lunedì 29 giugno 2020

Il Morto 43: Elezione Manipolata

Giunto in un paesino, Peg trova una traccia importante del proprio passato: un vecchio commilitone è candidato sindaco e potrebbe aiutarlo a schiudere le porte della sua memoria. In realtà Gonni non è affatto entusiasta di rivederlo, perché a suo tempo il maggiore Peg aveva involontariamente intralciato il suo traffico di armi in Africa.
Nel mentre un paesano curiosa nelle attività della ditta GiGi di Gonni e viene fatto fuori: visto che in paese conoscono tutti, i carabinieri pensano bene di fermare Peg con l’accusa di omicidio perché è l’unico volto sconosciuto! Ritratti inizialmente e per molte pagine come dei fessi, i carabinieri si rifaranno alla fine della storia. In ogni caso Peg rischia di finire in galera e pertanto si fa assegnare un avvocato che, guarda caso, è l’altra candidata sindaco del paese. Non immune al suo fascino, qualcuno cerca di incastrarla mettendole della droga in casa: Peg si trova così coinvolto nella guerra tra gli aspiranti sindaci e scopre l’attività criminale del Gonni, che non ha perso il vizio del traffico di armi. Proprio grazie ai flash di memoria che gli accendono ogni tanto le visioni di vecchie conoscenze riuscirà a risalire al vero assassino. Ma Gonni ha le spalle ben coperte, come dice più volte, introducendo così indirettamente una figura che scenderà in campo nel prossimo episodio.
Elezione Manipolata è una piacevole storia movimentata condita con abbondanti tocchi di ironia. Per il lettore di lungo corso è poi appagante vedere un po’ di luce sul passato del protagonista, anche se l’effettiva incisività degli incontri di questo numero sarà confermata solo nelle prossime puntate. Per il momento abbiamo conferma che la tuta del Morto è impermeabile. Da segnalare che per la prima volta (o almeno così ricordo) Ruvo Giovacca non è l’unico autore dei testi ma ha scritto questo episodio insieme a Luca Telloli.
I disegni della collaudata coppia Conforti-Francesconi mi sono sembrati meno efficaci del solito: l’inchiostrazione è più modulata e vivace, però i primi piani (e in generali i volti) hanno un che di geometrico e “roccioso” che li rende poco espressivi.
In appendice l’adattamento a fumetti del racconto Il Vampiro di Jan Neruda a opera di Riccardo Pesce e Alfonso Elia. La storia si fa leggere, i disegni si segnalano per gli intensi chiaroscuri, molto evocativi, con cui Elia riesce e sopperire a qualche imprecisione anatomica.
Per celebrare il decennale dell’uscita in edicola, questo numero de Il Morto è disponibile anche con due variant cover diverse disegnate da Manlio Truscia, ordinabili sul sito della Menhir.

sabato 27 giugno 2020

Fumettisti d'invenzione! - 151 (speciale Weird Science)

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

Il primo numero è in realtà il 12
Puntata monografica, oggi, gemella di quella dedicata a Weird Fantasy: anche questa rivista della EC Comics infatti presentò in alcune occasioni fumettisti d’invenzione o argomenti correlati. Dato il nome del titolo antologico, Weird Science si concentrava maggiormente su argomenti pseudoscientifici piuttosto che genericamente fantastici. Per una sintesi sulla storia delle due riviste che proseguirono parallele (ma alternate) per 22 numeri, dal 1950 al 1953, rimando a quella puntata. La 001 sta ristampando anche materiale di questa serie, che dovrebbe essere quindi disponibile anche in italiano.
Qualche accenno metanarrativo, magari a scopo pubblicitario, si può trovare nelle storie The man who was killed in time (in Weird Science 5), The Martian Monster (9) e The Reformers (20) ma gli episodi più rilevanti sono:

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)

DREAM OF DOOM
(Stati Uniti 1950, in Weird Science 12-1, © E. C. Publications, Inc., thriller)
Harry Harrison (T), Wallace [Allan] Wood (D)

