La storia è quella nota a chi conosce il romanzo di Jules Verne (quindi non io), adattato a fumetti da Roudolph/Raoul Traverso: lo zar viene informato dell’invasione dei Tartari ai confini dell’impero e chiede un volontario che faccia da corriere per recapitare una missiva al fratello granduca insediato a Irkutsk, visto che i fili del telegrafo sono stati tagliati. A offrirsi è il giovane siberiano Michele Strogoff, che nel corso del viaggio incontra l’amore e affronta i proverbiali mille pericoli, dando prova di coraggio, intelligenza, forza ma anche abnegazione, passando a malincuore per vigliacco quando gli ordini dello zar lo impongono.
La trama è purtroppo un susseguirsi di stereotipi da romanzo d’avventura e il protagonista non solo riesce a compiere imprese miracolose come uccidere con un coltello un orso siberiano, ma supera senza particolare difficoltà l’infermità che gli viene inflitta. Il meccanismo è talmente inverosimile che l’imbarazzante didascalia parla di «un fenomeno umano, morale e fisico insieme», credo riprendendo il testo del romanzo. Tra l’altro questo meccanismo ricordo di averlo già letto o visto da qualche altra parte.
Michele Strogoff presenta parecchie didascalie spesso molto lunghe, ma la sua scarsa modernità si nota dal fatto che non so quanto sia pubblicabile oggigiorno una riduzione da cui traspaia così nettamente il disprezzo per gli zingari e la condiscendente pietà per le «credenze superstiziose» degli ulema mussulmani. Ignoro poi se nel romanzo originale ci fossero tutti quei riferimenti alla religione cattolica. Tutt’al più ci si può divertire con i battibecchi tra i due corrispondenti di guerra amici/nemici: la sequenza alle pagine 42 e 43 è esilarante e rende benissimo tradotta in fumetto.
Il piatto forte di questo fumetto sono insomma gli splendidi disegni di Franco Caprioli, né mi aspettavo diversamente. Da notare come riesce con il procedere della vicenda a dare sempre maggiore spessore psicologico al protagonista, che da giovane idealista diventa (anche per la cicatrice di una staffilata e per qualche filo di barba) più maturo e forse disincantato. Ma tutti i personaggi sono caratterizzati meravigliosamente e resi anche con grande espressività. È ovvio che Caprioli si è ispirato a fotografie, ma non ho riconosciuto nessun attore famoso nelle tavole (mentre ne La Pattuglia Bianca faceva una comparsata Gino Bramieri), e non so quanto fosse facile all’epoca, il fumetto è stato pubblicato agli inizi del 1973, estrapolare da un film dei singoli fotogrammi. Forse Caprioli avrà fatto posare degli amici per lui, eppure i volti sono straordinariamente “giusti” per i personaggi che raffigurano, e non so se tra le se conoscenze ci fossero uomini dai tratti orientali. Una colorazione basata principalmente sui tre colori primari esalta ancora di più il suo tratto.
A volerlo proprio cercare, forse un “errore” Caprioli lo ha commesso nel dare ai due giornalisti rivali delle fattezze troppo simili, quasi identiche, rendendoli poco distinguibili a una prima occhiata se non per i rispettivi abbigliamenti che all’epoca della pubblicazione su Il Giornalino erano probabilmente immediato indice di “francesità” o “inglesità” – ma oggi i riferimenti probabilmente sono meno comprensibili.
A integrare Michele Strogoff, che comunque dura le sue belle 49 tavole, ci sono quattro pagine di storia della Russia illustrate sempre da Caprioli (che in origine funsero da introduzione all’opera) e il fumetto breve I Violatori del Blocco scritto da Renata Gelardini, ambientato durante la Guerra di Secessione ma da un punto di vista originale: una nave a vapore salpa da Glasgow verso Charleston per forzare il blocco dei Nordisti che impedisce l’esportazione di cotone e quindi l’attività tessile in Scozia. Ma James Fairplay, capitano del “Delfino”, imbarca anche a sua insaputa la figlia di un giornalista incarcerato ingiustamente dai Nordisti, che ovviamente aiuterà a salvare dall’esecuzione. Nell’introduzione Gianni Brunoro lamenta l’effimerità di questa storia avanzando l’ipotesi che sia stata realizzata per esigenze redazionali e che avrebbe potuto essere sviluppata meglio di quanto si legga in queste 12 tavole. Non ha tutti i torti, ma pur con gli stessi limiti di Michele Strogoff (a maggior ragione visto che è di un anno precedente) si fa leggere con gusto. Il piatto forte restano comunque sempre i disegni di Caprioli.
Oltre che dalla lunga prefazione di Brunoro il volume è arricchito da un redazionale in cui viene mostrato il “dietro le quinte” del restauro delle tavole, prendendo come esempio una spada che in origine esisteva solo nei colori dati sul retro, e che qui è stata reintegrata anche con il tratto. Ciò non ha impedito che il jemschik di pagina 29 si ritrovi con la barba bianca da rossa che era fino alla pagina precedente (probabilmente perché in origine c’era uno stacco tra due episodi) ma così la fedeltà alla versione originale del fumetto è maggiore.
Un volume consigliatissimo, certo, ma fa un po’ sorridere (e anche un po’ incazzare) notare come con meno di 5 euro in più Nicola Pesce Editore abbia confezionato un volume cartonato, di formato abbastanza grande, a colori, su buona carta e dalla foliazione più generosa rispetto a quanto fatto con Piccininno che avrebbe meritato lo stesso trattamento.
Non puoi paragonare i costi, e quindi il prezzo di copertina, di un libro inedito con una ristampa. Ho sempre l'impressione che i libri di NPE siano "costruiti" in modo asettico, senza un'anima, non si vede quella cura maniacale dei dettagli che può scaturire solo dalla passione. Come se, una volta firmati i contratti (con gli eredi, i curatori, lo stampatore, i distributori e tutti gli altri), ogni libro venga abbandonato, archiviato come una cosa fatta e si passa al prossimo.
RispondiEliminaEh, lo so, giustamente Piccininno avrà un altro peso sul bilancio NPE che ha portato a scegliere quel formato piuttosto povero ma a un prezzo altino.
EliminaA me i volumi NPE non dispiacciono affatto, hanno una loro sobria eleganza e abbondano di interventi critici.