martedì 31 luglio 2018

Un cliffhanger lungo 25 anni

Sul numero 124 de L'Eternauta compariva (dopo vari annunci sulla collana Grandi Eroi, se ricordo bene, e privato del colore) il tredicesimo episodio di Jugurtha: Il Grande Antenato. Quel numero era datato agosto 1993 ma con ogni probabilità, come era comune per gli speciali estivi della Comic Art, era uscito a luglio insieme al 123.
Il Grande Antenato si concludeva con un bel cliffhangerone e per un po' rimasi in attesa di sapere come sarebbe andata a finire la vicenda di Jugurtha e delle sue donne. Finalmente da oggi posso saperlo:
Praticamente dopo 25 anni esatti da quella prima lettura.

lunedì 30 luglio 2018

Gabelle, gabelle e ancora gabelle

Parafrasando il titolo di un mio vecchio pezzo per DM Magazine. Era tanto tempo che non facevo acquisti su internet e oggi insieme al pacco mi è arrivata una sorpresa: 54 euro da pagare per oneri doganali!
Non mi era mai successa una cosa del genere; solo una volta, unica fra le tante, avevo dovuto pagare 10 euro o giù di lì. A questo punto mi chiedo se sono stato io particolarmente sfigato (54 euro sono più del 25% di quello che vale la merce) o se adesso è normale che funzioni così, almeno per i pacchi che arrivano dagli Stati Uniti. Qualcuno sa dirmelo, in modo da regolarmi per il futuro?

domenica 29 luglio 2018

Notiziona per gli amanti del fumetto franco-belga

Evidentemente i lettori italiani non hanno ancora fatto indigestione di BéDé, nonostante tutte le collane che sono uscite negli ultimi anni. 60 uscite (!) a partire dal 23 agosto.

martedì 24 luglio 2018

La nuova frontiera della pessima stampa

Anche il lettering stampato male con caratteri fluo! Succede nell'ultimo numero, il 69, della ristampa integrale di Hellblazer della RW Lion, in cui peraltro il costo viene ritoccato a 7,50€.
Non mancano bestialità varie come degli a capo sballati (assai frequenti)
e anche un classico testo ripetuto in due balloon diversi
ma la cosa più curiosa è che il lettering, forse per problemi di spazio nelle nuvolette, spesso salta gli spazi e accorpa parole diverse!

