Nuovo membro del club del 50% di sconto. Edito nel 2011,
quando aveva già suscitato la mia curiosità, La Banda di Monica è stato probabilmente un tentativo da parte
della Panini di verificare l’interesse che questo best seller brasiliano poteva
suscitare in Italia. Da quello che so a questo primo volume non ne ha fatto
seguito nessun altro.
A spingermi all’acquisto è stato
l’interesse di carattere storico verso il fumetto, la curiosità per un prodotto
di enorme successo in patria e quindi la possibilità di riempire un tassello
fondamentale nel mosaico del fumetto mondiale. Per il resto, La Banda di Monica è un prodotto
destinato nettamente ai bambini.
Purtroppo la parte che
potenzialmente avrebbe potuto interessarmi di più non si è rivelata all’altezza
delle mie speranze: i redazionali, che comunque non sono pochi, si dilungano in
sperticate lodi a Mauricio de Sousa e all’impero editoriale che ha costruito in
Brasile, segnalando curiosità come le attività umanitarie dell’autore/editore e
il recente corso teen della serie, ma
senza approfondire nessuno degli aspetti più generali. I dati tecnici e anche
quelli storiografici più basilari vengono ignorati totalmente: non sono
specificati modalità e formati delle pubblicazioni originali (sono settimanali
o mensili? Pocket o comic book?) e nemmeno l’anno di nascita del fumetto. Forse
è stato scelto di non appesantire con dati tecnici una pubblicazione idealmente
destinata ai lettori più giovani, ma anche sulla selezione delle storie ci
sarebbe da ridire.
È chiaro che con una mole
sterminata di pagine tra cui scegliere la Panini avrà avuto delle difficoltà a
selezionare quelle più rappresentative, ma forse si sarebbe potuto fare meglio.
Dopo una paginetta introduttiva il fulcro del volume è costituito da una lunga
versione di Romeo e Giulietta
interpretata dai protagonisti del fumetto. Non si tratta quindi di una “vera” storia
di Monica & co. ma di un fumetto in cui i personaggi interpretano altri personaggi e in cui quindi il lettore che ancora
non ha confidenza con i protagonisti deve desumerne le caratteristiche
principali per conto proprio. La storia in sé non è nemmeno male, se
consideriamo il pubblico di riferimento a cui è indirizzata, e riesce a
strappare più di un sorriso – anzi, il capitolo del balcone è esilarante.
Nel resto del volume di Monica c’è
ben poco visto che si è optato per offrire una panoramica sugli altri
personaggi di de Sousa, che mi hanno ricordato molto le proposte nostrane degli
albetti Alpe e Bianconi. Di Blu (cagnolino
che, se ho ben capito, ha rappresentato l’esordio di de Sousa) viene presentata
una storia semplice, abbastanza simpatica e metanarrativa – finirà tra i
Fumettisti d’Invenzione
se riuscirò a reperirne gli estremi esatti. Segue la storia di un cavernicolo, Piteco, che partendo nientemeno che dal
mito della caverna di Platone traccia un quadro dell’alienazione moderna. Fantasmino e Frank condividono un universo comune: del primo viene presentata
una storiellina abbastanza simpatica (forse pubblicata in un formato originale
molto più piccolo perché qui i contorni delle figure risultano stampati male)
mentre il secondo, una trasposizione del mostro di Frankenstein, è protagonista
di una vicenda meno canonica e a tratti malinconica. Ronaldihno Gaucho compare in due storie brevi di una tavola ognuna
e quindi non ci si capisce molto se non il lato buonista ed educational anticipato anche
dall’articoletto che ne parla.
Conclude la foliazione una breve
introduzione in bianco e nero alla versione teen
di Monica.
Di certo una proposta più filologica,
presentando ad esempio una storia di Monica per ogni decennio, sarebbe stata
più utile per farsi un’idea del fumetto ma, oltre al fatto che forse la Panini
ha dovuto sottostare ad accordi specifici per selezionare le storie, una cosa del
genere avrebbe interessato gli appassionati di fumetti e non i bambini a cui La Banda di Monica era probabilmente indirizzato.
