Ce ne ha messo di tempo per
arrivare, ma questo volume vale tutta l’attesa e i trenta euro che è costato. Stampato
interamente su carta patinata, è un cartonato con cuffia: quindi non c’è il
rischio che il dorso si imbarchi da una parte o dall’altra a seconda di come lo
si apre la prima volta.
Ma ovviamente quello che conta di
più sono i contenuti: il protagonista è un parapsicologo di nome Maximus
conosciuto universalmente come “Il Maestro”, dotato di una enorme cultura
esoterica e soprattutto di poteri medianici di vario tipo (giustamente lasciati
nel vago per assecondare le necessità dei singoli episodi) che collabora con la
polizia di Los Angeles tramite la sua spasimante Velda Morris.
A dispetto di quello che
immaginavo, Il Maestro non è una
raccolta di episodi scollegati con lo stesso protagonista (non inizialmente,
almeno) ma una saga con una continuity
serrata in cui gli stessi personaggi e le stesse ambientazioni ritornano con
frequenza: i primi nove capitoli vedono la lotta tra il protagonista e l’archeologa
Jaga, che si è impossessata dello scarabeo di Ara-Tutna.
Questo antico monile di origine
extraterrestre ha la facoltà di materializzare i pensieri di chi lo usa, a
patto che sia conosciuta l’invocazione che lo attiva. Solo il Maestro ormai ne
è a conoscenza e per questo Jaga ingaggia una lotta contro di lui per
strappargli la formula. Seguiranno inseguimenti in tutto il mondo, colpi di
scena e rocamboleschi ribaltamenti della situazione: Jaga otterrà
effettivamente il pieno potere dello scarabeo, scavando nella memoria del
Maestro con uno stratagemma ben architettato da Milani.
Dopo questo primo arco narrativo
ne viene presentato uno più breve, Ultimatum
all’America, in due soli capitoli opportunamente raccolti tutti di seguito,
come avverrà con il penultimo ciclo in tre parti Una storia di iene. A seguire Ultimatum
all’America ci sono un paio di storie autoconclusive, finché dall’episodio Un mare antico la singola vicenda
trattata negli episodi è inserita nella trama generale che vede il ritorno di
Jaga, che avrà una coda proprio in Una
storia di iene (questa trama contempla a sua volta la sottotrama della
perdita dei poteri del Maestro pur di non dover più convivere con la
maledizione di percepire la data esatta della morte di chiunque lo tocchi). A
integrare la saga portante ci sono due episodi autonomi disegnati da Giancarlo
Alessandrini e uno di Mario Cubbino.
I testi di Mino Milani sono
appassionanti e originali, tanto più se pensiamo che furono realizzati oltre 40
anni fa per una rivista indirizzata ai ragazzi. Non manca qualche occasionale
ingenuità, ma pienamente giustificata dalla necessità di risolvere alcune
situazioni specifiche. Anche i poteri dello scarabeo, però, hanno limiti
variabili a seconda delle necessità: nel primo episodio riescono a
materializzare solo illusioni, in altri modificano l’aspetto di chi lo usa e
l’episodio Le grandi piogge si basa
interamente sui suoi effetti ben concreti. L’elemento che risulta meno
credibile alla fine non sono i poteri miracolosi del Maestro quanto quelli di
Velma Morris: semplice poliziotta (anche se in un’occasione collabora con
l’FBI) sembra avere piena autorità per intervenire al di fuori dei confini
degli Stati Uniti, si sceglie i suoi casi in base alle intuizioni del momento,
ha ferie e congedi infiniti e dispone nel suo equipaggiamento anche di droghe!
Mino Milani fa un uso molto
intelligente di un’altra “spalla” del Maestro, la sua gatta Nardy che si porta
dietro nelle sue avventure. In alcuni frangenti (pochi) viene coinvolta in
improbabili rituali per risolvere una situazione, in molti altri riesce a
salvare il suo padrone proprio in virtù del suo essere felino e del
comportamento che ci si aspetterebbe da un gatto. Negli ultimi episodi Mino
Milani adotta uno stile un po’ più malinconico, se non proprio cupo, e quelli
disegnati da Alessandrini e Cubbino presentano delle didascalie più moderne,
narrate in prima persona. Considerando l’anno di pubblicazione, il 1976, può
darsi che lo sceneggiatore abbia fatto suo lo stile di scrittura più maturo di Lanciostory.
balloon invertito: anche negli anni '70 si sbagliavano |
Credo comunque che alcune tavole
siano state create ex novo al tempo
della ristampa in volume della Ivaldi (che, se ho ben capito, conteneva tutti
gli episodi della saga di Ara-Tutna tranne l’ultimo!) come raccordo tra gli
episodi: in particolare il prologo del primo capitolo, in cui c’è
un’anticipazione dell’origine del gioiello di Ara-Tutna, e l’ultima tavola del secondo.