lunedì 23 luglio 2018

Cosmo Serie Nera 33 - La Bionda: Colpo Doppio

La Cosmo continua la sua opera di ristampa dei classici italiani nel ristretto 16x21. Si vede che il formato è ancora apprezzato da lettori italiani, nonostante la stessa Bonelli stia sondando nuove strade.
Stavolta l’autore omaggiato è Franco Saudelli, dopo che la Cosmo ha già dedicato a La Bionda un volume costosetto in un formato un po’ più grande ma comunque non adattissimo a queste tavole, cioè il 17x26 dei comic book.
Per ragioni anagrafiche io ho potuto leggere La Bionda solo frammentariamente, a mano a mano che recuperavo i numeri o le raccolte di Comic Art, in ordine casuale e anche a distanza di anni l’uno dall’altro. Il risultato è che non mi ci raccapezzavo molto, tanto più che il primo episodio (quello che dà il titolo al volume Cosmo) era stato spalmato su un bel po’ di numeri della rivista. Ma anche una lettura organica dal primo all’ultimo episodio è stata un’esperienza piuttosto caotica e confusionaria! Saudelli, che pure aveva scritto il raffinato e razionalissimo Porfiri, qui si lasciava trasportare e si inventava veramente di tutto, accumulando personaggi e colpi di scena uno dopo l’altro. E, anche nel contesto leggero di questo fumetto umoristico e fetish, gli spunti di partenza non erano esattamente banali, mettendo in scena piani arzigogolati, doppi e tripli giochi e persino diversi livelli di realtà in un’epoca in cui l’idea di realtà virtuale non era ancora diffusa.
Un classico del blog: le edizioni a confronto
La maniera migliore di godersi La Bionda è lasciarsi trasportare dalle situazioni senza farsi tante domande, divertendosi con le battute e le citazioni e godendo ovviamente del disegno di Saudelli. La Bionda è infatti la testimonianza dell’evoluzione dello stile dell’autore: dopo qualche strascico delle tavole scarne e asettiche di Iberland e Giorno senza Fine (mi chiedo ancora come mai già all’epoca Saudelli godesse di tanta considerazione, tanto da pubblicare persino su Alter) in Bondage Palace avviene la netta maturazione, con un segno finalmente più modulato ed espressivo, e senza più il timore di sporcare il candore delle vignette con qualche tratto o puntino in più. Con la seconda parte di Bondage Palace tocchiamo l’apice grafico di Saudelli, che ormai nel pieno della maturità artistica arricchiva le tavole di una splendida mezzatinta morbida ed espressiva. Arrivati a questo livello, è quasi superfluo leggere i dialoghi da tanto “recitano” bene i personaggi. In Fobus III e dintorni avverrà il passaggio alla grassa e sensuale matita che fu il marchio di fabbrica dell’autore prima di entrare nello staff di Dylan Dog. Chiaramente questi ultimi due episodi sono quelli riprodotti peggio a causa delle tecniche impiegate.
Per i motivi che ho elencato sopra soffermarsi sulla trama è superfluo, tanto più che essendo strettamente in continuity le quattro avventure de La Bionda costituiscono un universo molto ricco e articolato che sarebbe lungo da dipanare, e oltretutto lo spoiler è in agguato. Come scritto da Paolo Di Orazio nell’introduzione, la trama (per quanto complessa) era più che altro una scusa per materializzare i fantasmi erotici di Saudelli, il suo feticismo per i piedi e la passione per il bondage, oltre che per le donnone dominatrici – leggenda vuole che quest’ultima fosse legata alla manesca zia di Superbone che Saudelli leggeva su Il Monello. Le situazioni non sono mai volgari, c’è anzi sempre un ruspante umorismo che stempera anche le situazioni che potrebbero sembrare vagamente violente. Gli occasionali sfondamenti della quarta parete sono anch’essi godibilissimi e non sono affatto una maniera, come succede altrove, per buttarla sul ridere quando non si sa che pesci pigliare.
Ancora...
Le donne di Saudelli sono incredibilmente vive e dotate di grandissima personalità. Non solo è riuscito a creare dei volti differenti e riconoscibilissimi per ognuna di loro senza farne delle caricature (missione impossibile per molti disegnatori), ma il lettore riesce a distinguerle anche dalle forme e dalla camminata. Ne La Bionda sfilano corporature adatte a tutti i gusti: c’è anche una presenza piuttosto generosa di taglie forti e fortissime, ma Saudelli non le ha trattate né con compatimento né con sarcasmo, ritagliando anche per loro dei siparietti provocanti.
Resta un po’ d’amaro in bocca per la conclusione sospesa della vicenda, che avrebbe necessitato di una vera fine. Se non ricordo male (ho letto solo il numero 0) l’effimera serie della Granata non riprendeva la trama originaria ma sviluppava storie autonome.
La qualità di stampa della Cosmo è deludente, non solo negli episodi realizzati con la matita e a mezzatinta. Evidentemente molti originali sono in mano a collezionisti, come testimonia anche la scritta “fine” posta in calce all’ultima tavola del secondo episodio, palesemente scansionata da Comic Art. Però mi sembra lo stesso strano che non siano riusciti a stampare meglio molte tavole. Quelle dell’episodio breve Colpo di Sonno sono evidentemente tratte da un’edizione spagnola, e sono quelle che hanno subito i danni maggiori.
...e ancora.
7,90 euro per questo bonellide di 224 pagine sono un prezzo onesto, ma resta la voglia di leggere La Bionda in un’edizione più grande e stampata meglio – non in comic book a 22 euro, per carità.

giovedì 19 luglio 2018

Chi l'ha visto?

