martedì 13 novembre 2012

Intervista a Roberto Dal Pra'



Roberto Dal Pra’ è nato a Roma il 23 giugno del 1952. Ha collaborato come sceneggiatore con diverse realtà editoriali tra cui Eura e Universo, e per Il Giornalino delle Edizioni San Paolo ha realizzato numerose storie tra le quali, per i disegni di Gianni De Luca, Avventura sull’Orinoco; con Sergio Toppi Notte Africana pubblicata a puntate sempre su Il Giornalino e poi raccolta nell’albo Africane e con Rodolfo Torti Costantino il Grande anche in questo caso pubblicata prima a puntate sul mensile e poi in albo. A proposito di Costantino il Grande, a dicembre di quest’anno, in occasione dei festeggiamenti dello storico Editto del 311, gli originali della storia saranno esposti in quella che si profila come una delle più importanti mostre nazionali alla quale i due autori sono stati invitati.
Dopo il passaggio al fumetto d’Autore per molti anni il suo nome è stato legato alla casa editrice Comic Art, che ha ospitato sulle riviste L’Eternauta e Comic Art alcuni dei suoi fumetti più importanti, come Città Eterna, Anastasia Brown e il celebre Jan Karta, l’investigatore privato della Germania di Weimar che, nato sulle pagine di Orient Express, vivrà in totale 6 avventure (pubblicate in Francia dalla casa editrice Dargaud).
Dopo la cessazione dei rapporti con Comic Art la sua produzione si diversifica ulteriormente e si avvicina anche a Sergio Bonelli Editore per cui scrive una storia di Mister No. Nel parco testate Bonelli è l’approdo più indicato vista la passione che Dal Pra’ ha dimostrato per gli eroi disincantati ma dalla morale irreprensibile.
Oltre che sceneggiatore Dal Pra’ è stato anche insegnante presso numerosi corsi e scuole di fumetto e ha avuto spesso mansioni redazionali in molte delle realtà per cui ha lavorato o che lui stesso ha contribuire a creare, come le riviste Torpedo, l’Intrepido di metà anni ’90 e la recente iCOMICS.
Oltre ad essere attivo nel settore infantile (Il Giornalino) e sul mercato franco-belga (Jan Karta, Il Manoscritto Proibito - disegni di Paolo Grella, Larmes d’opium - disegni di Giancarlo Caracuzzo, Ombre sulla piazza rossa - disegni di Giancarlo Alessandrini, Gli occhi dell’Apocalisse - disegni di Juan Gimenez, ecc.) ha stretto con CarlosTrillo un proficuo sodalizio professionale che ha portato alla nascita di La Guerre des Magiciens (disegni di Domingo Mandrafina) e dei prossimi Farfalle Colorate (disegni di Rodolfo Torti) e Historia de Marian Robinson (disegni di Giorgio Pontrelli).
Nel 1986 Roberto Dal Pra’ ha vinto il prestigioso premio Yellow Kid come miglior autore italiano.

Partiamo dai Suoi esordi: Lei ha cominciato la carriera di sceneggiatore per Universo, Eura o San Paolo? Oppure con qualche editore minore?

Ho iniziato subito “alla grande” con Lanciostory e via via con tutti gli altri che hai citato per approdare poi alla Dargaud, alla Bagheera e ormai da anni alla Delcourt.

Si è dedicato ai fumetti per passione o per caso?

Assolutamente per caso. Da ragazzo di fumetti ne leggevo pochi. In compenso molta letteratura (soprattutto americana) e tanto cinema. L’occasione di scrivere fumetti è stata, per me, l’occasione per scrivere e basta. E quando mi hanno detto che sapevo farlo bene, ho continuato con passione e interesse crescente, meravigliato, ieri come oggi, che quello che scrivo possa interessare qualcuno!

