giovedì 31 dicembre 2015

Il meglio e il peggio del 2015


Questo 2015 fumettistico è stato un anno piuttosto importante visto che abbiamo assistito a degli eventi come l’uscita dell’ultimo episodio di Ken Parker e il Tex disegnato da Eleuteri Serpieri, per non parlare di riprese eccellenti e forse insperabili fino a poco tempo fa come quelle di Corto Maltese e di Sandman – mentre per Kriminal sembra che ci sarà ancora da aspettare.
La Bonelli sta sfornando novità a tutto spiano e la BéDé non è mai stata così presente in edicola e fumetteria come nel 2015, oltretutto con buona varietà di formati (anche se alcuni a quanto pare già bocciati dai lettori). Le edicole, poi, hanno traboccato come non mai di collaterali e allegati di ogni scuola e latitudine, pur se in alcuni casi non si è riusciti ad andare avanti oltre a quanto preventivato.
Se questa situazione sia il segnale di una ripresa o solo un ultimo azzardo rantolante prima della dipartita definitiva del fumetto in Italia lo scopriremo ovviamente solo nei prossimi anni.

Il Meglio

1

Caravaggio 1. Un capolavoro. “Meno” capolavoro di quanto avrebbe potuto essere senza l’intrusione del computer, ma pur sempre un capolavoro.

2

S.O.S. Felicità. Era ora. Grandioso.

3

Le Armi del Meta-Barone. Spettacolare. Certo, rimane il rimpianto per quello che Jodorowsky e Charest avrebbero potuto fare se la saga si fosse concretizzata come tale.

4

La ristampa anastatica di Linus allegata a Repubblica. È stato emozionante assistere al Big Bang delle riviste di fumetto d’Autore ma lo è stato anche vedere come siano cambiate la società e la cultura italiane in cinquant’anni. A quanto pare non sono l’unico ad aver apprezzato visto che la collana continua: speriamo che la si possa leggere ancora a lungo.

5

Alix. Una grandissima riscoperta. Avevo qualche pregiudizio su questo classico della BéDé, che ho felicemente scoperto essere del tutto infondato. La frammentazione spezza-continuity adottata dalla Mondadori appare veramente poca cosa adesso che c’è la certezza che la saga non continuerà. Forse un costo percepito come alto rispetto a quello di altri prodotti simili (e oltretutto da pagare ogni settimana) avrà avuto il suo peso associato a un personaggio che in Italia è praticamente sconosciuto. Veramente un peccato.

6

Il figlio clandestino in Don Camillo a fumetti 10. Uno spettacolo. Che Claudio Villa sia un mostro di bravura è risaputo, ma qui è riuscito addirittura a rendere iperrealisti dei personaggi dalle fisionomie inventate, rendendole con incredibile fedeltà!

7

Gli episodi di Ric Roland dagli anni ’80 in poi. Istintivamente avevo intuito che sarebbero stati migliori di quelli precedenti e in effetti, pur nell’eterogeneità dei contenuti (e talvolta con l’impressione che le canoniche 44 tavole fossero troppo poche), ci ho preso.

8

Battaglia. La sorpresa del 2015, anno che oltretutto ha chiuso con la sua storia migliore.

9

All’ombra del campanile rosso di Ramello e Cuneo su Il Giornalino. Più una conferma che una rivelazione. In assenza di altre serie italiane altrettanto incisive è la proposta che gradisco di più del settimanale. Personaggi molto simpatici e caratterizzati, storie interessanti e abbastanza originali, situazioni spesso esilaranti e trovate anarcoidi che a volte non mi aspetterei di trovare su Il Giornalino. I disegni sono dinamici, espressivi e molto curati, perfettamente in linea con il tono un po’ surreale di certi episodi (mi sfugge però perché Cuneo disegni le mani chiuse senza distinguere le singole dita – l’effetto finale ha un che di inquietante).

10

Non ti scordar di me ne I Nuovissimi X-Men 20. Niente di che, ma rispetto agli altri lavori di origine statunitense un simpatico gioiellino con uno spunto carino e (incredibile a dirsi) originale. Anche qui si cade nel viziaccio che avevo evidenziato l’anno scorso proprio per una storia dei Nuovissimi X-Men, cioè l’attenzione più rivolta al discorso che alla storia, ma in fondo è una scelta giustificata dalla trama.
Detto questo, nel 2015 la testata ha intrapreso una china discendente. Le storie mi sono sembrate sempre meno ispirate, Mahmud Asrar è bravo ma non è Immonen, Ciclope è un fumetto per ragazzi(ni), crossover e team-up sono stati noiosi e le fotografie sovraesposte di un jaeleeggiante Sorrentino non mi hanno convinto.
Con il post-Secret Wars all’orizzonte penso che sarà il momento giusto per staccare.

Il Peggio

1

Il Segreto di Compleanno in C’era una volta FABLES 19. Madonna che schifo i disegni di Aaron Alexovich. A parte la felicissima parentesi di Lan Medina (che purtroppo si è rivelata appunto solo una parentesi) Fables non ha praticamente mai brillato per la bellezza del suo comparto grafico ma qui si esagera. Questo stile graffiti/deformed/kawaii reso ancora più sgradevole dalla pessima qualità di stampa mi ha fatto desistere dal leggere quell’episodio.

