022

Un capitano di quindici anni

Non il migliore dei fumetti realizzati da Franco Caprioli, ma la colpa è principalmente di Jules Verne. L’adolescente Dick Sand, secondo in comando, si ritrova capitano della baleniera Pilgrim dopo che il capitano Hull perisce a causa di una balena inferocita perché protegge il suo piccolo. La nave aveva appena preso a bordo cinque neri e un cane, unici superstiti di uno speronamento, cosa provvidenziale visto che dopo l’attacco della balena dell’equipaggio non rimane praticamente nessuno. Guarda caso, proprio sulla Pilgrim si trova chi ha contribuito alla loro disgrazia, il cuoco portoghese Negoro. Costui riesce a deviare la rotta della nave fino a farla approdare addirittura in Africa (la storia prende le mosse inizialmente tra America del Sud e del Nord) proprio dove può riprendere il suo commercio di schiavi insieme a un altro malvivente che inizialmente imbroglia l’equipaggio sulla loro destinazione.

Dick riesce a salvare i suoi compagni di sventura (tra cui la moglie dell’armatore, suo figlio e il cugino entomologo a cui sono demandate le gag comiche) ma in pratica se la cava solo grazie a interventi esterni e per pura fortuna, è un personaggio decisamente privo di sugo. Non mancano poi situazioni inverosimili come il cane Dingo che seleziona sempre le stesse lettere in un gioco del piccolo Jack per ricordare il suo padrone assassinato, o il ricorso all’olio di balena per far chetare il mare in tempesta (boh, magari funziona davvero). Lo stesso Dingo muore apparentemente un paio di volte, e mi viene il sospetto che Verne lo abbia “resuscitato” non tanto per creare colpi di scena ma perché si era dimenticato di averlo ucciso. Ovviamente Claudio Nizzi non poté fare molto per rendere più accattivante il materiale di partenza, anche se forse avrebbe potuto ridurre un po’ il gergo marinaresco nella prima parte, che assume ai miei occhi di profano quasi l’aspetto di technobabble. Decisamente meglio Michele Strogoff, un po’ perché l’esotismo non ha una grande presa su di me, ma soprattutto perché questo volume non presenta nessuna storia in appendice ma consta di sole 40 tavole di fumetto, da cui immagino la necessità di commissionare a Gianni Brunoro un’introduzione piuttosto lunga (e interessante, ma da leggersi rigorosamente dopo il fumetto) ricca di immagini anche a piena pagina per poter raggiungere una foliazione dignitosa.

Ma in fondo chi se ne frega: lo scopo di questa collana è godere dei disegni di Franco Caprioli e tanto basta. Anche i colori, poi, non sono affatto male. Unico appunto che mi sento di fare al disegnatore è che il capitano Hull e l’infido Harris si somigliano un po’ troppo e all’apparizione del secondo può insorgere un po’ di confusione. Forse Caprioli si era basato sullo stesso modello, ma nell’ottica di una pubblicazione a puntate può starci benissimo, visto che il lettore avrebbe potuto tranquillamente dimenticarsi le fattezze di un personaggio estemporaneo che era comparso qualche settimana prima.

Questo fumetto costituisce anche una testimonianza sulla diversa sensibilità dell’epoca, con la caccia alla balena raffigurata senza alcuna remora morale, anzi come se fosse la cosa più naturale del mondo, e con l’uso disinvolto e ripetuto del termine «negro».

giovedì 22 dicembre 2022

X-Cellent: Ereditario-X

Probabilmente Peter Milligan si sarà divertito a prendere in giro l’industria del fumetto statunitense resuscitando personaggi che avrebbero dovuto essere morti, anche se aveva già fatto la parodia di queste infinite morti e resurrezioni in Animal Man e Shade e chissà in quanti altri suoi fumetti che non conosco o che adesso non mi sovvengono. Ma dopo quella che pareva essere la pietra tombale sulla saga dei suoi protagonisti il tutto sembra una forzatura e sa anche di già visto.

L’Orfano e Vivisector non erano poi così morti come descritto nella miniserie che avevo messo nel Peggio del 2013, e insieme a Doop e ai fantasmi di U-Go Girl e Dead Girl cercano di reclutare la figlia della prima, ignara che fosse sua madre e non la sorella come le era stato detto. Ma la giovane Katie Jones (alias Sawyer), che sta appena sviluppando i suoi poteri e il colorito della madre/sorella, è anche nel mirino di un altro gruppo di supereroi ancora più strampalato della nuova X-Statix: X-Cellent, capitanato dal redivivo Zeitgeist che Milligan aveva presentato come protagonista nel primo numero della sua X-Force per poi ammazzarlo immediatamente (espediente che Yann aveva già usato vent’anni prima in Les Innomables). Lo shock value dell’epoca va a farsi benedire, insomma, e Milligan ci da dentro anche col concetto di legacy introducendo i figli, chi più chi meno biologico, di Anarchist e Phats.

Il motivo per cui la gang di Zeitgeist vuole la giovane Katie è perché le manca un membro che la teletrasporti in giro per i luoghi delle loro malefatte. X-Cellent non è propriamente un gruppo di supercattivi, men che meno di supereroi, ma si avvicina a una banda di situazionisti che coi loro “happening” vogliono ottenere sempre maggiore visibilità, che oggigiorno è legata alle iscrizioni al proprio canale Youtube. Quando però il gruppo alza la posta e si mette a devastare la magione del Dottor Strange le cose si fanno più serie, tanto più che il loro complice Pood (versione malvagia, o meglio ancora più malvagia, di Doop) è riuscito a trascrivere un pericolosissimo libro d’incantesimi.