La Panini ne aveva annunciato uno dei suoi integralini un bel po' di mesi fa, alla fumetteria dove l'avevo ordinato mi hanno detto che periodicamente ricevevano comunicazione di ritardi nell'uscita...
Mi è venuto il sospetto che fosse uscito in sordina e in copie limitate per poche fumetterie, ma anche il sito della Panini lo dà "in ritardo". Certo che sette mesi sono un bel ritardo!

martedì 17 luglio 2018

Alter compare nei posti più inaspettati

Ad esempio sui muri di un interno del film I Fichissimi (Carlo Canzina, 1981):
Nell'immagine non si vede bene, ma è proprio la rivista della Rizzoli - Milano Libri, oltretutto nella versione rivista-poster.

domenica 15 luglio 2018

Fumettisti d'invenzione! - 134


Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

MARIONETTE GENERATION (IDEM)
(Giappone 1989, in Newtype, © Kodakawa Shoten, fantastico)
Haruhiko Mikimoto [Haruhiko Sato]

Izumi Morino è un mangaka di belle speranze attratto dalla sua assistente quindicenne Kinoko. La vita dei due viene stravolta dall’arrivo di Lunch, una bambola dotata di vita propria che si insinuerà nel loro rapporto.

[NARRATIVA] CARTOONIST COME COMPARSA (categoria non presente nel volume di Castelli)

ENRICHETTO COSIMO ALLA RICERCA DEL MANGA MANGANTE
(Italia 2012, Einaudi, ragazzi)
Luca Raffaelli

Per liberarsi dalle attenzioni del bullo Frangipane, il dodicenne Enrichetto Cosimo finge di possedere tutti e 32 i numeri del suo manga preferito, Robostrak, autografati dall’autore Furukawa in persona.
Visto che Frangipane vuole vedere dal vivo i volumi autografati, Enrichetto si imbarca in un rocambolesco viaggio in Giappone insieme agli amici Polletti e Beatrice, dove non solo incontrerà veramente Shimitsu Furukawa ma scoprirà un’incredibile verità su suo padre.
Altri mangaka d’invenzione citati sono Fumitsu Sakamoto, Akira Miyazawa e Tetsuo Miyazaki.
Enrichetto Cosimo era stato ideato da Raffaelli per Atinù, l’inserto per ragazzi de L’Unità.
Pseudofumetti: oltre a Robostrak, Shimitsu Furukawa lavora a Ponitron 2, un successo più recente.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

CATTIVIK
(Italia 1970, in Tiramolla [il personaggio nacque a metà anni ’60 per una storia a diffusione limitata su un giornale studentesco modenese], © McKenzie, comico)
Bonvi [Franco Bonvicini]


Cattivik e la Notte delle Ombre in Tiramolla (1971). Bonvi [Francesco Bonvicini] (T), Silver [Guido Silvestri] (D)
Avventura strampalata in cui Cattivik incontra una miriade di personaggi della casa editrice Alpe, tanto da richiedere l’intervento del Direttore Responsabile della casa editrice che rimanda ognuno nel suo fumetto d’appartenenza.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
PARODIE (pag. 67)

FETHRY DUCK (PAPEROGA)
(Stati Uniti 1964, per il Disney Studio Program, © Disney, umorismo)
Dick [Richard Timothy] Kinney (T), Al [Allan] Hubbard (D)

Fethry Duck è il cugino fricchettone di Paperino, stralunato e spesso preda di manie e passioni temporanee. Il personaggio venne introdotto nella storia The Health Nut realizzata all’interno del progetto Disney Studio Program, ovvero un archivio di storie disneyane realizzate da autori statunitensi appositamente per i mercati esteri che avevano necessità di molto materiale con cui riempire gli albi a fumetti locali.

Paperoga con la testa tra le nuvolette in Topolino (2017). Tito Faraci (T), Renata Castellani (D).
Paperino accompagna Paperoga in una fumetteria dove il cugino finisce per far spazientire il commesso con le sue scempiaggini. Tra i fumetti in esposizione si possono vedere copie di Iron Duck, X-Ducks, Paperix, Bat-Duck. Paperoga non riesce a comprare altri fumetti dai titoli fantasiosi (Grumo, Porcello Spavaldo, Alieni contro Idraulici – la Rivincita e Le Avventure di Fax, il Cow-boy saputello) perché li ha inventati lui sul momento!

giovedì 12 luglio 2018

Historica Biografie 15: Cleopatra (prima parte)

