giovedì 30 novembre 2023

Legends of the Dark Knight 12

Memore di alcuni acquisti delle Leggende di Batman della compianta Planeta DeAgostini ho voluto vedere com’erano queste “Legends” di tre autori britannici – il concept della collana era di focalizzarsi sulle avventure che Batman avrebbe vissuto a inizio carriera, se ben ricordo.

Apre le danze una storia in due parti di Warren Ellis, Infetto. Batman incappa per caso nella scena di un massacro perpetrato da quelli che si riveleranno essere due militari usati come cavie per un virus che li trasforma in armi biologiche da guerra. La cosa si complica quando quello sopravvissuto rischia di spargere il virus in giro. Storia banalotta, non del tutto salvata dalla sottotrama del sergente stronzo e dai dialoghi brillanti di Ellis. Per quanto si impegni (ma praticamente solo nel primo dei due episodi), John McCrea è sempre John McCrea: ridicolo e sproporzionato, non si possono prendere sul serio i suoi scarabocchi e questo toglie pathos a una vicenda che avrebbe dovuto invece essere bella drammatica se non addirittura horror.

Garth Ennis scrive una storia in tre parti che si apre come un poliziesco, con Batman che incontra due detective privati dalla mano assai pesante, mentre a Gotham la criminalità è all’erta per una questione di droga. Tra divertenti sequenze violente e battute sarcastiche Lo Sballo promette assai bene, ma poi entra in scena un villain strafatto che sembra essere messo lì solo per far ostentare a Ennis la sua proverbiale vena provocatoria, con Batman sotto LSD e truculenze varie – in realtà il primo aspetto è stato probabilmente molto ridimensionato rispetto alle intenzioni originali. Will Simpson è certamente lodevole per la cura che mette nelle sue tavole: conosce l’anatomia e non lesina certo sui dettagli. Solo che a volte gli viene fuori una bocca storta, o un occhio non è esattamente dove dovrebbe essere, o un profilo non è proprio corretto, o una postura è decisamente innaturale… a quel punto, i difetti dell’intelaiatura di base risaltano di più proprio a causa della sua scrupolosa inchiostrazione.

La storia di Millar vede un Batman furioso cercare tra la fauna di criminali chi ha rubato una cosa preziosissima per Bruce Wayne, mentre una banda di giovani criminali imita il Joker e un’altra si ispira ai pezzi degli scacchi e deruba i riccastri di Gotham. Dialoghi anche abbastanza simpatici, ma è una storia natalizia e alla fine si scade inevitabilmente nel patetico. Non male, comunque, anche se probabilmente avrebbe meritato di essere sviluppata su più numeri invece che su uno solo: così le buone idee che ci sono finiscono per essere un po’ sprecate, e la storia è troppo frenetica (ma sempre meglio così che allungare il brodo). Sorprendenti i disegni di Steve Yeowell, che io ricordavo terribilmente scarno e legnoso. Alla fine niente di eccezionale, ma si vede che l’intervento alle chine del veterano Dick Giordano ha dato buoni frutti.

Nel complesso, quindi, nessuna storia è memorabile ma nemmeno troppo deludente – a parte quella di Ellis e McCrea.

martedì 28 novembre 2023

Foreste di morte

Seguito di Occhi di lupo (leggendo l’introduzione che riassume la storia mi è venuto un colpo pensando di aver preso un doppione), avrebbe dovuto servire da ponte per un terzo capitolo che non vide mai la luce.

Ducario è presente ma sullo sfondo: i veri protagonisti sono una legione di soldati romani che decidono infine di penetrare in una foresta sacra dei Boi, per provocarli e spingerli a rivelarsi in battaglia.

La vicenda si mostra sin da subito inquietante, con il benvenuto di corvacci di malaugurio e soprattutto con il rinvenimento dei resti di uomini e cavalli fatti a pezzi e deturpati da una forza che non sembra umana. A mano a mano che Postumio Albino e i suoi uomini si avventurano sempre più in profondità (si fa per dire: la foresta è un labirinto in cui anche la guida celta perde l’orientamento) montano l’inquietudine e la paranoia, con avvistamenti di mostri e ombre sfuggenti, fino all’inevitabile finale tramandato dalla Storia: il fumetto è basato sulla battaglia di Silva Litana, realmente avvenuta.

A supportare Brizzi alla sceneggiatura stavolta c’è un altro Giovanni: Marchi, che firma insieme a lui anche l’introduzione. I due sono stati bravissimi a trasmettere l’atmosfera inquietante della foresta e al contempo a fornire il quadro complessivo della situazione dell’epoca (sia sul fronte gallico che romano) senza risultare pedanti. Ma la parte del leone la fanno come sempre i disegni e soprattutto i colori del compianto Sergio Tisselli, la cui perizia nell’evocare la luce e la nebbia e nel disegnare ogni singola foglia e ramo della foresta è encomiabile come i salti mortali che forse dovette fare a suo tempo (l’albo uscì per la prima volta nel 2006, e non so se Tisselli usasse il computer) per trovare la maniera giusta di raffigurare la pioggia battente nelle tavole già così cariche di colore e dettagli.

La cura è quella consueta a cui ci ha abituato Nicola Pesce Editore (pur se la nota a pagina 19 è un florilegio di refusi) e di certo 16,90 euro sono un buon prezzo per un albo cartonato a colori di 64 pagine. Ma a causa delle tinte livide che inevitabilmente sono state scelte per rendere la maggior parte delle sequenze, qui più altrove ci sarebbe stata bene la carta patinata.

lunedì 27 novembre 2023

Collana Reprint 216: Gil 1

Quando alle medie ci fecero vedere il film Il Cavaliere Elettrico rimasi un po’ deluso. Non era un film di fantascienza e men che meno un fantasy, ma un misto di dramma, commedia ed ecologismo su un “cowboy” contemporaneo che cercava di salvare sé stesso e il suo cavallo dallo show business. Ma appunto rimasi deluso solo un po’, perché il film non era niente male e ancora oggi a distanza di decenni ne ricordo alcune parti. A quanto pare, non era un caso isolato ma parte di un filone minore del cinema hollywoodiano, in cui Gianni Bono nell’introduzione di questo albo inserisce a forza persino Un uomo da marciapiede, che di “western contemporaneo” aveva solo il cappellaccio indossato, e neanche sempre, da Jon Voight!

Può darsi che Ennio Missaglia si fosse ispirato a questo sottogenere per confezionare le storie del protagonista che è un po’ Tex e un po’ Ken Parker alle prese con le insidie della metropoli tentacolare. Gil Moran è un reduce del Vietnam; figlio di un allevatore fallito, percorre gli Stati Uniti col suo cavallo privo di nome e dalla grande pazienza vista la frequenza con cui lo “parcheggia” nei posti più insoliti.

Il primo episodio eponimo si dilunga inevitabilmente a presentare il protagonista e la sua filosofia, innescando però nel contempo quella catena di eventi che costituiranno l’ossatura della trama. In cerca di uno di quei lavori occasionali che gli permettono di campare da vagabondo, Gil finisce per essere coinvolto in un omicidio involontario di cui crede che la polizia potrebbe accusarlo. Il padre straricco del vero colpevole e lo stesso rampollo si mettono quindi sulle sue tracce, il primo con l’intento pacifico di verificare se effettivamente possa riconoscere e accusare il figlio. Tra gli inevitabili stereotipi (Gil picchia come Tex, tutti ce l’hanno con lui, la divisione tra buoni e cattivi è spesso nettissima – questi ultimi apostrofati anche come «ciccioni», cosa che oggi solleverebbe un putiferio) la storia presenta una vaga originalità e un’ambientazione che immagino insolita per i Bonelli anni ’80, ma manca di mordente e non si capisce neanche bene in che direzione voglia andare. Non male comunque il finale dal tono molto più leggero.

