La storia comincia in medias res, ignoro se il pregresso che viene rievocato sia solo un ricordo dei protagonisti o sia stato effettivamente narrato altrove. In sostanza, la Terra è ben oltre la soglia del collasso dopo che un alieno si è impossessato dei membri dello Squadrone Supremo (versione made in Marvel della Justice League of America della DC) portando alla guerra globale e a una dittatura planetaria con Nottolone, cioè Batman, al comando. L’unico a essere riuscito a salvarsi e a salvare il resto del gruppo è Hyperion, cioè Superman. Per riparare ai danni che hanno involontariamente causato, i supereroi decidono di estendere a tutto il mondo gli ideali di Utopia, l’isola da cui proviene Zarda cioè Wonder Woman. Che il mondo lo voglia o no. La decisione non è però plebiscitaria e alcuni membri dello Squadrone Supremo hanno il sospetto che così si tornerà a instaurare una tirannia, per quanto mossa da buone intenzioni: a uscire dal quadro, però, al momento è il solo Nottolone, che nella sua identità pubblica era anche stato Presidente degli Stati Uniti e su cui grava quindi la maggiore responsabilità delle azioni compiute quand’era sotto il controllo mentale dell’alieno.
Il programma prevede inizialmente la distribuzione di cibo e il ripristino delle infrastrutture, cui farà seguito il disarmo totale della popolazione per poi eliminare del tutto la criminalità grazie a un marchingegno in grado di modificare la personalità dei soggetti (verrebbe da dire che quel paraculo di Mark Millar non aveva inventato nulla col suo Red Son, ma in fondo è un’idea vecchissima). Ultimo passo, l’eliminazione della morte stessa tramite un sistema di ibernazione.
Lo Squadrone Supremo è tutto fuorché moderno: ci sono molte didascalie e balloon di pensiero con cui vengono chiariti e riassunti gli eventi e le azioni. La struttura delle storie prevede che a ogni episodio ci sia una sorta di riassunto degli eventi salienti o del passato del personaggio sotto i riflettori in quel numero. Però pian pianino qualcosa di diverso, più originale o maturo, si fa strada nella storia: si comincia a parlare di cancro, c’è qualche vago riferimento sessuale, si trattano problematiche concrete (senza più criminali né malati come si manterranno quelli che lavoravano nelle carceri e negli ospedali?) e soprattutto i supereroi vengono mostrati con le loro debolezze assai umane: c’è quello che si sente inferiore agli altri per la sua statura e il suo aspetto fisico, quello che fa pensieri su una collega anche se è sposato, quello infantile che va fuori di testa per la morte dei genitori, quell’altro che fa scherzi idioti. E ovviamente trattandosi di una miniserie con personaggi minori non è necessario che tutti i protagonisti sopravvivano.
Siccome la vita quotidiana di questi personaggi potrebbe diventare leziosetta, Mark Gruenwald innesta nel corpo centrale della trama qualche avvenimento che porta a sottotrame più interessanti e anche alcuni scontri con supercattivi uno più ridicolo dell’altro, chissà se creati appositamente o preesistenti (forse sono delle parodie di nemici della Justice League of America?). In effetti il rimescolamento tra personaggi “buoni” e “cattivi” è un elemento molto interessante della trama, e sarà anche quello che ne determinerà la svolta conclusiva.
L’ultimo episodio mi è sembrato un bel virtuosismo da parte di Gruenwald, un gioco col lettore che sa già che ci dovrà essere una battaglia finale, ma che lo sceneggiatore rimanda sapientemente per far montare la tensione. E alcune morti sono veramente eccellenti e inaspettate, come solo con dei personaggi “usa e getta” si può fare.
La serie portante è integrata da un crossover con Capitan America a metà della saga che mi sembra più che altro una marchetta pubblicitaria per sostenere la serie principale, anche se le ripercussioni a breve termine ci saranno (ma non avevano bisogno di essere introdotte su un’altra testata). Inoltre il volume ha una “coda” con l’episodio lungo Morte di un Universo di qualche anno dopo, in cui la storia riprende una settimana dopo gli eventi della miniserie. A quanto pare l’universo verrà distrutto entro 12 ore e lo Squadrone Supremo deve ricorrere anche all’aiuto dei suoi due peggiori arcinemici per salvare il mondo. La storia è anche simpatica, ma forse è stata tirata troppo per le lunghe, anche se il finale un po’ ironico è piacevole. Il team creativo è quello consolidato ma alle chine, noblesse oblige, c’è nientemeno che Al Williamson.
Per quanto ne capisco io di comic book, la qualità dei disegni mi sembra quantomeno dignitosa e anche buona in alcuni frangenti. A disegnare Lo Squadrone Supremo si sono avvicendati Bob Hall e Paul Ryan, inchiostrati da Sam De La Rosa (inizialmente le chine le fece John Beatty). Le cafonate della Image erano ancora di là da venire quindi lo stile è quello classico statuario dei supereroi, senza essere troppo ipertrofico. Il lavoro è però discontinuo e accanto ad anatomie pressoché perfette ed espressive ci sono dei dettagli un po’ tirati via, a testimonianza della probabile realizzazione travagliata della miniserie: ma d’altra parte l’impegno mensile sulla serie deve essere stato assai gravoso, tanto più che il primo e l’ultimo episodio durano ben quarantuno tavole invece delle canoniche 24, che solo in un paio di numeri si riducono a 23. In un’occasione la mano è passata addirittura al grande John Buscema, il cui intervento non si fa però apprezzare molto, forse dovette lavorare di fretta in quanto tappabuchi (di lusso ma pur sempre tappabuchi) o forse il suo collaboratore Jackson Guice non era all’altezza. Comunque per apprezzare il lavoro di Hall e Ryan basta confrontarlo con quello dell’accoppiata Paul Neary-Dennis Janke nell’episodio di Capitan America.
