domenica 15 marzo 2020

Jupiter's Legacy

Ho aspettato un bel po’ prima di leggere questo fumetto, essendo scritto da un Mark Millar che all’epoca dell’uscita aveva già rivelato il suo vero volto, quello della ripetitività e del facile shock value a coprire una pochezza di contenuti che probabilmente ne caratterizza la produzione sin dagli esordi. Ma invece Jupiter’s Legacy non è affatto male.
L’ambientazione è quella canonica dei supereroi, appena appena mescolata con un po’ di fantascienza e un vago retrogusto da romanzetto pulp anni ’30. I supereroi sono il frutto di un incontro con della tecnologia aliena che a ridosso della Grande Depressione contattò delle menti elette (tecnicamente una sola, che però formò un gruppo di altri soggetti meritevoli) per fornire loro dei superpoteri con cui salvarono l’America e divennero degli esempi per la gente comune, degli ideali a cui tendere. Non credo di essermi immaginato il feroce sarcasmo sottinteso a questo spunto di partenza e ai dialoghi del primo episodio.
Arrivati ai giorni nostri (ovvero al 2013) le alte aspirazioni che mossero il nucleo centrale del primo supergruppo sono un po’ appannate, se non proprio disilluse: la progenie dei primi supereroi è una masnada di debosciati dediti ai party, alle droghe e alla vacuità da celebrità (concetto già talmente sviscerato da risultare banale) mentre quanti ancora combattono contro minacce superumane sono prossimi a uno scisma: i metodi di Utopian sono ormai considerati desueti e inefficaci dal suo intelligentissimo fratello, che vorrebbe incidere molto di più sulla società americana con metodi concreti, mettendo in atto un suo elaborato piano economico. Proprio quando sta per avvenire la “deposizione” di Utopian per mano di suo figlio, il supercriminale Hutch fugge con l’altra sua figlia Chloe, una buddista vegetariana che non disdegna le droghe (è appena finita in overdose) e che aspetta un figlio da lui.
Dopo un salto temporale tra il terzo e il quarto capitolo arriviamo nel 2022 che all’epoca doveva sembrare ancora così lontano, e vediamo la realizzazione della società ideale immaginata dal fratello di Utopian: la terra è una dittatura in cui delle corazzate volanti pattugliano i cieli alla ricerca dei superumani rimasti e non ancora piegati alla nuova “utopia”. Chloe e Hutch vivono in Australia e il loro figlio Jason ha già sviluppato poteri che probabilmente sono superiori ai loro (Hutch non ne ha ma usa una bacchetta per teletrasportarsi, quelli di Chloe e degli altri sono volutamente lasciati nel vago per permetter loro di fare quello che serve nelle singole scene senza che i neuroni di Millar si affatichino troppo) e deve nascondersi fingendo di essere un ragazzino normale, anzi piuttosto mediocre. In realtà, all’oscuro degli stessi genitori, ha un suo piano. Ma la loro copertura non può durare in eterno, se non altro per ragioni narrative, e nel quinto e ultimo episodio avviene il redde rationem.
Pur lavorando con materiale di partenza trito e ritrito Mark Millar è riuscito a renderlo piacevolmente suggestivo con quel sottotesto sarcastico che ricordavo sopra; inoltre molte sequenze sono veramente ben scritte e in più di un’occasione ha saputo creare la giusta tensione nel lettore con lunghi dialoghi molto ben “recitati” che fanno da contraltare alle sue tipiche scene di violenza esagerata (qui virate anche sullo splatter).
Pur non amando Frank Quitely, non posso certo esimermi dal rilevare l’ottimo lavoro che ha svolto: è molto dinamico ed espressivo e non si tira certo indietro quando deve disegnare delle tavole affollate di persone o dei panorami dettagliati. Purtroppo non si è inchiostrato le matite ma evidentemente è andato in stampa direttamente con quelle, opportunamente “inchiostrate” digitalmente: questa scelta rende un po’ imprecisi o solo abbozzati certi particolari, ma tutto sommato è adatta per assecondare il tono parodistico di Jupiter’s Legacy.
Certo: trattandosi di Millar ci si aspetta la fregatura, che anche stavolta puntualmente arriva. La prima miniserie di cinque episodi è appunto solo la prima parte di una storia più ampia che dovrebbe concludersi con un altro volume (e vedo che Millar ne ha anche tratto degli spin off). Poco male: leggerò pure quella, visto che non devo andare da nessuna parte…

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