Durante la Seconda Guerra Mondiale il generale Patton, ossessionato dalla simbologia della spada, organizza insieme a Ian Fleming, creatore di 007, il reclutamento di Aleister Crowley in modo di far fronte ai crescenti deliri esoterici di Adolf Hitler. Che le loro teorie mistiche abbiano o no dei fondamenti, Crowley potrà comunque fornire al Führer dei dati astrologici sbagliati con cui condizionarne i movimenti in favore degli Alleati. Roberts viene appunto incaricato di infiltrarsi nella loggia di Crowley spacciandosi per un semplice fotografo (ruolo che effettivamente ricopre nell’esercito) mentre una volta che avrà subito l’iniziazione lo spingerà a lavorare a sua insaputa per l’esercito britannico. Non è un caso se è stato scelto proprio lui: benché dichiari di non credere a nessuna di quelle sciocchezze, è cresciuto in una famiglia dallo spiccato misticismo (o forse solo molto superstiziosa) che proprio per questo lo ha portato a “non credere” più dopo le tragiche scelte di sua madre. Ma una volta coinvolto nella vicenda e affascinato dall’assistente di Crowley (stavo per scrivere “bella assistente di Crowley”, ma con Avon Oeming ai disegni come si fa a dirlo?) si fa prendere la mano e anche lui, contro il parere di Crowley, si concentra sulla sottrazione della Lancia Sacra a Hitler, che per il mago è solo un falso privo di valore.
La sceneggiatura di Rushkoff spiega la creazione dei “sigilli” a cui la fede degli uomini dona potere: da una parte la svastica di Hitler basata sulla morte, dall’altra il “V for Victory” che sarebbe stata ideata da Crowley e che si oppone al Thanatos della svastica con l’Eros della simbologia che sottende (ma oltre alla vagina rimanda anche alla tradizione degli arcieri inglesi, sulla cui nascita fornisce una versione differente rispetto a quella data da Warren Ellis in Crecy). C’è anche spazio per un altro simbolo, il pollice alzato, che Crowley vorrebbe potenziare come sigillo, suggestione che verrà sviluppata in maniera più ragionata e intelligente nell’Apocalisse di Castelli e Roi.
La vicenda si sviluppa poi ben oltre la fine della guerra, rivelando cosa successe realmente nel corso dell’iniziazione di Roberts (niente che non fosse già evidente) e parlando di un omicidio alla cui base c’è la creazione della Viceroy e del suo logo birichino, chiudendo così il cerchio. Effettivamente la conclusione non è delle più entusiasmanti, dopo una storia che nonostante il misticismo soffuso si è fatta leggere con piacere e a maggior ragione dopo un inizio molto promettente. Ma comunque il testo è piacevole, anche perché in fondo è anche un racconto spionistico con colpi di scena e cambi di campo.
Per quel che riguarda i disegni, invece, la scelta di Avon Oeming è stata pessima. I suoi pupazzetti storti rendono ridicole anche le parti più drammatiche ma chissà, forse è stato scelto proprio per smussare certi angoli e non rendere troppo disturbanti certe immagini. In Aleister & Adolf ci sono infatti incredibilmente parecchi nudi (oltre a più rare testimonianze di “esperimenti” nazisti), ma resi come fa Avon Oeming sono ridicoli, pupazzettistici.
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