In conclusione mi sembra che Lo Squadrone Supremo sia un buon fumetto di supereroi con una certa originalità e anche dei buoni spunti di riflessione, sebbene ancorato a uno stile forse ritenuto vecchio già all’epoca. Mi chiedo perché non abbia avuto gli onori che forse meritava. Può darsi che l’attenzione dei lettori Marvel dell’epoca fosse catalizzata dal mega-evento Secret Wars e ovviamente i ragazzini preferivano vedere un infinito match di wrestling tra supereroi e loro nemesi piuttosto che leggere di supereroi che parlano di politica. Forse l’uscita dei praticamente contemporanei Crisis on Infinite Earths, Dark Knight Returns e Watchmen può averlo messo in ombra (ma magari, in versione deluxe…), forse i protagonisti non avevano lo stesso appeal di supereroi più famosi, oltre a essere un palese pastiche di una proprietà intellettuale della concorrenza che avrebbe potuto adire a vie legali o, peggio ancora, ottenere una pubblicità indiretta dalla serie se troppo pubblicizzata. O magari Lo Squadrone Supremo è famosissimo e apprezzato e ha già avuto centinaia di ristampe di cui io non mi sono mai accorto!
Il volume Panini è di grandi dimensioni, ma la qualità di stampa è quella che è e qualche redazionale di approfondimento sarebbe stato gradito.
Ricordo quando la Play Press tradusse per la prima volta la miniserie del 1985 all'inizio degli anni novanta come seconda portata del mensile Iron Man. Mark Gruenwald avrebbe poco tempo dopo lavorato con Paul Ryan alla testata dei D,P.7 della linea New Universe del 1986 ( nata per festeggiare il 25mo compleanno del Marvel Universe ndr). Sono scomparsi giovani tutti e due e Gru chiese che le sue ceneri fossero mixate con un albo in uscita. Il suo volto baffuto da fratello cowboy del telefilm Simon&Simon è stato utilizzato da Walt Simonson per il burocrate a capo della Commissione per la Invarianza Temporale quando scriveva e disegnava i Fantastic Four. Credo che il fill in di Cap sia nato dal fatto che Gru simultaneamente scriveva la testata dello scudiero ( x dieci anni ndr). Bob Hall ha fatto meglio anni dopo alla Valiant ( Shadowman e Armed & Dangerous). Gru è stato il primo a ipotizzare che Bats e Supes non potessero essere davvero amici e questo è sicuramente un concetto del Dark Knight Returns del 1986. Ha immerso i suoi metaumani in una realtà che non potevano governare e a tratti persino comprendere e questo è un concetto toccato anche da Watchmen. Probabilmente, come hai anche scritto, la prosa didascalica ed i disegni corretti, ma senza guizzi hanno relegato la miniserie ai margini del discorso sul revisionismo supereroico. Anyway, alcuni trovano interessante - in un necrologio ho letto "con tocchi di genialità" - il Quasar di Gruenwald che è stato disegnato per un annetto dal Greg Capullo pre Image, quello che aveva qualche punto di contatto con la evoluzione del Romita jr da Starbrand in poi (altra testata New Universe). Le storie di Quasar (sorta di Lanterna Verde Marvel ndr) di Gruenwald/Capullo sono state tradotte in All American Comics dalla Comic Art.
RispondiEliminaRic or do
Elimina(adesso fornisco il comico che duettava con Gian)
Io ho un vaghissimo ricordo di questo Hyperion (non la rivista della Star, il personaggio)l . Mi sembra che fosse un supereroe, che però agiva in un universo sub atomico, o comunque microscopico, o alternativo, o chessoio, visto in ogni modo su qualche albo Corno, quando? Chissà. I ricordi della preadolescenza sono ormai avvolti da una spessa nebbia verdastra.
RispondiEliminaMagari qualche A.I. di passaggio (dire algoritmo mi sembra riduttivo) può aiutarmi a sviscerare il ricordo.
Invece di All American Comics (lettura postadolescenziale) la prima cosa che mi ritorna in mente, bella come è, forse ancor di più, è un episodio di Munden's Bar (credo) di Brian Bolland (penso) in cui si vede Kolvorok partecipare a un'ammucchiata orgiastica.
P.S. : Chissà se esiste qualche esponente del Bullpen Bulletin che assomigli ad Hardcastle &/o McCormick, lo preferirei a Simon & Simon.
In effetti in un episodio compare un doppio malvagio di Hyperion che pare aver vissuto delle vicende "subatomiche" come ricordi tu. Chissà quante versioni alternative ne esistono!
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