2

Giovanni Paolo II – Karol il Grande. Uscito nel 2014, trovato per caso in fumetteria quest’anno e acquistato per i disegni di Toppi. Non è probabilmente la prova migliore del Maestro (ma avercene), però i testi di Pagot sono interessanti e coinvolgenti nonostante i necessari presupposti agiografici e quindi un’inevitabile staticità enunciativa della narrazione. Lo metto nel Peggio del 2015 perché è il volume stampato peggio di tutti quelli che ho visto nella mia vita – e ne ho visti.
Pazzesco, le scansioni sono state così approssimative o poco risolute (si dice così?) da rendere persino ostico leggere il lettering. O meglio, non proprio ostico: le lettere si distinguono ma è come vederle dall’oculista quando ti mette sugli occhi le lenti graduate. Questo solo per il lettering, figuratevi il resto. Oltretutto in generale il volume denuncia alcune carenze nella cura: nella sola introduzione Stefano Gorla inciampa in un Giovanni «Polo» invece che «Paolo» e soprattutto commette un errore grammaticale scrivendo «buon sciatore» e non «buono sciatore».
Io come ho scritto ho preso il volume solo per Toppi, e sono rimasto un tantinello infastidito: non mi stupirebbe se qualche lettore credente fosse rimasto offeso dalla poca cura dedicata al protagonista della storia.

3

Multiversity. La proverbiale montagna che ha partorito il topolino. Non che sia proprio orrendo, ma mi aspettavo molto di più di un semplice tour guidato tra le nuove terre alternative della DC Comics risolto con una megarissa. Pax Americana, poi, è puro velleitarismo e mi sfugge se il gioco del fumetto-nel-fumetto-nel-fumetto del sesto episodio volesse essere umoristico o didattico, ma in entrambi i casi con me non ha centrato l’obiettivo.
Il numero 3 mi è arrivato con mesi di ritardo e se non fosse arrivato sarebbe quasi stato meglio. A conti fatti, meglio ancora sarebbe stato se non fossero arrivati nemmeno quelli successivi.

4

Colorado. Non ricordo di aver mai percepito in un altro fumetto una sensazione così netta di progressivo, ineluttabile e costante abbassamento della qualità grafica. Pur rimanendo un western con tutto lo strascico di stereotipi e banalità che ne consegue, la storia aveva degli spunti che potevano rendere la lettura interessante, ma i disegni si sono rivelati un continuo calando e non sono riuscito ad andare avanti oltre il terzo episodio.

5

Sam Zabel e la Penna Magica. Non è esattamente un brutto fumetto, più che altro è di un’ingenuità spiazzante. L’immaginario di Dylan Horrocks sembra essere rimasto fermo a mezzo secolo fa, così come anche la sua cultura fumettistica. E in sè il soggetto è alquanto banalotto e anche infantile. Piuttosto pesanti (per non dire irritanti), inoltre, gli inserti filosofici sul medium fumetto e soprattutto i facili moralismi di Horrocks, per fortuna limitati a un paio di occasioni.
Va poi detto che come disegnatore è senz’altro migliorato rispetto al seminale Hicksville, ma non brilla certo per la ricercatezza del suo disegno. Che poi... la Bao pubblica questo volume in un formato più grande di quello che la Black Velvet adottò per Hicksville mentre relega La Lega degli Straordinari Gentlemen a un formato ridotto. Mah.

Buon 2016!

mercoledì 30 dicembre 2015

Asterix e i Pitti - Edizione Deluxe



Gradito regalo di Natale, questo volume è veramente un tomo impressionante: in pratica ha il triplo delle pagine di un volume standard e le dimensioni credo che siano di poco inferiori a quelle degli album da disegno 30x40 accanto a cui lo riporrò. Ovviamente cartonato, presenta un dorso telato e una carta patinata ad alta grammatura. La qualità di stampa è superba e passando la mano sulle pagine si riesce a cogliere la difformità nell’impressione dovuta al procedimento di stampa, come nella litografie e in alcune rarissime altre offerte a fumetti (così su due piedi mi vengono in mente solo certi volumi Allagalla).
Il fumetto in sé, inoltre, è molto bello e divertente. Asterix e i Pitti è stato scritto da Jean-Yves Ferri e disegnato da Didier Conrad (proprio quello de Les Innomables, incredibile!) sotto la scrupolosa supervisione di Albert Uderzo, che ha “suggerito” alcuni cambiamenti ed è intervenuto nella correzione di alcuni disegni, partecipando quindi concretamente alla realizzazione del fumetto.
Una delle sue trovate ha addirittura costretto gli autori a rifare le tavole iniziali: durante un inverno particolarmente rigido, non presente nella stesura originale, viene rinvenuto nei pressi del villaggio dei Galli un prestante Pitto imprigionato in un blocco di ghiaccio. Liberato il “cugino” (sempre di barbari che lottano contro i Romani si tratta) Asterix e Obelix si trovano coinvolti in una faida all’interno dei clan scozzesi a cui restituiscono il bel Mac Keron, che era diventato nel frattempo oggetto dell’interesse delle donne del villaggio e inconsapevole trend setter.
In terra di Scozia i due Galli, anche grazie all’aiuto di un pittoresco mostro del lago, riusciranno a liberare la pepata fidanzata di Mac Keron e a imporlo sul trono delle sue genti a dispetto del perfido Mac Arogna che aveva ordito un complotto ed era all’origine del congelamento di Mac Keron.
Asterix e i Pitti si inserisce perfettamente nella tradizione di Asterix, presentando la struttura tipica del viaggio e del confronto con altri popoli e inanellando gag una dietro l’altra, molte rese con giochi di parole non facilmente traducibili e per cui il traduttore Michele Foschini ha dovuto prendersi qualche licenza. Non sono un talebano di Goscinny e il lavoro fatto dal solo Uderzo non mi è dispiaciuto, mi sembra però che Ferri e Conrad, proprio perché consapevoli di avere gli occhi del pubblico puntati addosso, abbiano studiato con scrupolo rigoroso la realizzazione di questo volume, come si evince anche dalle testimonianze in appendice in merito alle gag non inserite e alle tavole rifatte. Forse Panoramix è un po’ troppo ricoglionito e la proverbiale pozione magica viene usata con una certa parsimonia, ma nel complesso il risultato è praticamente perfetto.
Oltre alle 44 tavole a fumetti, che in origine avrebbero dovuto essere 45, ci sono dei ricchissimi extra che approfondiscono con dovizia di materiale iconografico tutto il processo creativo che ha portato alla realizzazione dell’episodio e per finire le matite di TUTTE le tavole, così da permettere al lettore interessato un confronto con il risultato pubblicato o il piacere di leggersi i dialoghi originali.
Fa un po’ sorridere pensare che nel mercato vengono introdotte edizioni di fumetti definite “deluxe” che non hanno nemmeno lontanamente la maestosa qualità e la ricchezza di questa edizione Panini.