Adattandosi ai tempi, Milligan prende di mira le nevrosi e le manie di oggi: le fake news, la dipendenza dai social, la diatriba sul gender e la crudeltà dello star system che c’era già nelle sue precedenti storie con questi personaggi. Purtroppo è impossibile dire se il ricorso ai soliti cliché del genere volesse essere una loro parodia o se semplicemente Milligan non sapesse come far procedere altrimenti la trama. C’è il classico espediente dell’episodio narrato sempre da un personaggio diverso, la decisione della recluta riluttante di abbracciare finalmente la “carriera” di supereroe, il passaggio di un personaggio da una squadra all’altra, la “scienza” che ricostruisce un cadavere ma poi per esigenze narrative non riesce a sostituire un braccio con altro che non sia una ridicola protesi vintage, ecc. Da notare che pur non avendo ancora un teletrasportatore gli X-Cellent (da soli o in gruppo) compaiono dal nulla proprio quando devono, e combattono tranquillamente a mezz’aria… Le deroghe ai binari del genere sembrano più che altro dovute all’urgenza di Milligan di raccontare i sentimenti di Mirror Girl e a un suo generale disinteresse: alcuni membri di entrambe le squadre servono solo a far da tappezzeria sullo sfondo e non fanno o dicono sostanzialmente nulla di rilevante. Qualche battuta è anche azzeccata, ma la dirompente freschezza della vecchia X-Force è irrimediabilmente perduta. A fare un po’ incazzare è il fatto che questa miniserie (uno speciale uscito ancora nel 2019 e poi la miniserie vera e propria di cinque numeri) altro non è che la “prima stagione” di una serie di cui bisogna attendere il seguito.

I disegni di Michael Allred sono sicuramente validi, anche se ho smesso di mitizzarlo da un pezzo. È una perla rara, espressiva ed elegante, nel panorama USA, ma qualche errorino anatomico o di coerenza somatica lo fa anche lui, e le sue tette hanno un che di innaturale. Provvidenziali i colori di Laura Allred, che integra e corregge quello che il marito (o fratello?) si è scordato di disegnare.

In definitiva questo ritorno dei vecchi personaggi (e l’introduzione di altri della stessa risma) ha un po’ il sapore di una minestra riscaldata e non conclude nemmeno un arco narrativo, ma rispetto ad altri prodotti più standard potrebbe meritare la lettura.

lunedì 19 dicembre 2022

Dracula - L'Ordine del Drago

Sì, lo so, avrei potuto prenderlo già a Lucca, e infatti questo era il proposito originale, ma poi constatando che non c’era la minima possibilità che Roi facesse disegnetti ho procrastinato ordinandolo in fumetteria. Tanto più che le copie che arrivavano allo stand Lo Scarabeo andavano via come il pane e io ci sono sempre passato nei momenti in cui erano attesi rifornimenti.

La storia è quella stranota e risaputa, e sarebbe stata già così un’ottima proposta. In realtà Marco Cannavò si concede diverse deroghe dal canone sviluppando certe cose in maniera autonoma e introducendo nella vicenda nuovi elementi che (vado a memoria) nel romanzo di Stoker non c’erano affatto, tra cui alcune sequenze erotiche. Anche lo stile della sua sceneggiatura è dinamico e frenetico e inizia con un flashforward, mentre i personaggi sono più sfaccettati, soprattutto negativamente: Van Helsing è un sadico, Lucy un’arrampicatrice (ed è la reincarnazione della moglie di Dracula) e in linea di massima tutti sono razzisti.

Tra queste variazioni sul tema e trovate originali mi pare che Cannavò si sia concesso anche qualche citazione dalle varie versioni che si sono susseguite sulla materia originaria. Peccato che la più lampante sia il riferimento a una delle tante scene ridicole del ridicolo film di Coppola, rimaneggiamento assai libero (da quanto ricordo) di quel che si leggeva nel romanzo.

Inutile dilungarsi sui disegni, semplicemente eccellenti. Unico dubbio iniziale il Jonathan Harker reso con un taglio effeminato, ma si tratta di una scelta grafica che non inficia la qualità del lavoro.

In appendice Giovanni Nahmias approfondisce la figura e l’opera del disegnatore, mostrandoci alcune delle tavole (e sono tante) che ha distrutto rifacendole in una versione che lo soddisfacesse di più. Non manca nemmeno una breve rassegna di splendide commission fatte per i fan collezionisti.

Giacomo Alligo parla invece diffusamente delle origine letterarie, storiche e “scientifiche” di Vlad/Dracula e delle varie interpretazioni che ha avuto, in un pezzo arricchito da una ghiottissima selezione iconografica (ma Batman non risale al 1915, ovviamente).

L’Ordine del Drago è stampato nel classico formato de Lo Scarabeo, cioè un quadrotto grande cartonato. Raffinatezza ulteriore (visto il soggetto ci sta tutta), titoli e altri testi in copertina sono stati realizzati in rilievo e dipinti di rosso.

L’unico difetto di questo volume è quindi che si tratta solo della prima parte di una storia che si svilupperà prossimamente – a meno che il finale non sia proprio questo: volutamente sospeso e da intendersi forse in senso morale. Comunque visto quanto Roi è rapido e dedito al lavoro non escludo che si possa vedere il seguito già tra un paio di mesi.

martedì 13 dicembre 2022

Fumettisti d'invenzione! - 179

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

[NARRATIVA] CARTOONIST COME PROTAGONISTA (pag. 71)

RITORNO ALL’INFERNO

(Italia 1995, racconto in Playboy, Lancio, drammatico)

Luigi Arioli [Alvaro Zerboni]

Durante una traversata oceanica un fumettista di successo, Guido Vinci, tenta un approccio romantico con un’affascinante passeggera. È destinato a fallire, perché la ragazza sta raggiungendo un villaggio indio in Amazzonia dove andrà volontariamente a vivere come moglie del capo, che anni prima le aveva salvato la vita quando faceva l’infermiera a seguito di missionari, abbandonando così per sempre il caotico mondo “civilizzato”.

Zerboni riporta che questo racconto è basato su un episodio realmente accaduto.

Pseudofumetto: il personaggio che ha dato fama e ricchezza a Vinci è un eroe che va in giro per il mondo su uno yacht, di cui non viene rivelato il nome ma solo che viene pubblicato su un settimanale argentino, con l’interessamento anche di Italia e Francia. Un richiamo a Corto Maltese?

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

L’AUTORE

(Italia 1977, in Il Mago, © Lo Scarabeo, umorismo nero)

Piero [Pietro] Alligo

Il fumettista Alligo riceve la visita dei lettori che vorrebbero leggersi una storia mentre lui preferirebbe parlare dello choc della lettura di Imperatrice Nuda, testo di Hans Ruesch che svelò i retroscena della vivisezione. Morale della storia: tutti recitiamo una parte predeterminata.

CINEMA  (pag. 81)

MORGANE ET SES NYMPHES (LE DIAVOLESSE)

(Francia 1971, erotico, fantastico)

Regia: Bruno Gantillon; sceneggiatura: Bruno Gantillon e Jacques [Jacques André] Chaumelle, con Michèle Perello [Michèle Peirello] (Anna), Mireille Saunin (Françoise), Dominique Delpierre (Morgane)

Dopo aver gironzolato per la campagna francese le due amiche e amanti Anna e Françoise si perdono di vista; uno strano individuo conduce Françoise in un castello dove ritrova la compagna: si tratta della magione della strega Morgana che allarga i loro interessi saffici alle sue ancelle/prigioniere.