Ma ormai i fumetti li leggono solo gli appassionati, non certo i bambini. A tal
proposito, forse 12 euro non sono nemmeno pochi per un volumetto a colori di 96
pagine, pur stampato su bella carta patinata, e anche questo può aver
allontanato un potenziale acquirente (dubito che il volume abbia avuto una
diffusione in edicola).
Conosco Mauricio da anni. Se non ricordo male è stato in occasione di uno stage promosso dalla regione Friuli Venezia Giulia nei primi anni di questo secolo. Mau si è divertito un sacco - non aveva mai visto Staranzano e non credeva esistessero ancora posti in cui la gente viveva come nella Abilene dei film western - e Chris Giarrusso decise il quel momento di piantarla con il suo lavoro di head hunter per una multinaz e di darsi ai comics x bimbi. In quei gg ero head hunter x una casa di produzione cinematograf e stavo cercando un clone di Gino Bramieri x un biopic surreale in cui il comico meneghino era un informatore della psicopolizia in una realtà distopica di giorno ed una odalisca oversize con il nome di Mato Grosso dopo il crepuscolo. Mau mi pareva perfetto e lo dissi, ma il cartoonist credeva di essere pari pari Ed G. Robinson ad un provino x il Joker e non vide la mia proposta come lusinghiera. So goes life.
RispondiEliminaCuriosamente domani mi vedrò proprio con un tizio che chiamiamo confidenzialmente Mau.
EliminaReally ? Vedi che è davvero possibile giovare a sei gradi di sepazione con Kev Bacon con tutta la realtà ? a volte non occorrono nemmeno sei passaggi.
RispondiEliminaSei sei sei...
EliminaIl cinese aveva la mascella quadrata e lo zigomo saliente ed un mattoncino fitto fitto di capelli e Mau Arbogast l'odiava perchè Mau Arbogast era vecchio da quando pagava biglietto ridotto al cine ed ora era ridotto un rottame informe e spelacchiato. Arbo aveva un biglietto con tre sei e sapeva solo che doveva consegnarlo al cinese e seguirlo dentro il compro oro declassato compro argento. Era il crepuscolo, come era giusto che fosse. Il negozio non aveva vetrine e dentro era buio e l'aria puzzava di vecchio bacon abbrustolito. Arbo firmò sotto la linea tratteggiata ed uscì dalla porta del retro seducente e flessuoso ed elegante come un gatto. Solo allora Arbo realizzò che si era trasformato in un gatto. E visse una vita piena e soddisfacente e zingara e senza pensieri. Non ricorò mai fino alla fine che alla fine lo attendeva il cinese con il suo contrattino.
RispondiEliminaUm grupo de jornalistas liderado por Olival Costa e Pedro Cunha fundou a Folha em 19 de fevereiro de 1921, com o nome de Folha da Noite. Era um jornal vespertino, com um projeto que pregava textos mais curtos e mais claros, enfoque mais noticioso que opinativo, agilidade e proximidade com os assuntos que afetavam o dia a dia da população paulistana, principalmente os trabalhadores urbanos.
EliminaFoi criada em oposição ao principal jornal da cidade, O Estado de S. Paulo, que representava as elites rurais e assumia uma posição mais conservadora, tradicional e rígida. O empreendimento foi bem-sucedido, levando os sócios a comprar uma sede própria, uma rotativa e, em julho de 1925, criar um segundo jornal, agora matutino: a Folha da Manhã.
Também em 1925 surgiu na Folha da Manhã o personagem Juca Pato, que acabou se tornando um símbolo do jornal. Criado pelo cartunista Benedito Carneiro Bastos Barreto (1896-1947), o Belmonte, Juca Pato era “o homem comum”, que criticava com ironia os problemas políticos e econômicos e repetia o bordão “Podia ser pior”.
As principais críticas das “Folhas” eram dirigidas aos partidos republicanos que monopolizavam os governos da época e faziam campanhas por melhorias sociais. A empresa chegou a apoiar a criação do Partido Democrático, de oposição. Em 1929, no entanto, Olival Costa, então o único dono das “Folhas”, passou a se aproximar dos republicanos paulistas e a repudiar opositores da Aliança Liberal, ligados a Getúlio Vargas.