lunedì 28 dicembre 2015

Wolverines

Un giorno che in fumetteria non era arrivato niente mi pareva brutto andarmene a mani vuote e così mi sono lasciato convincere dai colori pop, dal segno di Bradshaw e dalla bella atmosfera da ammucchiata supereroistica senza troppi pensieri che emanava Wolverines. Il primo numero non mi ha fatto troppo schifo e quindi ho proseguito l’acquisto fino alla fine.
Wolverine è morto (!) e un gruppo eterogeneo composto da amici/nemici, parenti, cloni e affini cerca di trafugarne il corpo “convinti” da un altro gruppo di personaggi creati ad hoc che a loro volta vengono fuori dall’ennesima base di Arma X e che possiedono degli ottimi strumenti di persuasione: conoscono delle “parole di sicurezza”, manco fosse un’orgia sadomaso, con cui bloccare e uccidere i primi.
La nemesi di questa formazione allargata è Sinistro, che si impossessa del macabro trofeo fuso nell’adamantio. Nel mentre, Mystica porta avanti un suo piano. È incredibile come in venti uscite settimanali di durata standard (venti pagine a capitolo) la Marvel sia riuscita a fare avanzare di pochissimo la trama puntando tutto sul fascino che dovrebbero esercitare i protagonisti (decisamente troppi) e sulla situazioni cool. La sequenza centrale, non troppo lunga per fortuna, in cui Fang mette alla prova un erede per episodio mi sembra nascere come semplice espediente narrativo per allungare il brodo.
In alcune sequenze come la battaglia nella tana di Sinistro ho fatto fatica a capire cosa succedeva, data la necessità di comprimere in venti pagine le vicende parallele di oltre dieci personaggi e dei rispettivi nemici – e lo stile di disegno di Jonathan Marks non ha aiutato. Con l’introduzione di Fin Fang Boom penso di aver assistito alla scena più ridicola della Marvel moderna.
Da segnalare come i nuovi personaggi introdotti nella maxiserie sprofondino in un anonimato sconfortante. Persino i disegnatori non hanno evidentemente trovato alcun appeal in Skel, Endo e compagnia visto che ognuno li disegna un po’ come gli capita e che in alcune occasioni compare due volte lo stesso personaggio invece di quello che doveva esserci (vedi splash page alla fine del quarto episodio in Wolverines 2). Terribile la sorte toccata al telepate (o quello che è) col cranio scoperchiato, che alcuni hanno disegnato effettivamente come un uomo scalpato e altri come dotato di placche sul cranio. Vabbè, alla fine erano solo carne da macello usa e getta e quindi è inutile starci troppo a pensare, ma gli sceneggiatori Charles Soule e Ray Fawkes hanno forse dedicato loro troppa attenzione fingendo che avessero chissà che importanza nella storia.
Con un encefalogramma così desolatamente piatto è ovvio che il personaggio di Fantomelle, semplicemente una versione femminile del Fantomex di Morrison, risalti con maggiore incisività.
Chiaramente per mantenere il ritmo originale di un episodio alla settimana la serie ha dovuto contare sull’avvicendarsi di più disegnatori, che oltre a interpretare a modo loro (come ho ricordato sopra) gli stessi personaggi hanno portato a una scarsa omogeneità qualitativa, così per un Bradshaw che mi sembra essere sulla buona strada per abbandonare gli strascichi di Art Adams (ma due tavole se le è fatte disegnare da un altro, forse Alison Borges) e gli ottimi Juan Cabal e Ario Anindito, ci sono dilettanti allo sbaraglio come Ariela Kristantina e Juan Doe. La prima col suo stile abbozzato, sporco e impastato è riuscita persino a confondere il colorista.
Oltretutto alla Panini non avevano le idee proprio chiarissime: Culpepper, la volpe di Fantomelle, è maschio o femmina?
Non una serie memorabile, insomma, ma tutto sommato riesce a riscattarsi sul finale con un colpo di scena non banale e riuscendo a dare la sensazione che tutto facesse parte di una trama ben pianificata. Inoltre è bello avere un appuntamento fisso in edicola ogni due settimane e inaspettatamente l’episodio con l’insopportabile Deadpool si è rivelato molto divertente e anche ben congegnato. E poi ci ho pure rimediato un post da mettere online questa sera.