Pseudofumetto: Anna esordisce ritraendo Françoise alla guida ed esprimendo il proposito di realizzare un fumetto con femme fatale e giovani molto belli non appena avrà finito la scuola d’arte.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

TUPKO (IDEM)

(Yugoslavia 1970, in Vecernji List, © ?, striscia umoristica)

Nedeljko Dragić

Tupko è il consapevole protagonista (a volte vittima) di un “antifumetto” in cui l’autore, più noto come regista e animatore, gioca con le forme e le convenzioni del linguaggio delle strip. L’umorismo così particolare determinò qualche perplessità nei lettori e quindi una sospensione temporanea della sua pubblicazione sul quotidiano dov’era nato.


martedì 6 dicembre 2022

Blake e Mortimer 29: Otto ore a Berlino

Gli ultimi episodi apocrifi della saga non sempre mi hanno entusiasmato e a volte mi hanno anche un po’ deluso. Questo volume in cui esordiscono ai testi Bocquet e Fromental non si discosta purtroppo dall’andazzo generale.

La storia è ambientata nel 1963, quando il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy passerà otto ore a Berlino dove terrà il suo famoso discorso in prossimità del celebre Muro. Ma quello che la Storia ci ha tramandato non è quello che è successo veramente: Francis Blake, inviato sul posto per proteggere “Prince” (cioè il presidente), scoprirà un’incredibile macchinazione grazie ovviamente all’aiuto (fortuito) dell’inseparabile amico Mortimer. Lo scienziato giunge infatti in Russia dove una sua vecchia amica sta effettuando degli scavi per trovare la città perduta di Arkaim, la prima testimonianza di insediamento umano. Qui però rinvengono anche degli inquietanti cadaveri a cui è stata asportata la faccia. Scontrandosi con la diffusa omertà di regime, Mortimer indaga e scopre che in un vecchio “sanatorio” (dove a venir curato era il dissenso politico) lo scienziato pazzo Julius Kranz, le cui teorie aveva già avuto modo di confutare, sta conducendo degli esperimenti sull’ippocampo per condizionare gli uomini e soggiogarli alla propria volontà. Le sue cavie indossano tutte una maschera bianca e recitano Shakespeare, e anche stavolta spunta fuori Olrik, la cui presenza in un primo momento mi è sembrata quasi fuori luogo: un villain degno di questo nome c’era già.

Otto ore a Berlino si inserisce quindi nel filone spionistico della serie e va detto che le sequenze relative a Blake sono appassionanti e ben riuscite, con una grande profusione di documentazione (com’è nella natura della saga), delle scene molto animate e soluzioni azzeccate come l’editore cubano che aiuta Blake.

La parte relativa a Mortimer è invece un po’ inverosimile e addirittura ridicola quando vediamo materializzarsi la sua “parte cattiva”, resa graficamente in stile cartoonesco e poi con la regressione animalesca. Poco importa che anche lo stesso Edgar Pierre Jacobs si fosse abbandonato a cose del genere, penso ad esempio ad alcune sequenze de La Diabolica Trappola che infatti è tra gli episodi che mi piacciono di meno. Tra l’altro Mortimer non ci fa nemmeno una gran bella figura: pur avendo criticato pubblicamente Kranz (che rimpiango non sia stato chiamato Otto Krunz), alla fine ha dovuto constatare che i suoi metodi in realtà funzionano.

La coppia di sceneggiatori si abbandona a un massiccio citazionismo, Alfred Hitchcock fa una comparsata e assistiamo alle riprese del film Ztracena tvar (che però in Italia è noto come Faccia persa, non Il volto perduto), oltre a un sacco di altri dettagli che credo autoreferenziali e che potrei forse scoprire se andassi a riguardarmi la mia collezione di albi disegnati da Floc’h. Di per sé non sarebbe necessariamente una cosa negativa, se non fosse che lascia una certa impressione di déja vu, come la “cura” a cui è sottoposto Mortimer presa di peso da Arancia Meccanica e che la trama del fumetto sia dichiaratamente ispirata al film di Pavel Hobl.

L’umorismo nero dei due autori (assai limitato, anzi forse me lo sono solo immaginato) non mi ha convinto molto e inoltre verso il finale mi è sembrato che la concitazione dell’azione fosse dovuta più che altro alla necessità di finire nelle canoniche 62 tavole. Ci sarebbe poi la forzatura della scoperta di Arkaim (che riporto così e senza dieresi come nel fumetto: siamo italiani e la pronuncia è univoca) che è stata anticipata di un quarto di secolo, mais glissons.

Va comunque dato atto a Bocquet e Fromental di aver usato in maniera molto avveduta il buon vecchio Olrik che non si limita a timbrare il cartellino come in altre occasioni ma condiziona pesantemente, e coerentemente col personaggio, lo sviluppo degli eventi.

Ai disegni Antoine Aubin offre un’ottima prova, ben diversa da quella deludente che aveva dato qualche anno fa forse per la necessità di rispettare le scadenze o forse per il subentro di un altro disegnatore. Solo le nuche dei personaggi mi hanno lasciato un po’ perplesso, per il resto è riuscito a rispettare lo stile calligrafico della saga pur introducendo degli apprezzabili elementi più realistici e dinamici. Inoltre ha saputo rendere con grande maestria le figure femminili.

domenica 4 dicembre 2022

Il treno del Sole - Piccole donne

Raccolta delle due riduzioni letterarie che hanno rappresentato l’affermazione di Aldo Di Gennaro sulle pagine del Corriere dei Piccoli, non fumetti e nemmeno del tutto illustrazioni propriamente dette, ma una via di mezzo che consiste in quadretti vagamente simili a fotogrammi che accompagnano il testo sottostante.