Sul finire degli anni ’70 l’ambiente del fumetto italiano doveva sembrare ancora florido e promettente, pur con la crisi del settore popolare che incombeva e che sarebbe poi stata attribuita alla televisione. Lei ha dei ricordi particolari di quel preciso momento storico? Era realmente più facile per un aspirante trovare lavoro o alcune porte si stavano già chiudendo?

Più facile nella misura in cui il mercato tirava di più. Era un gran periodo, comunque. Passione e creatività animavano tutto l’ambiente. Gli editori, grandi e piccoli, amavano rischiare molto più di quanto facciano oggi. Avevi referenti chiari e competenti che leggevano con attenzione le tue proposte e ti rispondevano anche per dirti, magari, che quel soggetto non andava.

C’è sempre il rischio di attribuire alle collaborazioni continuative e assidue tra sceneggiatore e disegnatore una valenza che vada oltre l’ambito professionale, ma immagino che con Rodolfo Torti ci sia in effetti un rapporto di amicizia, è vero?

Certo, con Rodolfo esiste un rapporto speciale che va oltre la collaborazione professionale. Devo dirti, però, che con la maggior parte dei disegnatori con i quali ho collaborato si è sempre creata anche un’amicizia. Confesso che mi è sempre stato difficile (anche se non impossibile, ovviamente) collaborare con disegnatori con i quali non condividere anche un rapporto umano. Le storie a fumetti sono dei viaggi che fai in compagnia del disegnatore: se non c’è un minimo di idem sentire, che viaggio è?

Nei primi anni ’80 anche Lei come molti altri Suoi colleghi italiani (D’Antonio, Ferrandino, Mignacco, Sclavi, ecc.) tenta la strada delle riviste d’Autore e quindi parallelamente dell’esportazione in Francia. Jan Karta nasce per accodarsi a questo progetto che all’epoca poteva sembrare ancora una miniera d’oro oppure il personaggio era già “nell’aria” e sarebbe nato comunque in una forma o nell’altra?

Non ho mai avuto la sensazione di percorrere la strada del fumetto d’autore nel senso che quando scrivo una storia (ieri come oggi) non penso mai se è d’autore o no. Mi piace raccontare, tutto qui. La differenza tra fumetto d’autore e fumetto popolare è, per me, solo una differenza di formato. Jan Karta, come tante altre mie storie, racconta delle avventure, degli intrighi, delle situazioni, delle emozioni. Alcune hanno un’ambientazione storica (come quelle di Jan Karta del quale, peraltro, sto scrivendo l’ennesima avventura ambientata durante la Guerra Civile Spagnola, nulla a che vedere con le bellissime storie di Max Fridman di Giardino, solo l’ambientazione è comune!), altre no.

Per quando è prevista questa nuova avventura di Jan Karta? Verrà pubblicata direttamente in volume?
Credo proprio che prima del 2014 sia difficile che BARCELLONA 1936 possa uscire. Il soggetto è molto lungo e dettagliato e la sceneggiatura impegnativa. Rodolfo, poi, pur non vedendo l’ora di cominciare, ha molto lavoro sia con Bonelli sia con Il Giornalino. L’editore è la 001 Edizioni, comunque.

Non ho mai capito perchè la Comic Art non fece i volumi di Jan Karta. Nella collana Grandi Eroi trovarono posto anche altre opere di autori italiani, e pure lavori “difficili” di non immediata presa sul pubblico (penso a Torres, che però in effetti all’epoca era una star, ma anche a Guerra Calda di Rotundo) mentre la Dargaud aveva avuto riscontri incoraggianti con quei libri. C’era forse qualche altra questione legata magari ai diritti per cui Jan Karta venne solo serializzato su rivista?

No, nessuna questione di questo tipo almeno da quanto mi risulta. Semplicemente uno dei tanti piccoli misteri dell’editoria. Boh!