Arthur Bristol è un fumettista che vive in un costante stato ipnotico, passando da un sogno all’altro.
Pseudofumetti: Windsor e Newton, i colleghi di Bristol che lavorano per Gill Baines, guardano ammirati le sue tavole, paragonabili a quelle di Steel Canyon e King Valient. L’unica rivista che vediamo di Baines è 8-ball Comics.
Bristol condivide uno studio con Bill Kurtz (Nazrat è un fumetto di cui si vedono tracce nello studio), che lo accusa di avergli copiato il soggetto di questo sogno senza fine nonostante sia lui stesso dedito alle scopiazzature.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

EC CONFIDENTIAL!
(Stati Uniti 1953, in Weird Science 21, © E. C. Publications, Inc., fantascienza, umorismo)
Al [Albert Bernard] Feldstein (T), Wallace [Allan] Wood (D)

Phineas T. Fables, azionista del gruppo di cui fa parte la EC Comics, convoca infuriato Feldstein e Gaines, che coi loro fumetti hanno predetto troppi avvenimenti funesti e potrebbero spaventare il pubblico. Arriva al punto di trattarli da sovversivi e da far firmare loro un giuramento di fedeltà ma ecco che l’ultima previsione dei due si concretizza eliminando tutti gli autori della EC Comics! Per fortuna lo staff era composto dai sopravvissuti di Venere, preparati all’attacco dei marziani e che per questo hanno potuto prevedere i fatti terrestri.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

MY WORLD
(Stati Uniti 1953, in Weird Science 22, © E. C. Publications, Inc., biografico)
Al [Albert Bernard] Feldstein (T), Wallace [Allan] Wood (D)

Parata di situazioni fantastiche in cui si trova un eroe del futuro. Ma il vero narratore/protagonista non è lui: è Wallace Wood, che con la sua professione di fumettista può creare tutti i mondi e le avventure che vuole.
Wallace Wood parodiò questo stesso fumetto reinventandolo in chiave erotica come My Word sul primo (e unico) numero di Big Apple Comix.

mercoledì 24 giugno 2020

L'Ispettore Coke: Il Mostro del Tamigi

Ce ne ha messo per arrivare ma finalmente anch’io ho potuto leggere l’ultimo episodio dell’Ispettore Coke di Dino Battaglia terminato da Vigna e Roi.
Il volume è un cartonato impressionante per dimensioni e qualità della carta. Come nel caso dell’altro volume dedicato a Battaglia da Lo Scarabeo, Letteratura Disegnata, il formato è 24x34 e la uso mano è di altissima grammatura. La qualità di stampa è inappuntabile e permette di cogliere tutte le sfumature sia del lavoro di Battaglia che di quello di Roi, oltre anche qualche correzione come nel lettering del primo.
Dino Battaglia, scomparso nel 1983, riuscì a completare solo metà della storia; anche in questo caso la moglie Laura De Vescovi ebbe il ruolo fondamentale di cosceneggiatrice, e forse il suo apporto ai testi fu addirittura più determinante di quello del marito, come si evince anche dai documenti del catalogo La perfezione del grigio tra sacro e profano sempre edito da Lo Scarabeo e da un articolo in merito su un Fumo di China di qualche tempo fa.
Il fumetto è introdotto da un testo dello stesso Bepi Vigna, che torna inutilmente sulla dicotomia fumetto popolare/d’Autore e che anticipa molto generosamente la trama. Ma in realtà il rischio dello spoiler è solo apparente: la storia ideata da Battaglia è infatti estremamente lineare e non prevede colpi di scena né false piste (eccetto una che però è funzionale alla soluzione del caso).
Nel 1909 il Tamigi è teatro delle esplosioni di alcune navi accompagnate dall’apparizione di un paio di “occhi” mostruosi: quando arriva all’Observer una lettera anonima che rivendica il gesto, diventa chiaro che si tratta dell’opera di un terrorista o di un gruppo di terroristi. L’ispettore Coke indaga sul caso e il recapito di un’altra lettera anonima che anticipa il prossimo bersaglio lo mette sulla pista giusta.
Lo stile narrativo di Dino Battaglia è quello consueto, volutamente demodé e a volte concentrato su dettagli ininfluenti sullo sviluppo della trama. Unica concessione ai lettori smaliziati degli anni ’80 è una battutaccia a sfondo sessuale, ma il fascino del fumetto risiede sempre nell’atmosfera che anche i testi contribuiscono a evocare. Va detto però che quando subentra Vigna (o forse è solo suggestione?) il ritmo cambia e la narrazione si fa più chiara e diretta: le didascalie superflue pian piano spariscono e i dialoghi sintetizzano efficacemente quello che succede, senza fronzoli. Inoltre, visto che sappiamo trattarsi dell’ultimo episodio dell’Ispettore, nelle ultime pagine si rimane col fiato sospeso perché forse le cose potrebbero non concludersi necessariamente per il meglio data la situazione in cui si trova il protagonista.
I disegni di Battaglia ovviamente non necessitano di commenti, il lavoro di Roi è eccezionale. Pur se la sua personalità inevitabilmente si fa strada con un maggiore realismo, è evidente come abbia cercato di fare propri certi stilemi e anche certe fisionomie del Maestro. Anche l’approccio narrativo dei due disegnatori è differente: laddove Battaglia impostava le sue tavole come sfondi teatrali (rendendo talvolta ambiguo il senso di lettura) Roi è più tridimensionale. Da notare che anche i balloon sono stati elaborati come se fossero stati fatti da Battaglia.
Un volume veramente molto bello che offre una storia piacevole e dei disegni stupendi e non solo un tributo a uno dei Maestri del fumetto italiano; qualche anno fa la sua pubblicazione sarebbe stata salutata come un evento. L’unico difetto sono alcuni errori nel lettering della seconda parte, ma nulla che rovini l’insieme.

