lunedì 4 novembre 2024

Non sono stato io

Inchiesta sotto forma di romanzo, ripercorre alcune delle tappe che tra le molteplici piste false hanno finalmente portato a identificare il disegnatore della prima versione del numero 1 di Diabolik, Angelo Zarcone detto “Il Tedesco”. Di identificarlo e di ricostruirne parte della vita.

I primi otto capitoli rievocano da una parte la dura esperienza milanese dell’artista e dall’altra la vita mondana e redazionale di Angela Giussani e Gino Sansoni, dopodiché entra in scena il «noto storico del fumetto» Attilio Brissolari, trasparente proiezione di Gianni Bono, che nel confezionare gli scatoloni contenenti il suo lascito a una costituenda Fondazione rivà con la memoria ad alcune delle panzane che, più o meno in buona fede, gli vennero rifilate nell’arco dei cinquant’anni in cui cercò di identificare “il Tedesco”. Non mancano gustose divagazioni sulla scena fumettistica italiana. Finché arriva una fatidica telefonata da Mario Gomboli, direttore editoriale dell’Astorina.

Non sono stato io è un romanzo avvincente e ricco di aneddoti, una vera manna per gli appassionati di fumetti (e non solo di Diabolik). Chi poi fosse già edotto su alcuni di questi aneddoti, ad esempio dalle Memorie Fumettistiche di Nonno Alfredo su Orient Express, qui ne troverà delle versioni più ricche e circostanziate. Il testo, scritto da Bono insieme a Raffaele Mangano, è inoltre molto evocativo e con poche pennellate riesce a ricostruire l’atmosfera di quella Milano in odore di boom economico in cui c’erano «più pittori che lampioni». E non solo di quella. La passione di Bono è tangibile così come il suo scrupolo documentaristico, tanto da portare a commuoversi con lui per il raggiungimento dell’agognata meta.

Tanta qualità di base avrebbe meritato una revisione in più. Sì, è perdonabile il lapsus che attribuisce Yesterday a Lennon e non a McCartney; sì, è comprensibile che chi non è addentro all’hobby consideri un «gioco di ruolo» le indagini che improvvisarono i lettori di Diabolik; ma leggere «del» e «sul» Zarcone invece di «dello» e «sullo» fa cadere le braccia.

Il romanzo è integrato da una breve postfazione di Mario Gomboli e da una sezione di “tracce” che contengono gustose curiosità e alcune prove dell’identità di Zarcone. O presunte tali: la Z nel disegno di pagina 170 mi sembra solo un ghirigoro come quelli nella parte superiore del cuscino, e per leggere «Angelo» nei geroglifici dell’insegna riportata a pagina 183 ci vuole molta fantasia!

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