domenica 27 dicembre 2015

Historica 38 - Roma 1: La Nascita della Città Eterna

E finalmente sono riuscito a procurarmelo.
Questo trentottesimo numero di Historica è un po’ particolare. Anche se nemmeno Le Torri di Bois-Maury e Le Sette Vite dello Sparviero hanno evitato derive soprannaturali, qui più che nell’ambito della Storia siamo in quello del Mito, come giustamente rileva anche Sergio Brancato nell’introduzione.
Roma si inserisce nel filone delle serie francesi dalla struttura più moderna come Voyageur, Il Decalogo e (rimanendo a Convard) Il Triangolo Segreto: saghe complesse pensate per avvincere il lettore anche proponendogli un ritmo serrato di uscita (quasi una serialità) molto raro per il mercato franco-belga, così come risulta anomalo per quel mercato il ricorso a disegnatori diversi per la stessa serie, scelta obbligata per rispettare i tempi di consegna.
Se ho ben capito, nei suoi previsti 13 tomi Roma tratterà della storia della Città Eterna ripercorrendo alcuni punti cruciali della sua storia, ma da un punto di vista originale e fantasioso: in pratica la fondazione stessa di Roma altro non sarebbe che un piano ordito dagli Dèi (fino all’ultimo ho sperato che fossero extraterrestri) per punire i troiani Leonidas e Aquilon per aver abusato della dea Ker incarnatasi per sperimentare il mondo degli umani fingendosi la bella pulzella che era ben lungi dall’essere nella sua forma reale.
Così i due e tutta la loro discendenza saranno per sempre legati al Palladio, una statua la cui testa deve rimanere bendata perché chi vi pone lo sguardo e non sia una vergine rimane accecato dal potere dell’artefatto. Quindi ogni generazione dei discendenti di Leonidas e Aquilon deve produrre una bambina magica che non invecchierà e che da vergine provvederà a custodire e lustrare il Palladio, proprio come le due avatar che sedussero i due archetipi originali per creare le prime sacerdotesse vergini (poco importa che poi conoscano i piaceri della carne, tanto recuperano la verginità magicamente). Se la dea Ker non dovesse essere blandita a dovere, scatenerà l’apocalisse su Roma.
Il primo episodio, La Maledizione, è praticamente solo una lunga introduzione che riprende tra le altre cose l’Eneide di Virgilio mentre nel secondo, Vincere o morire, è di scena Furio Leonio, discendente di Leonidas, che pur di liberarsi del Palladio tradisce Roma e la consegna al cartaginese Annibale. L’intervento di sua figlia Elena, che farà tornare in vita l’amato Marco Aquilia grazie all’intercessione di Ker, manderà all’aria i suoi piani.
Tantissimi gli autori citati in copertina: se ho ben capito l’ideazione si deve a Gilles Chaillet, figura importante della BéDé anche se meno famoso di tanti altri autori (credo sia noto principalmente come disegnatore, anche se ha fatto varie cose e francamente trovo fosse meglio come sceneggiatore), che essendo morto nel 2011 ha lasciato il progetto nelle sapienti mani del bravo Didier Convard, già uso a format del genere (vedi Il Triangolo Segreto e i suoi interminabili spin off), con cui aveva collaborato anche in Vinci. Convard deve fare solo da coordinatore visto che i testi di questi due primi episodi sono attribuiti a Éric Adam e Pierre Boisserie.
Molto buono il comparto grafico. La Maledizione è disegnato da Régis Penet: accanto a delle immagini molto curate ed efficaci basate evidentemente su fotografie presenta dei disegni poco più che abbozzati e delle figure obiettivamente sbilenche, eppure è incredibile come nell’economia della tavola tutto funzioni alla perfezione e abbia una sua armonia.
L’italiano Luca Erbetta, disegnatore di Vincere o morire, ha invece uno stile più classico ed equilibrato, di stampo piacevolmente realistico (anatomie corrette, personaggi espressivi e dinamici, sfondi curati, ottima inchiostrazione) a cui si perdonano facilmente le rare derive caricaturali necessarie per caratterizzare meglio alcuni personaggi.
Credo comunque che molta della suggestione di queste tavole sia dovuta anche alla qualità dei colori (Nicolas Bastide ha colorato le tavole di Penet, Gaétan Georges quelle di Erbetta). Peccato che il lettering, con quei balloon squadrati e poco aggraziati, stoni nella sua artificialità col resto.