Vladimiro Missaglia sfoggia un ruspante stile popolare in cui non lesina sui tratteggi e le pennellate. In alcuni punti mi ha ricordato Franco Bignotti.

Il secondo episodio, I “Cani” della notte, è molto più riuscito. L’azione si sposta dalla cittadina di Jerome (esisterà veramente?) a Phoenix, dove scopriamo che Gil ha sia un amico sfasciacarrozze che una frequentazione femminile. Questo serve sicuramente a inquadrare meglio il personaggio, ma il punto forte dell’episodio è un altro: Gil e il suo amico assistono involontariamente a uno scontro tra bande di motociclisti per impossessarsi di un camion con della refurtiva preziosissima (di cui non verrà svelata la natura). Dietro i “Cani Arrabbiati” ci sono due gangster locali e Gil dovrà anche proteggere la sua amica. Il ritmo è travolgente e la storia si legge tutta d’un fiato, oltretutto è anche ben costruita e alla fine a salvare Gil saranno quei poliziotti che tanto disprezza.

I disegni di Ivo Pavone sono molto migliori rispetto a quello che mi sarei aspettato ricordando le sue ultime apparizioni su Lanciostory e Skorpio. Sullo stesso solco di Vladimiro Missaglia, ha un tratto più incisivo e le sue tavole sono più ricche.

Gil fu un insuccesso e, come ricordato da Gianni Bono, durò solo 11 numeri. Aveva una certa originalità e magari si volle azzardare qualche strizzatina d’occhio cameratesca ai lettori più reazionari disgustati dai Kiss e dalle altre mode musicali che però già all’epoca, nel 1982, erano sorpassate (ma davvero nelle discoteche mettevano Ted Nugent?!), ma erano gli spietati anni pre-Dylan Dog e persino Sergio Bonelli doveva chiudere i rami improduttivi con la crisi che si profilava.

Oggi alcune situazioni stereotipate e il linguaggio desueto possono far sorridere, ma un po’ del fascino del fumetto risiede anche in questo.

La qualità di stampa è perfetta. I due numeri originali ci stanno giusti giusti nella foliazione di 192 pagine quindi non c’è spazio per redazionali, ma in seconda di copertina c’è la presentazione della serie a cura di Gianni Bono e in terza di copertina la riproduzione delle copertine originali a opera di Vincenzo Monti.

A proposito di copertine, veramente molto bella quella di Michele Benevento che reinterpreta la prima di Monti.

domenica 26 novembre 2023

Frankenstein: Nel nome del padre

La collana dedicata ai classici dell’orrore assume una fisionomia più definita e infatti in questo secondo volume ne viene fornita una presentazione complessiva (il primo volume dedicato a Dracula a quanto ne so rimarrà l’unico, al massimo integrato da qualche pagina per concludere la storia all’interno di quella che sarà la foliazione standard di un centinaio di pagine).

Stavolta mi sembra che il gioco di Marco Cannavò non sia più quello di reinterpretare il testo di partenza avanzando delle considerazioni illuminanti sull’epoca della sua realizzazione e quindi sulla temperie culturale del periodo, quanto quello di prestare maggiore fedeltà possibile al testo. Che però non ho letto e quindi non so quanto questa mia impressione sia corretta – il ricco saggio finale di Marco Grasso lascia comunque intendere che abbia introdotto qualche elemento esterno, come la mummia di Ruysch (che esiste veramente ma forse non c’era nel libro della Shelley).

Victor Frankenstein è dedito alla scienza quanto all’esoterismo e unendo i saperi di Paracelso e Galvani riesce a donare la vita a un costrutto formato da tre cadaveri di criminali. Oltre che di dubbia provenienza, il materiale di partenza è di ancor più dubbia moralità: il fatto che il cervello del novello Prometeo sia quello di un assassino ossessionato dall’attrice Karolina Niuber (che uccise) fa di lui un soggetto alquanto pericoloso. Ma le amorevoli cure di Elizabeth, fidanzata di Frankenstein opportunamente istruita da lui in tal senso, ne fanno se non un vero damerino comunque una personcina rispettabile. Se non fosse per il suo aspetto che allontana i suoi simili e provoca sdegno e derisione nei professori a cui viene mostrato come risultato degli esperimenti del “mad doctor”.

Un certo peso viene dato al background di Frankenstein, rampollo viziato e monomaniaco di un ricco banchiere che dispone delle strumentazioni dell’università a suo piacimento e non esita a ricattare il rettore pur di raggiungere i suoi scopi – ignoro se le inclinazioni sessuali alla base del ricatto fossero o meno presenti nel testo originale. Non escludo che proprio l’interpretazione psicanalitica del romanzo sia quella privilegiata da Cannavò, con Victor che si costruisce un “figlio” per dimostrare al padre di essere in grado di allevarlo meglio di come ha fatto con lui, che è venuto fuori alquanto stronzo. Ma forse mi sono solo lasciato trasportare dal titolo.

La storia si svolge nell’arco di oltre vent’anni, tra flashforward e arditi salti temporali, con la cronaca degli incontri più rilevanti tra lo scienziato e la sua creatura. La fedeltà al romanzo, sempre che effettivamente ci sia stata (ripeto che non l’ho letto), offre delle sorprese al lettore abituato alle versioni cinematografiche che ne hanno adattato e tradito l’essenza: qui il mostro è una creatura sensibile e anche molto agile e scaltra, inoltre il finale presenta una sorpresa inaspettata che mi guardo bene dal rivelare.

I disegni di Corrado Roi sono al solito fantastici, l’unico appunto che gli si può muovere è la scelta (se di scelta consapevole si è trattato) di non far invecchiare Victor Frankenstein nonostante tutti gli anni passati dall’inizio degli esperimenti fino all’epilogo nell’Europa del nord.

In appendice è presente un ricco approfondimento a cura di Marco Grasso, che abbracciando sia la storia del romanzo che dei suoi adattamenti si concede delle considerazioni sociologiche forse eccessivamente accalorate.

Il formato non è quello classico dei libri de Lo Scarabeo, cioè un quadrotto di grandi dimensioni, ma un più canonico 24x32. La stampa è ottima, e infatti nella prima vignetta di pagina 31 si vedono ancora le tracce delle matite di un quadro alla parete che Roi non ha inchiostrato, ma che farà regolarmente capolino nelle pagine successive.

giovedì 23 novembre 2023

Orge Barbariche Vol. 3

Ritornato in possesso del mezzo a quattro ruote e raggiunta la fumetteria, mi aspettavo di trovarci il volume fuori collana di Blake e Mortimer, invece ho trovato questo. Considerato quello che ho potuto vedere della prova di Floc’h, probabilmente nel cambio ci ho guadagnato.

Questo terzo volume di Orge Barbariche riprende le vicende dell’apprendista maga Yasmine, di Sir Corwyn e del suo scudiero Gilles e delle due mercenarie Shaya e Lais. Son passati quattro anni dall’uscita del volume precedente ma non serve andare a rileggerselo per cogliere la volontà di Erich Hartmann di creare un universo con una sua parvenza di continuity, con tanto di rimandi a episodi precedenti. Ciò dà un piacevole senso di familiarità coi personaggi.

