Roberto Dal Pra’ è nato a Roma il 23 giugno del 1952. Ha collaborato come sceneggiatore con
diverse realtà editoriali tra cui Eura e Universo, e per Il Giornalino delle Edizioni San Paolo ha realizzato numerose storie tra le quali, per i disegni di
Gianni De Luca, Avventura sull’Orinoco;
con Sergio Toppi Notte Africana pubblicata
a puntate sempre su Il Giornalino e
poi raccolta nell’albo Africane e con
Rodolfo Torti Costantino il Grande
anche in questo caso pubblicata prima a puntate sul mensile e poi in albo. A
proposito di Costantino il Grande, a
dicembre di quest’anno, in occasione dei festeggiamenti dello storico Editto
del 311, gli originali della storia saranno esposti in quella che si profila
come una delle più importanti mostre nazionali alla quale i due autori sono
stati invitati.
Dopo il passaggio al fumetto d’Autore per molti anni il suo nome è stato
legato alla casa editrice Comic Art, che ha ospitato sulle riviste L’Eternauta e Comic Art alcuni dei suoi fumetti più importanti, come Città Eterna, Anastasia Brown e il celebre Jan
Karta, l’investigatore privato della Germania di Weimar che, nato sulle
pagine di Orient Express, vivrà in
totale 6 avventure (pubblicate in Francia dalla casa editrice Dargaud).
Dopo la cessazione dei rapporti con Comic Art la sua produzione si
diversifica ulteriormente e si avvicina anche a Sergio Bonelli Editore per cui
scrive una storia di Mister No. Nel
parco testate Bonelli è l’approdo più indicato vista la passione che Dal Pra’
ha dimostrato per gli eroi disincantati ma dalla morale irreprensibile.
Oltre che sceneggiatore Dal Pra’ è stato anche insegnante presso numerosi
corsi e scuole di fumetto e ha avuto spesso mansioni redazionali in molte delle
realtà per cui ha lavorato o che lui stesso ha contribuire a creare, come le
riviste Torpedo, l’Intrepido di metà anni ’90 e la recente iCOMICS.
Oltre ad essere attivo nel settore infantile (Il Giornalino) e sul mercato franco-belga (Jan Karta, Il Manoscritto
Proibito - disegni di Paolo Grella, Larmes
d’opium - disegni di Giancarlo Caracuzzo, Ombre sulla piazza rossa - disegni di Giancarlo Alessandrini, Gli occhi dell’Apocalisse - disegni di
Juan Gimenez, ecc.) ha stretto con CarlosTrillo un
proficuo sodalizio professionale che ha portato alla nascita di La Guerre des Magiciens (disegni di Domingo
Mandrafina) e dei prossimi Farfalle
Colorate (disegni di Rodolfo Torti) e Historia
de Marian Robinson (disegni di Giorgio Pontrelli).
Nel 1986 Roberto Dal Pra’ ha vinto il prestigioso premio Yellow Kid come
miglior autore italiano.
Partiamo dai Suoi esordi: Lei ha cominciato la carriera di sceneggiatore
per Universo, Eura o San Paolo? Oppure con qualche editore minore?
Ho iniziato
subito “alla grande” con Lanciostory
e via via con tutti gli altri che hai citato per approdare poi alla Dargaud,
alla Bagheera e ormai da anni alla Delcourt.
Assolutamente
per caso. Da ragazzo di fumetti ne leggevo pochi. In compenso molta letteratura
(soprattutto americana) e tanto cinema. L’occasione di scrivere fumetti è
stata, per me, l’occasione per scrivere e basta. E quando mi hanno detto che
sapevo farlo bene, ho continuato con passione e interesse crescente,
meravigliato, ieri come oggi, che quello che scrivo possa interessare qualcuno!
