Dopo Vae Victis! e Le Sette Vite dello Sparviero la
benemerita collana Historica ospita
un’altra serie lunga che non si conclude in un solo volume. All’epoca della sua
uscita per Alessandro Editore avevo snobbato Attila... Mon Amour incasellandola tra le serie più popolari del
mercato franco-belga: meno male che ci ha pensato la Mondadori a farmi recuperare
quello che, almeno da quello che ho potuto leggere finora, è un invece un
fumetto molto bello e originale.
L’Attila del titolo è in realtà il coprotagonista di questa saga in sei
volumi e divide la scena con l’affascinante Lupa, una donna che un temperamento
ferino e la pelle di lupo che indossa bastano a spacciare per un mostro esotico
da esibire nelle fiere. Nel 449 dopo Cristo l’Impero Romano d’Occidente sta per
andare incontro al suo tramonto: i barbari Unni vanno ingraziati per frenare la
loro sete di conquista. Tra i tanti doni che vengono fatti ad Attila da Cesare
Augusto Valentiniano c’è anche Lupa, che eserciterà sul leader barbaro un
fascino irresistibile. Farne la sua amante (tra l’invidia delle sue altre donne
e soprattutto della sua favorita) sarà una mossa decisiva per Attila visto che
con l’avanzare degli episodi Lupa rivela delle doti tattiche fuori dal comune e
delle altrettanto inaspettate conoscenze sull’esercito e sugli usi e costumi
dei Romani, che si riveleranno fondamentali per le fortune dell’avanzata unna.
Il passato di Lupa ci viene svelato lentamente nel corso degli episodi e
costituisce uno degli aspetti più interessanti della serie, tanto più che i
flashback accompagnano con eleganza il progressivo ruolo egemone che Lupa avrà
nella trama e alla corte di Attila.
Attila coniuga una grande precisione storica con
la giusta dose di azione e avventura, e Mitton dimostra di essere molto
ispirato nella scrittura (d’altronde già la scelta della protagonista è un bel
colpo di genio). Il ritmo dei singoli episodi è gestito alla perfezione, contrappuntando
ottimamente le varie scene e gestendo molto bene la suspence: prendiamo ad
esempio la scena dell’incontro tra Attila e Bledda nel terzo episodio, o la
stessa entrata in scena di Lupa. I personaggi, anche quelli che
programmaticamente devono essere antipatici, sono resi con grande profondità e
non manca occasionalmente qualche tocco d’ironia per stemperare, o almeno
equilibrare, le sequenze più crude.
Sono molto ben congeniati anche i singolari cliffhanger con cui si conclude ogni episodio: non un semplice
rimando a cose a venire ma una scena che rimette parzialmente in discussione
quanto letto finora e che introduce nuovi particolari.
A volere trovare un difetto in Attila,
va rilevato che i disegni di Bonnet non presentano sempre delle anatomie
inappuntabili, soprattutto per quel che riguarda i volti. Ma (oltre al fatto
che si è visto e si vede ben di peggio) mi sembra che col procedere della serie
il disegnatore stia trovando una sua strada sempre più convincente.
Da notare che nell’introduzione Sergio Brancato non fa solo le solite
considerazioni antropologiche molto interessanti ma guadagna spazio parlando
del pericolo degli spoiler – e, vivaddio, evitando di farne!
Sembra una berserker.... :)
RispondiEliminaMoz-
Questo mi interessa molto
RispondiEliminaè uno dei migliori secondo me.
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