Em outubro de 1930, com a vitória da Revolução de 1930 varguista, jornais que haviam se contraposto a Getúlio Vargas foram depredados por partidários da Aliança Liberal. As instalações da Folha foram destruídas e Costa vendeu a empresa a Octaviano Alves de Lima, empresário ligado à produção e, principalmente, ao comércio de café.
Getulio Lafoglia incartava il pesce al mercato con il giornale del giorno prima. La bancarella al mercato era dello zio Pato Belmonte. Un favore personale alla sorella vedova. Secondo Pato, Getulio non poteva aspirare ad altro di più complicato perchè era scemo nella zucca e parlava poco e male. Il ragazzo parlava poco perchè non aveva nulla da dire e parlava male perchè poco e ascoltava meno, ma tutto quel riciclare le notizie del passato avevano scavato nella zucca di quello che era tutt'altro che scemo e Getulio dopo anni era diventato il guru di una comunità che vedeva nelle notizie nessuna notizia ed il tentativo di stare al passo con il mondo fuori come una telefonata con il prefisso seiseisei. Era benestante ed amato. Mangiava di tutto meno che il pesce.
Eliminanel centro di quei tam-tuuumb spiaccicati (ampiezza 50 chilometri quadrati) balzare scoppi tali pugni batterie tiro rapido Violenza ferocia regolarità questo basso grave scandere gli strani folli agitatissimi acuti della battaglia Furia affanno
Eliminaorecchie occhi
narici aperti attenti
forza che gioia vedere udire fiutare tutto tutto tara-tatatata delle mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi schiaffffi traak-traak frustate pic-pac-pum-tumb bizzzzarrie salti altezza 200 m della fucileria Giù giù in fondo all’orchestra
stagni diguazzare buoi buffali pungoli
carri pluff plaff impennarsi di cavalli
flic flac zing zing sciaaack ilari nitriti iiiiii scalpiccii tintinnii 3 battaglioni bulgari in marcia croooc-craac [LENTO DUE TEMPI] Sciumi Maritza o Karvavena croooc craaac grida degli ufficiali sbataccccchiare come piattttti d’otttttone pan di qua paack di là cing buuum cing ciack [PRESTO] ciaciaciaciaciaak su giù là là in-torno in alto attenzione sulla testa ciaack bello Vampe
vampe
vampe vampe
vampe vampe
vampe ribalta dei forti die-
vampe
vampe
tro quel fumo Sciukri Pascià comunica telefonicamente con 27 forti in turco in tedesco allò Ibrahim Rudolf allô allô attori ruoli
echi suggeritori scenari di fumo
Marina Zanga non era quel che si dice una vamp in tempi in cui non esisteva una rete di sicurezza che alimentasse la speranza di tutte coloro che si affacciavano sul vuoto pieno virtuale di essere almeno un tipo che piace e soffriva ad ogni provino quando era scartata come una mela bacata al mercato da chi guardava solo il giornale con cui era incartato il talento pesce che guizzava in lei fresco. Non potendo fare l'amore con lo spettacolo di cui era innamorata non ricambiata fece la guerra alle belle che sgambettavano in teatro al posto suo scrivendo e riscrivendo la storia di donne sole perchè poco decorative fino a diventare una bestseller ricca ed apprezzata. Leggeva quelle storie anche il giovane figlio di Sciukri Pascià, ricco ed annoiato di tante ballerine bellissime ed insulse, che attraverso l'oceano per conoscerla e se innamorò ri-conoscendola come personaggio centrale della sua opera. Si sposarono e vissero felici la luna di miele. Immediatamente dopo il figlio del Pascià cominciò a tempestarla di domande sulla sua vita. Quanto aveva sofferto per non esser carina come le altre ? Le mancava il teatro di rivista ? La mancata vamp non ne poteva più dopo una settimana. Al crepuscolo uscì travestita da uomo x arruolarsi in Marina. Iniziò come mozzo e terminò come ammiraglio. Da qualche parte in un museo è un suo ritratto tra gli scenari di fumo e le belle vampe.
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