I protagonisti delle Sue serie sono spesso declinazioni in epoche e contesti differenti di una medesima tipologia ricorrente di personaggio, ovvero l’anti-eroe disincantato ma con un estremo rigore morale. È solo il caso che L’ha spinta verso questo tipo di protagonista oppure ha voluto fare una specie di esperimento come fece Michael Moorcock con il suo campione eterno?

Il caso, certo, sempre. Ma poi anche l’amore per i personaggi che hai così ben definito disincantati e con un certo rigore morale. Penso che mi ha fregato la lettura giovanile di Martin Eden di Jack London.

Oltre all’attività di sceneggiatore Lei è anche insegnante nelle scuole di fumetto ed è stato direttore editoriale di alcune testate (a proposito: il Michele Del Quale di Torpedo era Lei?): sono gli editori a cercarLa o è un’attività che Le piace e che fa volentieri?

Il Michele De Quale di cui parli non sono io ma un mio vecchio e caro amico, pazzo e appassionato, con il quale ho condiviso tante esperienze editoriali entusiasmanti e drammatiche al tempo stesso. Non ti dico il suo vero nome ma ti do un indizio per scoprirlo: con Carlos Trillo lo chiamavamo “il casinista”!

Come nasce l’idea di iCOMICS che La vede appunto coinvolto come direttore editoriale (oltre che come autore di molti dei fumetti pubblicati)?

Una delle tante idee di quell’altro pazzo appassionato - ma sicuramente meno casinista di Michele De Quale - che si chiama Dino Caterini. Come sai Dino è un imprenditore di successo, fondatore e direttore di quella Scuola Internazionale di Comics che ormai da tanti anni è leader nella didattica del fumetto e delle arti grafiche e digitali. Ma Dino, dietro la sua maschera di imprenditore che vorrebbe sembrare cinico e baro - ti assicuro che non lo è – è un vero e proprio appassionato di fumetti e dunque, da sempre, desiderava fare una rivista di fumetti. Come al solito mi faccio coinvolgere (che ti credi, anche io sono un po’ pazzo!) e nasce iCOMICS. A parte tutto, comunque, iCOMICS nasce soprattutto per dare la possibilità anche ai giovani autori esordienti di mostrare al mercato, in una vetrina a tiratura nazionale, quel che sanno fare. iCOMICS ha chiuso con il numero 14. Un bagno di sangue nel quale, però, ci è piaciuto nuotare e che sicuramente, prima o poi, tornerà per attirare vampiri di ogni sorta.

Dopo i primi passi bimestrali iCOMICS è diventata mensile presumibilmente a testimonianza del gradimento del pubblico, eppure come ha detto al momento è “congelata”: è previsto un rilancio più o meno a breve?

Non lo so. Ci stiamo pensando. Vuoi investirci qualche euro?

Averceli, li investirei volentieri. Come è avvenuto l’incontro con Carlos Trillo? Con la comune frequentazione dell’Eura o tramite Francesco Coniglio?

Avevo conosciuto Carlos molti anni prima dell’Acme e indipendentemente dall’Eura. Credo a Lucca. Che devo dirti? Simpatia immediata? Stima reciproca? Magico accordo? Poi lui a Buenos Aires io a Roma, abbiamo avuto modo di frequentarci poco fino a quando, con Coniglio, lo coinvolgiamo nella rivista Torpedo. Il resto è amicizia profonda e collaborazione speciale, vacanze insieme, scambi quotidiani. Fino all’ultimo.

Carlos Trillo mi ha parlato per sommi capi del vostro metodo di lavoro insieme: «Roberto Dal Pra’ es un gran compañero de trabajo, nos entendemos muy bien, podemos sintonizar nuestras ideas para tocar la misma canción. Me parece que el resultado produce el nacimiento de  una tercera persona, juntos somos otro. Incluso fantaseábamos hace un tiempo con buscarnos un seudónimo, como Ellery Queen, que era el nombre que usaban dos escritores trabajando juntos. O como Bustos Domecq, de Borges y Bioy Casares, que dio origen a unos relatos policiales que poco tenían que ver con estos dos grandes autores por separado. Pero nos quedamos con los dos nombres, como los creadores de Fantomas (Alain y Souvestre), o Boileau- Narcejac, los autores de Las diabólicas
C’è qualche aspetto che vuole approfondire o qualche elemento che vuole aggiungere?

