martedì 11 marzo 2025

London after Midnight

Già transitato sulla pagine di Lanciostory, questo fumetto è la trasposizione del film omonimo del 1927, uno dei casi più celebri di pellicola perduta, bruciata nel 1967 in un incendio nell’archivio della MGM – forse lo stesso anno in cui si narra che anche il magazzino della futura Bonelli fu preda delle fiamme.

Pur se il film è appunto irrimediabilmente perduto è stato possibile ricostruirlo per sommi capi grazie alle molte testimonianze e alle immagini che sono affiorate nel corso dei decenni. London after Midnight fu una delle molte opere di Tod Browning (quello di Freaks) e come altre beneficiò del lavoro istrionico e trasformistico dell’attore Lon Chaney che molto contribuì al suo successo.

Il volume si apre con una scrupolosa introduzione a opera di Roberto Barreiro (anche questa transitata su Lanciostory, almeno in parte) che racconta sia le vicissitudini della pellicola che la vita e le opere di Browning e Chaney. Viene addirittura riportata una rassegna stampa delle critiche che ebbe London after Midnight al momento della sua uscita.

A tal proposito, va detto che le frequenti perplessità avanzate sulla coerenza narrativa dell’opera non sono campate in aria. Lo sceneggiatore Gonzalo Oyanedel ha dovuto fare di necessità virtù, fortunatamente ai disegni c’è il divino Alcatena che costituisce motivo più che sufficiente per l’acquisto.

Roger Balfour viene trovato morto: si sarebbe ucciso con un colpo di pistola ma i famigliari non credono al suicidio. Le indagini però non portano a nulla. Cinque anni dopo Balfour House viene affittata da una coppia alquanto singolare: lei di un pallore cadaverico e lui con un ghigno dai denti acuminati. Come se il suo aspetto non fosse abbastanza, il tizio si firma con lo stesso nome e la stessa grafia del compianto Roger. Quanti assistettero al “suicidio” di Balfour sono preda di una progressiva inquietudine e sperimentano accadimenti macabri a contatto coi nuovi inquilini. L’ispettore che a suo tempo prese in carico il caso si rifà vivo e serpeggia l’ipotesi che i nuovi arrivati siano vampiri. In realtà i due mostri si riveleranno i “buoni”, ma la risoluzione della storia è talmente inverosimile che non merita la citazione non tanto per evitare spoiler quanto per rispetto alla memoria di Tod Browning che scrisse il racconto (The Hypnotist) da cui è tratta.

Ma poco importa della trama e dei suoi assurdi retroscena: ciò che si fa apprezzare di questo fumetto sono le splendide tavole di Enrique Alcatena. Une delle sue doti è quella di interpretare una sceneggiatura secondo il contesto in cui è ambientata e nel rispetto del materiale di partenza stavolta opta per un segno quasi espressionista, in cui il tratteggio è piuttosto spesso e ci sono grandi campiture di nero. Essendoci poche vignette per tavola i suoi disegni possono essere ammirati in tutto il loro splendore e la qualità della riproduzione è tale che affiorano anche le matite non cancellate: un interessante “dietro le quinte” sono le vestigia di gambe sul tappeto di pagina 53, testimonianza di un’inquadratura a cui ne è stata preferita un’altra.

Come da prassi della Nicola Pesce Editore la carta non è patinata. In questo caso non è un male perché con tutto quel nero sai che ditate ne sarebbero venute fuori.

Unico difetto di questo volume è la copertina chiassosa e artefatta, sicuramente elaborata al computer, che col lavoro di Alcatena c’entra come i cavoli a merenda. Anonimo l’autore, a Sebastiano Barcaroli vengono attribuiti solo design, progetto grafico e impaginazione.

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