mercoledì 26 aprile 2023

Damian Draque: Non avrai altro male

Il protagonista eponimo è contemporaneamente una rockstar, il figlio di Satana e un collaboratore delle forze del bene.

La prima parte di questo fumetto si occupa di presentare Damian Draque e il suo mondo illustrandone la depravazione, con scene di sesso esplicito e violenza efferata – ci sono anche lunghi siparietti con Satana/Keith Richards. Ma fortunatamente Non avrai altro male non è solo una storia introduttiva e presenta un “caso” per il protagonista, la cui carriera da musicista (se tale si può definire chi pratica l’heavy metal) è d’altra parte in bilico a causa dei suoi colpi di testa, ulteriormente incrementati dopo l’incontro con una diavolessa che voleva ucciderlo e ne è stata sottomessa. Una setta di satanisti che venerano i Grandi Antichi di lovecraftiana memoria, il Triangolo Nero, va fermata e per questo viene ingaggiato dalla “Divisione Hex” con cui capiamo che ha già avuto contatti in passato. E così, per toccare la quota di 48 pagine che permette la raccolta in un volume “alla francese” si conclude assai frettolosamente questo primo episodio con la prevedibile e sanguinosissima sconfitta della setta e un nuovo personaggio in scena che dovrebbe ricomparire nei prossimi episodi, se ce ne saranno.

Mario Uccella riesce a mettere un bel po’ di carne sul fuoco nonostante la struttura delle tavole sia organizzata al massimo su tre strisce e abbondino le splash page. Ci sono anche divagazioni su John Dee e sul passato di Damian Draque. La necessità di introdurre il protagonista e al contempo di fornire al lettore una trama conclusa viene soddisfatta, anche se come detto il finale è molto affrettato. Credo che il fumetto sia puntellato di riferimenti al rock che non sono riuscito a cogliere, tranne quelli ai Rolling Stones. Ben più appaganti e piacevoli sono i tocchi di umorismo che affiorano qua e là nei dialoghi.

I disegni purtroppo non sono molto adatti alla storia, partendo da una base realistica ma concedendosi molte semplificazioni. Una vicenda così carnale e fisica avrebbe necessitato di maggior rigore anatomico. Ovviamente si potrebbe parlare di scelta stilistica, ma la stilizzazione più o meno pesante che caratterizza il fumetto (alcune delle ultime vignette sembrano abbozzate in fretta e furia) fa pensare più all’inesperienza del disegnatore piuttosto che a una sua precisa volontà. D’altro canto 48 tavole non sono uno scherzo da disegnare, a maggior ragione a fronte delle retribuzioni non principesche che immagino possa garantire una casa editrice come EF Edizioni. Ma d’altra parte è anche vero che, come Jean-Luc Godard scelse (anche se non dichiaratamente) Gerard Depardieu per l’assonanza col nome del protagonisti di Ahimè, Uccella avrà colto l’occasione di far disegnare queste storie blasfeme a uno che all’anagrafe fa Angelo De Innocentiis. Anzi, ripensandoci mi sa che si tratta di uno pseudonimo ideato ad hoc, la combinazione è troppo felice.

Si potrà contestare che il formato A4 sia esagerato per un fumetto che avrebbe reso benissimo nel più modesto 17x24, ma tutto sommato 12 euro per un albo brossurato di queste dimensioni che presenta anche qualche spruzzata di un altro colore (il rosso, ovviamente) non sono una spesa eccesiva.

lunedì 24 aprile 2023

Occhi di Lupo

Il meritevole lavoro di recupero delle opere di Sergio Tisselli da parte di Nicola Pesce Editore continua con un fumetto risalente al 2000, almeno a giudicare dai dati in gerenza. A quanto pare il disegnatore è stato piuttosto prolifico nonostante la grande cura che metteva nella realizzazione dei suoi fumetti e (immagino) la conseguente lentezza.

La sceneggiatura è opera di Giovanni Brizzi, uno storico che in quanto tale inietta nella vicenda una buona dose di rigore documentaristico. La storia comincia nel 277 a. C. quando l’offensiva dei Cartaginesi sta mettendo a dura prova le legioni romane, tanto più che i Boi (barbari che fondarono Bologna) si sono uniti all’invasore. Annibale ha un occhio praticamente compromesso, ma ciò non ne intacca il morale.

In Occhi di Lupo si incrociano due storie principali, anche se non mancano altre sequenze di contorno: ad accompagnare la vicenda di Annibale c’è quella ancora più rilevante di Ducario, un Celta caduto nelle mani dei Liguri che, Uomo chiamato Cavallo ante litteram (anche se lo considerano un cane e non un cavallo), viene adottato dalla tribù dove lo sciamano cercherà di interpretare il suo sogno ricorrente con un lupo e una cerva.

Brizzi scrive in maniera coinvolgente, lasciando molto spazio alle immagini e con un uso accorto dell’infodump che rivela i retroscena tramite i dialoghi senza mai renderli artefatti.

Come scritto nell’introduzione a firma dello stesso Brizzi (che evidentemente risale a qualche anno fa, quando ancora esisteva l’Eura Editoriale e l’unico disegnatore di Murena era il compianto Delaby) il suo proposito era quello di cogliere la possibilità di narrare una storia di fantasia credibile negli «interstizi» di un contesto storico ben documentato (da Polibio e Livio) e dagli esiti, che culmineranno con la battaglia del Trasimeno, già noti. Mi sembra che ci sia riuscito alla perfezione.

