Questo ottantesimo numero di Historica è piuttosto particolare. Per
quanto si tratti di un fumetto bellico, alla sua base c’è un elemento molto
originale: il protagonista di questo trittico e di quello gemello, Eagle: l’aquila americana, si scambiano
i corpi nel corso di un duello aereo e devono adattarsi in piena Seconda Guerra
Mondiale alle rispettive nuove vite nei panni uno dell’altro!
Dalle date di uscita
evinco che in origine le due serie correvano parallele e sicuramente certi elementi
presenti nel primo episodio di una, ad esempio, avrebbero avuto ripercussioni e
sviluppi nel secondo volume dell’altra (e infatti nel secondo capitolo mi pare
ci sia una rivelazione a sorpresa sul padre del pilota americano, James), per
cui la scelta di raccogliere una serie separatamente dall’altra parrebbe
arbitraria, come fece a suo tempo la Planeta DeAgostini con i Seven Soldiers di Morrison; ma se ho
interpretato correttamente la quarta di copertina la serie gemella la vedremo
già il prossimo mese, quindi il lettore volendo potrà leggere i sei episodi
nell’ordine che ritiene più opportuno. Inoltre coi tempi che corrono non mi
lamento certo che la Mondadori abbia preferito fare due volumi “tematici” da
tre episodi l’uno (di 150 pagine circa) piuttosto che tre volumi “cronologici”
da due episodi con meno di 100 pagine.
La parte tedesca di questo esperimento
fumettistico ha come protagonista Hans Raeder, un giovanotto cresciuto in
condizioni di indigenza (ma a quanto pare sempre con una certa dignità) a
ridosso della Prima Guerra Mondiale che sin dalla tenera età capisce il valore
delle apparenze: non a caso il primo capitolo si intitola La menzogna. Il padre è morto in trincea ma Hans ha preferito
inventarsi una versione secondo cui sarebbe stato abbattuto infidamente dagli
americani durante un combattimento aereo, lui che non aveva mai volato. Ammannendo
questa bufala al fratellino lo fa almeno morire sereno. La Storia marcia
inarrestabile e Hans si adegua con un netto compiacimento ai venti che spirano
in Germania, coltivando il sogno di diventare un pilota di caccia e divenendo
un acceso antisemita e uno spietato calcolatore che non disdegna di tradire gli
amici pur di raggiungere i suoi obiettivi; persino la madre lo ripudia quando
apprende dei suoi exploit. Il secondo
capitolo, Il male, si concentra sul
tentativo di James di appropriarsi dell’identità di Hans pur mantenendo la sua
coscienza, e nel farlo raddrizzerà più di un torto compiuto dal suo omologo
tedesco di cui adesso occupa il corpo. Con La
scelta arriviamo alla conclusione, o forse a “una” conclusione, nell’attesa
di leggere anche il secondo volume e scoprire qualche altro retroscena.
Un gradito ritorno: la mano a sei dita |
Al di là della trovata di
partenza, lo scambio dei corpi, i testi di Patrice Buendia si fanno leggere con
piacere per l’abilità con cui ha saputo ricostruire nel primo capitolo l’epoca in
cui si svolge la storia e per la tensione con cui nel secondo ha raccontato la
convalescenza di “Hans”. Il gioco, come anticipato da Brancato
nell’introduzione, è anche quello di sviscerare i diversi contesti sociali e
culturali che portarono all’affermazione di un modello di vita o di una fede
politica, ma credo che questo aspetto comparativo lo apprezzeremo di più
leggendo i restanti episodi con la parte americana. Purtroppo già dal secondo
volume originale Buendia ha premuto sull’acceleratore e alcune sequenze si
svolgono troppo in fretta, fino alla frenesia che caratterizza il terzo. Forse
sarebbe stato il caso di adottare un formato più ampio delle canoniche 46
tavole, se non addirittura portare la quota dei volumi a quattro.
I disegni di Damien Andrieu sono
più che dignitosi. Data la giovane età (classe 1990) gli si perdonano
facilmente nei primi due episodi certe pose ingessate e una scarsa
differenziazione dei volti che rende ogni tanto difficile capire chi sta
parlando. Nonostante gli anni che passano e le avversità che affrontano, i suoi
personaggi non danno praticamente mai segno di invecchiare. Anche i suoi colori
tendono a volte (principalmente nelle scene notturne e negli interni bui) a sporcare
più che a evidenziare, ma questo è un difetto comune a molti coloristi digitali.
Ho circoscritto questi difetti di Andrieu ai primi due episodi perché nel terzo
la sua maturazione sfocia in uno schematismo pop più espressivo ma anche un
pochino grossolano. Ovviamente sono dettagli che al lettore a cui è indirizzato
Adler non possono importare di meno,
visto che essendo una storia di guerra (dall’introduzione apprendo che in
Francia esiste persino un premio per fumetti ambientati nel mondo dell’aviazione!)
l’unica cosa che guarderà sono i dettagli degli aerei, delle armi e delle
uniformi.
In conclusione Adler è stato un po’ deludente a causa
del finale frettoloso, ma visto che al momento abbiamo potuto leggere solo metà
della storia mi riservo di cambiare opinione una volta letto Eagle.
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