No, ti ha già detto tutto lui. Sottoscrivo con un velo di improvvisa tristezza.

Può darci qualche anticipazione su Farfalle Colorate, una delle serie a cui stava lavorando con Trillo? Dal titolo non so proprio cosa aspettarmi.

Di questa storia - contrariamente a La guerra dei maghi della quale abbiamo pensato e scritto dettagliatamente insieme tutto il soggetto e della quale Carlos ha fatto in tempo a scrivere solo una parte del primo albo - con Carlos avevamo solo accennato a alcuni momenti importanti del soggetto (personaggi principali, filo conduttore). 

Il complesso mercato franco-belga esige spesso anche da autori molto affermati un piano dell’opera molto dettagliato e puntuale e un lungo lavoro preparatorio e di presentazione prima di decidere se mettere o meno in cantiere un volume o una serie. In giro per il web si trovano tracce dei tanti fumetti ideati che sono rimasti fermi alla fase di progetto. Uno di questi avrebbe dovuto essere un’altra collaborazione con Carlos Trillo, La Maledizione di Aristotele. Di cosa avrebbe dovuto parlare?

La Maledizione di Aristotele - di cui esiste un soggetto completo e dettagliato e numerose tavole di prova realizzate da Giancarlo Caracuzzo - racconta le elezioni presidenziali in un immaginario paese dell’America latina (la Colombia?!) nella quale si fronteggiano due candidati e i loro rispettivi esperti di comunicazione. La “filosofia della storia” è che sono tutti dei grandi “hijos de puta” che non esitano a utilizzare di tutto pur di vincere; di tutto, anche le storie di poveri bambini soldati assoldati da una guerriglia senza scrupoli. Se non ne fossi il coautore ti direi che è davvero una gran bella storia, diretta, violenta, intensa, drammatica. Uno dei soggetti più inquietanti realizzati con Carlos.

L’esperienza di insegnante di scrittura nasce da una Sua passione? Ricordo che all’epoca dell’Intrepido Lei aveva anche un po’ un ruolo da talent scout.

Il filosofo Umberto Galimberti dice che essere un bravo insegnante non si impara ma è una dote “naturale”. Ecco, credo di avere questa dote. Insegnare mi piace, mi diverte, mi appassiona. Ormai ho poco tempo per farlo ma quando mi capita sono sempre contento.

Secondo me il Suo fumetto migliore è Anastasia Brown, disegnato oltretutto da uno strepitoso Giancarlo Alessandrini: ha mai pensato di scriverne nuovi episodi?

Sto pensando di rieditare (i diritti sono miei e di Giancarlo) le vecchie storie aggiungendone una breve (10/12 tavole) che sto scrivendo. Sono in tanti a dirmi che Anastasia è uno dei miei personaggi migliori. Avrei bisogno che la giornata durasse 48 ore per poter fare tutto quello che mi piace. Ahimè, il tempo è tiranno.

Anni fa Lei ha dichiarato che il giallo d’azione moderno può essere ambientato solo in Russia ma oltre a Niko Slavo e L’Uomo di Mosca pure Il Manoscritto Perduto si svolge per gran parte nella vecchia Unione Sovietica: Lei ama quindi molto la Russia, al di là delle necessità di ambientarvi una storia?

L’immaginario sovietico mi affascina e tanto. In quel periodo, poi, avevo letto il Gorky Park di Martin Cruz Smith e visto il film. Sì, credo che gli autori dovrebbero concentrarsi un po’ di più sulle tante possibili atmosfere che da sempre quell’immaginario suggerisce.

