Dopo Vae Victis! Historica presenta un altro fumetto
d’ambientazione romana. Gli Scudi di
Marte è comunque molto diverso dalla lunga saga di Rocca e Mitton.
Gilles Chaillet abbandona provvidenzialmente il ruolo di disegnatore
riservandosi solo quello di sceneggiatore, mentre ai disegni troviamo un Gine
che in questa sede ha mediato con equilibrio il suo stile più robusto e
popolare con quello nervoso e spezzato degli ultimi lavori. Non ne viene fuori
un disegno “bello”, ma perlomeno efficace.
La trama vede il non più giovane ufficiale Ventidio Charax impegnato in una
indagine atta a scoprire chi stia tramando nelle fila dei Parti (o forse in
seno allo stesso Impero?) per fare scoppiare una nuova guerra che potrebbe
indebolire Roma già provata sul fronte della Dacia.
Senza il bisogno di alcuna didascalia esplicativa o nota a piè di pagina
Chaillet riesce a catapultare il lettore nell’ambientazione con rara abilità,
complice anche un incipit fenomenale. Gli
Scudi di Marte si compone di tre volumi e offre avventura, intrigo,
esotismo e una cura manicale ai dettagli storici. Ignoro se si tratti della
semplice trasposizione di fatti realmente accaduti o della fantasia di
Chaillet, sta di fatto che il realismo e la scorrevolezza con cui è proposta la
storia (e il contorno di intrighi politici) sono formidabili. I dialoghi sono
splendidamente costruiti, caricati laddove necessario di sottintesi e di molteplici
livelli di lettura, e i personaggi “recitano” in maniera perfetta. Va anche
segnalato che accanto alla sintassi moderna viene impiegato un lessico
vagamente desueto («donde», «sovente»...), che caratterizza ancora di più
l’ambientazione e i suoi personaggi. Che sia farina del sacco del traduttore o
una scelta già presente in origine rimane comunque un ulteriore motivo
d’interesse.
L’unico piccolo neo, se proprio uno volesse mettersi a cercare un difetto,
è che la figura del protagonista viene descritta in maniera un pochino
idealizzata e molitica, forse un retaggio degli eroi classici della BéDé: integerrimo
oltre ogni dire, è il soldato perfetto e la sua condotta con sottoposti e amici
è sempre impeccabile, anche in spregio del contesto sociale dell’epoca e
dell’anacronismo di certi comportamenti asessuati. Ma in ogni caso sono gli altri
personaggi meno “puri” del fumetto a rammaricarsi di questa sua rettitudine,
quindi alla fine tutto torna.
Non male la colorazione, pur con degli effettacci al computer che
banalizzano e sviliscono un po’ il lavoro di Gine: c’era proprio bisogno di
copiaincollare decorazioni e arazzi sollevandolo dall’incombenza di disegnarli
in prima persona? Così viene a crearsi uno scarto molto forte tra le parti
artigianali e quelle digitali.
Molto buona l’introduzione di Sergio Brancato che si concentra sugli
approfondimenti storici e su alcune considerazioni sul genere, evitando gli
spoileroni a cui ci ha abituati Pollicelli.
Tra i volumi di Historica questo
è uno di quelli che mi sono piaciuti di più. La proposta in un’unica soluzione
permette poi di goderselo tutto d’un fiato senza la frammentazione di Vae Victis! o il dispiacere per la
mancata conclusione di Gengis Khan.
Cazzarola, non seguo questa collana ma mi attirava...!!
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