domenica 21 giugno 2020

La Solitudine del Fumettista Errante

Preso per i fumettisti d’invenzione, questo fumetto fa parte del genere (perché ormai è un genere vero e proprio) in cui gli autori raccontano le loro esperienze come professionisti: la falsariga è quella di Emotional World Tour, visto che molto spazio è dedicato alle fiere e alle presentazioni, ma lo spirito è quello dell’“Uomo in Pigiama” Paco Roca perché il tutto è trattato in maniera umoristica.
Articolato come un diario, prende le mosse dal 1982 quando Adrian Tomine, bambino spaesato in una nuova scuola di Fresno, spiega il suo amore per i comics e la sua aspirazione a diventare un fumettista, guadagnandosi il ruolo di bersaglio dei nuovi compagni di classe. Tredici anni dopo Tomine vola a San Diego, ormai autore affermato o convinto di esserlo. E da qui in poi vengono raccontati gli episodi più strani, umilianti e assurdi che il protagonista ha vissuto in oltre vent’anni di carriera. È evidente che è spiacevole, e a volte anche traumatico, essere scambiato per un tecnico informatico da un altro disegnatore, venire accusato di aver tradito il primo editore, scoprire i mezzucci con cui il gestore di una fumetteria (bontà sua) raccatta dei “fan” per una presentazione altrimenti deserta, avere a che fare con quello stronzo di Frank Miller ed essere messo in ombra da Neil Gaiman, ma Tomine racconta questi episodi con grande autoironia e spesso li collega fra di loro creando una certa continuity. È lui insomma il primo a riderci sopra, come testimoniato anche dalla gag ricorrente del cognome storpiato, o meglio impronunciabile ai più.
Ne La Solitudine del Fumettista Errante confluiscono anche alcune vicende personali dell’autore, e l’ultimo capitolo ambientato nel 2018 è molto lungo e drammatico: Tomine, che si ritrae sempre come insicuro e paranoico (per fortuna ha la moglie a fargli da maturo contrappeso), finisce al pronto soccorso per dei sintomi che potrebbero essere gli stessi della patologia cardiologica che ha portato alla tomba suo padre. In queste 33 tavole non mancano momenti divertenti e i soliti spunti autoironici (fino al beffardo finale) ma l’angoscia è tangibile.
Si tratta insomma di un fumetto molto divertente in cui Tomine conferma dopo Morire in Piedi la sua totale padronanza del mezzo e la perfetta capacità nel gestire i tempi comici. Graficamente è molto piacevole nonostante l’intenzione di spacciarlo per un diario schizzato in fretta: ovviamente altre opere di Tomine sono più curate, ma la sua maestria emerge anche dai pochi segni con cui disegna un viso e dai tratteggi solo apparentemente confusi con cui riempie le vignette. I suoi personaggi, poi, sono sempre molto espressivi.
Il volume ha però un difetto alquanto fastidioso: è confezionato sin dalla copertina e dai risvolti come un quaderno a quadretti (in modo da creare una mise en abîme metanarrativa con l’ultima tavola) e i quadretti ci sono davvero. Per quanto siano quelli classici azzurrini, tendono un po’ a confondere i disegni, che per loro natura in questo progetto sono volutamente poco marcati. Quando poi il bordo di una vignetta si trova accanto a una colonna di quadretti l’effetto è un po’ simile a quello “ipnotico” dei vecchi retini messi senza criterio, fenomeno ancora più evidente quando in una vignetta ci sono dei tratteggi. Peccato.