Il primo dei due romanzi ridotti, opera di Renée Reggiani accolta da un grande successo all’epoca della sua uscita, risulta purtroppo assai poco amalgamato con i disegni. Ignoro come fosse il testo di partenza e immagino che sicuramente sia stato operato qualche taglio, però i brani sembrano essere stati riproposti tali e quali senza prestare attenzione alle necessità del disegnatore, che ha dovuto operare una scelta tra il materiale molto denso che costituisce ognuna delle didascalie finendo per dare risalto a elementi che un lettore potrebbe non collegare direttamente al testo. Dall’introduzione di Giovanni Nahmias intuiamo che questa versione venne fatta dalla stessa Reggiani, che comprensibilmente non avrà voluto decurtare o modificare troppo il suo romanzo. Le illustrazioni sono comunque stupende, realizzate con una stratificazione di tecniche diverse tra cui anche il collage, ma dimostrano indirettamente quanto Di Gennaro fosse poco portato per il fumetto, con i personaggi che cambiano volto di immagine in immagine e senza mai la volontà o la capacità di caratterizzarli.

Letta oggi la storia risulta inevitabilmente datata, anche se fornisce la testimonianza di un periodo storico molto importante per l’Italia (uscì nel 1962, all’inizio del boom che creò correnti migratorie da sud a nord). La protagonista Agata La Rosa vive ad Agrigento in un contesto di arretratezza che le impedisce di proseguire gli studi come vorrebbe, inoltre fa presto conoscenza con la violenza e la sopraffazione, che si manifestano con le malefatte di quanti sfoggiano una piuma gialla, segno di riconoscimento di una proto-mafia. Giunta a Torino con la famiglia dovrà scontrarsi con i pregiudizi verso i meridionali e con un mondo così diverso e freddo rispetto alla natia Sicilia, finendo per partecipare involontariamente a un inverosimile traffico di diamanti in Costa Azzurra!

Sospesa tra cronaca, dramma e rari sprazzi umoristici (ma forse le vicende cittadine della capra Ciccuzza in origine volevano essere drammatiche), la storia viene presentata con un ritmo sincopato un po’ spiazzante che non ne agevola la lettura, con personaggi che scompaiono e ricompaiono come niente fosse e repentini cambi d’ambientazione, ma probabilmente la pubblicazione settimanale su rivista non fece pesare la cosa.

Diverso il discorso per Piccole donne, frutto di una riduzione a opera di Franca Basaglia. Stavolta mi sembra che ci sia stata una maggiore cura nell’organizzazione del testo, o forse a Di Gennaro vennero date istruzioni più precise su cosa disegnare, sta di fatto che le immagini si sposano più armoniosamente con la parte scritta che illustrano (ma tecnicamente le accompagnano, illustrano ben poco). Se, come ricordato nell’introduzione di Giovanni Nahmias, Di Gennaro ritiene Il treno del Sole il suo capolavoro, Piccole donne è però più leggibile, più diretto, più comunicativo. Il polpettone della Alcott è stato evidentemente scorporato nelle parti più importanti e organizzato in modo tale che ognuna diventasse un capitolo da pubblicarsi settimanalmente. Ogni giudizio su questa storia indirizzata a un pubblico infantile è superfluo anche perché la storia è arcinota, comunque mi viene sempre da ridere quando, come in un romanzo di Dostoevskij, leggo di “poveri” che hanno la servitù (in questo caso una cuoca di colore).

Dopo aver letto entrambe le riduzioni, ed essermi accorto di quanto fossero poco funzionali da leggere (davvero i lettori del Corriere dei Piccoli gradivano queste proposte? Non sarebbero state meglio delle versioni illustrate più canoniche o dei fumetti veri e propri?), le ho “rilette” godendomi solo i disegni e devo dire che funzionano meglio così. Il treno del Sole, per i motivi che ho ricordato sopra, permette addirittura al lettore di farsi una sua storia personale con gli elementi che vede disegnati – splendidamente disegnati.

In appendice un brevissimo ma gustoso ritratto di Di Gennaro a opera di Alfredo Castelli e una selezione di meravigliosi esempi della sua arte. La qualità di stampa è ottima ed essendo Lo Scarabeo partito dagli originali si possono cogliere quei particolari che nell’edizione originale erano sfuggiti e godere del bianco e nero laddove Il Corriere dei Piccoli usò una colorazione apocrifa – e anche piuttosto piatta a giudicare dalle immagini riprodotte nell’introduzione.

venerdì 2 dicembre 2022

I fumetti nei musei volume 2: Neri e Scheggia in Galleria

Sì, arrivo tardi, ma non so nemmeno se questa collana fosse stata distribuita nelle fumetterie e comunque non me la ricordo sull’Anteprima. Dove mi servo di solito ne avevano un po’ di esemplari tra cui questo di Tuono Pettinato.

L’iniziativa nasce per avvicinare giovani e giovanissimi ai musei italiani, affidando a un fumettista diverso (ma vedo che Maicol & Mirco ne ha fatti due) uno specifico museo dove ambientare delle storie. In questo fascicolo lo studente ben poco volenteroso Neri si rifugia alla Galleria dell’Accademia di Firenze per ripararsi dalla pioggia in una delle occasioni (molte, intuiamo) in cui ha marinato scuola. Qui lo spirito dello Scheggia, il fratello meno conosciuto del Masaccio, gli fa da cicerone tra alcune delle opere ospitate nella Galleria: c’è l’arcinoto David di Michelangelo, intristito proprio a causa della sua stessa fama, ma Tuono Pettinato dimostra di aver apprezzato particolarmente la collezione degli strumenti musicali dei Medici. E così, volente o nolente, Neri ha finito per imparare qualcosa!

Oltre che sul bianco e il nero le tavole sono basate sui tre colori primari su uno sfondo beige. Anche se a livello grafico credo che Tuono Pettinato abbia realizzato di meglio, la storia non tradisce le aspettative e si rivela divertente e originale. A integrare il fumetto ci sono le biografie e un commento dell’autore oltre che la sintetica presentazione dell’Accademia e di quattro delle opere. Roba da buttarsi a capofitto a comprare anche altri volumetti della collana, giusto? Macché: è vero che la confezione è assai raffinata (sovraccoperta in acetato stampato, bandelle enormi per permettere ai giovani lettori di creare la loro copertina e il loro fumetto, addirittura i punti metallici della spillatura sono gialli per intonarsi col resto!) ma il costo è di ben 7,70 euro. E le pagine sono in totale 20, di cui solo 16 di fumetto. Visto che lo scopo della collana era precipuamente divulgativo un prezzo più basso sarebbe stato più utile alla diffusione dei volumi, anche se in fumetteria mi hanno detto che parte del ricavato va direttamente ai musei.