Ma ovviamente la parte del leone in questo fumetto la fanno gli splendidi acquerelli di Sergio Tisselli, sul cui fascino è superfluo soffermarsi. Segnalo solo come la svista della benda di Annibale al contrario di pagina 41 si faccia perdonare facilmente perché, come nel caso del famoso burrone di Jean Giraud che in una vignetta di Blueberry era a sinistra e in quella dopo a destra, i disegni sono talmente belli che a stento il lettore se ne accorge. Un’altra graditissima (ri)scoperta.

venerdì 21 aprile 2023

Ricevo e diffondo

 


Play 2023: giocare è una cosa seria. Dal 19 al 21 maggio a Modena torna il Festival del Gioco, per tutti
E' la più importante manifestazione italiana dedicata ai giochi "analogici" - da tavolo, di ruolo, di miniature, dal vivo, di carte, per gli appassionati come per famiglie - il segmento che cresce maggiormente nel mercato dei giocattoli, con un incremento previsto del 13% da qui al 2026 (più alto dei videogiochi). Play - Festival del Gioco coniuga il gioco giocato con la riflessione culturale e ospita enti prestigiosi che hanno scelto il medium ludico per divulgare conoscenza: dall'Istituto Nazionale di Astrofisica a quello di Fisica Nucleare, dall'Istituto di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale fino all'Associazione Italiana di Public History e il Game Science Research Center con un convegno di tre giornate sul rapporto tra gioco e storia. Il festival è una grande ludoteca che si sviluppa su 28mila metri quadrati con oltre 150 espositori e altrettante novità editoriali, 2.500 tavoli di giochi da provare gratuitamente e più di 300 eventi in programma. L'appuntamento con Play è dal 19 al 21 maggio a ModenaFiere, obiettivo: far conoscere a tutti la potenza educativa del gioco
Basta computer, tablet, smartphone: la carta vincente dei giochi da tavolo è la voglia di socialità e svago senza per forza fissare un monitor. In un mondo pieno di schermi i giochi analogici aiutano a cambiare prospettiva: complice la internet fatigue acuita da smart working, appuntamenti online e didattica a distanza, i giochi da tavolo hanno conosciuto un rilancio di fama e diffusione, e il settore dei board game non è mai stato vivace quanto oggi. Il Global Board Games Market Report 2022 valuta per il settore un tasso di crescita pari al + 13 per cento da qui al 2026 (contro il + 11 per cento dei videogiochi).
Anche nel nostro paese il trend è ugualmente positivo, con un mercato che ha un valore stimato di 100 milioni di euro*. Il segreto del successo è nella capacità di innovarsi: solo in Italia ogni anno vengono sfornati ben 800 nuovi titoli, conferma di grande vivacità di un settore al quale la Modena da oltre un decennio dedica l'intero quartiere fieristico, Play - Festival del Gioco (www.play-modena.it), che torna dal 19 al 21 maggio a ModenaFiere: circa 28mila metri quadrati di area coperta in cinque diversi padiglioni, più di 150 espositori, sessanta associazioni coinvolte, una cinquantina di ospiti tra cui star internazionali del gioco da tavolo, 2.500 tavoli pronti per giocare, 7.000 sedie, migliaia di titoli tra grandi classici, ultime novità e anteprime mondiali, incontri e convegni sul ruolo fondamentale del gioco nella nostra vita. 
"Narrazioni incrociate" è il tema di questa edizione: nel 100° anniversario della nascita di Italo Calvino il festival propone una riflessione sul gioco inteso come macchina narrativa, la cui trama viene intessuta collettivamente attraverso le combinazioni delle interazioni individuali, che sono infinite e cambiano continuamente, tra una partita e l'altra.
Organizzato da ModenaFiere in collaborazione con Ludo Labo e il supporto di Club TreEmme, La Tana dei Goblin e altre decine di associazioni ludiche italiane, Play si svolge nel quartiere fieristico della città emiliana: una full immersion con decine di opportunità per divertirsi e stare insieme, scoprire nuove proposte e conoscere quanto il gioco costituisca, prima di tutto, un momento di socialità ed espressione creativa, utile anche per comprendere meglio il mondo che ci circonda, a partire dalla scienza e dalla storia.
Oltre ai gamers, Play ospita chi i giochi li inventa, li realizza e li distribuisce, e anche chi ci lavora costruendo progetti di ricerca innovativi basati sul gioco, negli ambiti disciplinari più vari. A conferma del ruolo fondamentale del gioco nei processi di apprendimento e studio, quest'anno Play conta sulla collaborazione di alcuni dei più importanti enti di ricerca italiani che saranno presenti con le loro proposte: l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l'Istituto Nazionale di Fisica Nucelare (INFN) e l'OGS di Trieste, ovvero l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale. In particolare l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) è da sempre impegnato nella progettazione giochi ed esperienze ludiche come strumento di divulgazione o educazione e oggi in INAF è attivo un gruppo di lavoro nazionale che si occupa di apprendimento creativo, tinkering e giochi e che utilizza il gioco come strumento innovativo per veicolare non solo conoscenze e competenze STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) ma anche le pratiche e le metodiche che contraddistinguono la ricerca in astrofisica. 