giovedì 18 giugno 2020

Fumettisti d'invenzione! - 150

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)

ITALIA’S GOT COMICS
(Italia 2020, in Scottecs Megazine, © Sio, umorismo)
Sio [Simone Albrigi] con interventi di TheSparker [Stefano Conte] e Dado [Davide Caporali]

In un reality show per fumettisti (magari un giorno faranno pure quelli, ammesso che non esistano già) sfilano vari concorrenti: la piccola Minichela presenta L’Unicorno Rosa e l’Orsetto Magico vanno al Parco della Felicità Ciao!; Ravenna dalla provincia di Simona partecipa con due pagine ben disegnate (da TheSparker) ma senza trama; il signor Sergio tenta con il curato Tek (parodia di Tex disegnata da Dado) ma ottiene maggior successo con il suo webcomic VitaDiDai che i giudici vedono per caso; un partecipante piuttosto disturbato presenta una pagina intimista e alla fine vince Mangakina96 Rossi con Daneris Targaris va al mercato: il fumetto è brutto ma è l’unico che soddisfi le regole del programma (c’è un motivo se si chiama Italia’s GOT Comics).

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

ASSO
(Italia 2012, © Roberto Recchioni, autobiografia)
Roberto Recchioni

Raccolta ampliata delle storie brevi comparse sul blog di Recchioni con alcuni interventi di altri autori e amici. “Asso”, poi parodiato da Esso, è un fumettista che a seguito della terza grave crisi dovuta alla sua condizione medica cambia approccio alla vita.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

GROO THE WANDERER (GROO IL VAGABONDO)
(Stati Uniti 1981, in Destroyer Duck, © Sergio Aragonés, parodia)
Sergio Aragonés [con contributi ai testi di Mark Evanier]

Parodia di Conan il Barbaro, Groo è un guerriero che vive in un mondo fantasy.
La storia editoriale del personaggio è piuttosto articolata: Aragonés (spagnolo naturalizzato messicano) ideò il personaggio alla fine degli anni ’70 e inizialmente Mark Evanier gli faceva solo da traduttore; il suo obiettivo era rimanere proprietario della sua creazione, cosa che all’epoca nessun editore di comic book concedeva. Groo the Wanderer vide quindi la luce con una storia breve solo nel 1981, in un albo edito da Eclipse Comics dedicato alla raccolta fondi per l’assistenza legale a favore dei diritti degli autori. Un’altra storia breve sarebbe comparsa qualche mese dopo come riempitivo in Starslayer 5 edito da Pacific Comics, casa editrice che dal 1982 pubblicò la serie regolare del personaggio totalizzando otto comic book. A seguito delle difficoltà finanziare della Pacific, Aragonés ed Evanier si rivolsero alla Marvel Comics, che con l’etichetta Epic pubblicava materiale diverso dai supereroi e di cui gli autori detenevano i diritti: questa serie durò ben 120 numeri.
È lo stesso Sergio Aragonés a introdurre il protagonista nel primo comic book della Pacific a lui dedicato, introduzione ristampata poi con qualche modifica nella versione Epic.
Ma citazioni e camei non finiscono qui:

The Sage in Groo the Wanderer 6 (1983). Sergio Aragonés (con Mark Evanier) (T), Sergio Aragonés (D)
A seguito delle richieste da parte dei lettori, Aragonés decide di spiegare cosa fa di preciso Evanier, spesso citato tra gli autori degli episodi di Groo con gli epiteti più bizzarri (qui ad esempio è un «elucidator»). Il posto solitamente occupato dalla serie d’appendice The Sage viene quindi sacrificato in favore di una storiella metanarrativa: il breve episodio diventa uno sguardo più approfondito sul metodo di lavoro usato dai due autori, occasionalmente accidentato dalla padronanza non proprio perfetta che Aragonés ha dell’inglese. Alla fine si scopre che Aragonés realizza i suoi fumetti senza badare a spese, ingaggiando un sacco di comparse e oggetti di scena.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