Ma non si sa mai: può darsi che se in fumetteria qualche volta non arrivino novità finirò per cedere e comprare qualche altro numero, così per sicurezza metto il nome della collana nelle Etichette.

mercoledì 30 novembre 2022

Io faccio fumetti per raccontare storie

Quella del titolo è la giustificazione con cui molti fumettisti spiegano perché hanno intrapreso la loro professione (o il loro hobby, a seconda dei casi). Poi si scopre che le loro opere parlano di fumettisti che non trovano l’ispirazione. Purtroppo questa formula è assai abusata e, oltre ad avere un retrogusto amaro di insuccesso (molti dicono che avrebbero raccontato storie col cinema o con altri mezzi, sottintendendo l’inferiorità del fumetto), non corrisponde alla verità. Senza scomodare Roland Barthes, una “storia” deve essere fiction narrativa. Molti fumetti contemporanei non sono fiction o non sono narrativi, o non sono contemporaneamente entrambe le cose. Non ricordo chi era il regista che diceva che il dramma del cinema è che bisogna raccontare una storia. Descrivere cosa si è mangiato a colazione non è una storia. E persino Juillard dovette infilare un morto nel suo introspettivo Le Cahier Bleu proprio per esigenze narrative, per creare una storia degna di questo nome.

Adesso va molto l’autobiografismo, il documentario, il reportage, il tranche de vie ma le storie propriamente dette sono difficili da trovare – tranne ovviamente nel fumetto prettamente seriale. È come se il fumetto avesse intrapreso una parabola inversa rispetto a quella della bicicletta, che una volta veniva usata principalmente come mezzo di trasporto, aveva cioè una sua funzione specifica, e adesso è diventata una cosa da godere di per sé. Così il fumetto non deve più divertire, raccontare, costruire un immaginario e non è più un mezzo sufficiente a se stesso, ma deve per forza fungere da testimonianza o da resoconto o da reportage o da memoir. Purtroppo ho constatato che anche in Francia e Belgio si è instaurata questa tendenza. Sfogliando i numeri di CaseMate che ho letto finora mi sembra di averne avuto drammatica conferma. E l’hanno avuta anche altri lettori, visto che quest’estate nella pagina della posta è nata una polemica sulla desolazione del panorama fumettistico francofono, con un’offerta che ha sacrificato la qualità alla quantità, con 6000 uscite annue (ma Dionnet nel numero 162 ne cita ben 8000) contro le 500 dei bei tempi andati in cui usciva ancora fumetto di qualità con delle vere storie e dei disegni curati – da notare che gli esempi portati di fumetto di qualità “di una volta” sono tutti italiani, nella fattispecie Manara.

CaseMate contempla anche rubriche, recensioni e interviste non legate necessariamente a volumi in uscita, ma il pezzo forte sono le interviste ad autori di cui presto uscirà un volume, accompagnate da quattro (o più raramente due o tre) tavole esemplificative del lavoro. Gli autori o i personaggi più affermati si meritano un dossier più lungo all’interno mentre la rivista dedica le prime e le ultime pagine ad argomenti che a volte non riguardano propriamente dei fumetti, come libri d’illustrazione e l’analisi di un quadro da parte di un fumettista. In particolare, le prime pagine possono spaziare molto tra omaggi ad autori deceduti, illustratori e curiosità varie.

Per dare un’idea visiva di come sono spartite le quote tra “storie” e biografie/reportage/graphic journalism evidenzierò in arancione le prime e in viola le seconde, sempre che Blogger non faccia le bizze. Chiaramente sono consapevole che molti racconti di fantasia partono da fatti realmente accaduti o  sono basati su personaggi storici più o meno famosi, ma a volte è intuitivo capire dove pende l’ago della bilancia tra i due.

Ecco il menu del numero 155 di marzo: dopo un tributo a Jean-Claude Mézières scomparso da poco, si comincia con Élyzée di Boudjellal e Durpaire, un albo di fantapolitica in cui si immagina che le presidenziali francesi (pare sia passato un secolo!) siano state vinte da Zemmour. Tavole costituite da fotografie elaborate digitalmente e dialoghi presi di peso da discorsi di vari politici: lo spunto di base sarà fantasioso, la forma ricorda dannatamente un reportage.

Ancora peggio con Erdogan, Le Nouveau Sultan di Anwar e Dündar, biopic del presidente-poeta (!) della Turchia. E si continua con Ils Sont Partout, reportage sul mondo dei complottisti anche se visto con sguardo umoristico – autori Igounet, Schwartzmann e Navarro.

Si tira il fiato apparentemente con la Montellier che ci presenta Sorcières, mes soeurs, ma si tratta di una raccolta di storie brevi d’antan rielaborate per il 2022 (i personaggi portano la mascherina anti-Covid). Yann e Hugault presentano poi il settimo volume di Angel Wings. Documentatissimo e con comparsate di personaggi realmente esistenti, ma di certo l’elemento drammatico/avventuroso ha il sopravvento su quello documentaristico: bene, quindi, finalmente l’avventura. Che palle, però, sempre aviatori nelle storie di Yann.

Anche Le Tendre rielabora temi preesistenti, nel suo caso la mitologia greca, ma lo fa nella sua personalissima maniera. Pygmalion et la Vierge d’ivoire disegnato da Peynet si prende qualche libertà sul mito e come al solito ci mette dell’umorismo. Non che ami molto Le Tendre, ma parrebbe una boccata d’aria considerato il resto. Ben più accattivante è Ce que nous sommes di Zep (sì, quello di Titeuf) che mette in scena una società futura in cui tutti sono connessi a livello mentale, ma un ragazzo ha un incidente e si ritrova “vergine” cerebralmente. Interessante.

Il dossier centrale è dedicato alla nuova uscita di Bilal, il terzo volume di Bug e in teoria si dovrebbe stappare lo champagne. In teoria. Lo stesso autore lamenta il disastroso crollo delle vendite dei suoi ultimi volumi, che dalle 200/250.000 copie precedenti si sono piazzati sulle 60/80.000, a causa del suo approccio moderno al mezzo che a quanto ho capito è un’occasione per lui di fare dei commenti politici e di parlare dell’attualità con lo schermo della fantascienza. Non molte storie neanche qui, insomma.