Giocare con la storia: il primo convegno scientifico in Italia dedicato al tema
A Play non manca una particolare attenzione anche all'area umanistica, con una novità assoluta in Italia: il primo convegno scientifico dedicato al rapporto tra gioco e storia, "Play History 2023", realizzato in collaborazione con l'Associazione Italiana di Public History (AIPH), il Centro interuniversitario Game Science Research Center e l'Università di Genova. Tre giornate organizzate in maniera tematica che danno voce a esperti di didattica ludica, public historian, game designer e storici: attraverso conferenze, laboratori e giochi si approfondisce l'utilizzo dei giochi come strumenti di divulgazione storica, oltre alla sperimentazione di forme didattiche innovative che prevedono l'insegnamento della storia a partire da giochi di ambientazione storica. Importanti le realtà coinvolte: cinque Università italiane (Torino, Genova, Milano, Modena, Bari), due Centri studi e di ricerca, la rete degli Istituti Storici, numerose associazioni nazionali e persino internazionali come EuroClio, che riunisce a livello europeo insegnanti di storia e ricercatori. Anche i protagonisti del convegno sono figure di primo piano, sia in ambito accademico che del game design: la direzione scientifica è di Renzo Repetti, docente di storia moderna presso l'Università di Genova, tra gli ospiti internazionali c'è Tuomas Pirinen, creatore/game designer Mordheim, il famoso wargame tridimensionale fantasy.
Ma come si spiega questo boom dei giochi da tavolo? "In tempi in cui tutto si fa online i board game offrono uno stimolo in più a incontrarsi di persona, ad aggregarsi; ma soprattutto stimolano la fantasia, la creatività e riducono lo stress e l'impulsività poiché, prima di ogni mossa, è richiesta un'attenta riflessione sulle proprie azioni - spiega Andrea Ligabue, ludologo, game designer e direttore artistico di Play, che sottolinea anche come il gioco da tavolo alleni la competizione buona e, in alcuni casi anche lo spirito di squadra - oltre che lo sviluppo importantissimo di alcune funzionalità cognitive visto che, ad essere letteralmente chiamate in gioco sono skills come memoria, problem-solving, senso critico, ma anche la capacità di dialogo, di ascolto e di comprensione. Non ultimo, nei più piccoli sono un ottimo modo per sviluppare il cosiddetto senso civico, istruendoli al fatto che, nel gioco, così come nel mondo reale, ci sono regole da rispettare, cose che si possono fare ed altre che invece sono vietate. Senza contare che solo con la collaborazione e cooperazione si può realmente giungere al proprio obiettivo, che in questo caso è vincere la partita".
Semplici, veloci, inclusivi: le carte vincenti dei board game, tra classici e novità
Una serie di analisi di base del target dei board games evidenzia che la maggioranza degli acquirenti oggi sono di età compresa tra 25 e 39 anni, quindi la generazione dei Millennials, ovvero i nati tra il 1981 e il 1996.
E nella top ten delle loro preferenze accanto ai classici intramontabili come Risiko (Spin Master), Monopoly e Taboo (di Hasbro), si affiancano i più recenti Dixit, Ticket to Ride, Dobble ed Exploding Kittens (tutti di Asmodee, casa editrice francese); ma popolari sono anche La casa di carta - Escape Game (di MS Edizioni), Coco Rido 2 - la Vendemmia (sempre di Asmodee), Puerto Rico e Disney Villainous (entrambi di Ravensburger), Carcassonne, I coloni di Catan (Giochi Uniti), Bang! (DV Giochi). Ciò che distingue questi giochi più recenti da quelli della generazione dei boomer sono la velocità (le partite non durano più di 30 minuti), la semplicità (le regole sono facili e di immediata comprensione) e l'inclusività (tutti i giocatori proseguono fino alla fine della partita).
Proliferano poi i giochi di ruolo, anche quelli dal vivo: il più iconico rimane Dungeons & Dragons, che ha debuttato negli anni '70 ma ha conosciuto un'impennata di vendite proprio durante la pandemia, con guadagno complessivo cresciuto del 33% nell'ultimo anno.
Tra gli evergreen vanno citati poi i giochi di miniature come Warhammer (prodotto dalla britannica Game Workshop) - e naturalmente i giochi di carte, il cui capostipite è Magic, il primo gioco di carte collezionabili del mondo.
Play - Festival del Gioco è una manifestazione organizzata da ModenaFiere in collaborazione con Ludo Labo, con il supporto di Club Tre Emme e La Tana dei Goblin. Il festival gode del patrocinio del Comune di Modena, Regione Emilia-Romagna, Università di Modena e Reggio Emilia, Azienda USL di Modena. E' sponsorizzato da BPER Banca e Conad. Media partner: Io Gioco, Tom's Hardware Cultura Pop
REGOLE DEL GIOCO:
Dove: Play-Festival del Gioco 2023 si svolge all'interno del quartiere fieristico ModenaFiere in viale Virgilio 70 
Quando: dal 19 al 21 maggio. Orari di apertura: venerdì 19 e sabato 20 maggio dalle 9 alle 20, domenica 21 maggio dalle 9 alle 19.
Biglietti: L'ingresso è gratuito per i bambini fino ai 10 anni compiuti. 
Tutte le info sull'acquisto dei biglietti di ingresso, pacchetti e riduzioni a questo link: https://www.play-modena.it/informazioni/biglietti/ 