L’Uomo di Mosca è stato protagonista di una sola storia dalla genesi un po’ travagliata (offerto a Bonelli da cui poi riprese i diritti, disegnato inizialmente in linea chiara e poi integrato di pennellate nere). Era programmaticamente uno one shot oppure doveva essere il primo episodio di una serie che poi non si è sviluppata, come Quattro Dita di Manara?

Non ne avevo programmato una continuazione ma il personaggio si prestava a poter vivere altre avventure. Ormai, però, è solo un ricordo lontano.

Nella Sua carriera Lei ha lavorato in diversi ambiti: la stampa cattolica, i settimanali popolari, le riviste d’Autore degli anni ’80, il mercato franco-belga, il formato bonelliano... C’è un ambito per cui si sente più portato o che Le ha dato maggiori soddisfazioni?

Sicuramente quello dell’editoria francese: mi sento più libero e gratificato.

Lei ha lavorato come scrittore solo per il fumetto?

Tranne una brevissima parentesi nella quale ho scritto dei soggetti per una possibile edizione televisiva, sì, direi proprio di sì.

Si trattava di una versione televisiva di un Suo fumetto oppure era un progetto originale pensato appositamente per la televisione?
 
Si trattava di soggetti per una miniserie, della durata di massimo 15 minuti televisivi, dal titolo COLPO DI SCENA. Insomma un appuntamento fisso con storie tutte incentrate su una sorpresa finale credibile ma, appunto, inaspettata. I soggetti furono acquistati ma poi non se ne fece più nulla.


Tra le Sue collaborazioni eccellenti spicca senza dubbio quella con Juan Gimenez su Gli Occhi dell’Apocalisse[1]: come è avvenuto il contatto con il maestro di Mendoza? In prima battuta venne pubblicato in Italia dalla misconosciuta ed effimera rivista Terrifik con cui Zerboni tentò di rinverdire i fasti del suo L’Eternauta.

Dovevo scrivere una storia di genere splatter. La proposi a Juan Gimenez all’epoca di Torpedo e lui accettò realizzando, come sempre, dei disegni davvero spettacolari. Poi scelse la collaborazione con Jodorowsky e il rapporto s’interruppe.

Attualmente a cosa sta lavorando? All’orizzonte ci sono sempre la Francia, l’Aurea e Il Giornalino?

Sempre, tranne con Il Giornalino che non mi sembra intenzionato, per ora, ad accettare nuove proposte. Sto scrivendo il terzo albo de La Guerra dei maghi, poi Farfalle colorate (Aurea e Delcourt) e il breve episodio di Anastasia Brown.

A proposito di ristampe, chi ha avuto la brillante idea di intitolare Leo Greco il volume delle Edizioni 001 che contiene Città Eterna? Sarà pur vero che Città Eterna propriamente detta non è l’unica storia presente, ma intitolarlo semplicemente Città Eterna sarebbe stato di maggior richiamo secondo me.

Scelta dell’editore sulla quale non ho messo bocca.

Grazie della disponibilità.

Grazie a te, con la speranza di conoscerti personalmente. Buon lavoro!


[1] Noto anche come L’Occhio dell’Apocalisse al singolare su L’Eternauta 126.

4 commenti:

  1. Da molto tempo cerco di contattare Dal Pra' per chiedergli una lista dei suoi lavori Eura nei tempi in cui gli autori non venivano indicati, tu sei riuscito a fare di meglio: un'intervista ben articolata.
    Magari riuscirai tu dove io ho finora fallito.

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    1. Ciao jelem, ti rigiro la risposta che mi ha dato Dal Pra' al riguardo:

      Purtroppo non posso esserti di aiuto non avendo mai avuto un archivio.
      Le primissie storie erano dei liberi ma di chissà quali autori: forse qualche italiano, sicuramente anche argentini.

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  2. Pazienza... Grazie molte per l'interessamento Luca!

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