sabato 26 dicembre 2015

Miracleman # 1 - Libro Quarto: L'Età dell'Oro - capitolo uno



Accidenti, certo che ad aprire questo fascicolo, nientemeno che il mitico seguito perduto di Miracleman, e constatare che la carta impiegata dalla Panini non è patinata ci si rimane male. Purtroppo non è l’unico motivo di insoddisfazione. La foliazione è di 48 pagine ma di fumetto vero e proprio ce ne sono solo 26, di cui un paio sono semplicemente la prima parte di una storia spezzata in più puntate. Il resto dell’albo è occupato da lacerti della sceneggiatura di Gaiman e da riproduzioni al naturale delle tavole, con qualche occasionale materiale extra.
E poi ai disegni c’è Mark Buckingham.
Non è che Buckingham faccia proprio schifo ma mi sembra chiaro che rientra nella categoria degli onesti artigiani, se non proprio dei velocisti: quei disegnatori che le case editrici si tengono cari perché garantiscono uscite puntuali, affidabilità, soddisfazione di richieste dell’ultima ora e magari non rompono i coglioni come le star. Ma la piacevolezza del tratto, la raffinatezza, i virtuosismi stanno altrove. E se queste qualità fanno di Buckingham il disegnatore ideale per il serrato ritmo seriale di Fables (dove in effetti ha dato prove anche bruttarelle) non mi sembra il disegnatore adatto a illustrare un fumetto-evento come questo, che a parte un comunque dignitoso Veitch aveva sempre avuto una parte grafica d’eccezione.
I suoi profili impossibili sono quasi assenti, ma ci sono le anatomie tagliate con l’accetta, le prospettive assurde, una piattezza inusitata e anticlimatica nell’apparizione sbilenca e bidimensionale del protagonista a pagina 21, così come la sua rappresentazione a pagina 22 sembra quasi rivaleggiare con la famigerata immagine di Capitan America con le tette di Rob Liefeld in quanto a distorsione anatomica (Liefeld vince alla grande, ma comunque nemmeno Buckingham è proprio un bel vedere anche perché uno si chiede come abbia fatto il simbolo di Miracleman a spostarsi dal suo petto).
Il fatto che si perda in tutti quei tratteggi e ghirigori alla Sienkiewicz sta probabilmente a testimoniare quanto il progetto fosse visto come qualcosa di speciale, di artsy, di diverso insomma dalla solita produzione mainstream, ma non mi sembra affatto che Buckingham abbia i numeri per soddisfare quel tipo di pubblico. E l’abbondante uso di collage non fa che sottolineare le sue carenze tecniche.
Comunque può darsi che resterò a bordo. Anche se la storia imbastita da Gaiman è poco più di una parabola zen mi ha intrigato abbastanza e sono curioso di vedere dove andrà a parare nei prossimi numeri. E poi magari la mia variant cover metallizzata in futuro varrà qualcosa.

giovedì 24 dicembre 2015

Perché la Mondadori odia il mio edicolante?

Non lo so, ma ormai è chiaro che deve esserci qualcosa sotto visto che, oltre a Historica che marca visita, né ieri né oggi ho visto il nuovo volume di Alix.
Quindi chissà se anche della serie di Jacques Martin, una delle migliori sorprese del 2015, vedrò i prossimi episodi… la mia preoccupazione deve essere molto evidente visto che oggi pomeriggio nella fumetteria dove ho recuperato Historica 38 hanno cercato di consolarmi dicendo che probabilmente i distributori hanno solo rallentato o incasinato le uscite come durante la settimana di Ferragosto, e che le due collane le rivedrò al prossimo appuntamento.
Glaubet und wartet! per dirla alla Kafka.

mercoledì 23 dicembre 2015

Fumettisti d'invenzione! - 94

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

RIFLESSI DI LUCE
(Italia 2015, © Progetto Idea S. n. c., sentimentale)
Giada Romano

Affetta dalla Genesi di Alexandria e vittima di bullismo sin dalla più giovane età, Luce Viola è una ragazza introversa che continua a coltivare il sogno di diventare mangaka nonostante le condizioni famigliari le consiglino di percorrere un’altra strada.
Anche se esiste un vago elemento autobiografico (viene riportato che l’autrice Giada Romano abbandonò la Scuola del Fumetto di Milano per motivi famigliari), Luce non è il riflesso diretto della sua creatrice visto che questa compare come personaggio nella storia, presentando il suo negozio (e l’attività musicale della sorella) dimostrando buon acume commerciale.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag. 28)

PEANUTS (IDEM)
(Stati Uniti 1950, © Peanuts Worldwide, LLC, striscia umoristica)
Charles Monroe Schulz

Celeberrima striscia che ha ridefinito il genere introducendo tematiche adulte in un contesto apparentemente innocente e spensierato come quello di un gruppo di bambini.
Charlie Brown, uno dei protagonisti principali, si è anche cimentato nella realizzazione di una strip, ottenendo anche in questo caso (com’è nelle corde del personaggio) incomprensioni e frustrazione.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – GRAPHIC NOVELS E ONE SHOTS (pag. 24)

LUCY LOYD’S NIGHTMARE (IDEM)
(Francia [?] 2014, © Delcourt, horror)
Lucy Loyd [?] (T), Mike Robb [?] (D)

Interessante esperimento metanarrativo in cui lo pseudobiblium è proprio quello che il lettore ha in mano. Lucy Loyd’s Nightmare è l’ultimo parto della fumettista Lucy Loyd e presenta storie brevi e sequenze di raccordo che hanno per protagonisti molti dei personaggi che nella finzione della storia leggono il fumetto stesso, creando una costante mise-en-abyme che si autoalimenta. La stessa Lucy Loyd appare come protagonista in un paio di occasioni.
Nonostante il formato e lo stile sia quello dei comic book, con ogni probabilità Lucy Loyd’s Nighmare è una produzione francese visto che il copyright dell’edizione italiana Star Comics è Delcourt – e nelle immagini del volume all’interno del fumetto viene disegnato come albo cartonato alla francese e non come comic book. Di Lucy Loyd d’altra parte su internet non si trova nulla, e in alcuni siti di BéDé si ipotizza che dietro il suo nome si nasconda David Chauvel. A questo punto immagino che pure Mike Robb sia uno pseudonimo.
Pseudofumetti: oltre al volume stesso Lucy Loyd ha realizzato altre raccolte di fumetti tra cui Lucy Loyd’s Darkness e una serie abbastanza lunga di Lucy Loyd’s Fantasy.

[TELEVISIONE] AUTORI DI DISEGNI ANIMATI (pag. 128)

KIRBY BUCKETS (idem, Disney XD)
(USA 2014 [in corso], 1 stagione, 21 episodi)
Sitcom, Disney XD, creato da Gabe Snyder, Mike Alber. Con Jacob Bertrand, Mekai Curtis, Cade Sutton.