Siamo arrivati a un totale di 17 episodi (questo volume ne raccoglie cinque più lunghi invece dei canonici sei) ma l’autore riesce sempre a inventarsi delle situazioni originali e a trovare dei topoi fantasy da perculare – pur con una parodia di Biancaneve. Essendo un fumetto pornografico c’è ovviamente molto sesso, ma quello che lo rende memorabile sono le battute divertenti, una certa originalità e dei riferimenti a classici del genere che non diventano mai ostentazione o pacchianata nerd. E ovviamente ci sono i meravigliosi disegni e colori di Hartmann.

Peccato solo che la traduzione non sia proprio perfetta: ad esempio “piece of cake” è una forma idiomatica per dire che un compito è facile (come quello di Sir Corwyn nel secondo episodio), non vuol dire letteralmente una fetta di torta…

martedì 21 novembre 2023

Blacksad 7: E poi non resta niente - seconda parte

Alla fine non sono riuscito a recensirlo prima di Lucca, anche se comunque l’avevo letto per tempo. E ho riletto pure il volume precedente per evitare di perdermi qualcosa. Mi sembrava che la storia fosse un po’ complessa, e c’erano parecchi personaggi in gioco. Niente di tutto questo, alla fine.

Blacksad conclude la sua indagine e alla fine tutti i tasselli del mosaico (che era in bella vista sin dal primo episodio) vanno al loro posto con un meccanismo anche troppo perfetto. Nessuna pista falsa, nessun colpo di scena, nessun voltafaccia. Al massimo, un personaggio che si rivela meno innocente di quello che sembrava inizialmente e un “infiltrato” che deve aver procurato dei bei grattacapi a Guarnido per trovare la soluzione grafica migliore per fargli cambiare specie (e infatti non c’è riuscito del tutto).

Ma l’elemento investigativo o avventuroso non era quello che si era prefissato di seguire Díaz Canales, che evidentemente ha preferito privilegiare la psicologia e la personalità dei personaggi, descrivere un’epoca di grandi slanci che però nascondeva dei tarli (gli anni ’60) e confezionare qualche sequenza visivamente memorabile: vedi le sequenze sul ponte monumentale e le varie splash page.

Non posso dire di essere deluso, ma dopo aver riscontrato nella lettura dell’integrale una parabola qualitativa ascendente mi sarei aspettato qualcosa di più articolato, soprattutto in una storia divisa in due parti. E in ogni caso restano gli splendidi disegni di Guarnido.

domenica 19 novembre 2023

Ultimate Invasion 1: Il Ritorno

Torna di scena l’universo Ultimate, che poi magari era sempre ancora presente nel multiverso Marvel e io non lo sapevo. Il Reed Richards cattivo di quel mondo (il “Creatore”) riesce a liberarsi e grazie al corredo genetico identico a quello “ufficiale” riesce a procurarsi un sacco di oggetti tra il mistico, il mutante e l’ultratecnologico con cui mettere in pratica un misterioso piano, lasciando però deliberatamente delle tracce ai supereroi (a quelli che compongono gli Illuminati attuali, credo) per farsi trovare e ingaggiare la solita battaglia fatta da splash page a fermo-immagine. Morale della favola: fedele al suo nome, il Creatore vuole crearsi un mondo su misura, o forse ricreare quello da cui proviene, ma togliendo i poteri ai supereroi; infatti nell’epilogo assistiamo a un suo intervento che impedisce a Peter Parker di diventare l’Uomo Ragno.

44 pagine di fumetto (manco tutte a fumetti) per quello che è solo un lungo prologo. Non che abbia letto molto di Jonathan Hickman, comunque in generale l’impressione che mi hanno dato i suoi fumetti è stata quella di un piano molto complesso e articolato di cui però mi sfuggiva sempre qualcosa. Questa Ultimate Invasion mi pare invece sin troppo lineare, inoltre ci sono riferimenti alla continuity più o meno recente che mi risultano nuovi e un po’ spiazzanti (Pantera Nera comanda un gruppo di pantere bianche… i coniugi Richards hanno un figlio grande… Reed Richards ha qualche problema col governo… il Creatore e Miles Morales sarebbero gli unici sopravvissuti di una catastrofe che ha eliminato l’universo Ultimate…)

Il grande Bryan Hitch è sempre migliore della maggior parte dei suoi colleghi statunitensi, però qui non mi sembra affatto al top, con anatomie non proprio precisissime (le mani, dannazione…) e l’intensificarsi di quel fenomeno per cui i volti e le posture sembrano copiati e incollati da altri suoi lavori. E non credo che la colpa sia da imputare all’inchiostratore Andrew Currie.

sabato 18 novembre 2023

I motivi di un insuccesso?

Grazie ai recuperi fortunati di Lucca ho finalmente messo le mani sui due numeri di Asso di Picche di Ivaldi del 1969. Ancora oggi una testata deve attendere almeno un paio di mesi per capire se è stata un flop, quindi sicuramente ci sono stati dei motivi contingenti per il naufragio del progetto (mi pare che Ivaldi lamentasse un trattamento sfavorevole da parte della distribuzione) ma forse il guazzabuglio che fu il secondo numero può aver allontanato alcuni lettori, o forse fu una testimonianza della difficoltà con i licenziatari: addirittura il sommario presenta dei fumetti che non ci sono, sostituiti da altri che l’editoriale si premura frettolosamente di presentare.

Nel primo numero aveva esordito Sherlock Time, iniziava un episodio di Randall e c’erano delle tavole umoristiche (pubblicate a casaccio ma amen). Nel secondo transitano solo Ernie Pike (con un episodio bellissimo, peraltro), L’Asso di Picche (interessante dal punto di vista dell’archeologia fumettistica ma non per la qualità di testi e disegni ancora acerbi) e Precinto 56 (ma la storia non si conclude!). Il resto delle 64 pagine della testata è occupato da un Robin Hood che comincia in medias res a firma George Summer (cioè Giorgio Bellavitis), così a occhio debitore di Hal Foster e con un lettering a volte difficile da leggere, e dalle 24 tavole di Lo Spettro e Rich Rooney, una storia anche simpatica (pur se Mario Leone sembrava inventarsi il copione di tavola in tavola, come comunque facevano tanti altri) ma con un disegno che tra gli epigoni di Milton Caniff si pone tra quelli meno riusciti. Tutto materiale ripescato dai vecchi Albi Uragano e quindi con una sua logica all’interno di una rivista intitolata all’Asso di Picche, ma se visto negli anni ’60 dubito che avrebbe garantito la sopravvivenza della testata (pur se a determinarne la chiusura prematura furono sicuramente altri motivi).

venerdì 17 novembre 2023

Il Tempo della Spada - Fastplay

Fascicolo di 16 pagine che introduce il nuovo gioco di ruolo di Acheron Games, casa editrice assai attiva che tra le altre cose pubblica Lex Arcana e Brancalonia.

Il Tempo della Spada è ambientato nei tre secoli che vanno dallo Scisma d’Oriente alla fine dell’epidemia di peste nera. Apparentemente viene posta grande attenzione alla ricostruzione dell’epoca ma degli elementi caratteristici non viene anticipato molto; da queste poche pagine non ho capito se i riferimenti al sovrannaturale siano da interpretarsi come semplici superstizioni (così si lascerebbe intendere) o se nel gioco completo ci saranno anche mostri, fantasmi, ecc. D’altro canto più che sull’ambientazione in sé questo Fastplay si concentra sulle regole.