1 DE TRANSITO-RIO
(Argentina 2008, in La Duendes (segunda época), © César Hernàndez, umorismo)
César Hernàndez

Un fumettista (l’autore stesso?) è a corto di idee e percorre la città spazzata dal vento finché incontra una donna. Fanno l’amore ma nell’albergo dove si trovano è proibito innamorarsi. E così torna a casa ma l’ispirazione per un fumetto ancora non gli arriva.
Hernàndez ha disegnato questo breve fumetto ricorrendo ai segnali stradali, opportunamente modificati laddove la storia lo richiedeva.

lunedì 15 giugno 2020

Young Justice 1: Gemworld

Contrariamente a quello che si poteva pensare dal titolo e dalle immagini, Young Justice non è un titolo per bambini (non più di quello che siano già i supereroi). Michael Brian Bendis gioca con la metanarrazione, satireggiando sulle periodiche “Crisi” dell’Universo DC (veramente sono state solo sette?), sbertucciando le convenzioni dei supereroi DC (mica sempre Superman arriva quando uno lo chiama…), citando le possibili varie versioni dello stesso personaggio, lavorando sulle frasi a effetto dei “cattivi” e infarcendo i dialoghi di doppi sensi metanarrativi, lavorando anche sull’aspetto grafico come i balloon che si sovrappongono.
La storia prende le mosse quando Jinny Hex giunge a Metropolis proprio quando da Gemworld decidono di invadere la terra. Finiti su quel mondo, i sei componenti della Young Justice ritrovano uno dei vari Superboy e si alleano con la principessa Ametista che deve far fronte a problemi di politica interna (cioè altre casate vogliono ammazzarla). Mentre la trama principale si snoda nelle prime metà dei capitoli, l’altra metà approfondisce il passato di alcuni dei protagonisti e con questa scusa vengono impiegati dei disegnatori ospiti.
La vicenda è abbastanza semplice e Bendis cerca di renderla più interessante con continui flashback. È purtroppo inevitabile che forzando la mano sugli stereotipi dei fumetti di supereroi finisca per usarli a piene mani. E peccato anche che la storia nasca o si sviluppi o si inserisca nel contesto di una trama più ampia in cui questo Robin ha perso memoria degli ultimi eventi (retroscena di chissà quale cross-over).
I disegni di Patrick Gleason sono un po’ pupazzettistici, soprattutto quando si concentra sui personaggi più giovani e umoristici come Kid Flash, ma azzecca spesso dei bei volti e delle belle inquadrature accanto a semplificazioni anatomiche che non amo molto. A livello grafico poteva andare molto peggio, e infatti dal quinto episodio andrà drammaticamente peggio, ma lo stile un po’ deformed ben si adatta al taglio spiritoso imposto da Bendis. Un po’ meno efficace la Lupacchino, ma sempre meglio del terribile Viktor Bogdanovic: come ho anticipato, però, il vero bagno di sangue qualitativo arriverà col quinto capitolo visto che Gleason non ce l’ha fatta a disegnare gli ultimi due episodi che sono passati nelle mani di John Timms (che proprio per il quinto episodio si è fatto aiutare da Kris Anka ed Evan “Doc” Shaner, non so chi sia peggio).
Questo primo arco narrativo ne introduce un altro ma è comunque godibile anche a sé stante. In sostanza un fumetto divertente che sarebbe stato più piacevole con un comparto grafico meno improvvisato.