Sul finire degli anni ’70 l’ambiente del fumetto italiano doveva sembrare
ancora florido e promettente, pur con la crisi del settore popolare che
incombeva e che sarebbe poi stata attribuita alla televisione. Lei ha dei
ricordi particolari di quel preciso momento storico? Era realmente più facile
per un aspirante trovare lavoro o alcune porte si stavano già chiudendo?
Più facile
nella misura in cui il mercato tirava di più. Era un gran periodo, comunque.
Passione e creatività animavano tutto l’ambiente. Gli editori, grandi e
piccoli, amavano rischiare molto più di quanto facciano oggi. Avevi referenti
chiari e competenti che leggevano con attenzione le tue proposte e ti
rispondevano anche per dirti, magari, che quel soggetto non andava.
C’è sempre il rischio di attribuire alle collaborazioni continuative e
assidue tra sceneggiatore e disegnatore una valenza che vada oltre l’ambito
professionale, ma immagino che con Rodolfo Torti ci sia in effetti un rapporto
di amicizia, è vero?
Certo, con
Rodolfo esiste un rapporto speciale che va oltre la collaborazione
professionale. Devo dirti, però, che con la maggior parte dei disegnatori con i
quali ho collaborato si è sempre creata anche un’amicizia. Confesso che mi è
sempre stato difficile (anche se non impossibile, ovviamente) collaborare con
disegnatori con i quali non condividere anche un rapporto umano. Le storie a
fumetti sono dei viaggi che fai in compagnia del disegnatore: se non c’è un
minimo di idem sentire, che viaggio è?
Nei primi anni ’80 anche Lei come molti altri Suoi colleghi italiani (D’Antonio,
Ferrandino, Mignacco, Sclavi, ecc.) tenta la strada delle riviste d’Autore e quindi
parallelamente dell’esportazione in Francia. Jan Karta nasce per accodarsi a questo progetto che all’epoca
poteva sembrare ancora una miniera d’oro oppure il personaggio era già
“nell’aria” e sarebbe nato comunque in una forma o nell’altra?
Non ho mai
avuto la sensazione di percorrere la strada del fumetto d’autore nel senso che
quando scrivo una storia (ieri come oggi) non penso mai se è d’autore o no. Mi
piace raccontare, tutto qui. La differenza tra fumetto d’autore e fumetto
popolare è, per me, solo una differenza di formato. Jan Karta, come tante altre mie storie, racconta delle avventure,
degli intrighi, delle situazioni, delle emozioni. Alcune hanno un’ambientazione
storica (come quelle di Jan Karta del quale, peraltro, sto scrivendo l’ennesima
avventura ambientata durante la Guerra Civile Spagnola, nulla a che vedere con
le bellissime storie di Max Fridman
di Giardino, solo l’ambientazione è comune!), altre no.
Per quando è prevista questa nuova avventura di Jan Karta? Verrà
pubblicata direttamente in volume?
Credo proprio
che prima del 2014 sia difficile che BARCELLONA 1936 possa uscire. Il soggetto
è molto lungo e dettagliato e la sceneggiatura impegnativa. Rodolfo, poi, pur
non vedendo l’ora di cominciare, ha molto lavoro sia con Bonelli sia con Il
Giornalino. L’editore è la 001 Edizioni, comunque.
Non ho mai capito perchè la Comic Art non fece i volumi di Jan Karta. Nella collana Grandi Eroi trovarono posto anche altre
opere di autori italiani, e pure lavori “difficili” di non immediata presa sul
pubblico (penso a Torres, che però in effetti all’epoca era una star, ma anche
a Guerra Calda di Rotundo) mentre la
Dargaud aveva avuto riscontri incoraggianti con quei libri. C’era forse qualche
altra questione legata magari ai diritti per cui Jan Karta venne solo serializzato su rivista?
No, nessuna
questione di questo tipo almeno da quanto mi risulta. Semplicemente uno dei
tanti piccoli misteri dell’editoria. Boh!