Come già anticipato a queste latitudini da alcuni commenti, la collana Historica biografie allarga le sue proposte oltre i confini dell’omologa francese Ils ont fait l’Histoire, attingendo in questo caso da un’altraregina di sangue”, Cleopatra. Come nel caso di Churchill, si tratta solo della prima parte di quella che viene annunciata in quarta di copertina come una trilogia.
La storia prende le mosse dall’incoronazione dell’adolescente Cleopatra VII Tea Filopatore insieme al fratello Tolomeo, ancora bambino. Il rapporto tra i due è estremamente problematico e mentre tutt’attorno infuriano le lotte tra Cesare e Pompeo, il cuore dell’Egitto vive di provocazioni reciproche e di complotti.
L’immagine che viene data di Cleopatra è quella di una donna cinica e decisa, rigidamente convinta della propria superiorità dinastica e mossa dall’ambizione ma anche dal capriccio, ben consapevole del potere che può esercitare sugli uomini con le sue grazie muliebri. Non essendoci un apparato redazionale ignoro se la voracità sessuale di Cleopatra abbia fondamenti documentati e se alcuni dei personaggi-chiave della storia siano esistiti veramente; ma anche se gli autori avessero piegato la realtà storica alle esigenze narrative per meglio evocare la personalità della protagonista non ci sarebbe comunque nulla di male.
Marie e Thierry Gloris scrivono in maniera molto piacevole e avvincente. Le didascalie si dividono tra i pensieri di Cleopatra e quelle classiche descrittive. Il registro della scrittura alterna elementi nozionistici inseriti anche nei dialoghi (ma con molta naturalezza e senza l’impressione che si tratti di info-dumping) a sequenze dal taglio nettamente ironico e beffardo, veramente molto riuscite: la migliore è quella dell’ingresso di Cleopatra, non invitata, alla festa di Tolomeo a cavallo di un elefante!
Per quel che riguarda i disegni, Joël Mouclier cerca con il computer di emulare i fasti di quanti negli anni passati usavano gli acquerelli o le tempere. La prima impressione che fanno le sue tavole è veramente ottima, anche se durante la lettura emergono alcuni limiti del mezzo come l’approssimazione di certi dettagli sugli sfondi o le masse di colore stese occasionalmente in maniera troppo pesante o compatta. Assai di meno si notano invece le elaborazioni digitali dei palazzi e i copia/incolla di alcuni elementi come le monete o le decorazioni degli scudi, che invece sono fastidiosamente evidenti nel lavoro di altri disegnatori. Anche la parte grafica di Cleopatra è comunque di ottimo livello, tanto più che sotto gli orpelli digitali si notano chiaramente la grande espressività che Mouclier sa dare ai personaggi e il suo gusto per una regia dinamica.
Nel complesso un volume molto bello, sicuramente tra i migliori della collana, con l’unico difetto che bisognerà attendere un po’ per leggere tutta la storia.
Pur senza gli articoli conclusivi Cleopatra ha la stessa foliazione degli altri Historica biografie visto che le pagine di fumetto sono 54 e non 46.

mercoledì 11 luglio 2018

Hallelujah, niente manga!