venerdì 12 giugno 2020

Historica Biografie (I Grandi Pittori) 38: Paul Gaugin

Sin dai disegni questo trentottesimo numero si stacca dagli altri numeri della collana: Nicoby disegna infatti con uno stile istintivo e caricaturale che rimanda ai lavori dell’Association più che a quelli di un disegnatore di fumetti storici. Anche la struttura delle tavole asseconda questo estro riducendosi spesso a sole sei vignette per pagina.
Come già nel precedente Klimt Paul Gaugin non affronta che un periodo ben determinato e circoscritto della vita del protagonista, con qualche sparuto flashback qua e là. E come nel caso di Leonardo da Vinci non è che il protagonista sia proprio lui, non del tutto almeno. In queste 46 pagine Gaugin divide infatti la scena con Van Gogh, che nel 1888 lo chiama ad Arles per concretizzare il progetto di lavorare insieme nello stesso atelier. Il progetto naufraga presto a causa della diversa concezione dell’arte dei due pittori e delle asperità dei loro caratteri: Van Gogh è isterico e ossessionato dalla natura, Gaugin sembra più misurato e razionale però nasconde delle ambizioni da megalomane. Il tutto culminerà col celeberrimo (e quasi irritante, o perlomeno noioso, a vederselo riproposto per l’ennesima volta) episodio dell’orecchio tagliato.
Pur con una concessione all’onirismo dovuta a una “illuminazione” di Gaugin, Patrick Weber scrive in maniera pulita e rigorosa, privilegiando la concatenazione naturale degli eventi rispetto alle pindariche disquisizioni sull’arte che comunque sono presenti. Il ricorso a un po’ di aneddotica spicciola permette di rendere più umani e simpatici i due protagonisti.
I disegni sono quelli che ho descritto sopra e non ne sono affatto entusiasta (tanto più che sono collocati in una collana che nacque realistica), anche se sicuramente Nicoby avrà i suoi estimatori. Di certo i monologhi di Van Gogh sulla forza dei colori perdono ogni senso davanti all’uso greve che Kness fa del computer per colorare il volume non lesinando su alcuni effetti che danno una forte impressione di artificialità.
Tra l’approccio grafico di Nicoby che prevede sfondi poco curati (o proprio assenti) e la narrazione a volte costretta in sole sei vignette per tavola la lettura si conclude con una certa rapidità, eccessiva se la confrontiamo a quella di altri lavori ospitati su questa collana.
Alla fine la parte che ho apprezzato di più di Paul Gaugin è il dossier finale a cura di Dimitri Joannidès, breve ma esaustivo nel raccontarne la vita e i molti rovesci di fortuna (ma non ho capito perché insistere tanto sul suo allontanamento dall’Impressionismo, cosa di cui si potrebbe discutere).

martedì 9 giugno 2020

Historica 92 - Capo Horn 1: All'estremo del mondo

Alla fine dell’800 varie storie si incrociano nell’inospitale Terra del Fuoco: Johannes Orth e il suo vecchio compare Duca vengono fregati dal prussiano Kruger che scappa col loro bottino, il celebre navigatore Jason Low doppia Capo Horn, la nave francese Bisson effettua le sue ricerche scientifiche popolata da una varia umanità (il giovane capitano François Boeldieu scrive all’amata Julie illudendosi che aspetti il suo ritorno; lo spietato Ferenzci tratta gli indigeni come animali; il dottor Frossard antepone la curiosità scientifica alla dignità umana), il reverendo Bridges deve difendere la sua missione dalle mire di chi vorrebbe esautorarlo insieme alla giovane Anna Lawrence, un certo Mac Hilian dà la caccia a Orth e, ciliegina sulla torta, il comandante Lagarigue ambisce a diventare reggente del posto dopo essersi visti disconosciuti i meriti militari di “pacificatore” della Patagonia.
Troppa carne sul fuoco (e ho pure sorvolato sull’indio Yakaïf e sull’oste Ernesto e sua moglie) per creare un mosaico che sia immediatamente decifrabile e in cui i contatti tra i vari personaggi non sembrino un po’ forzati: guarda caso, Low finisce proprio in infermeria con Duca, Boeldieu (nell’unico momento in cui mostra un po’ di carattere) fa a pugni proprio con Kruger, ecc. Il primo episodio, La baia rivolta a est, è in pratica un enorme preambolo alla storia che comincerà a svilupparsi solo a partire dal secondo, Sulla scia dei cormorani, che non a caso comincia con una tavola in cui vengono riassunte le varie sottotrame.
Capo Horn non è male, se non altro perché presenta una storia d’avventura come non se ne fanno quasi più, ma per poterci capire veramente qualcosa toccherà aspettare la conclusione: anche se i due episodi constano ognuno di 54 tavole è inevitabile che con tutti questi personaggi certe sequenze sembrino frammentarie e poco approfondite, così come quello che dovrebbe essere il protagonista principale, Orth, è ammantato da un’aura di mistero (è veramente un cercatore d’oro? O è un rivoluzionario? O un rapinatore?) che ragionevolmente si scioglierà solo alla fine.
Diciamo che per il momento si fa apprezzare di più per la descrizione dettagliata del clima e della fauna della Patagonia, e per la ricostruzione degli usi e costumi degli Yamana. E non è poco.
Ai disegni Enea Riboldi convince grazie alla pulizia del suo tratto, che quando è necessario si arricchisce di tratteggi e particolari. A colorare le sue tavole è intervenuto un esercito di coloristi: Cosimo Lorenzo Pancini, Simone Massoni, Naomi Mallegni e Linda Cavallini per La baia rivolta a est, Diego D’Aquila e Sébastien Lamirand per Sulla scia dei cormorani. Come spesso accade con la colorazione al computer, alcuni di loro hanno un po’ coperto il tratto di Riboldi mentre all’inizio di Sulla scia dei cormorani l’atmosfera risulta troppo livida.
Una curiosità: nella mia edicola di fiducia ne sono arrivate due copie, come succede da alcuni mesi a questa parte con Historica. Il buon edicolante me le ha conservate entrambe per farmi scegliere quale preferivo visto che una presentava una copertina (e anche il retro e la costa) con dei colori molto più scuri, tanto da farli sembrare quasi due volumi diversi: forse il numero invisibile sul dorso del volume precedente era dovuto proprio a un errore tipografico del genere.

