Probabilmente sarebbe stato così, ma comunque il discorso è che la foliazione e il tipo di narrazione sono legati più al graphic novel che alla serialità, cioè il nostro tipo di approccio è quello di quando lavoriamo a progetti autoriali nostri, come quando Paolo non lavora per Bonelli in veste di disegnatore semplicemente. Quindi noi abbiamo pensato di fare uscire questo oggetto qui senza mai pensare al prezzo, questo è un ragionamento che poi fa l’editore.
Ricordatevi comunque che è un discorso legato alla tiratura e quindi a quante copie si tirano in base alla richiesta.
Tiratura che immagino sia segretissima.
Non la conosco nemmeno io. Ma è un dato importante: se non c’è la stessa richiesta di un manga qualsiasi di successo non puoi raggiungere cifre importanti. Tutto dipende dalla richiesta del mercato: se tutti effettivamente vogliono un Bob 84 a 5 euro basta fare l’investimento su questo primo volume perché poi se se ne possono fare più copie e più numeri sicuramente si scenderà anche in quel senso. Il prezzo è un ragionamento che gli autori (e in un certo senso anche gli editori) non possono decidere.
Interviene Paolo Bacilieri: Posso aggiungere una cosa?
Ben venga.
[il suo intervento lo leggerete su Fucine Mute]
Volevo anche ricordare che il formato è particolare per questa categoria merceologica, ad esempio le pagine non sono fresate e incollate sul dorso, ma rilegate e cucite.
certo, anche l’editore non ha pensato alla serialità da edicola ma al mercato del graphic novel a cui noi siamo più legati.
Tu prima hai citato i manga: è stato questo il vostro punto di riferimento? Perché io invece ci avevo visto, evidentemente sbagliando, un rimando ai “neri” degli anni ’60 e ’70.
Ecco, di questo mi piace parlare piuttosto che del prezzo!
Allora: in Giappone come in Italia alla fine degli anni ’50 si è affermato un nuovo genere, il nero a fumetti. Contemporaneamente alla nascita e all’affermazione di Diabolik in Italia in Giappone si stava affermando un fumetto di genere thriller, noir, spionistico, quello che adesso molti definiscono “gekiga” e che ha dato effettivamente un contributo fondamentale per lo sviluppo del manga per come lo conosciamo adesso. Cioè il gekiga è stato la svolta adulta del manga. Come Diabolik è stata la svolta adulta del fumetto in Italia.
Che prima era considerato solo per bambini.
Più o meno sì, poi con Diabolik lo prendevano anche i pendolari che andavano a lavorare. Quindi c’è stato questo parallelo, ma ce ne sono stati tanti di paralleli fino agli anni ’80 nel fumetto giapponese come in quello italiano, ed è una cosa che mi affascina moltissimo. Noi ci siamo rifatti a quel periodo lì. Cioè noi vogliamo riproporre quel particolare fumetto e allora abbiamo ripreso gekiga, nero all’italiana ma anche Bonelli (perché per forza di cose il discorso non può prescindere anche da quello) e abbiamo cercato di metterlo insieme in questo prodotto che ha un approccio autoriale però deve tantissimo al fumetto “per tutti”. Per capirci, questo è il fumetto che vorrei dare a mio padre per farglielo leggere, perché gli altri miei fumetti lui non li legge manco morto. E quindi abbiamo pensato anche a quel Giappone lì. Come avrai notato nella parte finale il Giappone diventa preponderante non solo come ambientazione ma anche la gabbia delle vignette cambia completamente: passiamo dalle due strisce italiane a una gabbia più gekiga, più action, che è tipica del manga. Questa cosa ci serviva anche per raccontare quella che sarà poi l’eventuale evoluzione della serie. Perché quello che vogliamo fare (attraverso questo approccio procedurale come nei telefilm classici alla Law and Order) è avere non dico “il caso del mese” ma quasi. Bob sarà quindi una carrellata di vittime del nostro killer. Ogni storia racconterà gli ultimi secondi (o minuti, ore, giorni o settimane) di vita di una data vittima di Bob.
Questo spiega anche il senso del titolo, che a me era sfuggito.
C’è anche un altro significato nel titolo, perché richiama l’approccio che abbiamo avuto (soprattutto Vincenzo nella sua sceneggiatura, ma che condivido in pieno). [anche questo intervento di Bacilieri lo leggerete su Fucine Mute]
Abbiamo parlato tantissimo di paralleli tra fumetto italiano e giapponese. Quando il gekiga si è affermato il manga commerciale e massificato ha preso in prestito tutto quello che in quel genere funzionava per integrarlo nella sua struttura.
Ma questo succede in tutti i settori artistici.
Però il fumetto italiano adesso sta rinnegando questa gabbia, questo formato, per inseguire altri formati ma secondo me la gabbia a due strisce è proprio il nostro modo di vedere il fumetto, e il fatto che questa cosa si perda a discapito di produzioni più colorate, più pazze, più strane o più esotiche (sia da est che da ovest) secondo me è un gran peccato, perché abbandonare la nostra produzione fumettistica porta a un impoverimento generale di tutto il settore.
A me Diabolik è sempre piaciuto, mi piace ancora tantissimo e voglio portare avanti il discorso iniziato da Diabolik, non che Diabolik abbia smesso di esistere però vogliamo prendere quel linguaggio lì sviluppato in quel fumetto e portarlo in altre direzioni. È una cosa che non succede perché quella gabbia lì viene considerata superata quando invece il manga presenta un formato molto simile semplicemente con una foliazione più importante ma ha grande successo.
Credo che un numero di Diabolik venda molto di più di un manga generico che non è un successone.
Questo è bellissimo ma sarebbe importante che quel linguaggio lì venisse portato anche verso altri lidi, venisse sviluppato. Che poi è quello che è successo nella storia del manga. La cosa che mi piace tantissimo della storia del manga è che dalla nascita con Tezuka fino ad adesso c’è una continuità genetica che è innegabile. Cioè se tu leggi L’Isola del Tesoro di Tezuka e leggi One Punch Man o Chainsaw Man o gli altri che ci sono adesso le regole sono sempre quelle: l’approccio alla regia e alla narrazione è sempre quello. Solo che naturalmente viene aggiornato continuamente di contenuti, di stili, di approcci però la struttura, lo scheletro, rimane sempre quello lì e secondo me è una storia che garantisce continuità, identità culturale e anche la possibilità di parlare a tantissimi ragazzi, perché offre un prodotto che è continuativo, che è voluminoso e quindi interessa.
Intervista interessante. Concordo sul tascabile - da tempo è un mio pallino - ma preferirei, tante zucche tante sentenze, un tratto meno dettagliato di quello di Bacillo che obbliga il lettore a fermarsi per cogliere i particolari. Il mio tascabile ideale ha un tratto ed un ritmo simile a quelli del Keibol Black di Miguel Angel Martin ( senza necessariamente arrivare alle auto futuribili senza ruote ). Poche dida, anzi zero. No nuvolette di pensiero. Dialoghi serrati, poche parole per balloon, magari foliazione superiore alle canonine 120 tavole, se ritenuto opportuno.
RispondiEliminaI. I.
EliminaInteressante sì, specie le considerazioni sul prezzo, tiratura e su "edicola o non edicola".
EliminaCon un tratto appena meno dettagliato Bacilieri passa direttamente a disegnare Golgo 13.
I suoi interventi sono molto interessanti, vedrai.
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