giovedì 18 marzo 2021

Batman: L'Oscuro Principe Azzurro

Ecco perché Enrico Marini non realizzava da un po’ episodi de Le Aquile di Roma. Se ho ben capito, questi in origine erano due comic book extralarge realizzati però con i crismi del fumetto franco-belga, quindi con una cura che ha impegnato l’autore per circa un anno cadauno, in modo da essere rivendibili anche sul mercato in cui opera di solito (se ho ben capito la Dargaud è parzialmente responsabile del progetto insieme ovviamente alla DC Comics).

Due cornici narrative racchiudono la storia: Batman fa perdere la refurtiva di un ricchissimo colpo del Joker, che tra le altre cose aveva arraffato anche una collana di perle costosissima che pensava di regalare ad Harley Quinn per il suo compleanno. Incazzato nero (anche perché la stessa Harley Quinn è furiosa per il mancato regalo) Joker architetta un piano per impossessarsi di un gioiello ancora più prezioso: stando ai notiziari, Bruce Wayne avrebbe avuto una figlia da una cameriera che, otto anni dopo il concepimento, è andata da lui a batter cassa. Joker la fa rapire e in cambio chiede al miliardario di aggiudicarsi all’asta un gioiello valutato 50 milioni di dollari. Ma anche Catwoman si mette in mezzo. Marini gioca con le aspettative del lettore: Alfred dice che l’esito dell’analisi del dna del sangue della madre «non piacerà» a Bruce Wayne, ma ovviamente il lettore accorto sa già che non vuol dire che è veramente lui il padre e che dovrà aspettarsi un colpo di scena. Colpo di scena che però purtroppo è assai prevedibile.

Ovviamente il motivo principale per approcciarsi a questo volume sono gli stupendi disegni e colori di Enrico Marini ma, pur se non dice quasi nulla di veramente innovativo o ispirato, anche i suoi testi non sono male. Oltretutto ho ravvisato un maggiore tasso di violenza e molteplici riferimenti alla droga e al suicidio, non sempre trattati con ironia: una cosa piuttosto rara nel mercato supereroistico. La storia non è priva di qualche buchetto logico (la madre di Alina sembra convinta veramente che il padre sia Bruce Wayne), comunque facilmente giustificabile.

Non è Gypsy o Lo Scorpione o Le Aquile di Roma, ma si vede che Marini ha dedicato una grandissima cura a questo progetto. Forse anche troppa: chissà se a un pubblico assuefatto ai cascami Image e alla colorazione digitale saranno veramente piaciuti i suoi splendidi acquerelli. E in fondo la storia poteva benissimo svilupparsi in meno pagine – certo, poi però non sarebbe stato possibile realizzare i volumi francesi della classica sessantina di pagine l’uno. Non so quanto ci sia di rispettoso della continuity (nella versione di Marini Catwoman sa che Bruce Wayne è Batman) ma è la cosa che mi interessa di meno.

E adesso, sotto con Le Aquile di Roma!

14 commenti:

  1. Storie così possono anche giovarsi dei disegni di Marini, ma è un po' come bere Dom Pérignon con il Big Mac. Vabbé che l'ha fatta lui, ma per un volume alla francese poteva anche appoggiarsi a qualche scrittore che proponesse qualcosa di più originale. Il Jolly e Arlecchina, non è che mi invoglia a tornare a leggere Batman.

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    1. Credo che sia impossibile fare qualcosa di originale con personaggi così standardizzati, senza incorrere nelle ire dei custodi del canone.
      Almeno Marini si è tolto lo sfizio di fare qualcosa che evidentemente voleva fare, e il risultato (soprattutto grafico) è convincente.

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    2. Beh, si potrebbe sempre fare un crossover con Dylan Dog o Alan Ford :D

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    3. Quello con Dylan Dog esiste già!
      Ma dai che lo sapevi...

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  2. Il progetto è proprio francese... Oltralpe è uscito in due volumi nel classico formato da 32 cm, anche se con la base leggermente più stretta del solito (immagino per poter essere adattabile alle classiche edizioni rimpicciolite, come questa).

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    1. E la Dargaud ha bisogno di Batman? Mah, probabile che abbia venduto più in Europa che non in U.S.A.
      Ricordo altri esperimenti analoghi tipo lo Wolverine di Morvan (mi pare) e le recenti declinazioni franco-belghe del Topolino classico.

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  3. Non tanto Alan Ford quanto Kriminal & Satanik - in un numero della serie del primo i due si sono incontrati e hanno "pangrattato" come direbbe Totò - che potrebbero aver qualcosa in comune con la coppia Bruce & Selina. Tra l'altro la signorina Bannister sembra una cattiva di quelle in cui potrebbe imbattersi Bats: metaumana come Poison Ivy, il tema della schizofrenia affrontato con i vari Due Facce e il Ventriloquo, diabolica come Cornelius Stirk. Per non stranire i lettori abituati al segno di Magnus, Mamma DC potrebbe tornare a rivolgersi a Shawn Martinbrough che disegnò Bats a inizio secolo e che funziona anche in b/n. Ha qualcosa del Phil Hester dopo la conversione salbuscemica di vent'anni fa ( il Green Arrow di Kevin Smith, non lo Swamp Thing di qualche anno prima su testi di Morrison & Millar ).
    Dennis Cobb potrebbe entrare per un cameo.

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  4. Tra "le recenti declinazioni franco-belghe del Topolino classico" mi permetto di consigliare quella di Tebo con un Mickey Mouse vecchio ed un po' svanito che racconta ad un nipotino di come abbia conquistato il west o lo spazio. Segno che rilegge quello di Iwerks. Siamo dalle parti delle primissime strisce di Gofffredson, quindi lontanissimi da Scarpa, Casty e Faraci. Il parente + prossimo potrebbe essere il cartone animato recente di Rudish e Suriano che Suriano ha portato a fumetto per la IDW.

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    1. Nello Scarpa degli anni 50 un po' di Gottfredson o di Al Levin ce l'ho sempre visto.

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  5. Al Levin non esiste: è una creazione del giovane Alfredo Castelli. Erano anni così, senza rete nel senso di internet. Trovi Levin nel volumetto Le follie di Eta Beta Mondadori l. 600. Le prime storie del personaggio e le ultime per molto tempo perchè Disney temeva che oscurasse la stella di Topolino. Il disegnatore è Gottfredson. Me ne accorsi immediatamente quando comperai il volumetto oltre 40 anni fa. Castelli birichino. In rete trovi credo una sua intervista dove spiega la cosa.

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    1. Al Levin esiste eccome, è Floyd Gottfredson a essere inventato (o meglio a essere un prestanome). Rileggiti l'intervista a Castelli sul Fumo di China in cui ne parla, Graziano.

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  6. Al Levin è il mio cartoonist preferito dopo Giacchibirbi e Frenmiller.

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  7. Fleccerénks, talento visionario e non allineato, decide di sparire e lascia i suoi documenti nelle tasche di un clochard immerso nel Grande Sonno su una panchina e prende a scrivere e disegnare le sue storie di buffi omini forse alieni ghiotti di mandarini cinesi. Il mondo che non apprezzava Fleccer tridimensionalizza Al Levin. So goes life

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