Le meccaniche di gioco non sono nulla di rivoluzionario (e dopo quasi cinquant’anni di vita del settore sarebbe difficile che lo fossero): i personaggi sono rappresentati da 6 Caratteristiche, 4 Risorse e l’eventuale adesione a uno o più Valori. Purtroppo la scheda del personaggio si trova in un’avventura introduttiva scaricabile solo tramite QR Code e non avendovi accesso col mio cellulare antidiluviano non ho potuto avere sott’occhi l’esempio concreto – né viene spiegato come effettivamente si crea un personaggio, forse in previsione di fare solo avventure one-shot con personaggi pregenerati.

La risoluzione delle azioni viene determinata dalla quantità di Successi che un personaggio ottiene, una dinamica che può essere influenzata da fattori sia ludici che interpretativi. Il Tempo della Spada non vuole essere un gioco rigido con il controllo assoluto da parte del Master (qui Magister), ma viene concesso e incentivato l’intervento dei giocatori nello sviluppo delle trame. Un tocco di originalità è il fatto che i Successi vengono determinati con un 1 sul lancio del dado (rigorosamente d6) mentre negli altri giochi di ruolo un punteggio alto è solitamente quello che determina il successo o una performance migliore.

Si sentiva davvero il bisogno di un altro gioco di ruolo ambientato nel Medioevo? Fermo restando che ovviamente questo è solo un assaggio delle regole complessive, e quindi potrebbero non mancare sorprese, il perno attorno al quale lo hanno sviluppato Errico Antonio Borro e Ian Foss Hathaway non sembra essere né di carattere ludico né interpretativo: ciò che offrono gli autori è la sfida di vedere il mondo con gli occhi di un uomo di mille anni fa, mettendo da parte le conoscenze acquisite dalla modernità e accettando di sottostare a superstizioni, obblighi sociali e pregiudizi dell’epoca. Attraversare un innocuo boschetto di notte non è così semplice, né è scontato per l’eroe aiutare un lebbroso o qualsiasi altra persona su cui grava uno stigma sociale. E questa effettivamente mi pare una scelta originale.

Acc... dannaz... malediz...

 


Dentro a uno dei gioiellini che ho trovato a Lucca ho rinvenuto questi post-it: se ho interpretato bene le caratteristiche, il proprietario precedente ha cercato di adattare Faction’s War alla Quinta Edizione di Dungeons & Dragons. Non che Advanced D&D fosse il migliore gioco di ruolo del mondo, la campagna di Planescape, poi, ancora meno. Ma la spirale discendente è riuscita ad andare ancora più in basso. E che palle i residui di colla sulle pagine.

giovedì 16 novembre 2023

Il colore delle cose

Simon Hope è un adolescente sovrappeso e un po’ grullo. Vive nei sobborghi di una città inglese, sua madre confeziona torte e suo padre è un poco di buono dedito alle corse di cavalli. Viene vessato da un trio di bulletti che lo coinvolgono in un loro velleitario tentativo di trovarsi un lavoretto onesto. Ottenuti come ricompensa per la consegna della spesa i pronostici dei cavalli vincenti da una cartomante, decide di giocarseli forzando la scatola dove sono custoditi i risparmi di famiglia. È impossibile che il brocco che ha scelto come vincente arrivi primo, e d’altra parte essendo minorenne non potrebbe nemmeno giocare d’azzardo, ma alla fine un impiegato connivente lo fa giocare lo stesso. E così Simon vince sedici milioni di sterline. Per riscuoterle, però, serve la firma di un maggiorenne. Poco male: chiederà a sua madre di validargli la ricevuta. Solo che la sventurata è stata ridotta in fin di vita dal marito, che la ritiene responsabile del furto delle riserve di famiglia. Simon passa inutilmente giornate dopo giornate nell’ospedale dove la mamma vegeta in coma (incontrando una varia umanità) finché viene preso sotto l’ala protettrice di Alan, un amico di famiglia che gli somiglia in maniera sospetta. Insieme ad Alan (detective privato o presunto tale) parte alla ricerca del padre. Quando il giornalaccio scandalistico The Sun pubblica la foto di Simon spifferando la sua vincita le cose si complicano. Ancora di più quando Alan rivela chi è veramente.

Il colore delle cose è una storia avvincente e divertente, pervasa da una sottile ironia e raccontata con un’inventiva che mi ha ricordato vagamente Terry Pratchett. Il problema è che si tratterebbe di un “fumetto” ma le tavole consistono quasi esclusivamente di planimetrie viste dall’alto e i personaggi sono pallini colorati. Sulle prime il gioco suscita un po’ di curiosità, dopo 224 pagine inevitabilmente stufa. Se il lettore è libero di immaginarsi i personaggi come meglio crede, non sempre è facile seguire il filo di chi dice cosa e le possibilità offerte dall’anonimato grafico dei personaggi non sono giocate bene come invece fece Shane Simmons in Longshot Comics. Ci sono poi altri elementi che a me sono sembrati dei piccoli difetti, ma che magari per altri lettori non sono rilevanti: il Macguffin della pistola non mi pare molto realistico, verso la fine c’è un’accelerazione che fa sembrare che persino Panchaud volesse finire il prima possibile, il finale drammatico non è univocamente interpretabile: vuole aggiungere una punta di amarezza o rappresenta una liberazione? Comunque lo scoglio più grande rimangono i disegni, che in Francia hanno sollevato anche qualche polemica: Martin Panchaud ha infatti vinto il Grand Prix di Angoulême che è sempre stato interdetto agli sceneggiatori con la giustificazione che non sanno disegnare. Solo che nemmeno lui tecnicamente sa farlo, perché ha realizzato tutto col computer (i dettagli qui). Ma davanti a un venduto di 50.000 copie non si può rimanere indifferenti.

Al di là di queste considerazioni teoriche, si nota comunque come l’aspetto grafico sia poco o nulla influente sulla narrazione (risse e inseguimenti vanno comunque “decrittati”) e Il colore delle cose potrebbe benissimo essere letto come un testo teatrale. Come Longshot Comics, insomma, solo che Simmons seppe usare astutamente la grammatica minima del fumetto.

I prossimi anni ci diranno se rimarrà una bizzarria o aprirà le porte a un nuovo modo di fare letteratura disegnata (ché chiamarlo fumetto mi sembra un po’ arrischiato).

mercoledì 15 novembre 2023

Intervista a Matteo Pollone

Puoi presentare la casa editrice a chi non la conosce?

Allagalla si dedica principalmente alla ristampa dei classici, cercando di stamparli sempre a partire dalle tavole originali quando possibile. Quando invece non è possibile procediamo a restaurare digitalmente senza stravolgere.

Notavo infatti che la qualità di stampa di Allagalla è elevatissima rispetto a quella di molti altri editori della stessa nicchia di mercato. Mi confermi che partite da tavole originali.

Quando è possibile sì, naturalmente quasi nessun libro è composto al 100% di scansioni da tavole originali, perché può esserci sempre quella che si è persa o che non si trova per altri motivi, e allora procediamo a fare delle scansioni dalle pagine della rivista che la ospitava decolorandola. Si fa di necessità virtù, ma cerchiamo sempre di mantenere lo standard alto. E mi riferisco a uno standard alto sia per quel che riguarda la qualità di stampa che per quella delle storie e degli autori che proponiamo.

A posteriori vengono infatti anche realizzate delle modifiche decise dagli autori, penso ad esempio a Claudio Nizzi che è intervenuto su Larry Yuma e Capitan Erik.

Quasi sempre Nizzi ha scelto di modificare alcune battute, di snellire certi dialoghi che aveva scritto in passato. Un caso riguarda ad esempio una delle nostre ultime pubblicazioni che è Le Avventure di Ulisse: a suo tempo la redazione de Il Giornalino gli aveva chiesto di scrivere i nomi dei personaggi (degli dèi in particolare) rifacendosi alla mitologia romana e lui adesso li ha riportati in greco, come è più logico che sia. Io sarei per una linea puramente filologica, ma è giusto che abbia lui l’ultima parola essendo l’autore.