E men che meno in Silence Radio, 36 mois pour me relever d’un AVC di Perret, Bétacourt e Cadène, che è la versione a fumetti della testimonianza della riabilitazione di un conduttore radiofonico colpito da ictus. Con L’Enfer pour aube finalmente si intravede il desiderio di costruire dei personaggi e delle ambientazioni originali: Pelaez scrive di un serial killer nella Parigi del 1903, con fatti che rimontano alla Comune di 30 anni prima. Non che Tiburce Oger, il disegnatore, mi faccia impazzire, ma almeno qui c’è una storia e i disegni non sono certo fatti al risparmio.

E per finire in bellezza il nuovo episodio di Jérôme K. Jérôme Bloche, pubblicato quest’estate da Skorpio. L’ambizione di creare una storia viene giustificata dal fatto che si tratta di una serie classica.

Numero 156 di aprile: L’Ours de Ceausescu di Henry e Ducoudray. Documentario, documentario, fortissimamente documentario. Sui disegni stendo un velo pietoso.

Pigalle, 1950 di Christin e Arroyo, un noir ambientato in un periodo che il creatore di Valerian ama molto, ma (a giudicare dalle tavole presentate) con un’impostazione poco franco-belga (anche solo 3 vignette per tavola!) e un disegnatore forse non adattissimo al realistico. E Arroyo disegna pure il nuovo Buck Danny… boh.

Fritz Lang le Maudit di Delalande si spiega subito sin dal titolo: è il biopic del regista, misto  a qualche scena dei suoi film. Molto ricchi e curati i disegni. Almeno quello.

Damien, l’empreinte du vent di Vincent e Gérard Janichon è il reportage di un episodio piuttosto famoso in Francia, quando nel 1969 i due protagonisti fecero una traversata del mondo da nord a sud. Reportage, quindi, e oltretutto disegnato in maniera che ho trovato poco adatta al soggetto.

L’Or des Belges è (vivaddio!) finalmente avventuroso: durante la Seconda Guerra Mondiale un gruppo eterogeneo va alla ricerca di 200 tonnellate di oro che avrebbe dovuto andare in Belgio e invece pare sia a Dakar. Basato su fatti storici, mette comunque in scena il classico dell’avventura: la ricerca di un tesoro. I testi sono opera di Guillaume e Boisserie, peccato che il disegnatore Stéphane Brangier abbia adottato uno stile a volte quasi cartoonesco.

Dossier centrale dedicato a Maroni, Les Gens de fleuve, un volume collettivo (come se ne pubblicano regolarmente in Francia) dedicato alle testimonianze dei fumettisti che parteciparono a un progetto artistico in Amazzonia tra Guyana e Brasile.

Primo volume di Cosaques di Burgeas con disegni di Toulhaut e Guillo. Avventura, finalmente, anche se non mi ha stuzzicato molto.

Partitions Irlandoises primo di tre volumi (di Bailly e Kris), storia d’amore che si sviluppa nel tempo con le vicende dell’Irlanda del Nord. Disegni poco convincenti.

Celle qui parle di Alicia Jaraba, biopic della Malinche che aiutò Cortés.

Numero 157di maggio: viene presentato un fotoromanzo (!) a cui ha collaborato il fumettista Fabcaro. A quanto pare il genere ha goduto di un certo ritorno d’interesse in Francia come testimonia anche un altro (Gaston en Normandie) che viene usato come documentario.

Plastic Tac Tic Tac di Terreur Graphique e Capucine Dupuy, vignette-inchiesta sul riciclo della plastica.

Le Storyboard de Wim Wenders, resoconto dell’esperienza di storyboarder dell’autore Stéphane Lemardalé.

Klaus Barbie, La Route du Rat di Bauer e Brrémaud, testimonianza dei processi a Klaus Barbie, figura che da quanto ho capito è stato per Lione un po’ quello che Kriepke fu per le Fosse Ardeatine (Barbie torna anche in altri fumetti recensiti o segnalati su CaseMate). Disegni inevitabilmente accademici visto che alcuni sono tratti proprio dalle versioni che fece all’epoca il disegnatore nelle aule di tribunale durante il processo.

Secondo e conclusivo volume di Aquarica, finalmente un po’ di avventura e fantascienza. La serie era stata cominciata da Benoit Sokal ma le ultime tavole sono state realizzate dal suo amico François Schuiten dopo la sua morte.

Le Petit Frère, volume autobiografico di Tripp (quello che ha lavorato su Emporio con Loisel) che verte attorno alla morte del fratello investito da un’auto. Da quel che leggo Tripp si era già dato all’autobiografismo raccontando i suoi exploit erotici giovanili.

T’Zée di Appollo e Brüno, versione panafricana della Fedra di Racine. Accidenti, questo sembra proprio interessante, ma davvero in Francia (no, dico, in Francia) accettano dei disegni del genere?

Dossier centrale dedicato alla saga familiare dei Winczlav. Nella lunga intervista Van Hamme ammette di dubitare che col panorama odierno i suoi fumetti avrebbero avuto lo stesso successo se fossero usciti oggi nel formato classico franco-belga. En passant, Berthet sarà veramente così bravo? Boh.

Djemnah, Les Ombres corses di Réglat-Vizzanova e Donadille sembra una bella storia di scoperta, sebbene non avventurosa, con delle piacevoli tavole acquerellate.

Tant que nous sommes vivants di Frédéric Bihel è tratto da un romanzo di Anne-Laure Bondoux ed è una specie di fantasy sociale.

Sermilik, Là ou naissent les glaces di Simon Hureau è un resoconto della vita in Groenlandia. Trovo i disegni un po’ cartooneschi assolutamente fuori luogo per la storia.

Numero 158 di giugno: volume di Lapinot che parodizza Asterix in modo splatter (Trondheim, ovviamente). Questo sembra proprio interessante! All’epoca dell’intervista/presentazione le Edizioni Albert René non si erano ancora pronunciate sulla possibilità di una causa legale.

Carnets de Campagne, volume collettivo in cui sei autori umoristici hanno seguito altrettanti candidati alle Presidenziali francesi.

Secondo volume di L’Aventure géopolitique, realizzato da uno youtuber di successo (Mister Geopolitix) insieme a Ludovic Danjou e Adrien Martin. Il pezzo è intitolato «Tintin chez les narcos» ma c’è ben poco di avventuroso in questo fumetto che è più un reportage.

Feuilles Volantes di Alexandre Clérisse è un fumetto metanarrativo su un fumettista che disegna la vita di un altro che disegna la vita di un terzo che a sua volta disegna la vita del primo. Ovviamente uno è la proiezione dell’autore stesso. Un po’ di autobiografismo c’è’, insomma, anzi più di un po’.