Finalmente la storia lunga in appendice al Linus di Igort non viene dal paese del Sol Levante. La terza uscita è finora quella che mi è piaciuta di più, e non solo per questo. Il numero di luglio vorrebbe essere dedicato al rock ma in realtà è abbastanza variegato e presenta molti recuperi della Ligne Claire con tanto di supposti progenitori.
In estrema sintesi, e limitandomi ai fumetti: sempre graditissime le riproposte di Schulz e di Watterson, a cui si aggiungono i ritorni di Klaus di Short (freddino ma a tratti simpaticissimo), del Rufolo di Tonetto (a proposito di Linea Chiara) e, incredibilmente, il Barnaby di Crockett Johnson!
Joost Swaarte è presente con una delle sue storie pazzerelle e surreali, al cui fondo (sarà per l’esasperazione geometrica) mi sembra di cogliere sempre un po’ d’inquietudine pur nella ostentata leggerezza della trama. Compare anche il grande Serge Clerc, supportato ai testi da François Gorin, con due brevissime storie di Phil Perfect: entrambe sono reinterpretazioni di alcuni momenti della vita di rock star (nella prima John Lennon, nella seconda Jim Morrison). Datate tutte e due 1982, credo che la seconda risalga a qualche anno dopo vista l’evoluzione dello stile di Clerc.
I Kin-der-Kids continuano la loro travagliata avventura, piuttosto travagliata anche per il lettore che si trova a leggerli in un formato un po’ più piccolo del necessario e deve sforzarsi di capire i nessi logici e diegetici con cui lo “zio Feininger” voleva legare le singole tavole – né aiuta il fatto che i balloon seguivano una logica tutta loro, peraltro variabile, nel posizionarsi nelle tavole. Continua anche Il Cammino della Cumbia di Toffolo, e anche qui comincio ad accusare qualche difficoltà nel seguire la trama, per quanto sia in effetti semplicissima. Al netto dei bei disegni (forse pensati per una futura pubblicazione orizzontale per meglio godere delle mezze tavole), Toffolo si perde nell’accumulo di comparsate più o meno eccellenti, nell’aneddotica estemporanea, in sottotrame per ora poco chiare.
Paolo Bacilieri è presente con un fumetto di due pagine risalente al 2008 ma inedito fino a oggi, ritorna il Cheech Wizard di Vaughn Bodé (e francamente in mezza tinta mi sembra più efficace che a colori) e continua l’eccezionale Perle ai Porci di Pastis, cosa non così scontata visto che Sattouf e Trudeau stavolta non ci sono. La Marzocchi porta avanti il suo Niger con invidiabile professionalità: ogni striscia è leggibile a sé, ma sviluppa al contempo la trama generale. Inoltre mi sto quasi abituando al suo tratto veloce e approssimativo.
Le new entry sono tutte di livello almeno buono: Lorenzo Mo presenta il simpatico Merendino, cagnolino astronauta alla ricerca della sua bella, Joe Kessler con il geniale Sniff mostra quanto si possa ancora giocare coi codici grafici del fumetto e Veronica Carattello racchiude ne Il Guardiano del Faro tutta una vita in due tavole. «Piccolo haiku visivo di grazia», lo definisce Igort nell’editoriale, e come dargli torto.
La storia conclusiva di Davide Reviati, Alla fine della strada, è molto suggestiva e ben costruita. Risale al 2012 ma non avendola letta prima è stata comunque una graditissima sorpresa.
Da segnalare che in questo numero torna anche Ennio Peres con il suo cruciverba più difficile del mondo! Quasi quasi gli mando la soluzione mettendo lettere a caso nella griglia e vediamo cosa succede.