mercoledì 19 aprile 2023

Suicide Squad: Caccia a Joker!

Questo volume non è molto accessibile a chi non conosce la cosmogonia DC Comics. Il protagonista principale è Jason Todd, che sarebbe il secondo Robin, cioè quello che venne ammazzato da Joker. I suoi monologhi presentano molteplici riferimenti a storie passate che stordiscono un po’ il lettore occasionale o comunque gli fanno capire che c’è tutto un pesante pregresso narrato altrove.

Un pregresso potrebbero avercelo anche i componenti della nuova Suicide Squad che gli vengono affidati da Amanda Waller per andare ad ammazzare nientemeno che Joker, ma forse alcuni sono dei personaggi creati appositamente per questa storia.

Il pagliaccio del crimine è in combutta con dei criminali russi e, citando una celebre sequenza di Arancia Meccanica, riduce in fin di vita la Waller e le sottrae il meccanismo con cui può uccidere a distanza i componenti di questa nuova incarnazione della Suicide Squad: così il vice della Waller deve prendere una decisione drastica sul destino del gruppo di antieroi, che diventa quello di essere inseguito da un’altra Suicide Squad mentre fuggono insieme a Joker.

Il soggetto paga lo scotto di essere inserito all’interno di una narrazione seriale, o che comunque a quella narrazione fa riferimento: lo scopo dichiarato della task force è uccidere Joker, ma qualsiasi lettore sa che si tratta di una meta irraggiungibile, visto il ruolo che il ridicolo supercriminale riveste nell’economia delle serie di Batman e di tutto il DC Universe. Sarebbe stato molto più appassionante se a dover essere eliminato fosse stato un personaggio meno importante o del tutto inedito, così che il lettore potesse rimanere col dubbio se la missione sarebbe stata portata a termine oppure no. Certo, così però la presenza del personaggio-feticcio della DC moderna, cioè Harley Quinn (che si esibisce anche in una lap-dance), sarebbe stata più difficile da giustificare…

La storia non è solo una serie di scontri tra cattivi più o meno potenziati o una parata di trovate bizzarre (che pure ci sono) ma ci sono anche quei momenti “introspettivi” che dovrebbero dare a un fumetto di supereroi una patina più adulta o seria. Per fortuna, però, Brian Azzarello paga a modo suo questa gabella al genere, sfoderando del cinico umorismo anche in quei frangenti.

Per essere un fumetto di supereroi è abbastanza spinto, con scene molto violente e dialoghi taglienti ed espliciti, oltre all’uso di droghe. I disegni di Maleev sono molto buoni, con una base realistica impeccabile e soluzioni grafiche e registiche che arricchiscono le sue tavole senza essere dei semplici esercizi di stile.

Ma non tutte le ciambelle riescono col buco. La storia crolla sul finale con una conclusione lasciata all’interpretazione del lettore (o forse a un’ulteriore miniserie?), che oltretutto è di una banalità vergognosa – primissimo modello che mi è venuto in mente, ma ce ne sono molti altri: il Jesuit Joe di Pratt. E anche l’accenno alla “talpa” che avrebbe dovuto esserci all’interno della Suicide Squad, cosa che avrebbe potuto avvincere il lettore, non viene minimamente seguito – o se gli viene dato seguito io non l’ho colto.

Non dico che sia proprio un’occasione mancata, però resta un bel po’ di amaro in bocca, anche considerando l’immeritata veste deluxe con cui l’ha proposta la Panini.

lunedì 17 aprile 2023

Lou! 2: Il Cimitero degli Autobus

Nessuna novità in fumetteria, quindi si è aggiunto un nuovo membro al club del Tutto a 3 euro.

Lou! è una serie che in Francia ha fatto sfracelli (ne hanno anche tratto un cartone animato) e che ovviamente in Italia è roba da carbonari o poco più.

La protagonista è un’adolescente che in questo volume, che raccoglie due episodi originali, arriva al traguardo dei 14 anni. La prima parte è molto frammentaria e dispersiva, con alcune sequenze che sembrano le gag da una pagina tipiche della BéDé umoristica. Il filo conduttore è costituito dalle situazioni tipiche che si trova ad affrontare una ragazzina: la scuola nuova, le prime cotte, il rapporto coi genitori, le vecchie amicizie gelose delle nuove. Esiste un pregresso molto consistente riassunto nel risvolto-gioco dell’oca che apre il volume, ma in sostanza il primo episodio procede per accumulo inanellando scenette e gag fino all’apoteosi in cui Lou si smarrisce nelle macerie del palazzo di fronte dove risiedeva l’amato Tristan, dando ufficialmente inizio alla sua pubertà. L’imbeccata sull’incontro fortuito con il padre biologico di Lou non ha seguito e probabilmente sarà materia per altri episodi futuri.

La seconda parte è molto più riuscita e coinvolgente e vede il gruppo di quattro compagne andare in vacanza al mare nelle lussuosissima villa della dark Marie-Amelie. Su suo impulso si dedicheranno alla caccia al maschio e tornerà in scena la cotta infantile di Lou, Tristan, che lei osservava ammirata da casa sua prima che abbattessero il suo palazzo. Questa parte è resa molto appassionante dal montaggio che alterna come dei controcanti le scene che vedono protagoniste le quattro ragazze, il quartetto dei ragazzi di Tristan e la madre di Lou che è in giro a promuovere il suo romanzo di fantascienza insieme al nuovo compagno. Fino al finale con la celebrazione del compleanno di Lou che comprende la scena esilarante della rivelazione dell’identità del misterioso filarino di Karine. Le rarissime “one pager” a gag sono appannaggio del gatto di Lou che l’ha accompagnata in villeggiatura.

Lou! è una serie jeunesse di cui ovviamente non sono il target di riferimento, ma è comunque godibile da più fasce di pubblico. Non credo che possa essere definita interamente umoristica perché molti elementi trasmettono una sensazione di lieve inquietudine, quasi di malinconico disagio: non tanto i “drammi” adolescenziali quanto il fatto che Lou vada dalla psicanalista e soprattutto che il ritratto che viene fatto degli adulti è desolante, divisi tra frustrazioni e inettitudine. In particolare, la madre di Lou è una bambinona immatura che pensa quasi solo ai videogiochi e al suo nuovo appassionato amore, trascurando la figlia. Ciò offre il destro all’autore per creare delle situazioni divertenti, che lasciano però un retrogusto un po’ amaro.

Il tratto di Julien Neel è molto semplice e stilizzato: la faccia della madre di Lou è praticamente costituita da quattro cerchi e solo occasionalmente da un trattino per il naso o la bocca. Neel è un ottimo fumettista: sa gestire gli spazi delle tavole, il ritmo delle vignette, i vuoti, le ripetizioni di alcuni elementi, inoltre è molto bravo a far recitare i personaggi. Purtroppo tanta grazia non è del tutto godibile a causa della scelta di non marcare nettamente con un canonico tratto nero i contorni delle figure, rendendole un po’ evanescenti – scelta stilistica che mi sembra piuttosto comune nelle nuove generazioni che lavorano in digitale. Soprattutto, la non rara sovrabbondanza di vignette e la cura per i dettagli rendono impossibile godersi questo volume senza l’ausilio di una lente d’ingrandimento, anche perché l’autore ogni tanto inserisce delle minuscole dediche nelle sue tavole. Il formato adottato da ReNoir non è certo piccolo, ma credo che i volumi originali fossero un po’ più grandi per permettere di godere appieno del lavoro di Neel.