Sprague di Rodolphe e Olivier Roman è un bel fumetto avventuroso/fantascientifico che però mi sembra piuttosto derivativo, poco originale. Magari sbaglio.

Automne, en baie de Somme di Pelaez e Chabert è finalmente un giallo, ambientato durante la Belle Epoque.

Les Mémoires du dragon Dragon è il primo episodio di una serie di Juncker e Spruyt. Storico/umoristico con un segno un po’ alla Blain. Nulla che susciti il mio interesse ma qui sicuramente una storia c’è.

Dossier centrale dedicato al prequel di La Quête de l’oiseau du temps, da cui si evince che lavorare con Loisel deve essere un bell’inferno.

Primo volume di Les Couers de Ferraille di Munuera e i BeKa: steampunk dai risvolti sociali con dei robot all’alba del XX secolo che aiutano le famiglie degli Stati Uniti del Sud.

Primo volume di Céleste di Chloé Cruchaudet, biopic della domestica di Marcel Proust. Disegni (in cui il computer imita gli acquerelli) per nulla convincenti.

L’Ange du Prolétariat di Ruiz e Nikolavitch è il biopic di Gagarin. Disegni scarni e glaciali.

Numero 159 di luglio/agosto: L’Affaire Markovic di Manu Cassier e Jean-Yves Le Naour, ricostruzione di uno scandalo sessuale che coinvolse il politico francese del titolo e persino Alain Delon. Disegni un po’ umoristici, comunque bruttini.

Le Serpent à deux tétes di Gani Jakupi, ricostruzione della vita dell’evaso William Buckley (realmente esistito) che visse per 32 anni in una tribù di aborigeni.

Primo episodio (di tre) di Slava di Pierre-Henry Gomont, storia di fantasia ma con le radici ben piantate nella realtà e nella dissoluzione dell’Unione Sovietica. Disegni tipici di chi passa dalle vignette umoristiche sui giornali al fumetto vero e proprio. Non mi convincono, ma se ai francesi va bene così… (vedi Cabu, Bretécher, Reiser, Lauzier e compagnia)

L’Impudence des Chiens di Dumontheuil e Ducoudray, una storia che ruota attorno al rito del Congrés con cui un marito che potesse copulare in pubblico veniva interdetto dalla possibilità di ripudiare un’amante. Disegni fin troppo ricchi e dettagliati per il tono umoristico – e per questo lodevoli.

L’Écluse di Pelaez e Aris (apparso da poco su Lanciostory). Sembrerebbe (finalmente!) una bella storia gialla, con delle morti misteriose in un paesino della Francia. Ma i disegni caricaturali sono tremendi, assolutamente inadatti a un noir.

Le Serpent et le Coyote di Matz e Xavier: finalmente una bella storia avventurosa, un road movie (beh, road BéDé) su un testimone (nel senso di quelli del progetto di protezione testimoni) che vaga per gli Stati Uniti negli anni ’70. Solo che gli autori si sono dovuti piegare alle esigenze onnivore di oggi e ne hanno fatto un volumone di 140 pagine, quello che invece Van Hamme preferì evitare di fare per la saga dei Winczlav, che esce nei canonici tre volumi.

Dossier dedicato all’evento del fumetto franco-belga del 2022: la morte (!) di Spirou, a opera di Schwartz, Guerrive e Abitan.

Journal inquiet d’Istanbul, prima parte (di tre) di un memoir dell’autore Ersin Karabulut.

La vie me fait peur, riduzione a fumetti (di Didier Tronchet) del romanzo premio Goncourt omonimo di Jean-Paul Dubois. Pare che un po’ d’azione ci sia…

Merry Men di Chanouga narra parte della vita di Robert Stevenson, destinato a diventare guardiano di fari ma poi scrittore contro la volontà paterna. Biopic, sì, e molto scritto, ma che belle tavole.

Numero 160 di agosto/settembre: La Synagogue, memorie giovanili di Joann Sfar.

Vergès – Une nuit avec le diable di Guillaume Martinez e Jean-Charles Chapuzet, ricostruzione della vita di un personaggio piuttosto discusso in Francia, l’avvocato Jacques Vergès che difese personaggi molto scomodi come il succitato Klaus Barbie e fu sospettato tra le altre cose di essere antisemita.

La Ferme de Montaquoy, Qui court la campagne trouve le chemin del redivivo (vent’anni che non faceva fumetti, e a giudicare da quello che ho letto su Pilot non se ne sentiva la mancanza) Regis Franc. Si tratta della ricostruzione della vita dei personaggi e del villaggio che ruotano attorno all’azienda agricola ereditata dalla moglie dell’autore. Più vignette che fumetto, mi pare, comunque molto meglio dei succitati fumetti visti su Pilot.

Burne Out e Dernier week-end de janvier di Bastien Vivès, rispettivamente una BD-cul e una storia esistenzialista con protagonista un fumettista di mezza età. Questo secondo fumetto è stato annunciato in italiano per Bao.

A Short Story, La Véritable Histoire du Dahlia noir di Run e Florent Maudoux, ricostruzione (documentatissima, a quanto leggo) del caso di cronaca statunitense che ha ispirato film e romanzi. C’è tanto computer nei disegni di Maudoux, però sono molto suggestivi.

Là où naissent les histoires, ultimo episodio di Valérian et Laureline, dal taglio piuttosto metanarrativo o meglio metaforico. Ultimo episodio lo sarà davvero perché Christin è prossimo alla cecità e con Mézières si era opposto a seguiti apocrifi come quello recentissimo di Gaston (poi bloccato, pare) che ha infiammato gli animi in Francia e Belgio. I disegni di questo volume, però, sono già opera di Virginie Augustine visto il decesso di Mézières. Christin non è contrario a versioni “vu par” dei suoi eroi, che infatti ci sono già state.

Le Premier Dumas #1/3, Le Dragon noir di Salva Rubio e Rubén del Rincòn, biopic del padre (meticcio) dell’Alexandre Dumas romanziere. Grande ricostruzione storica (accompagnata però da un disegno un po’ caricaturale) ma anche tanta avventura, parrebbe.

Il dossier centrale è dedicato all’ultimo volume di Corto Maltese e leggendolo mi ero pentito di averlo ordinato. Per fortuna non si è rivelato male.

Quentin par Tarantino di Amazing Améziane, che com’è intuibile è un omaggio alla vita e all’opera del regista.

