Inizia col piede giusto il nuovo
anno la collana Historica Biografie,
con il volume “gemello” di Cesare
che si segnala per la spettacolarità del comparto grafico.
Dopo una sequenza introduttiva
apparentemente slegata dal resto, Vercingetorige
si sviluppa con l’espediente del protagonista ormai prigioniero di Cesare che
gli racconta la storia della sua vita. Con un’impostazione del genere è
inevitabile che il fumetto abbia un taglio scolastico e didascalico, ma si
legge comunque con piacere e rimane scorrevole anche se ogni tanto i dialoghi
servono a puntualizzare qualche retroscena che non viene esplicitato in altro
modo. Il tutto viene però nobilitato dal colpo di scena finale che si
riallaccia con quelle prime tavole apparentemente fuori contesto.
Valoroso ma talvolta contestato
capo degli Arverni, figlio di un nobile arso vivo a causa della stessa ambizione
che avrebbe tramandato al figlio, Vercingetorige diede filo da torcere a Roma grazie
alle sue competenze strategiche che aveva appreso dagli stessi Romani quando
prestava servizio nel loro esercito,
com’era uso all’epoca presso le popolazioni alleate e quelle assoggettate. La
caduta del condottiero gallo comincia con la caduta di Avaricum, a cui viene
dedicato molto spazio nel volume, che costituirà per lui l’inizio della fine.
I testi sono scritti a quattro
mani da Éric Adam e Didier Convard; quest’ultimo, salvo un improbabile caso di
omonimia, è uno dei più importanti sceneggiatori francesi e anche qui ha
dimostrato il suo rigore e la sua professionalità.
Come anticipato sopra, il
comparto grafico è spettacolare. Fred Vignaux si ispira evidentemente a Enrico
Marini, quello più nervoso e dinamico di Gypsy,
e nel confronto con l’autore de Le Aquile
di Roma non sfigura affatto, tanto più che anche i suoi colori (per cui ha
avuto l’assistenza di Charlène Tabary) sono di ottima qualità, al punto che
talvolta non sembrano nemmeno generati col computer – anche se in questo modo
le parti più manifestamente digitali risaltano molto di più di quello che dovrebbero.
L’apparato storico curato da
Stéphane Bourdin è molto utile per capire meglio le libertà che si sono presi
gli autori (inevitabili data la scarsità e la parzialità delle fonti
disponibili), cosa che viene ulteriormente approfondita nel making of.
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