Dopo questa gradevole scoperta mi verrebbe voglia di continuare a seguire le avventure di Lou, ma purtroppo ho notato che in Italia non ha evidentemente riscosso il successo sperato visto che la ReNoir ne ha fermato la pubblicazione a questo secondo volume che risale ancora al 2012, probabile motivo per cui è finito nel purgatorio del Tutto a 3 euro. Peccato.

venerdì 14 aprile 2023

Dhakajaar Volume 1: Antico Sangue

Questo volume cartonato in formato comic book non presenta solo un fumetto ma anche un gioco di ruolo completo, ovviamente ambientato nello stesso universo del fumetto. Considerato che costa 17 euro e che regolamento e ambientazione del gioco (comprensivi delle schede dei personaggi) constano di 60 pagine, già così sarebbe un buon affare.

Il mondo in cui è ambientato Dhakajaar è un continente barbarico appena uscito da una guerra che ne ha mutato gli assetti politici e sociali, con delle sottorazze umane che adesso sono sottomesse ad altre. Il nobile Arshal viaggia insieme al suo schiavo Raogh quando un assalto di pirati li costringea ripiegare sulla terraferma dove insieme ad altri sopravvissuti incontreranno la volitiva Margat e la salveranno dalla attenzioni di alcuni predoni che hanno fatto strage di un villaggio. Raogh, appartenente a un’etnia che usa decorarsi la schiena, scopre di avere dei poteri taumaturgici mentre Arshal viene fatto prigioniero da una banda di mercenari/cultisti, i Mastini, che ne fanno uno di loro. Nonostante la sovrabbondanza di scontri, agguati, combattimenti e la fisiologica necessità di introdurre l’ambientazione, nelle 80 pagine del fumetto succedono insomma un bel po’ di cose (tra cui il ritrovamento dei resti di un Dhaka, uno degli antichi draghi piumati ritenuti solo leggenda da alcuni). Il tutto però serve anche da antipasto di quello che seguirà. Da segnalare i buoni disegni e colori di Federica Croci, forse un po’ troppo statuari ma proprio per questo adatti a rappresentare guerrieri nerboruti – non capisco però che senso abbiano tutti quegli effetti luminosi (come lucciole o fiocchi di neve) che sparge nelle sue tavole.

La seconda parte del volume comprende il gioco di ruolo, di cui vengono forniti sia un dettagliato atlante geografico che le regole. Alcuni elementi come la magia sono rimandati a futuri fumetti/supplementi ma già così Dhakajaar è perfettamente giocabile, anche se al momento solo in versione «Cronaca Unica» (non che ci voglia molto per capire come imbastirne una «a capitoli»).

L’approccio è molto introduttivo, Helios Pu (ma il design è di Alessandro Gucciardo e Margherita Bergamaschi) sembra volersi rivolgere ai neofiti: viene infatti introdotto il gioco di ruolo come tale e si ribadiscono molte cose che per giocatori di lungo corso sono scontate. Può darsi che l’idea fosse quella di attirare un pubblico potenziale di lettori generici di comic book per poi offrire il gdr come extra e questo spiegherebbe questa impostazione.

Per giocare a Dhakajaar servono solo quattro dadi di tre colori diversi (quello nero si userà solo più avanti), ma il gioco in sé privilegia la recitazione dei giocatori e la loro interazione piuttosto che l’aspetto ludico. Come ribadito varie volte, non si tratta di classiche esplorazioni di dungeon o di una serie di combattimenti ma della creazione di una storia collettiva in cui il Master ha un ruolo meno direttivo di quanto succede in altri gdr: tante Scene nasceranno infatti dalle reazioni dei personaggi alle situazioni con cui devono confrontarsi, che magari riveleranno qualcosa del loro passato.

Esistono distinzioni tra classi (in cui figura anche la Meretrice) e sottorazze umane, ma ciò non determina nessun impatto “meccanico” sul gioco. Addirittura non esistono nemmeno punteggi numerici come negli altri gdr, ma solo tre Caratteristiche ovvero aree di competenza generiche (Marziale, Sotterfugio e Conoscenza) che servono per determinare la capacità di un singolo personaggio, ma variano solo tra Base o (se il giocatore vuole sacrificarne una in favore di un’altra) Peggiore e Migliore. Ben più importanti sono altri dati come Pregiudizi, Motivazioni, Relazioni, Ricordi e i vari Tratti che possono essere “spesi” per determinare i risultati delle azioni.

Qualsiasi prova (chiamata «Conflitto») viene risolta lanciando un numero variabile di dadi: due per le azioni Base e tre per le altre. Se la Caratteristica pertinente è quella più debole il giocatore dovrà prendere il risultato più basso del dado bianco, se invece è quella più forte sceglierà il risultato migliore. Una volta ottenuto il valore numerico lo si confronta con una tabella sempre uguale secondo cui un risultato inferiore a 7 è sempre un fallimento, un risulto da 7 a 10 è quasi un successo mentre il successo pieno lo si raggiunge a partire da 11. In realtà il risultato dei lanci di dado è fondamentale ma relativo: una volta verificato se si è riusciti o meno si possono invocare alcuni fattori contingenti per aggiungere punti (o addirittura anche sottrarli) e modificare così il risultato. Questi fattori possono essere qualcosa di totalmente estraneo all’azione intrapresa, purché il giocatore riesca a convincere il Master dell’applicabilità del Tratto, delle Relazioni, dei Ricordi, ecc. Anche il supporto di altri personaggi che a loro volta sappiano argomentare il loro intervento può incrementare di 1 il risultato del compagno.

Essendo quasi esclusivamente basato sull’interpretazione e sull’interazione tra i giocatori, anche alcuni fattori come l’equipaggiamento sono determinati dalle descrizioni che si fanno dei personaggi, senza tabelle o regole generiche.

Un ruolo importante rivestono i Segreti che saranno svelati di volta in volta quando il dado rosso avrà ottenuto la giusta serie di “1” e/o “6”, e su cui il Master non ha necessariamente voce in capitolo.