Aya de Yopougon 7 di Oubrerie e Abouet, nuovo capitolo dopo anni d’attesa di una saga che in Francia ha avuto un grande successo.

Tuskegee Ghost di Dauger e von Eckartsberg, primo volume di una serie che parla dei piloti di colore dell’esercito statunitense messi da parte dopo la Seconda Guerra Mondiale, e più in generale del razzismo negli Stati Uniti. I disegni di Dauger sono glaciali.

Numero 161 di ottobre: Kiss the Sky #1/2, Jimi Hendrix 1942-1970, prima parte di un biopic sul cantante realizzato da Mezzo e Jean-Michel Dupont.

Quartier Réservè di Jean-Marc Pontier, inchiesta sulla vita in un quartiere a luci rosse di Marsiglia. I disegni sono qualcosa di immondo, roba da rimpiangere Scozzari e Panebarco.

Une farouche libertè, Gisèle Halimi, la cause des femmes di Sandrine Revel, Annick Cojean e Sophie Couturier, biopic di un’avvocatessa piuttosto celebre in Francia.

Toutankhamon, l’odyssée d’Howard Carter di Marcel e Mallet, come intuibile volume dedicato alla scoperta della mummia e alle successive analisi, ma con inserti storici. Disegni molto (anzi interamente) digitali ma molto spettacolari.

Sabbath Grand Derby, sesto e ultimo volume della saga Zombillénium di Arthur de Pins. Finalmente un soggetto originale dopo quattro non-storie.

L’Arche de Rantanplan, il decimo volume di Lucky Luke “d’apres Morris” a opera di Achdé e Jul. Secondo me Achdé disegna molto meglio di Morris.

Le Bébé des Buttes-Chaumont, decimo e ultimo volume di Adèle Blanc-Sec. «Ultimo» nel senso di conclusivo, anche perché Tardi si esprime in maniera molto veemente contro la ripresa di un personaggio da parte di altri autori. I testi sono deliranti, i disegni sempre peggio.

Il dossier è dedicato all’ultimo episodio di Mattéo che dovrebbe uscire anche in Italia tra un po’. Dall’intervista a Gibrat sembra che il tono sarà piuttosto diverso rispetto ai precedenti…

Celle qui fit le bonheur des insects è una favola orientaleggiante scritta da Zidrou e disegnata e colorata molto bene da Paul Salomone. In realtà nel numero successivo un lettore spiegherà che qualcosa del genere (lo sterminio di tutti gli uccelli di una nazione) avvenne in Cina.

Hoka Hey 1 di Neyef, western dalla parte degli indiani con dei disegni forse un po’ troppo caricaturali.

La Chambre des merveilles è la riduzione a fumetti del romanzo omonimo (scritto da Julien Sandrel) a opera di Pelaez e Delpeche. Non si tratta certo di una storia d’azione, ma il soggetto è sicuramente originale.

In questo numero le “storie” sotto i riflettori sono decisamente più numerose dei reportage/biografie, ma col numero successivo si inverte la rotta.

Numero 162 di novembre: Tsar par accident, Mythes et mensonges de Vladimir Poutine di Brian “Box” Brown e Andrew S. Weiss, come intuibile un’indagine sul presidente della Russia. Disegni inqualificabili. Come appendice all’intervista a Weiss c’è un’ulteriore breve intervista a Darryl Cunnigham sul suo Poutine, l’ascension d’un dictateur, altro biopic che almeno da quel poco che si vede è disegnato meglio. Ma ci voleva veramente pochissimo.

Refuge(s) di Laurent Lefeuvre, inchiesta sui migranti. Dalle immagini d’accompagnamento non sembra un fumetto vero e proprio, ma la sostanza non cambia.

Saison brune 2.0, (Nos empreintes digitales) di Philippe Squarzoni è un’indagine sul mondo solo apparentemente virtuale dei social, di internet e dei “GAFAM” (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) che in realtà ha delle ripercussioni piuttosto pesanti sull’ambiente. Mi sembra che le poche parti narrative servano solo a scopo esemplificativo delle tesi dell’autore.

Attachements di Alice Bienassis è la cronaca della sua esperienza (e non solo della sua) con il bondage, mentre Emmanuel Lapage rievoca in Cache-cache bâton la sua infanzia trascorsa in una sorta di comune vicino a Rennes. Come nel caso della maggior parte degli altri volumi presentati, anche questo è monumentale (300 pagine!) ma almeno è disegnato bene.

Apparentemente una “storia” fa capolino con il primo volume del dittico 1629 ou l’Effroyante Histoire des naufrages du Jakarta di Dorison e Montaigne, ma si tratta della ricostruzione di un fatto storico (documentatissima, vedi il dettaglio sulle esigenze fisiologiche in alto mare).

Storie propriamente dette si trovano finalmente in Indians !, l’Ombre noire de l’homme blanc, un volume collettivo dedicato ai rapporti tra bianchi e nativi americani nel corso di cinque secoli. Al timone c’è Tiburce Oger, tra i disegnatori spiccano nomi eccellenti come Blanc-Dumont, Derib, Christian Rossi, Corentin Rouge, Lauffray e Meynet ma ho notato che anche disegnatori a me sconosciuti come Emmanuel Bazil e Paul Gastine hanno fatto un lavoro ottimo.

Dossier dedicato all’arzillo settantasettenne François Bourgeon e al nono e ultimo volume di Les Passengers du vent, in cui pare che l’autore stesso farà una comparsata.

Si torna al reportage con Pays noir di Sergio Salma sulla tragedia mineraria di Marcinelle. L’autore aveva già dedicato un altro fumetto all’evento, ma dice che questo sarà meno romanzato e più documentaristico. Andiamo bene.

Saint-Just è un volume della collana Ils ont fait l’Histoire per cui Noël Simsolo si è avvalso della collaborazione dello storico Jean Tulard. Difficile dire se il taglio sarà più biografico o avventuroso. Belli i disegni di Michael Malatini.

Per finire, Catherine Meurisse presenta Humaine, trop humaine cioè una raccolta delle sue storielle umoristiche in due pagine che pubblica su una rivista di filosofia.

Oltre a un volume di BéDé classica, a una raccolta umoristica e a due volumi storici/avventurosi l’unica fiction è quindi una raccolta di storie brevi.

Spero che sia chiaro il senso di questo pezzo, ovvero mettere in guardia dai pericoli del cicloturismo.