C’è una forte presenza western nel catalogo di Allagalla: lo fate principalmente perché è una vostra passione (so che Roberto Guarino ama molto il genere) o vi ha dato anche delle soddisfazioni commerciali?

Come sicuramente saprai per molti anni il fumetto italiano era sinonimo di western, ben prima degli Spaghetti Western e delle evoluzioni più moderne. Quindi andando a guardare al passato del fumetto italiano inevitabilmente il western lo si incontra molto più spesso di altri generi. E poi sì, è una nostra passione comune (anche a me piace il western) quindi per questo ci siamo spesso rivolti a quel genere. Anche per cose più particolari: ad esempio recentemente abbiamo pubblicato un libro di Luciano Bottaro, Fort Express, che non era mai stato ristampato in volume prima. Certo, Bottaro è più celebre per opere come Pepito, Ponpon, ecc. ma c’era anche l’idea di andare a recuperare qualcosa che non era mai stato ristampato prima. Ecco, questa è un’altra questione che spesso ci poniamo, cioè che va sicuramente bene produrre la versione definitiva di alcuni classici (come I Promessi Sposi di Nizzi e Piffarerio, che però ha già avuto diverse ristampe) però l’idea è di portare in volume qualcosa che non è mai stato raccolto prima.

Qualche perla.

Sì, qualche “chicca” che magari non è mai stata raccolta in volume a causa anche di una certa difficoltà. Il volume di Bottaro, per dire, ci ha preso un anno di lavoro, ci ha lavorato anche il compianto Luca Boschi, perché c’era un problema nel ricostruire tutti i passaggi di queste storie e di queste strisce che erano state pubblicate su innumerevoli riviste. Però devo dire che questa stessa difficoltà è anche una delle cose appassionanti di questo lavoro.

Per il momento avete accantonato il fumetto argentino?

Sì, anche per una questione di complicazioni legate ai contratti. L’idea però è sempre quella di rivolgerci anche all’estero quando possibile, e non sempre rimane solo un’intenzione. Ad esempio nel volume di Tacconi abbiamo pubblicato una storia che Tacconi aveva fatto per la Francia e non era mai stata pubblicata prima in Italia, quindi l’abbiamo tradotta noi per la prima volta e l’abbiamo inserita in un volume dedicato a un unico autore.

Non escludo che nei prossimi anni ci rivolgeremo anche all’estero, magari alla Bande Dessinée. In effetti avevamo già cercato di metterci in contatto per i diritti di una graphic novel francese su Orson Welles sulla lavorazione de Il Terzo Uomo, vediamo se riusciremo a portarla in Italia.

martedì 14 novembre 2023

Comics&Science - 001/2023: The HPC Issue - The MUDEM Issue - The Quaternary Issue

Altra infornata di uscite di Comics&Science, uno dei motivi principali per cui andare a Lucca.

The HPC Issue parla di calcolatori ad altissima performatività (a quello del Centro di Calcolo di Bologna ci si collega anche un mio amico Fisico). La storia a fumetti parla quindi di un cavaliere simil-Valiant («Variant») che consulta una strega per farsi fare più previsioni possibili in modo da trovare quella giusta che gli anticipi come sconfiggere il proverbiale drago che ha rapito una principessa. Fisiologicamente la reiterazione dell’inserimento dei nuovi dati nel “calderone” porta a una certa ripetitività, ma Giovanni Eccher è stato molto bravo a movimentare il tutto con qualche scenetta. E poi il finale è originale e divertente.

I disegni di Sergio Ponchione, forse memori di Wally Wood, sono stupendi: dettagliati, fantasiosi e soprattutto estremamente espressivi; i primi piani di Echam la Saggia e della principessa sono meravigliosi. Altro che la sintesi de Gli Uomini della Settimana! Forse ha potuto dedicare tanta cura ai particolari e alla “recitazione” grazie a quelle sequenze che invece sono molto stilizzate per rappresentare le elaborazioni del “calderone”.

Oltre all’intervista di rito agli autori, un intervento di Christoph Dellago spiega cosa si cela dietro le simulazioni. Parte come una fiaba, ma poi finisce per parlare di numeri pseudo-causali e dinamica molecolare e mi ci sono un po’ perso.

L’argomento è ulteriormente approfondito da Godehard Sutmann, il quale dopo l’entusiasmo per le performance cui si è giunti (ogni anno la capacità di calcolo raddoppia) fa seguire l’incertezza per il futuro visto che gli agenti in gioco dovranno essere molteplici.

Per finire, una presentazione del CECAM (Centre Européen de Calcul Atomique et Moléculaire) redatta da Ignacio Pagonabarraga e Sara Bonella.

Purtroppo in questo numero non ci sono le vignette di Walter Leoni, ma Gianluca Peddes illustra alcuni articoli. Davide La Rosa ci concede una storia metanarrativa, e quindi un po’ facile…

The MUDEM Issue è un albo promozionale distribuito gratuitamente in occasione dell’apertura di una mostra dell’istituzione omonima, ovvero il Museo della Moneta della Banca d’Italia. Alla conferenza di presentazione veniva avanzata un’interessante teoria: laddove si dice che le guerre spesso si fanno per soldi, in realtà la moneta storicamente ha impedito le guerre facendo prevalere l’interesse sulla violenza.

Il fumetto di Eccher e Giuseppe Palumbo è interamente muto, è disegnato e colorato meravigliosamente e il meccanismo del finale a sorpresa ricorda i fumetti “modello Lanciostory”. In appendice due interventi scritti sul concetto e l’origine della moneta (da leggersi dopo il fumetto visto che lo riassume) e sulla mostra immersiva L’Avventura della Moneta (e anche qui forse si anticipa troppo), entrambi a firma generica dello Staff di MUDEM.

Anche The Quaternary Issue è stato distribuito gratuitamente, in occasione del quadriennale convegno di Scienze Quaternarie che nel 2023 si è svolto a Roma.

Probabilmente il riferimento del fumetto è l’Alley Oop di Hamlin, comunque Alessio Spataro esibisce uno stile personale e originale, oltre che curato. La quasi totale assenza di parole rende il volume effettivamente universale e spendibile a livello internazionale. Più che una storia si può dire che si tratti di una testimonianza, per quanto di fantasia, dell’incontro di una tribù di Heidelbergensis con un più evoluto Neanderthal.

I redazionali sono in inglese: Marta Pappalardo e Andrea Zerboni parlano dell’importanza dell’Italia per lo studio delle Scienze Quaternarie, cioè l’insieme di scienze che contruibiscono a ricostruire la vita e l’ecologia di circa 600.000 anni fa.

Francesco Latino Chiocci e Ilaria Mazzini spiegano la storia (assai recente) della Geologia Marina e la sua importanza.

Enza Spinapolice ricostruisce la fauna umana che probabilmente coesisteva in Europa in epoca Quaternaria.

Si finisce in bellezza con una vignetta di Leo Ortolani.

lunedì 13 novembre 2023

Intervista a Davide Barzi


Don Camillo a Fumetti è forse un’operazione vittima della sua stessa popolarità perché scoprite un sacco di disegnatori bravi che poi magari vanno verso altri lidi.