Dichiaratamente ispirato a McGee and Me!, citato nel libro di Castelli, Kirby Buckets racconta le avventure del giovane protagonista omonimo, che vuole diventare animatore come il suo idolo Mac McCallister. Al pari del Nick di McGee and Me! anche Kirby riesce a interagire con i personaggi frutto della sua fantasia.

domenica 20 dicembre 2015

Almanacco Cosmo 11 - Fabian Gray 3: Uomini e Mostri

Ultimo volume per ora della saga di Fabian Gray (e stando alle date originali di pubblicazione riportate in seconda di copertina credo che una nuova raccolta non la vedremo prima di sei mesi almeno), che conclude l’arco narrativo Coste Perdute iniziato nel numero precedente.
La conclusione è veramente rapidissima e concitata e si legge in una manciata di minuti. Forse se questi due episodi fossero stati accorpati al ciclo di cui fanno parte avrebbero fatto una migliore figura, sarebbero stati percepiti come il giusto climax finale: così invece la lettura mi ha lasciato un po’ perplesso, tanto più che ancora una volta Fabian Gray non riesce a salvare la sorella e si torna punto e a capo.
Più interessante il ciclo di cinque capitoli Uomini e Mostri raccolto nella sua interezza: il protagonista si spinge in Romania per liberare l’amico Sebastian rapito dai membri della Cabala. Il villaggio in cui si ritrova è però vittima di una maledizione che viene attribuita a una antica leggenda ma che in realtà è causata da un mad doctor che quella stessa leggenda sfrutta per i propri fini. Non è un’idea originalissima ma è ben pensata, e inoltre data l’ambientazione compare come coprotagonista nientemeno che Abraham Van Helsing; oltretutto il Conte Dracula imposterà un nuovo rapporto col suo ospite Fabian Gray ritagliandosi uno spazio che agli altri quattro Fantasmi non è ancora concesso.
Abbastanza stimolante anche la rivelazione che lo scienziato pazzo non è Frankenstein come avevo pensato in un primo momento ma un altro protagonista della letteratura fantastica. A parte queste infiorettature, comunque, anche Uomini e Mostri si rivela una lettura un po’ troppo rapida e tutto sommato inconcludente. È pur vero che la continua iterazione di un medesimo schema di base è alle radici della letteratura popolare che Frank J. Barbiere vuole omaggiare, però a confronto con altri fumetti dal taglio più moderno questa impostazione mostra la corda.
I disegni di Chris Mooneyham cominciano a stufarmi. La sua stilizzazione è assoluta e totale e, per dire, il protagonista è sempre immusonito o ha la bocca spalancata, tertium non datur. Al dinamismo delle tavole ha poi sacrificato la logica e l’eleganza. Come non è in fondo raro nei comics statunitensi, i muscoli risaltano anche sotto i pantaloni e i soprabiti: alla fine tanta ipertrofia sfocia nel ridicolo. E a dirla tutta mi sembra che stavolta Mooneyham se la sia presa comoda approfittando del fatto che alcune sequenze giustificate dalla trama potevano essere rese rapidamente a matita senza ripassarle a china.
Se il lettore si presta al gioco alla fine questo Fabian Gray può essere anche gradevole, però lo trovo brutto come congedo da un format (i volumi 19x26 che presentavano BéDé) che ormai la Cosmo ha abbandonato o è in procinto di abbandonare.

venerdì 18 dicembre 2015

Il seme del dubbio

Fritz Vicari mi ha messo la pulce nell’orecchio… nemmeno oggi è arrivato l’ultimo numero di Historica nell’edicola dove me lo mettono da parte…
Visto come (non) funziona la distribuzione non vorrei che fosse il segnale che la collana non verrà più mandata in quell’edicola. Ma perché poi? Per punirmi del fatto che ho saltato I Passeggeri del Vento? Staremo a vedere, intanto ho avuto l’autorizzazione a prendere questo Roma da un’altra parte, se lo trovo.