martedì 10 luglio 2018

Il Morto 33: Altri delitti, altre vendette

Episodio apparentemente interlocutorio ma in realtà piuttosto importante per la trama principale. Peg e la sua amica hacker rimangono un po’ sullo sfondo lasciando in primo piano un trio di personaggi che si danno la caccia: Amos Maso chiede l’aiuto di Zaxan/Zadoc per uscire dal carcere e compiere la sua vendetta ai danni di Jenny, che ha sfregiato la sua compagna Vanda due numeri fa. Lo spietato faccendiere lo libera solo per farlo ammazzare da un sicario: mangiata la foglia, Vanda lascia l’ospedale dov’è ancora ricoverata per non farsi “suicidare” a sua volta e per compiere da sola la sua vendetta. Ha luogo così un gioco a rincorrersi tra cacciatore e preda in giro per il nord-est d’Italia, che culminerà ovviamente nella sede delle Muse Aliene. Nel mentre, una giornalista locale in cerca di gloria ficcherà il naso in tutto questo marciume e con ogni probabilità la rivedremo ancora nei prossimi episodi.
Altri delitti, altre vendette è ambientato durante Halloween e nei giorni immediatamente precedenti, e questo permette a Giovacca di inventarsi un escamotage molto intelligente e beffardo per sciogliere tutti i nodi della trama senza lasciare nulla in sospeso ma senza che i protagonisti prendano quasi parte all’azione. Peg non indossa nemmeno il costume del Morto. Alla fine, però, capisce che dovrà abbandonare momentaneamente il suo rifugio per non farsi trovare da Zaxan e per continuare la sua ricerca.
Un episodio veramente riuscito, insomma, per quanto la scena della sparachiodi mi sembri calibrata un po’ male: secondo me fa un male cane farsi sparare in una mano. Il piacere della lettura è ulteriormente accresciuto dalle citazioni fumettistiche di Giovacca: un taxista si chiama Victor Arias, Vanda si rifugia in un appartamento di via Cossio, l’assessore alla cultura che ingaggia le Muse Aliene per lo spettacolo di Halloween si chiama Sergio Benelli (anche se in un’occasione diventa «Bianchi»), ecc.
Meno efficace, per quanto lodevole, è il ricorso a una continuity abbastanza stretta: tutto l’episodio nasce da eventi avvenuti nel numero 31, ma con i mesi che passano tra l’uscita di un numero e l’altro (figuriamoci due) io faccio fatica a ricordarmi anche i dettagli più importanti!
I disegni di Conforti, chinato da Codina, sono come di consueto molto buoni, anche se occasionalmente mi è sembrato un po’ più freddo del solito. La presenza della giornalista Milena Occhi mi ha fatto pensare inizialmente che Conforti si fosse ispirato a Garcia Seijas per alcuni dei personaggi, ma è solo un’impressione.
In appendice la storia breve Il Becchino, riduzione a fumetti dal racconto omonimo di Puskin realizzato da Stefano Mura: alcune immagini sono un po’ legnose ma nel complesso il lavoro è senz’altro a livello professionale o comunque vicino al professionismo.