Noi siamo solo contenti quando riusciamo a intravedere il potenziale e siamo contenti di sapere (per fare un esempio) che Roberto Mele quest’anno è stato candidato all’Eisner Award e lui ha cominciato proprio con i nostri primissimi numeri. Ma dal nostro copertinista Ennio Bufi che oggi lavora per la Francia l’elenco è veramente nutrito e devo dire che in parallelo, a fianco di talenti che scopriamo, ci sono fior di disegnatori (ne cito due: Casertano e Villa) che invece già all’apice della loro carriera decidono scientemente di lavorare con noi anche loro per amore del personaggio.

Stesso discorso anche per Gabriele Dell’Otto che vi ha fatto una copertina.

Gabriele Dell’Otto è uno dei due supercopertinisti che abbiamo avuto; ci siamo fatti due regali: uno con il numero 10 con la variant cover di Villa e uno per il numero 20 con la copertina di Dell’Otto.

Mi hai anticipato che adesso tornerete a un regime più serrato con due uscite all’anno.

Sì: noi abbiamo 346 racconti da adattare e siamo poco oltre il 150 per cui è giusto che si torni un pochino a galoppare, il COVID purtroppo ci ha rallentati per cui dal 2020 siamo a regime con un volume all’anno che di solito esce in occasione di Lucca Comics: questo del 2023 è l’ultimo libro annuale perché dal 2024 torniamo ad avere un libro primaverile che presenteremo il 1 maggio in occasione del compleanno di Giovannino Guareschi e uno novembrino che è quello lucchese.

Notavo che la struttura è un po’ particolare per un fumetto in

questo formato, cioè il 17x24, perché è su quattro strisce. Voi pensavate anche a qualche edizione estera (penso ad esempio al mercato francese)?

Sì, noi abbiamo pensato a due cose a livello strutturale che ci potessero aiutare a esportare il prodotto perché chiaramente essendo i film di coproduzione italo-francese la Francia era il primo mercato a cui guardavamo. Quindi per prima cosa le quattro strisce, ma anche quel grigio che da un lato dà il gusto della pellicola cinematografica in bianco e nero, dall’altro è un livello a parte che noi pensavamo di togliere per poi colorare le tavole e quindi fare una cosa davvero alla francese, poi quando è stato pubblicato in Francia è stato pubblicato con i grigi proprio come in Italia. C’è stata poi un’edizione tedesca, che neanche avremmo immaginato, dove Don Camillo è molto popolare e persino in Corea del Sud, una cosa quasi inimmaginabile.

Rimanendo ai paesi asiatici, mi ha stupito molto l’aneddoto del plagio che venne fatto addirittura in Thailandia, riportato nell’ultimo albetto uscito per RiminiComix. Don Camillo ha avuto veramente un successo mondiale.

Sì, e devo dire che i plagi sono davvero uno dei segnali del successo. Come hai ricordato, Ivan Pelizzari nel sesto pocket ha fatto proprio un lungo trattato su questi raccontando anche di un romanzo italiano non ufficiale fatto da Frate Indovino!

Puoi anticiparci qualche nome nuovo fra i disegnatori?

Qui a Lucca oltre ad alcuni nostri autori storici (c’è la nuova copertinista Elena Pianta, c’è Tommaso Arzeno, c’è Petronelli che è giovane ma è già al terzo volume che fa per noi) abbiamo Francesco Mercoldi e Ricci che sono due disegnatori nuovi che esordiscono con noi e ne abbiamo altri che stanno facendo prove.

Sui nuovi numeri ci saranno almeno un paio di ulteriori nuovi disegnatori tanto che addirittura quest’anno a Lucca per la prima volta da qualche anno a questa parte saltiamo lo scouting perché abbiamo una serie di nuovi disegnatori da seguire e poi rischiamo che diventino troppi. E poi sappiamo che è possibile che anche questi nuovi collaboratori prendano altre strade ma noi cerchiamo sempre di seguirli bene e per questo non eccediamo con i nuovi in modo poterli seguire bene tutti passo dopo passo.

domenica 12 novembre 2023

Contro le Profondità Dimenticate

 
Et in Norindaal ego.

Uscito sicuramente già a Modena (risulta stampato a maggio 2023), l’ho preso solo adesso a Lucca. Finalmente i giocatori di Four Against Darkness possono far avanzare i loro personaggi oltre il nono livello: era ora.

Contro le Profondità Dimenticate si fa apprezzare non solo perché in sostanza è due volumi al prezzo di uno, visto che si occupa sia del livello eroico (10°-14°) che di quello leggendario (15°-19°), ma anche perché approfondisce il mondo di campagna (il Norindaal) svelandone un po’ del passato lovecraftiano e introducendo elementi della sua geografia sotterranea, quella che dovranno affrontare i personaggi di alto livello.

Come al solito a una prima parte introduttiva e regolistica segue una seconda traboccante di nuove tabelle. Di regole nuove in realtà non ne viene introdotta quasi nessuna (l’uso del grado per determinare certi parametri del gioco aveva fatto già capolino in almeno un’avventura) mentre la sezione sulle nuove abilità eroiche è molto ricca – assai meno quella sulle abilità leggendarie, essendo quasi solo uno sviluppo delle precedenti. Vengono anche introdotti incantesimi ad hoc, dalla reperibilità rarissima e gravosi da memorizzare.

A causa delle nuove dinamiche per salire di livello l’impressione è che sia un processo assai arduo e lungo (tanto più che deve riguardare tutti i componenti del gruppo), ma ovviamente bisogna giocarci per avere conferma della cosa. Per ovviare alla frustrazione di vedersi ammazzati personaggi di livello tanto alto Andrea Sfiligoi (coadiuvato nella stesura da Anna Pashchenko) ripropone il concetto di “compagnia” di personaggi: una scuderia di 12 avventurieri da utilizzare a rotazione e con cui tamponare le eventuali defezioni.

All’orizzonte si profila un ulteriore, ultimo manuale, che riguarderà i personaggi di livello epico dal 20° in poi. Ma quello possiamo pure aspettarlo con calma, vista la faticaccia che ci vorrà per arrivare sino al 19°.

sabato 11 novembre 2023

Intervista a David Genchi

Ti conosco per Castrovalva e AnalWizards, che pur essendo molto particolari sono sempre dei fumetti. Ti sei dato ai giochi di ruolo?

In realtà è sempre stato un mio interesse, anche come ambiente mi è sempre piaciuto. In realtà prima di fare fumetti quando ero bambino mi piaceva un sacco Dungeons & Dragons, ma mi piacevano anche i videogame, quindi in realtà ho sempre avuto dentro questa spinta a fare i giochi. Inoltre le cose a cui lavoro le ho fatte insieme a mio fratello che è programmatore di videogame e abbiamo deciso di metterci assieme per creare qualcosa di nuovo e abbiamo iniziato a fare questi fumetti-game particolari con un sistema che fino a ora non era mai stato utilizzato. Mi pare che siamo stati proprio i primi al mondo ad adottare questo sistema di lettura.

Puoi spiegarci in cosa consiste?

A differenza del librogame classico non si salta di paragrafo in paragrafo, ma c’è un sistema di incastri di vignette che si susseguono e si fanno leggere tramite delle indicazioni come frecce o didascalie. Il fattore casuale è determinato dal lancio di una moneta. Questo sistema permette al gioco di essere meno “ragionato” come nel caso di quelli per pc in cui devi calcolare tutte le variabili, invece crea una situazione narrativa in cui il gioco diventa parte stessa della narrazione. Quindi non c’è una risoluzione in cui devi ragionare su come risolvere un enigma o buildarti per affrontare il mostro più potente di turno ma ti crea una situazione di lettura nella quale anche se perdi hai delle soddisfazioni narrative.

Cosa presenti a Lucca Games?