I protagonisti delle Sue serie sono spesso declinazioni in epoche e
contesti differenti di una medesima tipologia ricorrente di personaggio, ovvero
l’anti-eroe disincantato ma con un estremo rigore morale. È solo il caso che
L’ha spinta verso questo tipo di protagonista oppure ha voluto fare una specie
di esperimento come fece Michael Moorcock con il suo campione eterno?
Il caso,
certo, sempre. Ma poi anche l’amore per i personaggi che hai così ben definito
disincantati e con un certo rigore morale. Penso che mi ha fregato la lettura
giovanile di Martin Eden di Jack
London.
Oltre all’attività di sceneggiatore Lei è anche insegnante nelle scuole di
fumetto ed è stato direttore editoriale di alcune testate (a proposito: il Michele
Del Quale di Torpedo era Lei?): sono
gli editori a cercarLa o è un’attività che Le piace e che fa volentieri?
Il Michele De
Quale di cui parli non sono io ma un mio vecchio e caro amico, pazzo e
appassionato, con il quale ho condiviso tante esperienze editoriali
entusiasmanti e drammatiche al tempo stesso. Non ti dico il suo vero nome ma ti
do un indizio per scoprirlo: con Carlos Trillo lo chiamavamo “il casinista”!
Come nasce l’idea di iCOMICS che
La vede appunto coinvolto come direttore editoriale (oltre che come autore di
molti dei fumetti pubblicati)?
Una delle
tante idee di quell’altro pazzo appassionato - ma sicuramente meno casinista di
Michele De Quale - che si chiama Dino Caterini. Come sai Dino è un imprenditore
di successo, fondatore e direttore di quella Scuola Internazionale di Comics
che ormai da tanti anni è leader nella didattica del fumetto e delle arti
grafiche e digitali. Ma Dino, dietro la sua maschera di imprenditore che
vorrebbe sembrare cinico e baro - ti assicuro che non lo è – è un vero e
proprio appassionato di fumetti e dunque, da sempre, desiderava fare una
rivista di fumetti. Come al solito mi faccio coinvolgere (che ti credi, anche
io sono un po’ pazzo!) e nasce iCOMICS. A parte tutto, comunque, iCOMICS nasce
soprattutto per dare la possibilità anche ai giovani autori esordienti di
mostrare al mercato, in una vetrina a tiratura nazionale, quel che sanno fare.
iCOMICS ha chiuso con il numero 14. Un bagno di sangue nel quale, però, ci è
piaciuto nuotare e che sicuramente, prima o poi, tornerà per attirare vampiri
di ogni sorta.
Dopo i primi passi bimestrali iCOMICS
è diventata mensile presumibilmente a testimonianza del gradimento del
pubblico, eppure come ha detto al momento è “congelata”: è previsto un rilancio
più o meno a breve?
Non lo so. Ci
stiamo pensando. Vuoi investirci qualche euro?
Averceli, li investirei volentieri. Come è avvenuto l’incontro con Carlos
Trillo? Con la comune frequentazione dell’Eura o tramite Francesco Coniglio?
Avevo
conosciuto Carlos molti anni prima dell’Acme e indipendentemente dall’Eura.
Credo a Lucca. Che devo dirti? Simpatia immediata? Stima reciproca? Magico
accordo? Poi lui a Buenos Aires io a Roma, abbiamo avuto modo di frequentarci
poco fino a quando, con Coniglio, lo coinvolgiamo nella rivista Torpedo. Il resto è amicizia profonda e
collaborazione speciale, vacanze insieme, scambi quotidiani. Fino all’ultimo.
Carlos Trillo mi ha parlato per sommi capi del vostro metodo di lavoro
insieme: «Roberto Dal Pra’ es un gran
compañero de trabajo, nos entendemos muy bien, podemos sintonizar nuestras
ideas para tocar la misma canción. Me parece que el resultado produce el
nacimiento de una tercera persona, juntos somos otro. Incluso
fantaseábamos hace un tiempo con buscarnos un seudónimo, como Ellery Queen, que
era el nombre que usaban dos escritores trabajando juntos. O como Bustos
Domecq, de Borges y Bioy Casares, que dio origen a unos relatos policiales que
poco tenían que ver con estos dos grandes autores por separado. Pero nos quedamos con los dos nombres, como los creadores
de Fantomas (Alain y Souvestre), o Boileau- Narcejac,
los autores de Las diabólicas.»
