lunedì 14 marzo 2016

Cosmo Color Extra 17 - Il Crepuscolo degli Dèi 8: Il Grande Inverno

Continua la saga dell’Anello dei Nibelunghi anche dopo quella che ritenevo la sua irrevocabile conclusione naturale. Evidentemente la serie in Francia deve aver riscosso un buon successo se sono arrivati a inventarsi delle nuove situazioni per farla continuare (o forse Jarry per scrivere questo seguito si è basato su fonti apocrife post-Wagneriane che non conosco). In effetti, ne valeva la pena.
L’Impero Romano d’Occidente non esiste praticamente più e Bisanzio è l’ultimo baluardo contro il caos che si sta abbattendo su tutta l’Europa e che si manifesta con un inverno innaturale e i mostri che porta con sé, i Winterdrags. Il Grande Inverno si concentra su tre storyline principali, che immagino finiranno per incrociarsi: presso una eccessivamente tolkieniana Corte degli Elfi i fratellini Lif e Lifthrasir, discendenti di Sigfrido e Crimilde, stanno completando la loro formazione per padroneggiare il potere di fermare il Fimbulvetr (cioè il Grande Inverno) con il divieto tassativo di toccarsi l’un l’altra per non sprigionare le potenti forze che risiedono in loro.
Nel mondo terreno, il «Mannheim», il centurione Foca si trova coinvolto in una caccia a dei misteriosi assalitori che si rivelano mostri, ma deve anche far fronte alla cupidigia dell’imperatore Maurizio; e sarebbe sicuramente meglio se non si prendesse troppe libertà con le mogli degli uomini (potenti) sbagliati.
Frattanto in Norvegia la maga guaritrice Yngvild e il suo burbero compagno Bjarnulf custodiscono una durlindana dai poteri divini che desta l’interesse di un potentissimo stregone non-morto capace di controllare magicamente l’intera popolazione di un villaggio. Gli Dèi osservano ma il decaduto Wotan dichiara di voler tornare nella mischia per quel poco che potrà: tecnicamente già morto nel Ragnarok, si indebolirà ancora di più per ogni intervento nelle sorti umane.
Di carne sul fuoco ce n’è tanta e nonostante la necessità di dar seguito a ciascuna delle trame in cui è divisa questa puntata la narrazione risulta ben calibrata e pienamente soddisfacente per il lettore. È chiaramente solo l’antipasto di una saga che immagino sarà anch’essa bella lunga come la prima, ma non ho avuto l’impressione che lasciano altri numeri 1 franco-belgi per cui si resta a bocca asciutta in attesa della vera azione.
È stato piacevole constatare l’evoluzione che ha finalmente avuto Djief, secondo me decisamente maturato rispetto a quanto visto in precedenza. È vero che gli elfi col naso da pugile non sono molto elfici, però le figure efebiche e a volte solo accennate sono state quasi del tutto abbandonate in favore di uno stile più corposo e dettagliato. I colori di Héban contribuiscono come al solito a rendere suggestive le tavole.
In quarta di copertina campeggia l’annuncio del prossimo numero della saga in uscita tra due mesi, ultima vestigia delle gloriose collane Cosmo Color. Godiamocela finché dura.

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