Nonostante l’approccio molto introduttivo non manca qualche elemento che può tornare utile anche a giocatori esperti, come le tabelle per determinare l’aggancio di una scena e che possono servire da spunto per qualsiasi gioco di ruolo. Come in altri gdr più classici anche qui esiste un sistema di Punti Esperienza per sviluppare il proprio personaggio, ma se ho capito bene farlo evolvere in maniera classica (cioè migliorandone le Caratteristiche) richiede almeno cinque partite in cui abbia giocato veramente al massimo delle capacità, essendo 7 il numero massimo di Punti Esperienza che si possono ottenere e servendone 30 per farla passare da Peggiore e Base e da Base a Migliore.

Le illustrazioni in bianco e nero, molto belle, sono opera di Francesco Biagini.

Probabilmente era già previsto dall’investimento da parte di Panini Comics e Need Games, comunque nonostante il formato così diverso rispetto a quelli canonici dei giochi di ruolo Dhakajaar ha già beneficiato di una seconda uscita.

martedì 11 aprile 2023

49 Storie Brevi

Neanche il tempo di ordinarlo che è già arrivato.

Potrebbe sembrare irrispettoso dire che l’ho comprato attirato più dagli aneddoti e dai ricordi di Alfredo Castelli che dai fumetti in sé, ma è lo stesso sceneggiatore nell’introduzione a precisare i limiti di queste storie. Al di là della prima e dell’ultima (e forse de La Stangata, ma le supposizioni di Castelli sarebbero confutate dai testi) si tratta di “fumetti verità” tratti dalla cronaca o dalla Storia o dalla letteratura o addirittura dall’imbeccata dei lettori con scopi didattici ed edificanti per Il Giornalino e giornalistici e informativi per Il Corriere dei Piccoli/Ragazzi. Una manna per gli sceneggiatori dell’epoca, che non dovevano inventarsi soggetti originali né spaccarsi la testa per trovare delle idee valide per sciogliere i nodi di quelle che nei fatti non potevano spesso nemmeno essere definite “storie” vere e proprie, con uno sviluppo e un finale risolutivo – il tutto con l’alibi della divulgazione.

La differenza in termini qualitativi l’avrebbero fatta la maestria dei disegnatori (uno su tutti tra quelli qui antologizzati: Sergio Toppi) e la capacità di affabulatore dello sceneggiatore.

Cionondimeno, sono proprio le due storie a soggetto libero che aprono e chiudono il volume a essermi sembrate meno efficaci: Una Pallottola per Ted è piuttosto banale mentre Kilroy (unica ad essere stata pubblicata sull’effimera testata Supergulp) mi è sembrata un tantinello debitrice di un racconto di guerra di Pratt per la Fleetway – ma potrei confondermi o ricordare male. Ma d’altro canto è lo stesso Castelli ad ammettere i limiti di quelle sceneggiature e a spiegarne i motivi.

I suoi gustosi “dietro le quinte” sono localizzati nella divertente introduzione-bugiardino (da cui apprendiamo che la mole di storie libere fu dovuta alla necessità di comprare un’auto nuova dopo che la sua già provata Fiat 500 si ruppe letteralmente a metà) e nelle introduzioni alle varie annate, che si fanno viepiù rarefatte con il passare degli anni e le minori storie autoconclusive prodotte in favore delle serie lunghe.

La memoria di Castelli è invidiabile, posso capire che l’impatto emotivo di sentirsi dire «dovrei prenderla a schiaffi» dal caporedattore dell’Intrepido sia difficile da dimenticare, ma addirittura cita il nome di chi corresse i volti di un personaggio minore nella storia Il Dono di Natale di Sergio Toppi! Ovviamente gli aneddoti abbondano, alcuni dei quali forse risaputi ma di cui io non ero a conoscenza: non sapevo ad esempio che il Johnny Focus di Micheluzzi transitato su Il Corriere dei Ragazzi era una versione adattata dallo stesso Castelli, di cui sarebbe stata ripristinata la versione originale con il ritorno del personaggio al suo creatore.

Per quel che riguarda i fumetti, per i limiti ricordati sopra sarebbe ingenuo aspettarsi storie originali o anche solo un po’ articolate (alcune si risolvono nell’arco di un paio di tavole) visto che inevitabilmente c’è anche tanta retorica che, a seconda di come tirava il vento in quegli anni, sfocia nell’agiografia o nella stigmatizzazione: emblematiche dei due estremi la storia sulla Legione Straniera e quella su Cassius Clay, da cui il Castelli di oggi prende più o meno nettamente le distanze.

Cionondimeno, ogni tanto affiora qualche storia molto godibile anche oggi da un pubblico adulto: vuoi perché il materiale di partenza era di per sé avvincente (L’Uomo che morì due volte) o divertente (Le cinture non hanno i denti), vuoi perché la resa in formato fumetto consente di gestire efficacemente i colpi di scena (… Questo è un dirottamento!), vuoi perché costituiscono delle ghiotte curiosità (lo “spin off” Nick Carter all’italiana), vuoi perché Alfredo Castelli è ricorso a soluzioni narrative sperimentali come il montaggio alternato di Inardi: una vittoria per una vita.

Il parterre dei disegnatori è impressionante: Giancarlo Alessandrini, Bonvi (che si diverte a inventare firme ibride come «Bontelli e Casonvi»), Franco Caprioli, Giovanni Cianti, Mario Cubbino, Santo D’Amico, Franco Devescovi, Aldo Di Gennaro, Alarico Gattia, Ruggero Giovannini, Attilio Micheluzzi, Paolo Ongaro, Riccardo Paoletti, Ferdinando Tacconi, Sergio Toppi, Sergio Tuis, Mario Uggeri, Sergio Zaniboni e Nevio Zaccara. In quegli anni, probabilmente a fronte delle buone tariffe che corrispondevano le riviste, anche disegnatori che poi sarebbero stati discontinui produssero ottimo materiale. Tra i tanti, Riccardo Paoletti è stato una piacevolissima riscoperta. È stato interessante anche vedere le prime prove di un Alessandrini ancora acerbo che in molti casi (forse a causa di consegne pressanti) non lasciava intravedere il Maestro che sarebbe diventato in futuro.