Quest’anno ho portato Mano Sinistra che ho realizzato insieme a Jacopo Frigerio e Jack Sansolini per cui ho curato l’artbook. Si tratta di un gioco di ruolo ambientato in un inferno ispirato alla briscola.

Un inferno ispirato alla briscola?!

Sì, proprio così. La particolarità di questo gioco è che invece di utilizzare lanci di dado si utilizzano le pescate delle carte di briscola che ho interpretato col mio stile. Insomma, c’è tutto un sistema particolare di cartomanzie, ad esempio quando si combatte la briscola diventa la spada e c’è tutto un sistema particolare per gestire il gioco.

Oltre a questo?

Abbiamo portato l’anteprima di un gioco da tavolo che uscirà l’anno prossimo di nome Cyberflesh che sarà un gioco di tipo “dungeon crawl”. E ovviamente anche alcune copie di AnalWizards.

Luca Boschi

Catalogo celebrativo decisamente singolare nel corpus di quelli curati da COMICON, perché non è dedicato a una figura nota per il lavoro di disegnatore (attività che pure ha svolto): un «funambolo dell’editoria a fumetti» lo definisce giustamente il sottotitolo, viste le molte attività che svolse nel settore: traduttore, letterista, recensore, filologo, direttore di festival, curatore di testate e collane…

Un omaggio quasi dovuto, visto che del Napoli Comicon Boschi fu anche direttore artistico.

Talvolta sul filo della commozione (Boschi ci ha lasciati l’anno scorso) sfilano i ricordi, le testimonianze e gli occasionali omaggi grafici di Matteo Stefanelli, Pier Luigi Gaspa, Andrea Sani, Leonardo Gori, Alberto Becattini, Luca Valtorta, Valentina De Poli, Gianni Bono, Silvio Costa, Gianfranco Goria, Alfredo Castelli, Giuseppe Palumbo, Silvia Ziche, Leo Ortolani, Massimo Bonfatti e alino, tutti inframmezzati da una ricca selezione iconografica che recupera alcune vere chicche come fotografie giovanili o lacerti di sceneggiature disneyane disegnate o lavori pubblicitari.

Tra le occasionali curiosità (non sapevo che Boschi fosse laureato in Giurisprudenza, con una tesi di laurea sulla stregoneria, poi!) emerge spesso un ritratto del mondo del fumetto italiano approfittatore e ingrato. In appendice vengono presentate una serie di «spigolature boschiane» antologizzate da Pier Luigi Gaspa e una «bibliografia oceanica in vasca da bagno» curata la Loris Cantarelli che pur dichiarandosi non esaustiva mi pare comunque un ottimo inizio di catalogazione di opere e contributi vari di e su Luca Boschi.

La caotica esuberanza dell’autore trova un riscontro nella frenesia con cui forse è stato confezionato il volume, in cui non mancano refusi: il contributo di Goria ne è particolarmente vittima, ma la cosa riguarda anche i diretti interessati nella sua stesura: l’intervista su Fumetti d’Italia 33 viene attribuita a «Gian» Luigi Gaspa!

Un ottimo modo per ricordare una figura così importante nel panorama del fumetto italiano: talvolta quasi agiografica, sì, ma se non merita di essere celebrato con toni enfatici Luca Boschi non so chi altri lo meriterebbe.

venerdì 10 novembre 2023

Intervista ad Andrea Plazzi

La domanda sorge spontanea: come mai quest’anno Comics&Science si trova in una zona differente e sembra essersi staccata da Lucca Comics & Games?

Sono le crisi benedette della crescita. La nostra offerta è molto aumentata: serviva uno spazio apposito per valorizzare un programma che ormai è molto più ampio di quello che normalmente potevamo offrire in maniera adeguata nel contesto di Lucca Comics & Games. Parlo di una certa cura coreografica, un’illuminazione ad hoc, un arredo che renda giustizia alla qualità anche grafica dei nostri fumetti e dei nostri autori. Quindi Comics&Science Palace, in via della Zecca 41. Siamo molto contenti di questa collocazione: chi conosce un po’ Lucca sa come la logistica in questi giorni non sia affatto facile e gli spostamenti, anche a piedi, non sono semplici. Siamo in una strada centrale ma defilata dalle arterie di maggior scorrimento, che in realtà collega.

Pur con i lavori in corso, purtroppo.

Eh... dobbiamo convivere con questo piccolo cantiere esattamente davanti alla nostra entrata. Chiaro che viene da chiedersi se non sarebbe stato possibile finire i lavori in tempo, in vista di questo grandissimo evento... ma sono cose che capitano.

Così sapete che chi viene è veramente motivato.

Sì, però devo dire che anche il passaggio casuale, cioè quello obbligato di gente in transito, ci ha messo in contatto con persone che non ci conoscevano: hanno visto l’ambiente (che – tra l’altro – è a ingresso libero e dove chiunque può entrare) e in questi giorni in cui la pioggia ci accompagna può anche semplicemente fermarsi a rilassarsi un attimo.

E magari nel frattempo impara anche qualche cosa divertendosi.

Perché no! C’è l’area principale, dove abbiamo allestito il palco per gli incontri, poi c’è un ambiente per i laboratori-workshop, che si svolgono tutti i giorni tra le sei e le otto ore (divise in fasce mattutine e pomeridiane). Ieri [il 1 novembre, nda] per esempio si insegnava a crackare la storica Enigma, la famosa macchina per criptare messaggi “sconfitta” da Alan Turing, il primo grande hacker della Storia. Oggi si parlerà di orecchini.

Orecchini?!

Strutture matematiche, combinatoria, teoria dei gruppi. Non usiamo questi termini per non spaventare nessuno, ma sono alla base di raffinati disegni ornamentali riprodotti in orecchini indossabili.

Come nasce Comics&Science, dalla volontà del fumetto di entrare nella scienza o della scienza di venire divulgata tramite il fumetto?

Non vedo una gerarchia o una priorità tra i due aspetti, e forse non è nemmeno così importante personalizzare. Di fatto tutto nasce quando Roberto Natalini e io ci siamo conosciuti. Roberto è da oltre 30 anni un matematico applicato del CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche, oltre che un lettore di fumetti esperto e dispiaciuto per la mancanza di tempo per leggerli. Ha colto l’occasione di mettere insieme questa passione a livello professionale, aggiungendo alle sue attività anche quella della comunicazione scientifica col fumetto. Un’idea che lo ha galvanizzato: è così che siamo partiti lancia in resta, ormai una dozzina di anni fa.

giovedì 9 novembre 2023

3 Spicci d'Opera, la Ballata di Toni Lama

Eh, sì, nella Self Area di Lucca si possono trovare dei gioiellini.

Bandabendata confeziona un giornalino in otto fogli che omaggia il primo Corriere dei Piccoli (per il formato) e il Topolino giornale (per i caratteri del titolo). Viene presentato come una versione a fumetti dell’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht, ma il protagonista è tal Toni Lama, ladro e assassino, che forse è la parodia di un personaggio politico reale che non ho riconosciuto, o forse del protagonista di un fatto di cronaca che non conosco.

Costituita da rime baciate (e la metrica di Benedetta Cosmano è quasi perfetta), la storia si sviluppa attraverso finti “giornalini” di varie nazionalità e viene anche presentato un bel salto metanarrativo approfittando del formato così particolare: i fogli non sono spillati insieme. I disegni di Teo Eustass Paolicelli sono molto buoni, umoristici ma non scevri da elementi underground, sempre mitigati da una piacevole inchiostrazione morbida. I colori sono di Alma Velletri.