mercoledì 16 dicembre 2015

Rim City

Rim City è il primo prodotto dell’etichetta Atomico, oggi divenuta Radium, che propone fumetti indipendenti tramite il sistema del crowdfunding. Vista la popolarità di alcuni autori coinvolti nei singoli progetti, alla versione digitale o cartacea riservata ai sostenitori fanno seguito altre edizioni pubblicate da SaldaPress, ovviamente differenti dalle prime per non privare i sostenitori delle loro primizie esclusive.
la copertina della mia versione
Nell’universo distopico di Rim City l’umanità è stata costretta da un cataclisma di proporzioni universali a vivere nelle profondità oceaniche. La città del titolo deve il suo nome appunto al “Rim”, l’anomalia nei cui pressi è sorta, una specie di condotto misterioso che dovrebbe portare da qualche altra parte e quindi a una speranza di salvezza per il genere umano che potrebbe trovare pascoli più fertili altrove.
La riproduzione della specie viene demandata alla Culla Genetica e tutti gli abitanti sono prodotti dell’eugenetica che vivono in una realtà controllata con rigore scientifico che assegna loro anche partner e figli adatti e ne decide la “data di scadenza”. La protagonista Kendra è un soldato che tra le altre cose guida un equipaggio addetto alla caccia di mostri marini colossali visto che di minacce alla sicurezza di Rim City non ce ne sono molte, anche se la storia inizia quasi subito con una sparatoria causata da fanatici religiosi. Come spiega lei stessa, il loro ruolo è principalmente quello di indirizzare le tensioni della popolazione e sviarla quindi dal pensiero della prossima estinzione.
Dopo l’ennesimo fallimento di una missione per attraversare il Rim, Kendra viene incaricata di indagare sulla Città Rossa, un avamposto dimenticato di quella che secoli prima era la Russia, da cui sembrerebbe giungere qualche segnale di vita e quindi una speranza più concreta di salvare la razza umana. Da qui in poi la storia sarà un susseguirsi di azione frenetica, colpi di scena e trovate originali, tanto che non credo sia il caso di dire di più visto che il rischio spoiler è piuttosto alto.
Contrariamente a quanto avviene nel mercato statunitense contemporaneo la storia è quindi molto compressa (il che d’altra parte è coerente con l’ambientazione oceanica) e di certo mantiene vivo l’interesse del lettore inanellando una dopo l’altra rivelazioni e situazioni sempre nuove. Ma quello che altrove sarebbe un pregio secondo me in questo caso diventa il limite del fumetto. Nelle intenzioni e nelle premesse Rim City è una vicenda dalla portata epica e solo 80 pagine, per quanto molto dense e ricche di contenuti, non bastano a rendere la grandeur di quello che viene raccontato (si parla del tentativo estremo di salvezza dell’ultimo avamposto dell’umanità, che diamine!), e tutto sommato nemmeno a far affezionare il lettore ai personaggi, che oltretutto non sono pochi. Io poi confesso di non aver capito perché Blackie-4 viene considerata un errore genetico. È probabile però che quanti sostennero la campagna IndieGoGo a suo tempo e si sono letti la storia a blocchi di 20 tavole al mese ne abbiano avuto una percezione diversa, e per loro la tensione sia salita come avrebbe dovuto.
Peccato anche che, sempre cercando di spoilerare il meno possibile, il finale (o meglio il secondo finale) ricorra a un mezzo già visto altrove, in particolare su un famoso Elseworld di Superman a opera di Mark Millar.
Tirando le somme, mi è dispiaciuto che in definitiva tutto l’universo alla base della storia si sia esaurito con eccessiva rapidità e si sia visto poco rispetto alle potenzialità che aveva, tanto più che si percepisce il grosso lavoro che c’è dietro. Ma d’altra parte credo che non sarebbe stato proponibile per il crowdfunding presentare Rim City come serie di 10 o 12 episodi come avrebbe meritato. Da alcuni commenti in appendice al volume parrebbe comunque che ci sia una speranza di ripresa o approfondimento, staremo a vedere.
Del DocManhattan Alessandro Apreda io ho colto non solo la proverbiale ironia ma anche una certa gestione dei ritmi e delle pause nei dialoghi. E c’è anche una vena citazionista, ad esempio con quel “Piovrami” che con ogni probabilità rimanda allo “shock you!”/”razzo!” della Marvel 2099 (non pensate male: quelle porcate me le faceva leggere un mio amico che rideva della stupidità dei fumetti di supereroi – e poi leggeva manga).
Molto buoni i disegni di Daniele Orlandini. A volerlo per forza fare, si potrebbe trovare qualche difetto anche nelle sue inquadrature e nelle sue anatomie ma sarebbe ingiusto nei confronti di un disegnatore che ha poco più di vent’anni e che non ha potuto beneficiare delle “palestre” che avevano a disposizione i suoi coetanei trent’anni fa. Nonostante l’eleganza e la sintesi del tratto, dovuti probabilmente alla frequentazione della “bottega” nientemeno che di Roberto Baldazzini, ha saputo rendere bene questo mondo tecnologico, apparentemente pulito ma pieno di sporchi segreti.
En passant, ho preso e letto il volume a Lucca e sono riuscito a recensirlo solo ora. Non sono più quello di una volta.

lunedì 14 dicembre 2015

NowComics 1800 8 - 20.000 secoli sotto i mari 2: Il covo di Cthulhu

A quanto pare i miei timori erano infondati. Il secondo e conclusivo volume di 20.000 secoli sotto i mari è uscito e (ma su questo non avevo dubbi) si è mantenuto sullo stesso livello del precedente. Ne Il covo di Cthulhu avviene lo scontro finale tra il capitano Nemo e Cthulhu, e nel percorso per arrivarci Nolane offre altre citazioni, un bel po’ di azione, un’interpretazione originale della città di R’lyeh e un bel finale che riconcilia la realtà con la fiction ed entrambe con la “fiction nella fiction” di questa serie.
Ai disegni Dumas si segnala stavolta per un’interpretazione originale degli Abitatori del Profondo, ma a parte questo si porta dietro i difetti che avevo riscontrato nello scorso volume, ovvero un tratto troppo pulito e sintetico per la storia narrata e la quasi totale assenza di espressività e movenze naturali nei personaggi. Anche stavolta il lavoro del bravo colorista Axel Gonzalbo si rivela fondamentale per risollevare la parte grafica. D’altro canto Dumas ci spiega in appendice al volume quanto il computer abbia un ruolo decisivo nell’elaborazione delle sue tavole e per quanto sia banale dirlo non è che ci si possa aspettare molta vivacità in un’elaborazione informatica.
I volumi terzo e quarto di Universal War One dati come già usciti in questi numeri di NowComics 1800 non li ho ancora visti, ma considerato lo scarso entusiasmo che mi hanno suscitato i primi non mi lamento più di tanto. L’annunciato Sherlock Holmes e il Necronomicon si preannuncia ben più appetitoso.