È ovvio che sarebbe ingiusto pretendere una buona qualità di stampa per un volume che è stato confezionato necessariamente a partire dalle scansioni delle vecchie riviste (a opera di Maurizio Berdondini che ha anche messo un tocco di colore nella storia in bianco e nero Alle balene non piace il rosa) ma perlomeno il grande formato e la carta di ottima qualità usata da Allagalla sopperiscono in qualche modo. Non sono solo i disegnatori che si basano molto sul tratteggio come Gattia o Toppi a risultare penalizzati: ad esempio del Devescovi di La vita illuminata di Egesippo Simon sono riuscito a leggere più o meno chiaramente gli inside joke dei titoli sulle coste dei libri che citano i triestini «patoc» ed «el petesson», ma il tratto di molti altri titoli è troppo impastato per essere leggibile.

A chiudere questo tomo monumentale ci sono le biografie degli autori redatte da Luigi Marcianò (da cui ho finalmente conferma che fu Sergio Tuis a disegnare i primi episodi di Ken & Dan) e ben tre indici divisi a seconda dell’autore, del titolo e del luogo di prima pubblicazione delle storie.

Un volume veramente piacevole, interessante e molto ben confezionato (sì, mi sono accorto che la biografia di Tacconi comincia in quella di Paoletti, ma non mi pare niente di drammatico), che offre alcune letture godibili e soprattutto delle testimonianze di un’epoca e di un modo di fare fumetti dei tempi che furono.

giovedì 6 aprile 2023

Fumettisti d'invenzione! - 182 (181bis)

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

Rispolvero la scorciatoia dei “bis” (l’ultima volta risale a quasi quattro anni fa) per ospitare alcuni fumetti francesi che riguardano fumettisti ma che non ho ancora avuto la possibilità di leggere, almeno non nella loro completezza. Con la possibilità di tornarci sopra successivamente per approfondire, ma intanto decongestiono il file che uso come riferimento.


LES BEAUX ÉTÉS
(UN’ESTATE FA)

Zidrou [Benoît Drousie] (T), Jordi Lafebre (D)

Rievocazione delle vacanze estive della famiglia Faldérault: il padre è un disegnatore di fumetti pressato dalle scadenze, che tra gli altri fumetti disegna Zagór.


DERNIER WEEK-END DE JANVIER
(L’ULTIMO WEEK END DI GENNAIO)

Bastien Vivés

Denis Choupin è un autore di fumetti (ha avuto successo come disegnatore della serie Opération Hitler) che al festival di Angoulême vive una storia amorosa con la moglie di un collezionista.


ABYMES TROISIEME PARTIE

Valérie Mangin (T), Denis Bajram (D)

Abymes è una serie in tre volumi: i primi due, disegnati da Griffo e Loïc Malnati, si occupano rispettivamente dello scrittore Balzac e del regista Henri-Georges Clouzot ritraendoli da punti di vista originali, nel terzo e conclusivo la protagonista è la stessa sceneggiatrice Valérie Mangin che nel 1993, ancora studentessa, scopre i due tomi di cui in futuro sarebbe stata l’autrice.


FRED – LE HANDICAP N’EMPÊCHE PAS LE TALENT !

Christophe Cazenove e Pilau [Pierre-Laurent Daures] (T), Domas [Dominique Malinas] e Yann Madé (D)

Volume-omaggio a Fred Coulaud, deceduto nel 2021, autore che nonostante il suo handicap (soffriva del morbo di Charcot-Marie-Tooth) riuscì a ritagliarsi il suo spazio nell’ambiente del fumetto franco-belga e l’ammirazione di molti autori.


PÈRE FICTIF

Joe Ollman

Fumetto canadese e non francese ma vabbè. Caleb è un pittore di scarso successo con dei trascorsi familiari paradossali: suo padre era il fumettista Jimmi Wyatt, autore di un’opera di enorme successo, Sonny Side Up, che parlava delle vicende idilliache di una famiglia, lavoro a cui si dedicava anima e corpo trascurando il suo vero figlio, che a sua volta è diventato padre e deve fare i conti con il passato.

martedì 4 aprile 2023

Ettore Sottsass jr. e il mistero degli oggetti

Con una formula abusatissima, si può dire che con l’acquisto di questo volume si sia chiuso un cerchio: infatti Massimo Giacon me ne parlò come progetto ancora a una Lucca di oltre 10 anni fa, ma nel corso degli anni non ero mai riuscito a procurarmelo. La provvidenziale riedizione ampliata edita da 24 Ore Cultura e la concomitanza delle celebrazioni di Luigi Spazzapan a Gradisca d’Isonzo mi hanno permesso di ottenerlo dalla mano stessa dell’autore.

Ettore Sottsass jr. e il mistero degli oggetti parte dal ricordo di quando l’autore, ancora giovanissimo, venne contattato dallo studio Sottsass a cui Massimo Josa Ghini aveva fatto vedere il volume Mecanostorie (alcune delle immagini e degli aneddoti non sono una novità per chi ha letto la lunga intervista a Giacon pubblicata sul numero 32 di Fumetti d’Italia, ma vederli “recitati” a fumetti fa ovviamente tutto un altro effetto). La rievocazione della collaborazione di questo spaesato ragazzo di provincia poco più che ventenne che incontrò un vero guru del design italiano si alterna con approfondimenti sulla figura umana e professionale di Sottsass e la rilevanza che ebbe nel panorama italiano e mondiale. Sfilano i progetti più graditi all’autore e in controluce si intravede un mondo pieno di entusiasmo e inventiva com’era quello del made in Italy degli anni ’80. L’aggancio con la frequentazione dell’appartamento/studio torinese di Luigi Spazzapan da parte di Giacon ha provvidenzialmente fornito il suo inserimento nel cartellone della manifestazione. Aneddoti gustosi si alternano all’analisi delle opere di Sottsass: l’ammirazione di Giacon verso il maestro è palpabile e la figura che tratteggia non è solo quella di un genio del design ma anche di un uomo curioso che per tutta la vita cercò stimoli e novità. In appendice vengono ristampati due episodi su quattro (gli altri erano troppo legati al periodo della loro realizzazione) di Fuochi d’Artificio, serie dedicata a Sottsass, trasfigurato in «Achille Compass», che a suo tempo transitò su Tic.