domenica 8 luglio 2018

Non bisogna dare attenzione alle bambine che urlano

Prima di avventurarmi nell’acquisto di questo volume ho cercato di farmi un’idea dello stile della Antonioni, che da alcuni esempi trovati in rete non sembrava affatto male:
Una volta aperto il volume, però, mi sono trovato davanti a questa roba qua:
L’impatto grafico è stato decisamente spiazzante, per non dire peggio. La Antonioni, che pure in altre sedi ha dimostrato di saper dare corpo ed espressività ai suoi disegni, ha utilizzato probabilmente la penna biro per disegnare Non bisogna dare attenzione alle bambine che urlano, forse una di quelle con quattro punte di colori diversi che non sapevo esistessero ancora, e che fa una comparsata a pagina 116. D’altra parte la penna biro viene citata almeno tre volte nel libro: nella dedica, nei dialoghi e appunto sotto forma di disegno.
Ora, non è che uno strumento costituisca di per se un limite per chi lo usa: anche Manara, Gibrat, Federici e Mannelli disegnano con la penna biro, anche se occasionalmente integrata da altre tecniche, e i risultati sono ben diversi da questi. Non ho dubbi sul fatto che lo stile di disegno sia stato ricercato e voluto appositamente, ma il risultato è di una freddezza terribile, che mal si adatta al tipo di storie che vengono raccontate.
Non potendo modulare il tratto, i contorni sono tutti uguali e monocordi, gli sfondi sono assenti o piatti e i tratteggi, quando ci sono, non sono pensati per dare corpo o profondità alle immagini ma come riempitivi, per simulare il colore compatto di una maglione e di una chioma: purtroppo l’accumulo di segnetti finisce per appesantire le tavole invece che alleggerirle facilitando la lettura.
I disegni della Antonioni non sono affatto brutti, ed è anche lodevole che abbia scelto questa tecnica che non permette la “rete di sicurezza” delle matite, ma leggere le tavole è stata veramente una faticaccia, anche perché tutte le protagoniste hanno lo stesso volto e solo quando qualcuna ha le lentiggini o gli occhiali (o, chiaramente, capelli di colori diversi) si distinguono l’una dall’altra. Inoltre il particolare modo di disegnare le bocche, con il labbro inferiore spesso assente, contribuisce a rendere inespressivi i personaggi, di cui capiamo le emozioni principalmente grazie all’arrossamento del viso e alle linee cinetiche – mezzi che comunque non sempre funzionano.
Come dicevo, non si può certo dire che le tavole siano brutte, il problema è che sono gelide, ingessate, sospese nell’ambra anche nelle sequenze più movimentate, che sono presenti in gran numero.
La motivazione di ricreare l’impressione dei diari delle protagoniste convince fino a un certo punto: uno stile sketchy o al contrario iperrealista sarebbe stato più efficace per evocare questa sensazione. Preferisco pensare che, a causa delle situazioni un po’ scabrose in cui sono coinvolte le minorenni protagoniste, sia stato preferito un approccio grafico freddo e distaccato, che però ha finito per produrre tavole a fumetti che somigliano a dei progetti tecnici o ai rough preliminari di un visualizer frettoloso.
"stroiza"... errore o neologismo?
La storia, scritta da Francesca Ruggiero, segue tre diverse ragazzine italiane dei tardi anni ’90 le cui storie, come Nouvelle Vague insegna, sconfinano l’una nell’altra. La trama è strutturata anche un po’ come un musical, in cui si percepisce la tensione verso l’evento risolutivo finale, che in questo caso è un misterioso provino a cui alcune di loro, entusiaste o disincantate, parteciperanno.
Giulia è abbastanza insignificante e piuttosto complessata ma inaspettatamente Federica, la più bella, ricca e navigata della scuola, la sceglie come nuova migliore amica dopo che ha litigato con la sua scudiera precedente. L’esperienza sarà traumatica per Giulia, che è ancora un po’ bambina, ma la farà maturare.
Anna è una ragazzina senza apparenti problemi né slanci, probabilmente non popolarissima ma con un suo gruppetto di amici e una certa inclinazione artistica. Nella sua vita si insinua la problematica Marilena, appena giunta in città, che a poco a poco le farà vivere nuove esperienze fino a riservarle una cocente delusione.
Clarice è chiusa nel suo mondo di corse e walkman, un po’ attratta dal suo insegnante di ginnastica. Sarà proprio lei a traghettare la storia verso un finale inaspettato, talmente inverosimile che con ogni probabilità è basato su fatti veramente accaduti (credo che su Youtube si possa vedere lo spezzone incriminato di Sabrina Vita da Strega). Da notare che, per i motivi ricordati sopra, la Antonioni ha dovuto disegnare Clarice con un naso molto pronunciato per renderla distinguibile e far capire cosa succede veramente nel finale. Cionondimeno, sono dovuto tornare alle prime pagine per avere conferma dalla pettinatura di un personaggio che fosse proprio quello.
La Ruggiero ha infarcito Non bisogna dare attenzione alle bambine che urlano di citazioni degli anni ’90: poster, gadget, spot televisivi e tantissima musica. Il ritmo della storia è sincopato e non disdegna sin dall’inizio il ricorso al flashback. Ovviamente non si tratta di una storia d’avventura, ma si rimane comunque incollati alle pagine mentre si dipanano gli eventi tra cui ci saranno delle sorprese (alcune prevedibili, altre meno). Un tocco di classe della Ruggiero nel dettare il ritmo di lettura è il ricorso a stacchi in cui un’unica piccola immagine per pagina serve da pausa, commento o anticipazione, formando degli ulteriori capitoli tra i tre di cui è formalmente composta l’opera.
Non so se sia una cosa voluta, ma in Non bisogna dare attenzione alle bambine che urlano i personaggi che fanno la figura peggiore sono gli adulti, non solo i genitori: assenti, rincoglioniti o stronzi tout court.
A voler proprio cercare un difetto nella sceneggiatura della Ruggiero, il primo capitolo è quello più denso di testo, che si rarefa progressivamente fino ai lunghi silenzi del terzo: in questa maniera si percepisce un calando invece che un crescendo che ci sarebbe stato invertendo i capitoli – ma d’altra parte l’episodio di Clarice doveva essere l’ultimo visto che riannoda tutte le trame.
Sinceramente non so se consigliare questo volume. A conti fatti è stata una lettura abbastanza piacevole, ma i disegni della Antonioni (o meglio: lo stile scelto dalla Antonioni, che ha dato prova di saper disegnare bene in altre occasioni) possono costituire uno scoglio difficile da superare.