La mia impressione è infatti che la serie non avesse una progettualità molto
definita all’inizio e Milani trovasse soluzioni narrative a mano a mano che
procedeva la serie.
Per quel che riguarda la parte
grafica, resto dell’idea che (come variamente ripetuto dal diretto interessato)
Di Gennaro sia più bravo come illustratore che come fumettista, ma il suo
lavoro è comunque stupendo: i riferimenti fotografici e le tecniche riprese da
altri colleghi rendono spesso Il Maestro
un gioiellino pop. E le sue donne sono meravigliose.
Passando alla qualità della
riproduzione, viene anticipato che le tavole originali non erano reperibili e
quindi si è proceduto a scansionare il volume dell’Ivaldi e le pagine del Corriere dei Ragazzi. Questa ammissione
sembra quasi una scusa preventiva per giustificare la qualità di stampa non
ottimale, ma in realtà la resa complessiva è molto più valida di quella di
tanti altri editori che vantano fenomenali (e inesistenti) qualità delle fonti.
Il riferimento alle tavole già pubblicate ha permesso di mantenerne lo stesso
lettering senza ricorrere a uno nuovo computerizzato, ma non sono mancate delle
criticità anche perché alcuni episodi sono stati proposti con toni di grigio
nell’impossibilità di togliere in maniera poco invasiva la colorazione
precedente: il risultato non è traumatico, anche se in alcuni casi tende a
coprire o a impastare un po’ il segno, oltre a rivelare le magagne delle copie
de Il Corriere dei Ragazzi da cui è
partita la ReNoir.
L’episodio più rovinato in
assoluto è Un mare antico, ma tanto
quello ce l’ho già nell’antologia della Grande Avventura dei Fumetti della
DeAgostini. Negli ultimi capitoli si notano maggiormente le dentellature e le
sfocature del tratto, forse anche a causa di un cambio di formato della rivista
che ha portato a una gabbia più ridotta e quindi con meno elementi.
Probabilmente anche grazie all’organizzazione differente delle tavole finali
(che presentano appunto meno vignette) il formato non proprio enorme di 19x26
centimetri non è stato affatto penalizzante come avevo temuto al momento di
leggerlo sull’Anteprima.
Ogni episodio viene introdotto da
una pagina in cui è riportata la sede della prima pubblicazione (ad eccezione
dei cicli di due e tre Ultimatum
all’America e Una storia di iene,
che come detto sopra sono accorpati in due unici blocchi). Francamente mi
sembra strano che Nel pozzo del vortice
sia stato pubblicato sul numero 22 de Il
Corriere dei Ragazzi datato 1 giugno 1975 quando l’episodio successivo, Incontro nella brughiera, risulta essere
stato pubblicato sul numero 27 del 6 giugno, probabilmente si sono confusi
indicando giugno invece che maggio come mese di pubblicazione del primo
episodio.
Nell’introduzione Andrea Mazzotta
ricostruisce il clima culturale e sociale in cui nacque Il Maestro, e si lancia in considerazioni interessanti che
meriterebbero ulteriori approfondimenti (per quanto la sua introduzione consti
di ben tre pagine). Inoltre lancia al lettore una sfida: parrebbe che le matite
di un episodio fossero state realizzate da un altro disegnatore, peraltro uno
dei pezzi grossi italiani, e la cosa si potrebbe intuire da una vignetta in
particolare di un episodio non specificato. Io ho ravvisato nella nave in
apertura del quinto capitolo una forte impronta toppiana, ma d’altra parte
l’episodio Il grande giudizio ricorda
come impostazione certe derive di Milo Manara (che per l’epoca potrebbe
starci). E d’altra parte nell’episodio Occhi
di gatto i quattro piantoni mi hanno ricordato Gli Aristocratici e quindi Nando Tacconi, ma d’altro canto quello
stesso episodio presenta una forte sintesi prattiana… chissà.
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