sabato 12 dicembre 2015

Aces Weekly

Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 (così recita l’ultima pagina), a me è arrivato solo l’altro giorno. L’attesa è stata bilanciata dal fatto che la mia copia era probabilmente un fondo di magazzino da ridistribuire a un prezzo inferiore: l’adesivo che in quarta di copertina copre il prezzo originario (12,50€) riporta 7,90€ e un altro adesivo è stato messo in copertina per “strillare” che i disegni sono dello stesso autore di V for Vendetta. Evidentemente Aces Weekly non è stato un successo, ed è un vero peccato perché le storie contenute in questo volume sono meritevoli.
Aces Weekly è un portale (si dirà così?) che presenta lavori di fumettisti più o meno noti ma tutti di buon livello: da quello che vedo qui mi sembra che ormai sia passato anch’esso alla carta stampata o comunque a un altro sistema per vendere i propri prodotti. Il formato del volume brossurato della Nicola Pesce Editore è orizzontale, ad assecondare la destinazione originaria del monitor. Presenta due fumetti.
Valle delle Ombre è un hard-boiled forse velato da un po’ di fantascienza (non ho capito se l’immagine della scritta di Hollywood distrutta in apertura e i riferimenti a una cappa di nubi che copre Los Angeles siano elementi “reali” della storia o boutade estemporanee per creare l’atmosfera), in cui il guardiano notturno col vizio del gioco Buddy Chaplin si trova coinvolto come da manuale in uno sporco affare che inizia per puro caso e che lo renderà un uomo in fuga insieme a una bambina. Lo sceneggiatore David Jackson è stato bravo a imbastire un soggetto originale pur rispettando scrupolosamente tutti i canoni del genere, ed è stato più che soddisfacente vedere come alla fine tutti i nodi arrivino al pettine nonostante una trama piuttosto complessa e l’abbondanza di personaggi. Ancora più lodevole il fatto che tutto accada nello spazio esiguo di sole 21 tavole, per quanto belle farcite di vignette.
Ai disegni David Lloyd sfoggia una deliziosa mezzatinta e contribuisce col suo mestiere a rendere ancora più efficaci le sequenze ideate da Jackson: si veda la riuscita scena nell’hotel nella sedicesima tavola. Alla fine come hard-boiled Valle delle Ombre è sin troppo positivo (Chaplin ha qualche amico che lo protegge da quanti vorrebbero fargli la pelle, e io avevo capito che sua figlia era morta, non che semplicemente gli era stato vietato di vederla) ma questo non va affatto a discapito della sua qualità complessiva.
Il secondo fumetto, Gabriel – Warrior Exorcist, è una storia di fantascienza piuttosto originale: in un distopico 2064 in cui le macchine sembrano essere state messe al bando (in uno scenario non dissimile da quello del Sanctum Imperium del gioco di ruolo Sine Requie) il guerriero esorcista del titolo affronta il culto del Diavolo-Macchina accettando di finire in trappola deliberatamente pur di sconfiggere il nemico. La storia, scritta dall’italiano Giuseppe Rungetti, è piacevole ma non si legge con eccessiva facilità visto l’alternarsi di due sequenze distinte (quella di cui è protagonista Gabriel e un’altra in cui gli Inquisitori parlano di lui per introdurlo al lettore) e per il fatto che probabilmente questa prima tranche è solo l’antipasto di quella che avrebbe dovuto diventare una serie, e quindi alcuni dettagli rimangono privi di spiegazione: perché Gabriel sarebbe un mezzo-sangue? Qual è la sua arma definitiva, il simbolo che non ci viene mostrato? Le due storie sono una l’introduzione dell’altra oppure sono indipendenti?
I disegni di Gabriel – Warrior Exorcist sono anch’essi di un italiano, il bravo Antonio Bifulco. Purtroppo a differenza di Lloyd, immagino anche per ragioni anagrafiche, Bifulco (classe 1984) usa parecchi effetti grafici fatti col computer, che finiscono per penalizzarlo. Io trovo che professionalmente sia a un livello alto e possa avere un buon riscontro a livello internazionale (anche se dalla sua biografia si evince che non ha ancora avuto l’occasione giusta e il meritato riconoscimento) ma i giochetti con cui ha reso i capelli del protagonista e la concitazione di certe scene, oltre a qualche immagine digitalizzata inserita nelle tavole, smorzano molto la forza dei suoi maestosi disegni.
Felicissimo di aver potuto mettere le mani su questi gioiellini a prezzo ridotto, mi dispiace che per prodotti di questa qualità evidentemente non ci sia spazio in Italia.

giovedì 10 dicembre 2015

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Adoro le collane come Marvel Universe, Marvel Mix, Marvel World, Marvel Qualsiasialtraroba. Per una manciata di euro permettono di leggere un bel po' di roba, almeno 4 comic book al colpo, occasionalmente su buona carta e stampati bene.
Poco importa se poi nei fatti il fumetto in sé è poca roba, l'impressione di aver fatto un affarone basta a farmi produrre endorfine. E' capitato con il recente Avengers Deluxe Presenta 12  che raccoglie la seconda tranche di cinque episodi (i primi li avevo recensiti qui) della serie Secret Avengers. Il fumetto in sé non è malaccio: Ales Kot sfodera uno stile metanarrativo simpatico e non banale, peccato che la storia non finisca qui e che troppo spesso il pur bravo disegnatore Michael Walsh si adagi sugli allori e disegni in maniera talmente rozza da ricordare Roberto Recchioni;  e ovviamente mi ha offerto il destro per questo post-pinailleur:
"Occhio ID falco"? Credo che il problema sia che i correttori automatici hanno dovuto adeguarsi alle nuove terminologie tecniche/informatiche
Il colorista Matthew Wilson scambia il laccio della fondina della pistola di Spider-Woman per una decorazione del suo costume, il tutto nella stessa tavola
Alla fine anche Giorgio Lavagna ci mette del suo: ovviamente Derrida si chiama Jacques e non "Jaques"