C’è qualche aspetto che vuole approfondire o qualche elemento che vuole
aggiungere?
Può darci qualche anticipazione su Farfalle
Colorate, una delle serie a cui stava lavorando con Trillo? Dal titolo non
so proprio cosa aspettarmi.
Di questa
storia - contrariamente a La guerra dei
maghi della quale abbiamo pensato e scritto dettagliatamente insieme tutto
il soggetto e della quale Carlos ha fatto in tempo a scrivere solo una parte
del primo albo - con Carlos avevamo solo accennato a alcuni momenti importanti
del soggetto (personaggi principali, filo conduttore).
Il complesso mercato franco-belga esige spesso anche da autori molto
affermati un piano dell’opera molto dettagliato e puntuale e un lungo lavoro
preparatorio e di presentazione prima di decidere se mettere o meno in cantiere
un volume o una serie. In giro per il web si trovano tracce dei tanti fumetti
ideati che sono rimasti fermi alla fase di progetto. Uno di questi avrebbe
dovuto essere un’altra collaborazione con Carlos Trillo, La Maledizione di Aristotele. Di cosa avrebbe dovuto parlare?
La Maledizione di Aristotele - di cui esiste un soggetto completo e dettagliato e
numerose tavole di prova realizzate da Giancarlo Caracuzzo - racconta le
elezioni presidenziali in un immaginario paese dell’America latina (la
Colombia?!) nella quale si fronteggiano due candidati e i loro rispettivi
esperti di comunicazione. La “filosofia della storia” è che sono tutti dei
grandi “hijos de puta” che non esitano a utilizzare di tutto pur di vincere; di
tutto, anche le storie di poveri bambini soldati assoldati da una guerriglia
senza scrupoli. Se non ne fossi il coautore ti direi che è davvero una gran
bella storia, diretta, violenta, intensa, drammatica. Uno dei soggetti più
inquietanti realizzati con Carlos.
L’esperienza di insegnante di scrittura nasce da una Sua passione? Ricordo
che all’epoca dell’Intrepido Lei
aveva anche un po’ un ruolo da talent scout.
Il filosofo
Umberto Galimberti dice che essere un bravo insegnante non si impara ma è una
dote “naturale”. Ecco, credo di avere questa dote. Insegnare mi piace, mi
diverte, mi appassiona. Ormai ho poco tempo per farlo ma quando mi capita sono
sempre contento.
Secondo me il Suo fumetto migliore è Anastasia
Brown, disegnato oltretutto da uno strepitoso Giancarlo Alessandrini: ha
mai pensato di scriverne nuovi episodi?
Sto pensando
di rieditare (i diritti sono miei e di Giancarlo) le vecchie storie
aggiungendone una breve (10/12 tavole) che sto scrivendo. Sono in tanti a dirmi
che Anastasia è uno dei miei personaggi migliori. Avrei bisogno che la giornata
durasse 48 ore per poter fare tutto quello che mi piace. Ahimè, il tempo è
tiranno.
Anni fa Lei ha dichiarato che il giallo d’azione moderno può essere
ambientato solo in Russia ma oltre a Niko
Slavo e L’Uomo di Mosca pure Il Manoscritto Perduto si svolge per
gran parte nella vecchia Unione Sovietica: Lei ama quindi molto la Russia, al
di là delle necessità di ambientarvi una storia?
L’immaginario
sovietico mi affascina e tanto. In quel periodo, poi, avevo letto il Gorky Park
di Martin Cruz Smith e visto il film. Sì, credo che gli autori dovrebbero
concentrarsi un po’ di più sulle tante possibili atmosfere che da sempre
quell’immaginario suggerisce.
