venerdì 18 marzo 2022

Proctor Valley Road

È il giugno del 1970 a Chula Vista, vicino al confine col Messico, e l’adolescente August vorrebbe andare a vedersi il concerto di Janis Joplin insieme alla cugina Rylee e alle altre sue amiche. Ma non hanno un soldo e così per tirare su qualche dollaro si inventa un tour dell’orrore sulla strada di Proctor Valley. Se poi i loro compagni di scuola accettano solo perché sperano di combinare qualcosa con loro, l’importante è che paghino. Il “tour” non va come previsto e accadono degli avvenimenti sovrannaturali in cui i maschi spariscono. È il periodo della guerra del Vietnam e le ragazze sono accusate di favoreggiamento nella diserzione dei ragazzi spariti. Indagando su quella strada maledetta, che a quanto pare lo è davvero, August e compagnia saranno a loro volta vittime di strani fenomeni, fino a scontrarsi con la vera causa dei fenomeni.

In questo fumetto di Grant Morrison c’è poco o nulla, il che per alcuni potrebbe pure essere un pregio. Si tratta semplicemente di una storiellina horror mista a un vago romanzo di formazione, condita di elementi pop che faranno felici i lettori più attempati ma che diranno poco a chi non è stato bambino in America negli anni ’70. Il mistero del posto in cui nessuno può morire si è già visto altre volte e il mostro alla base della storia non è molto affascinante, anzi un po’ ridicolo. E il finale è un tripudio di buoni sentimenti. A volte i dialoghi sono prolissi e la storia è molto lineare, per cui credo che buona parte dei testi si deva ad Alex Child. Le quattro protagoniste sembrano essere state create per soddisfare più fette di pubblico possibili: August (carina) soffre per l’abbandono del padre, Rylee è sovrappeso, Cora è una messicana nictofoba e Jennie una ragazza di colore che sogna di fare l’astronauta. August è una discreta ribelle e le ragazze fumano, né mancano riferimenti a droghe varie, ma il sesso (figuriamoci!) è del tutto assente.

Un fumetto assolutamente trascurabile, in cui il nome di Morrison serve evidentemente solo a spacciare una storia banalotta e consolatrice. E in ogni caso i disegni cartooneschi di Naomi Franquiz sono del tutto inadatti per un fumetto horror.

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