lunedì 8 giugno 2020

Canon Fodder

Questo è il miglior fumetto di Mark Millar che abbia mai letto. Bella forza, direte voi, con le banalità o le infami minchiate che lo sceneggiatore ci ha propinato in tutti questi anni. Ma al di là dei paragoni con le altre sue opere, Canon Fodder è un fumetto divertente e ben costruito di suo.
Da quel poco che conosco Judge Dredd, immagino che questa sia una sua versione in salsa religiosa. Nel primo ciclo qui raccolto il protagonista non è esattamente sotto i riflettori (forse la saga precede l’intervento di Millar?) ma condivide la scena con il dottor Watson, che lo coinvolge nella sua ricerca dell’anima di Sherlock Holmes e del suo nemico Moriarty, suicidatisi insieme (sottintendendo forse anche una relazione omosessuale?) per andare in paradiso ad ammazzare Dio! Ai due si unisce anche Mycroft Holmes, fratello di Sherlock che viene reso come un Joker all’ennesima potenza.
Nel mentre le anime e i corpi dei defunti tornano dalla tomba a causa dell’Apocalisse: la sceneggiatura è zeppa di prolessi e analessi e quindi non ho capito se questa Fine dei Giorni è causata dall’assassinio di Dio (Sherlock Holmes e Moriarty non sono le uniche forze in gioco…) o se invece ne è la causa, o ancora se non c’entri niente. Ma chi se ne frega: la storia è spassosa e piacevolmente iconoclasta. Le uniche due critiche che potrei muovere alla storia in realtà non reggono: la lettura in volume si conclude abbastanza in fretta, ma posso immaginare quanto sia stato appagante per i lettori di 2000 A.D. vederla finire in sole sette puntate; non ha senso poi lamentarsi dell’uso del deus ex machina finale, perché è esattamente quello che doveva succedere per risolvere la situazione.
Forse con una certa tendenza a strafare, Millar esce trionfante dal banco di prova in cui si vede la stoffa di una sceneggiatore, ovvero le storie di sei pagine (altro che decompressione!) inoltre i disegni (e i colori) di Chris Weston sono stupendi, anche nel suo caso il meglio che ricordo di avergli visto produrre. D’altra parte all’epoca i due autori erano a inizio carriera o poco più, quindi è logico che ci tenessero a fare la più bella figura possibile. Nel volume non viene indicata nessuna data di pubblicazione originale, ma Weston ha datato la copertina ’92 quindi era sicuramente uno dei loro primi lavori.
Il secondo ciclo qui raccolto non è scritto da Millar ma da tal Kek-W. Non ho colto però differenze di sorta nello stile e nello spirito generale. Stavolta (anche a seguito degli eventi della puntata precedente) il curato Fodder è colto da dubbi di fede che si inaspriscono quando “inavvertitamente” causa l’eccidio di alcune suore tenute in ostaggio. Viene pertanto sottoposto alle cure poco ortodosse del redivivo (l’Apocalisse, ricordate?) Sigmund Freud, mentre dal suo passato torna uno dei quattro appartenenti alla Pattugli dei Preti, il Diacono Blue. Il terzetto si imbarca in una missione all’interno dell’inconscio collettivo dell’umanità, devastato dagli accadimenti del XX secolo, ma non tutto è come sembra e dopo la metà di questo ciclo di otto episodi Fodder si trova a dover far parte di una task force insieme ad Einstein, Tesla e Wilhelm Reich per distruggere la materia oscura che ha invaso le coscienze umane. A quanto pare sarà una missione suicida per lui.
In estrema sintesi questo è quello che succede nella seconda metà dell’albo, che però è un florilegio di trovate e situazioni pazze e strampalate. Anche qui come nel caso di Millar ci sono (o credo che ci siano) dei riferimenti alla cultura popolare britannica che non ho colto, abbondantemente controbilanciati da altri corrosivi siparietti comici (come l’invidia di Freud verso Jung) accessibili a chiunque. La parte grafica asseconda l’esplosione creativa di quella testuale e Weston, dettagliatissimo ed espressivo, realizza delle tavole oniriche e spettacolari. Mi è sembrato che questo secondo ciclo sia stampato un po’ peggio rispetto al primo, e d’altra parte il passaggio dal formato rivista a un incongruo comic book si nota, con quegli spazi bianchi in alto e in basso. Niente di drammatico, comunque.
Canon Fodder non è certo un fumetto epocale, né sicuramente ambiva a esserlo: vuole solo divertire senza prendersi troppo sul serio (magari sbeffeggiando un po’ religione e autorità), e ci riesce alla perfezione. E i disegni sono meravigliosi.

