Il primo approccio non è stato per nulla entusiasmante: le storie si dilungano in quelle situazioni tipiche che coinvolgono i bambini delle elementari, come l’arrivo di un fratellino, i giochi coi compagni di classe, la visita dei parenti, ecc. Ma come ho scoperto leggendo la prima storia si tratta di una cosa intenzionale, perché i racconti reiterano una medesima struttura: dopo essersi profuso in approfondimenti e divagazioni sul tema per alcune pagine, René Goscinny ribalta causticamente la situazione di partenza nelle ultime righe con effetti esilaranti. Questo meccanismo non perde la sua freschezza nemmeno quando lo si è capito, perché il lettore si chiede cosa si inventerà stavolta Goscinny, che per inciso non deluderà mai. I quasi settant’anni di questi racconti si notano da certi dettagli come l’universo esclusivamente maschile della scuola dell’epoca e l’assenza del politically correct (uno degli amici di Nicolas è grasso, un altro sembra ritardato, ecc.), ma il divertimento rimane intatto nonostante gli anni passati. Tanto più che in controluce si nota una visione critica del mondo degli adulti, con padri che si riducono a zerbini nei confronti del capoufficio e responsabili scolastici che stigmatizzano il gioco d’azzardo ma poi ci cascano pure loro. Ma la satira non è comunque il primo obiettivo di Goscinny.
Il protagonista della serie è un bambino poco o nulla caratterizzato, quasi indistinguibile da altri ragazzini dei fumetti e della letteratura. Non ha tratti caratteristici marcati (ma questo è addirittura il quinto libro della serie, forse erano stati evidenziati prima) e, ad esempio, non sembra nemmeno preferire un gioco piuttosto che un altro – almeno in questo libro. Il resto del cast abituale comprende la combriccola della scuola (con il compagno manesco, quello secchione, quello stupido, ecc.), una madre sarcastica, un padre borghese e il personale della scuola tra cui spiccano una maestra sin troppo umana nel dimostrarsi alternativamente arrendevole e spietata e “il Pavone”, cioè il sorvegliante.
Lo stile di scrittura è pensato ad altezza di bimbo, e simula i resoconti dello stesso Nicolas. Credo (spero) che per questo ci sia un po’ di libertà con la lingua, ad esempio la formula «chissene» invece di “chi se ne” frega. Forse sarebbe stato opportuno segnalare nell’edizione italiana che la prospettiva di andare a scuola anche di sabato è terrorizzante per un bambino francese perché Oltralpe non è uso andarci (come neanche di mercoledì, stando a quanto mi dice un mio amico che abita a Strasburgo).
Il disegno di Sempé non è nulla di eccezionale, che non è un eufemismo per dire che fa schifo ma significa che pur interpretando alla perfezione lo stile umoristico “graffiato” di marca anglosassone in cui si inserisce, non ha alcun guizzo che lo elevi dalla media di illustratori analoghi. I suoi personaggini hanno tutti la stessa faccia, tanto che si ricorda di disegnare gli occhiali a un bambino solo quando è indispensabile per coordinarsi con il testo.
In appendice ci sono le biografie dei due autori, a loro volta molto divertenti.
Sempre disprezzava (apertamente) il fumetto, preferendogli l'illustrazione. La breve vita del Nicolas in BD (considerato oggi una curiosità, certo imparagonabile alla serie di racconti illustrati) testimonia tutto il suo disagio a lavorare con questa forma d'arte.
RispondiEliminaIn realtà nelle biografie dicono che la versione embrionale non uscì perché Goscinny voleva creare un sindacato di fumettisti e l'editore lo cacciò. Sempé lo seguì per solidarietà e solo recentemente è riaffiorata quella prima versione di poche pagine che non mi sembra abbia soddisfatto i lettori franco-belgi.
EliminaNon so a che biografie ti riferisca, ma la versione a fumetti di Nicolas uscì davvero, negli anni cinquanta.
Eliminahttp://bdzoom.com/117467/actualites/enfin%e2%80%a6-la-bd-du-%c2%ab-petit-nicolas-%c2%bb-en-album/
Così dicono nella biografia alla fine del volumetto, forse intendono inedite in volume, difatti anche al tuo link leggo "Les 28 pages de bandes dessinées en couleurs signées Agostini et Sempé et publiées dans Le Moustique sont curieusement restées inédites"
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