Un manipolo di astronauti capitanati dall’autocaricatura di Cortez scendono su Ganimede, satellite di Giove. La missione, costata uno sproposito, ha una risonanza mondiale e viene seguita da tutta la popolazione terrestre. Ma c’è un po’ di tensione tra due esploratori: Charles Swan recrimina sul fatto che a essere messo al comando della spedizione ci sia Rod Adams e non lui. Ganimede è abitato solo da piante mostruose, e Swan approfitta della loro pericolosità per abbandonare Adams al suo destino – o almeno così crede. Mal gliene incoglierà: viene intercettato da una forma di vita aliena (vegetale, ma ha un che di insettoide) che si insinua nel suo cervello e infetterà così anche il resto dell’equipaggio una volta rientrato nell’astronave-madre. Per il redivivo Adams e il suo compagno Jesse Lake inizia quindi una lotta contro il tempo per sfuggire agli altri membri controllati mentalmente e per impedire che il mostro diriga l’astronave verso la Terra, che ovviamente vuole dominare.
È inevitabile che più di un passaggio di questa trama risulti familiare: nei redazionali finali vengono appunto elencate alcune delle molte declinazioni del sottogenere space opera mostrando l’inevitabilità del riaffiorare di alcuni stessi elementi in opere diverse. Ma L’Astronave Perduta si segnala per un ottimo ritmo, dei personaggi molto ben delineati e un technobabble credibile. Inoltre non mi aspettavo che in un fumetto italiano popolare del 1980 una persona di colore potesse avere un ruolo così importante e non stereotipato. E pazienza se alcuni passaggi debitori della narrativa avventurosa risultano un po’ forzati. Però Pezzin avrebbe potuto inventarsi qualcosa di più originale (anche un classico raffreddore) per giustificare la resistenza al “polline” invece che una generica e inspiegabile immunità.
Cortez è come lo ricordavo e i suoi personaggi sono un po’ rigidi e sproporzionati sin dalla copertina. In compenso le sue tavole sono molto libere e il rispetto della gabbia bonelliana è solo apparente: ci sono vignette verticali, strisce divise in due a creare panoramiche in cinemascope, bordi delle vignette che seguono l’estro e l’atmosfera del momento e altre soluzioni molto creative che immagino rarissime all’epoca in un albo Bonelli. L’uso del chiaroscuro è molto efficace, inoltre la profusione di tratteggi riesce ad abbellire soggetti che in partenza non sono molto ben delineati (Swan cambia fisionomia da una vignetta all’altra) e ovviamente le sue onomatopee sono fenomenali, parte integrante delle tavole. Credo che abbia anche fatto i balloon, anche se probabilmente non il lettering. A tal proposito, vi invito a individuare l’errore a pagina 25.
In appendice una panoramica sui “pianeti impossibili” di cinema, tv, fumetto e letteratura, tratta dall’ Almanacco della Fantascienza 2002 ma evidentemente aggiornata: vengono citati tra gli altri il Dune uscito l’anno scorso e il documentario del 2013 sulla versione di Jodorowsky, oltre che il John Carter cinematografico del 2012 e una versione a fumetti di Aliens del 2021.
Guardando la copertina l'avevo scambiato per Zeccara.
RispondiEliminaNon conosco bene Zeccara, ma lo trovo più anonimo e più rigoroso di Corteggi.
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