venerdì 5 giugno 2020

Acc... dannaz... malediz...

Solito post in cui mi lamento del fatto che il nuovo Historica non è ancora arrivato in edicola. Peccato, perché quello di questo mese sembra interessante (ma non lo aveva già pubblicato qualcun altro, in Italia?).
Oh, beh, non tarderà ancora molto, spero.

mercoledì 3 giugno 2020

Il Morto 42: Un posto al sole

Numero molto particolare de Il Morto, in cui il protagonista compare solo dopo un’ottantina di pagine.
Una televisione locale vuole incrementare gli ascolti e per questo ingaggia il polemista Renzo Rughi (parodia di Mughini?) che, già fattosi strada come opinionista grazie alle sue provocazioni, è entrato in possesso del video girato lo scorso numero, in cui si vede Il Morto picchiare dei malviventi.
All’emittente vorrebbero altro materiale del genere, e così i due ragazzi che hanno filmato Il Morto organizzano delle riprese artigianali in cui degli “attori” reclutati in una palestra di arti marziali fingeranno nuove prodezze del Morto: il più simile a lui per corporatura viene mascherato con un costume appositamente commissionato e gli altri fingeranno di prenderle come nel primo video. Nel mentre il redivivo Bombarda viene messo sulle tracce del Morto a seguito di questi passaggi televisivi apocrifi, e come facilmente intuibile tutto si risolverà con una serie di drammatici equivoci e scambi di persona. Drammatici ma divertenti.
Ruvo Giovacca imbastisce insomma un episodio beffardo come da migliore tradizione della serie: una lettura veramente molto piacevole pur se l’indagine sul passato di Peg non si muove di un passo. La sorte finale di Rughi sembra poi una concessione al politically correct, per quanto giustificata dalla trama, ma forse agli autori Rughi/Mughini stava proprio sulle palle!
Ai disegni l’accoppiata Piero Conforti/Gianluca Francesconi fa il solito buon lavoro.
In appendice la storia breve Sotto… sotto, episodio muto di Oltre la Realtà scritto da Paolo Forni con piglio lovecraftiano e disegnato da un acerbo Simone Perlina che si ispira a Eduardo Risso.