Ora che saldaPress ha comiciato a ristamparlo in versione bonelliana
economica anch’io mi sono potuto gustare The
Walking Dead e capire cosa abbia reso questo fumetto tanto speciale.
Sarà l’assuefazione alle storie di zombi, sarà l’aspettativa altissima che
il suo successo ha generato, sarà quel tocco di casualità fatalista poco
credibile che fa procedere la trama, sarà la banalità di certe situazioni, sarà
l’inverosimiglianza di altre, saranno i dialoghi che vorrebbero essere
d’effetto riuscendoci solo marginalmente, sarà lo stile di disegno molto curato
ma troppo caricaturale per i miei gusti, sarà la rappresentazione poco coerente
degli zombi e delle loro capacità, sarà lo scarso carisma che al momento hanno
dimostrato tutti i personaggi, sarà l’insofferenza verso la riproposta di
cliché già visti, sarà l’assurdità dell’inserimento di una storia di corna in
un contesto del genere, sarà più probabilmente il fatto che questo è solo
l’antipasto e che le storie memorabili arriveranno poi, ma io cos’abbia di
tanto speciale The Walking Dead
proprio non l’ho capito.
La confezione saldaPress è molto curata, grafica e qualità di stampa sono
buone e inaspettatamente il 17x26 originale si adatta molto bene al nostrano
16x21. In appendice, al posto delle copertine solitamente bramate dai fan, un «post
mortem» che spiega la genesi della trasposizione televisiva, forse troppo incensatorio
per essere esaustivo. Interessante colpo di coda finale, l’ultima pagina
presenta le prime tre striscie di Zetacomezombie
ad opera di Voglino (lui?) e Giorgini. La prima non avevo capito che fosse una
striscia umoristica, la seconda mi è sembrata assai fiacca e la terza l’ho
trovata incredibilmente inquietante e geniale per come è riuscita a fotografare
questa nostra epoca disperata.
La caratteristica principale della serie TWD è da cercare soprattutto nel passo quotidiano e nella precarietà che vivono i protagonisti umani.
RispondiEliminaGli zombi sono soprattutto un più che altro un pretesto, quasi un escamotage narrativo.
A questo proposito è abbastanza dannoso il clamore che si è prodotto attorno a una serie dal tono basso e spesso quasi intimista dove Kirkman si sofferma molto ad analizzare le reazioni dei singoli personaggi (difficile considerarli protagonisti).
Non mancano mai i colpi di scena che anzi talvolta ti risparmieresti volentieri durante la lettura proprio per potertela centellinare meglio, però ti accorgi facilmente che non sono per niete gratuiti o forzati, scorrono agevolmente nella trama che viene srotolata con sapienza e coerenza ma sono piazzati con cura come l'esplosione di una mina talvolta controllata dall'artificiere che cerca di evitare ogni danno, altre volte invece come quella provocata da un terrorista che intende causare la maggior quantità di caos e di vittime possibili.
E sempre dietro l'angolo la possibilità che il lettore decida di abbandonare il fumetto quando non solletica a sufficienza le proprie corde, ma leggendolo non si può fare a meno di notare che Kirkman nella sua alternanza spesso traumatica fra azione, orrore e soap opera, crea un castello dietro l'altro distruggendolo poi inesorabilmente e lasciandoci spesso disorientati e decisi a mollarlo, se però lo si legge anche nel numero successivo, ci accorgiamo subito che ne sta ricostruendo uno nuovo che in breve diventerà più trascinante.
Nel giro di pochissime pagine iniziali, la serie ti butta di forza al centro della vicenda, ma poi procede a lungo con piglio molto personale e vario.
Immagino che tutto sia costruito intorno alla crescita del piccolo Carl e inesorabilmente tutte le figure di contorno finiranno per sparire una ad una (o in massa) in una saga pluridecennale, se il pubblico vorrà seguirla.
Vedremo come procede. Un po' mi hai incuriosito, certo mi è anche tornato in mente quello che diceva Bill Sienkiewicz: perchè fare delle storie di supereroi per parlare di fame e miseria e non fare direttamente delle storie che parlino di fame e miseria?
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