La vicenda di Tino Lama non si conclude qui, anzi questa è solo un’introduzione: se il lettore vorrà vederne il seguito può esprimere il suo gradimento e la sua volontà di finanziare il progetto qui.

Altri due membri di Bandabendata, Filo Carletti e Daniele Presicce, forniscono delle strisce umoristiche per l’ultima pagina che contiene i redazionali: cosine estemporanee, ma Bobby la Blatta è disegnata piuttosto bene.

Materia Degener3

L’impressione che mi ha fatto questa terza uscita del progetto/collana Materia Degenere non è stata affatto buona. Ma dopo il primo e il secondo mi pareva brutto non prendere anche questo volume. I segnali della delusione c’erano tutti, e avrei dovuto coglierli. Al di là di un aspetto grafico poco o per nulla accattivante, mi sembra che non ci sia stata in molte autrici la volontà di creare dei veri fumetti, cioè delle storie, quanto dedicarsi a esperimenti più grafici che narrativi a ruota libera assai velleitari. Forse la colpa è anche un po’ di Paolo Bacilieri che ha preso il testimone di Marco Galli e Tuono Pettinato: non ha infatti proposto dei soggetti come i suoi predecessori ma ha semplicemente imposto che le “storie” si svolgessero a Milano o la coinvolgessero in qualche modo.

Ultrafragola di Giulia Ratti è una storia originale e simpatica: un impiegato bisessuale acquista lo specchio di design del titolo, opera di Ettore Sottsass che in effetti è un po’ un simbolo di Milano. Se ne innamora perché fantastica sull’avere rapporti col suo stesso riflesso. Quando però il suo nuovo capo dichiara di averne anche lui uno e gli instilla il dubbio che forse la sua copia non è perfetta subentra la crisi.

Apparentemente i disegni sono i migliori del mazzo, ma la colorazione sbriluccicante e i vari effetti di cui sono riempite le tavole non bastano a nascondere le carenze anatomiche della Ratti e la sua difficoltà nel personalizzare i singoli personaggi.

Marmellata di è una di quelle uscite velleitarie che infestano la collana sin dal primo numero. Un flusso di coscienza si sussegue senza fornire appigli al lettore per capire di cosa diavolo si stia parlando. Il tè ai fiori del Madagascar sarà un prodotto tipico milanese? Poi certe soluzioni grafiche di Maria Giulia Chistolini non sono neanche male, ma sono assolutamente inadatte per un fumetto, le vedrei meglio come scenografie o come storyboard.

Troiella 2000 di Giorgia Rachel Donnan è forse il contributo migliore. Si tratta di una storia muta (a parte le visualizzazioni di uno smartphone) con protagonista una lesbica erculea che ha qualche problema con la legge, forse perché è una serial killer. Non è che i disegni siano bellissimi, ma va riconosciuto all’autrice lo sforzo di raccontare per immagini. E poi la bestemmia come targa dell’auto è un gran tocco di classe.

Anche Margherita Morotti sceglie Sottsass come simbolo di Milano: il suo Ciao. Vado. Ettore. è una raccolta “fumettata” di brani espunti da varie fonti citate alla fine, e si concentra principalmente sui difficili esordi dell’architetto/designer. Anche se non manca una certa suggestione, resta un’operazione tutto sommato facile e poco originale. I disegni e le soluzioni grafiche non sono male, ma inevitabilmente sono anch’essi molto derivativi. Per un’antologia che dovrebbe offrire lo sguardo personale delle autrici mi è sembrato decisamente un corpo estraneo.

Chiude le danze Giusto.X di Claudia Bumbica: una finta rivista enigmistica “invasa” da fotografie di riviste pornografiche modificate e da parti solo scritte che vorrebbero raccontare ben tre “storie” (la prima riguarda una ragazza innamorata e il ricordo del suo psicologo, le altre due la linea 14 del tram, forse sono tutte e tre collegate). Come idea è anche simpatica, anche se non originalissima, nei fatti risulta una cosa indigesta e pretenziosa. Ma magari sono solo frustrato perché non ho risolto un rebus che fosse uno.

A mo’ di frontespizi alcune tavole di Bacilieri introducono le singole storie, e a volerle interpretare in tal senso almeno qui possiamo trovare un minimo di trama.

mercoledì 8 novembre 2023

La Cana spiega Cose

Piacevole sorpresa dell'ultima Lucca, che curiosamente ho trovato ai Games e non ai Comics (ma non escludo che la vendessero anche lì).

La Cana del titolo è la protagonista di due fumetti-game ma in questo frangente veste gli inediti panni di divulgatrice insieme agli altri animaletti che compongono il cast delle sue storie. Con piglio sicuro ma anche con tanta ironia approfondisce quindi diversi argomenti sensibili che in tempi recenti sono anche stati oggetto di derive complottiste (vaccini, emergenza climatica, ecc.).

C'è un forte rigore documentaristico ma anche una buona dose di umorismo. Quello che manca è una storia e La Cana spiega Cose andrebbe probabilmente fatta rientrare nella categoria del graphic journalism. Solo che a differenza di molti altri esemplari della categoria è disegnata molto bene con lo stile modulato ed espressivo di Stefano Tartarotti.

martedì 7 novembre 2023

Comics&Science 002/2023: The Blockchain Issue

Ultimo parto della meritoria collana, uno dei motivi principali per cui vado a Lucca.

L’argomento di questo numero è la tecnologia che permette di dare un’identità univoca a un insieme di dati in modo da renderli praticamente impossibili da contraffare: si parla quindi di bitcoin ma non solo.

La parte fumettistica è realizzata da Alessandro Panconesi (qui alla sua prima prova come soggettista dopo aver contribuito ad altro titolo alla serie), Diego Cajelli e Andrea Scoppetta. La Visione di Satoshi è un fumetto complesso come l’argomento di cui tratta, una mise en abyme formata da una storia in una storia in una storia in una storia… il protagonista sarebbe Satoshi Nakamoto, inventore della criptovaluta, ma alla sua “visione” contribuiscono a vario livello altri personaggi: il nonno professore, i suoi studenti Alice e Bobo, Totò (sì, proprio il Principe della Risata), Piero della Francesca, i generali bizantini in lotta contro gli arabi, il saggio Al-Khwarizmi e il traditore armeno Vahan. A fare da cornice, la parabola metaforica di un samurai che dà da bere a un albero sotto gli occhi curiosi di un procione e una volpe. Una stratificazione narrativa non da poco (il disegnatore ha dovuto inventarsi stili diversi per ogni cambio di ambientazione), il cui succo però si riduce al semplice concetto che in un gruppo formato da tre elementi che devono trasmettere informazioni ne basta uno “corrotto” per mandare a monte tutto l’insieme. O almeno io l’ho capita così.

Il breve saggio di Massimo Bernaschi non mi ha aiutato molto ad approfondire, l’argomento è assai complesso. Più “potabile” ma sempre di ambito specialistico l’intervento di Gabriele Bianchi sui Non-Fungible Tokens. Luigi D’Amelia approfondisce invece l’aspetto storico dei generali bizantini usati come metafora dal Matematico Leslie Lamport mentre Davide Bennato parla dell’uso degli pseudonimi tra gli hacker (e non solo) e ricostruisce quel poco che si sa di Satoshi Nakamoto, figura sfuggente e aperta a varie congetture sulla sua vera identità. Come di consueto gli autori vengono intervistati (da Stefano Pisani) in merito alla realizzazione del fumetto.

A integrare la parte a fumetti ci sono le due tavole di Davide La Rosa (che fornisce una variante della storia dei generali bizantini) e alcune vignette di Walter Leoni tra le più divertenti che ho visto in questa serie.