sabato 8 giugno 2019

Historica 80 - Seconda Guerra Mondiale - Adler: l'aquila tedesca

Questo ottantesimo numero di Historica è piuttosto particolare. Per quanto si tratti di un fumetto bellico, alla sua base c’è un elemento molto originale: il protagonista di questo trittico e di quello gemello, Eagle: l’aquila americana, si scambiano i corpi nel corso di un duello aereo e devono adattarsi in piena Seconda Guerra Mondiale alle rispettive nuove vite nei panni uno dell’altro!
Dalle date di uscita evinco che in origine le due serie correvano parallele e sicuramente certi elementi presenti nel primo episodio di una, ad esempio, avrebbero avuto ripercussioni e sviluppi nel secondo volume dell’altra (e infatti nel secondo capitolo mi pare ci sia una rivelazione a sorpresa sul padre del pilota americano, James), per cui la scelta di raccogliere una serie separatamente dall’altra parrebbe arbitraria, come fece a suo tempo la Planeta DeAgostini con i Seven Soldiers di Morrison; ma se ho interpretato correttamente la quarta di copertina la serie gemella la vedremo già il prossimo mese, quindi il lettore volendo potrà leggere i sei episodi nell’ordine che ritiene più opportuno. Inoltre coi tempi che corrono non mi lamento certo che la Mondadori abbia preferito fare due volumi “tematici” da tre episodi l’uno (di 150 pagine circa) piuttosto che tre volumi “cronologici” da due episodi con meno di 100 pagine.
La parte tedesca di questo esperimento fumettistico ha come protagonista Hans Raeder, un giovanotto cresciuto in condizioni di indigenza (ma a quanto pare sempre con una certa dignità) a ridosso della Prima Guerra Mondiale che sin dalla tenera età capisce il valore delle apparenze: non a caso il primo capitolo si intitola La menzogna. Il padre è morto in trincea ma Hans ha preferito inventarsi una versione secondo cui sarebbe stato abbattuto infidamente dagli americani durante un combattimento aereo, lui che non aveva mai volato. Ammannendo questa bufala al fratellino lo fa almeno morire sereno. La Storia marcia inarrestabile e Hans si adegua con un netto compiacimento ai venti che spirano in Germania, coltivando il sogno di diventare un pilota di caccia e divenendo un acceso antisemita e uno spietato calcolatore che non disdegna di tradire gli amici pur di raggiungere i suoi obiettivi; persino la madre lo ripudia quando apprende dei suoi exploit. Il secondo capitolo, Il male, si concentra sul tentativo di James di appropriarsi dell’identità di Hans pur mantenendo la sua coscienza, e nel farlo raddrizzerà più di un torto compiuto dal suo omologo tedesco di cui adesso occupa il corpo. Con La scelta arriviamo alla conclusione, o forse a “una” conclusione, nell’attesa di leggere anche il secondo volume e scoprire qualche altro retroscena.
Un gradito ritorno: la mano a sei dita
Al di là della trovata di partenza, lo scambio dei corpi, i testi di Patrice Buendia si fanno leggere con piacere per l’abilità con cui ha saputo ricostruire nel primo capitolo l’epoca in cui si svolge la storia e per la tensione con cui nel secondo ha raccontato la convalescenza di “Hans”. Il gioco, come anticipato da Brancato nell’introduzione, è anche quello di sviscerare i diversi contesti sociali e culturali che portarono all’affermazione di un modello di vita o di una fede politica, ma credo che questo aspetto comparativo lo apprezzeremo di più leggendo i restanti episodi con la parte americana. Purtroppo già dal secondo volume originale Buendia ha premuto sull’acceleratore e alcune sequenze si svolgono troppo in fretta, fino alla frenesia che caratterizza il terzo. Forse sarebbe stato il caso di adottare un formato più ampio delle canoniche 46 tavole, se non addirittura portare la quota dei volumi a quattro.
I disegni di Damien Andrieu sono più che dignitosi. Data la giovane età (classe 1990) gli si perdonano facilmente nei primi due episodi certe pose ingessate e una scarsa differenziazione dei volti che rende ogni tanto difficile capire chi sta parlando. Nonostante gli anni che passano e le avversità che affrontano, i suoi personaggi non danno praticamente mai segno di invecchiare. Anche i suoi colori tendono a volte (principalmente nelle scene notturne e negli interni bui) a sporcare più che a evidenziare, ma questo è un difetto comune a molti coloristi digitali. Ho circoscritto questi difetti di Andrieu ai primi due episodi perché nel terzo la sua maturazione sfocia in uno schematismo pop più espressivo ma anche un pochino grossolano. Ovviamente sono dettagli che al lettore a cui è indirizzato Adler non possono importare di meno, visto che essendo una storia di guerra (dall’introduzione apprendo che in Francia esiste persino un premio per fumetti ambientati nel mondo dell’aviazione!) l’unica cosa che guarderà sono i dettagli degli aerei, delle armi e delle uniformi.
In conclusione Adler è stato un po’ deludente a causa del finale frettoloso, ma visto che al momento abbiamo potuto leggere solo metà della storia mi riservo di cambiare opinione una volta letto Eagle.

Nessun commento:

Posta un commento