Sulle prime questo Lexipolis non mi ha fatto una buona impressione. Juan Gimenez non si discute, ok, ma questo Richard Malka jodorowskeggiava troppo. La simbologia dei sette pianeti/vizi capitali... la magniloquenza... i neologismi strampalati... un vago misticismo spettacolarizzato... Tutta roba che è meglio lasciare appunto al buon vecchio Jodorowsky, che la sa trattare come dio comanda. Per fortuna le perplessità sono svanite quando la storia è entrata nel vivo, ovvero (grazie al cielo!) già dopo le prime 6 pagine.
La storia si svolge in un universo futuribile, in una galassia in cui si è affermato con prepotenza il "segmentismo": gli individui vengono mandati a vivere nel settore che più si confà alle loro attitudini. Quindi, i filosofi vivono su Psyche, gli artisti su Musa, i soldati su Neo-Sparte e così via. La partenza verso la meta ideale avviene al compimento del ventunesimo anno d'età, dopo che a 7 anni i bambini vengono sottoposti al test Armaguedon che definirà la loro indole dominante e determinerà di conseguenza la formazione che avranno nei prossimi 14 anni fino al fatidico raggiungimento del ventunesimo anno d'età.
Questa struttura è stata ideata e viene tuttora retta dall'oligarchia delle Sette Guide, uomini immortali dall'origine sconosciuta che si vocifera siano gli ultimi esemplari rimasti della popolazione del "pianeta originale" (scommettiamo che è la Terra?). Questi sette Immortali sono preoccupati: ognuno dei loro settori si sta rivelando sempre meno prolifico e nel prossimo futuro la U. G. F. S. (Unione Galattica delle Funzioni dei Segmenti) è condannata a svuotarsi di ogni forma di vita umana eccetto quelle degli Immortali stessi. Oltre al fatto che questa trovata dei "Sette Immortali" deve aver fatto fischiare le orecchie a Jodorowsky, mi chiedo perchè si preoccupino, tanto loro sono immortali...
Stacco: a sette anni Loth Lungren si rivela una pericolosa anomalia che potrebbe minacciare lo status quo: è un bi-funzionale (o b-funzionale, lo scrivono anche così), qualsiasi cosa voglia dire, e approfittando del suo carattere ribelle gli esaminatori ne decidono d'ufficio l'assegnazione a Neo-Sparte. Quattordici anni dopo, al momento di partire, si attarda con la sua fidanzata e rischia di far tardi per la partenza: viene fermato per eccesso di velocità da una rob-pattuglia e qui comincia la sua vicenda kafkiana. Condotto a Judicia, il pianeta giudiziario, viene condannato a 40 di "relegazione genetica", ovvero una forma di punizione che ha sostituito le obsolete e costose galere: verrà fatto invecchiare chimicamente fino a raggiungere l'età di 61 anni! Niente male come trovata, anche se questa prima parte è in generale orchestrata benissimo, con dialoghi spumeggianti e situazioni molto divertenti nonostante il tragico senso di impotenza che caraterizza le demenziali vicissitudini giudiziarie di Loth e la pesantezza della sua condanna.
Il resto è storia nota: insieme a un'altra condannata (Jezreel Seth, che ha rifiutato di sottostare alle abitudini del settore di destinazione, Voluptide, quello del piacere e delle droghe) fuggirà dal pianeta-tribunale e si unirà ai ribelli "senza colore" (ogni settore/attitudine ha un colore che lo contraddistingue) da cui apprenderà che la piaga della sterilità ormai non ha lasciato che 7 mesi di vita alla galassia, poi la specie umana si estinguerà.
La soluzione al problema risiede con ogni probabilità nel segmentismo, che per essere eliminato necessita secondo i ribelli della distruzione delle Sette Guide. Ammazzare un Immortale non sarà facile ma come da tradizione Loth è un predestinato che si eleva sulla massa dei suoi simili (cosa appena accennata in questo primo volume ma piuttosto evidente) e nei prossimi volumi sicuramente farà qualcosa di eroico e straordinario.
Prossima fermata prevista: Voluptide.
La qualità del lavoro di Juan Gimenez è stupefacente. Pur non proprio nel fiore degli anni, il maestro di Mendoza non accusa affatto il passare del tempo ma offre secondo me una prova addirittura migliore di quanto visto negli ultimi anni. Praticamente tutto quello che disegna (e soprattutto colora) gli riesce bene: che si metta a ritrarre delle navicelle spaziali oppure della vegetazione lussurreggiante, o ancora degli animaletti alieni oppure dei conglomerati urbani non sbaglia mai un colpo e tutto sembra incredibilmente realistico pur se indiscutibilmente personale. Pazzesco come riesca a rendere "vivo", anche nel senso di funzionale per quei soggetti che vivi non sono, tutto quello che crea. Forse l'unico punto debole del suo stile sono le "donnine", che di certo non sono nè belle nè personalizzate come quelle dei connazionali Zanotto, Garcia Seijas, Altuna, ecc. ma sono pur sempre dei disegni di Juan Gimenez.
Qua e là mi è sembrato di cogliere un maggiore uso delle matite colorate, mentre la computer grafica è stata saggiamente limitata (o forse accantonata del tutto). Come al solito, eccezionali i primi piani molto espressivi dei personaggi, che in Lexipolis non indulgono nelle esagerazioni melodrammatiche viste altrove. Mi sembra inoltre che Gimenez abbia elaborato nuove tecniche per rendere i raggi laser, o in generale la luminosità, e per rappresentare in maniera più efficace le strumentazioni fantascientifiche più improbabili.
Anche la storia non è affatto male, mista com'è di assunti di base abbastanza originali e di luoghi comuni archetipici quasi irrinunciabili in una storia fantascientifica del genere. E alcuni dialoghi sono proprio brillanti.
Purtroppo non posso fare a meno di pensare che Gimenez ha anche un'altra serie in progress, e che questo Segmenti non si concluderà ragionevolmente che in sette volumi, quindi ci sarà da aspettare ancora un bel po' per leggere la conclusione.
La confezione di Alessandro Editore è buona, la qualità di stampa è più che accettabile (o forse anche buona, non riesco a capire se certe sbavature dei contorni delle vignette sono dovute alla stampa stessa oppure agli strumenti impiegati da Gimenez: una matita, una penna biro o anche un pennello usato "a secco" non hanno certo lo stesso nitore di un pennino) e gli errori di battitura solo un paio o poco più. Anche il font del lettering, pur non essendo il più indicato per lo stile di Gimenez, è molto meno invasivo e fastidioso di quello di altre proposte di Alessandro Editore.
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