Rispetto alla versione precedente (che come dicevo non ho mai visto, quindi mi baso sulle parole dello stesso Giacon) questo volume presenta un sedicesimo in più con curiosità, studi preparatori e approfondimenti sui lavori di Sottsass a cura di Alessandra Coppa.

domenica 2 aprile 2023

Poe and the Devil

Baltimora, 1849: l’editore di Edgar Allan Poe rinviene in un vicolo l’autore, probabilmente reduce da una colossale sbronza (stando alla testimonianza dell’oste che ne ha segnalato la presenza) e quasi sicuramente vittima di un pestaggio. Lo porta in ospedale, ma le sue condizioni sono critiche: non è nemmeno possibile stabilire cosa lo abbia ridotto così. Nel delirio del coma, Poe viene avvicinato da Satana in persona che si diverte a tormentarlo facendogli vedere alcune delle possibili cause del suo stato e illudendolo che possa evitare l’inferno.

Si sviluppa così un lungo dialogo in cui sfilano alcune delle tappe più drammatiche della vita di Edgar Allan Poe, evidentemente frutto di uno scrupoloso lavoro di documentazione da parte di Ernesto Carbonetti. Il risultato è suggestivo e sul finale presenta anche un discreto colpo di scena.

Le tavole sono realizzate digitalmente, il risultato può apparire ogni tanto freddo ma è sempre funzionale.

Poe and the Devil farà felici i fan dello scrittore che vi ritroveranno molti aneddoti sulla sua vita. Per tutti gli altri lettori sarebbero state indicate delle note o una postfazione, ma a chiudere il volume ci sono delle pagine riservate al catalogo Weird Book, con particolare attenzione a Megarette, cui sono dedicate ben sei pagine su sette.

sabato 1 aprile 2023

The Divided States of Hysteria

Frank Villa è nella merda fino al collo: è un agente della CIA addetto alla sicurezza nazionale (o una cosa così) ma per questioni di basso ventre non è riuscito a sventare un attentato terroristico perpetrato da donne che si sono finte incinte e invece erano farcite di armi di distruzione di massa che hanno devastato New York rilasciando anche elementi radioattivi nell’aria.

La stronzissima Presidentessa degli Stati Uniti gli impone comunque di metterci una pezza e Frank recluta così dal carcere un estremista nero, un truffatore ebreo, un mafioso italiano e una prostituta transessuale, tutti e quattro per nulla restii a (anzi, decisamente felici di) ricorrere all’omicidio per le loro attività. I quattro, presentati nel primo capitolo in cui se ne mostrano le catture, sono in qualche modo collegati (anche se magari a loro insaputa) con le varie associazioni terroristiche che hanno rivendicato l’attentato. I vertici di queste si godono intanto la vita a Jakarta, perché per loro gioia e sorpresa non hanno più bisogno di intervenire ulteriormente negli States, visto che dopo la distruzione di New York gli americani hanno dato sfogo a secoli di odi ancestrali e si stanno massacrando l’un l’altro in tutti gli Stati! Ma in realtà i “cattivi” stanno pianificando qualcosa di altrettanto pesante per gli Stati Uniti…

The Divided States of Hysteria è un fumetto grottesco e sopra le righe, una satira feroce della società statunitense che attacca sia la sua paranoia nei confronti del resto del mondo che l’ipocrisia di quanti vorrebbero che contrasti secolari non covassero ancora sotto la cenere. Melting pot un cazzo, insomma. Purtroppo la mia cultura in merito non è sufficiente per poter contestare quello che Chaykin dice della Guerra di Secessione e delle sue cause e addentellati, ma non faccio fatica a credergli.

Com’è nello stile dell’autore, la trama si sviluppa seguendo più linee narrative sovrapposte, e visto che oggi i mezzi informatici lo permettono, Chaykin ha pure arricchito le tavole di commenti in sovraimpressione e di schermate di social network. A differenza di altri suoi lavori come Century West la storia si legge però con maggiore facilità, sia perché i dialoghi sono assai taglienti e molte scene gustose, sia perché essendo un lavoro dichiaratamente grottesco i personaggi sono disegnati in maniera quasi caricaturale e per una volta si riescono a distinguere l’uno dall’altro. Più o meno: qualche dubbio l’ha avuto pure il colorista Wil Quintana che in alcuni campi lunghi ha confuso le etnie di alcuni personaggi (e noi con lui), coi loro mascelloni e le braccine sproporzionate. Inoltre, ma forse è solo una mia impressione, mi pare che Chaykin abbia fatto ricorso ad alcuni stereotipi dei fumetti di supereroi (ma più in generale d’avventura) come il reclutamento del cast, il conflitto iniziale tra i protagonisti, ecc. e la lettura procede spedita anche per questo.

Chiarito che in ogni caso non si tratta di un capolavoro, è in definitiva un buon fumetto? Diciamo che avrebbe potuto esserlo (anche ottimo, chissà) se non fosse che ormai Chaykin ha perso tutta la voglia di disegnare, o forse si è semplicemente adagiato sulla sua fama per giustificare la scansione delle matite fatte in fretta e furia e il massiccio lavoro digitale per cercare di coprire le magagne. Il finale è poi piuttosto affrettato e, dannazione, in realtà conclude solo questo primo arco di sei episodi.