Mi sembra che la saga di Vae Victis!
stia procedendo in crescendo. Dai primi, interessanti ma un po’ ridanciani
episodi, siamo passati a una storia serratissima e decisamente drammatica, e
inevitabilmente adesso che i protagonisti mi sono familiari è molto più
appassionante seguirne le gesta e le disgrazie. Veramente belli e coinvolgenti
questi quattro episodi, in particolare i primi due che mi hanno tenuto
incollato al volume.
Come al solito Simon Rocca coniuga rigore storico ad azione frenetica,
condendo il tutto con personaggi suggestivi delineati molto bene, anche se per
comprensibili ragioni di spazio e di economia della narrazione ad alcuni come Mandubracio
viene riservato poco più che un ruolo da macchietta. Messi da parte il facile
erotismo e soprattutto le battutine estemporanee, restano i tormenti (anche
amorosi, non meno dilanianti) degli eroi, il volto cinico del potere e della
politica, il disincanto con cui viene mostrata la difficoltà delle popolazioni
barbare a fare fronte comune contro l’invasore. In questi episodi mi ha colpito
molto la profondità con cui è stata trattata la figura di Cesare, che da
cattivo della serie è diventato un personaggio a tutto tondo, non privo
(tutt’altro) di meschinità ma umanissimo.
E a dirla tutta ho apprezzato anche la continuity attenta e molto ben
costruita.
Anche i disegni, forse perché sono condizionato dall’ottima resa di stampa
e dai colori molto suggestivi, mi sono sembrati migliori di quanto Mitton ha
fatto in precedenza, che era comunque sempre di livello almeno dignitoso.
Riallacciandosi allo scorso episodio Gaio
Giulio Cesare, il conquistatore e Arulf,
l’Iceno raccontano gli scontri dei Britanni coi Romani, in cui si
intrecciano le vicende dei vari protagonisti, mentre con Celtillo, il Vercingetorige Ambra/Budicca torna in azione per
spirito d’avventura donando nuova linfa alla storia. La mia impressione è che
negli intenti degli autori la saga fosse perfettamente conclusa col suo decimo
volume originale, cioè il secondo capitolo di questo Historica 14, e che l’abbiano continuata a fronte del successo che
ha avuto, ma è appunto solo un’impressione.
Nell’introduzione Sergio Brancato fa delle riflessioni e dei collegamenti
molto interessanti (ma Asterix sciovinista? Suvvia...) però mi chiedo che fine
abbia fatto Pollicelli.
Caro Lorenzon, questa intervista le potrebbe interessare. Cordiali saluti.
RispondiEliminahttp://www.fumettodautore.com/magazine/off-topic/4557-lintervista-r-giuseppe-pollicelli-parla-di-historica
Pensavo fosse un avvicendamento temporaneo come è successo un paio di volte per Barbieri sui Classici di Repubblica. Mi spiace, ma dubito fosse quella la tua fonte di sostentamento pricipale, giusto?
EliminaCi mancherebbe altro. Se così fosse, stazionerei in modo permanente presso qualche mensa della Caritas :-)
RispondiElimina"Chi non lavora non mangia"
RispondiElimina(Nikolaj Lenin/Giuseppe Pollicelli, Kamikaze n°1)
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RispondiEliminaReplico a tanta accuratezza filologica con una precisazione (che è poi un'autoprecisazione fatta a vent'anni di distanza). Il primo a formulare la frase in questione fu Paolo di Tarso nella seconda lettera ai Tessalonicesi. All'epoca non lo sapevo.
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