L’Uomo di Mosca è stato protagonista di una sola storia dalla
genesi un po’ travagliata (offerto a Bonelli da cui poi riprese i diritti,
disegnato inizialmente in linea chiara e poi integrato di pennellate nere). Era
programmaticamente uno one shot
oppure doveva essere il primo episodio di una serie che poi non si è
sviluppata, come Quattro Dita di
Manara?
Non ne avevo
programmato una continuazione ma il personaggio si prestava a poter vivere
altre avventure. Ormai, però, è solo un ricordo lontano.
Nella Sua carriera Lei ha lavorato in diversi ambiti: la stampa cattolica, i
settimanali popolari, le riviste d’Autore degli anni ’80, il mercato franco-belga,
il formato bonelliano... C’è un ambito per cui si sente più portato o che Le ha
dato maggiori soddisfazioni?
Sicuramente
quello dell’editoria francese: mi sento più libero e gratificato.
Lei ha lavorato come scrittore solo per il fumetto?
Tranne una
brevissima parentesi nella quale ho scritto dei soggetti per una possibile
edizione televisiva, sì, direi proprio di sì.
Si trattava di una versione televisiva di un Suo fumetto oppure era un
progetto originale pensato appositamente per la televisione?
Si trattava di
soggetti per una miniserie, della durata di massimo 15 minuti televisivi, dal
titolo COLPO DI SCENA. Insomma un appuntamento fisso con storie tutte
incentrate su una sorpresa finale credibile ma, appunto, inaspettata. I
soggetti furono acquistati ma poi non se ne fece più nulla.
Tra le Sue collaborazioni eccellenti spicca senza dubbio quella con Juan
Gimenez su Gli Occhi dell’Apocalisse[1]: come è avvenuto
il contatto con il maestro di Mendoza? In prima battuta venne pubblicato in
Italia dalla misconosciuta ed effimera rivista Terrifik con cui Zerboni tentò di rinverdire i fasti del suo L’Eternauta.
Dovevo
scrivere una storia di genere splatter. La proposi a Juan Gimenez all’epoca di Torpedo e lui accettò realizzando, come
sempre, dei disegni davvero spettacolari. Poi scelse la collaborazione con
Jodorowsky e il rapporto s’interruppe.
Attualmente a cosa sta lavorando? All’orizzonte ci sono sempre la Francia,
l’Aurea e Il Giornalino?
Sempre, tranne
con Il Giornalino che non mi sembra
intenzionato, per ora, ad accettare nuove proposte. Sto scrivendo il terzo albo
de La Guerra dei maghi, poi Farfalle colorate (Aurea e Delcourt) e il breve
episodio di Anastasia Brown.
A proposito di ristampe, chi ha avuto la brillante idea di intitolare Leo Greco il volume delle Edizioni 001
che contiene Città Eterna? Sarà pur
vero che Città Eterna propriamente
detta non è l’unica storia presente, ma intitolarlo semplicemente Città Eterna sarebbe stato di maggior
richiamo secondo me.
Scelta
dell’editore sulla quale non ho messo bocca.
Grazie della disponibilità.
Grazie a te,
con la speranza di conoscerti personalmente. Buon lavoro!
gran bella intervista...
RispondiEliminaDa molto tempo cerco di contattare Dal Pra' per chiedergli una lista dei suoi lavori Eura nei tempi in cui gli autori non venivano indicati, tu sei riuscito a fare di meglio: un'intervista ben articolata.
RispondiEliminaMagari riuscirai tu dove io ho finora fallito.
Ciao jelem, ti rigiro la risposta che mi ha dato Dal Pra' al riguardo:
EliminaPurtroppo non posso esserti di aiuto non avendo mai avuto un archivio.
Le primissie storie erano dei liberi ma di chissà quali autori: forse qualche italiano, sicuramente anche argentini.
Pazienza... Grazie molte per l'interessamento Luca!
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