mercoledì 24 giugno 2020

L'Ispettore Coke: Il Mostro del Tamigi

Ce ne ha messo per arrivare ma finalmente anch’io ho potuto leggere l’ultimo episodio dell’Ispettore Coke di Dino Battaglia terminato da Vigna e Roi.
Il volume è un cartonato impressionante per dimensioni e qualità della carta. Come nel caso dell’altro volume dedicato a Battaglia da Lo Scarabeo, Letteratura Disegnata, il formato è 24x34 e la uso mano è di altissima grammatura. La qualità di stampa è inappuntabile e permette di cogliere tutte le sfumature sia del lavoro di Battaglia che di quello di Roi, oltre anche qualche correzione come nel lettering del primo.
Dino Battaglia, scomparso nel 1983, riuscì a completare solo metà della storia; anche in questo caso la moglie Laura De Vescovi ebbe il ruolo fondamentale di cosceneggiatrice, e forse il suo apporto ai testi fu addirittura più determinante di quello del marito, come si evince anche dai documenti del catalogo La perfezione del grigio tra sacro e profano sempre edito da Lo Scarabeo e da un articolo in merito su un Fumo di China di qualche tempo fa.
Il fumetto è introdotto da un testo dello stesso Bepi Vigna, che torna inutilmente sulla dicotomia fumetto popolare/d’Autore e che anticipa molto generosamente la trama. Ma in realtà il rischio dello spoiler è solo apparente: la storia ideata da Battaglia è infatti estremamente lineare e non prevede colpi di scena né false piste (eccetto una che però è funzionale alla soluzione del caso).
Nel 1909 il Tamigi è teatro delle esplosioni di alcune navi accompagnate dall’apparizione di un paio di “occhi” mostruosi: quando arriva all’Observer una lettera anonima che rivendica il gesto, diventa chiaro che si tratta dell’opera di un terrorista o di un gruppo di terroristi. L’ispettore Coke indaga sul caso e il recapito di un’altra lettera anonima che anticipa il prossimo bersaglio lo mette sulla pista giusta.
Lo stile narrativo di Dino Battaglia è quello consueto, volutamente demodé e a volte concentrato su dettagli ininfluenti sullo sviluppo della trama. Unica concessione ai lettori smaliziati degli anni ’80 è una battutaccia a sfondo sessuale, ma il fascino del fumetto risiede sempre nell’atmosfera che anche i testi contribuiscono a evocare. Va detto però che quando subentra Vigna (o forse è solo suggestione?) il ritmo cambia e la narrazione si fa più chiara e diretta: le didascalie superflue pian piano spariscono e i dialoghi sintetizzano efficacemente quello che succede, senza fronzoli. Inoltre, visto che sappiamo trattarsi dell’ultimo episodio dell’Ispettore, nelle ultime pagine si rimane col fiato sospeso perché forse le cose potrebbero non concludersi necessariamente per il meglio data la situazione in cui si trova il protagonista.
I disegni di Battaglia ovviamente non necessitano di commenti, il lavoro di Roi è eccezionale. Pur se la sua personalità inevitabilmente si fa strada con un maggiore realismo, è evidente come abbia cercato di fare propri certi stilemi e anche certe fisionomie del Maestro. Anche l’approccio narrativo dei due disegnatori è differente: laddove Battaglia impostava le sue tavole come sfondi teatrali (rendendo talvolta ambiguo il senso di lettura) Roi è più tridimensionale. Da notare che anche i balloon sono stati elaborati come se fossero stati fatti da Battaglia.
Un volume veramente molto bello che offre una storia piacevole e dei disegni stupendi e non solo un tributo a uno dei Maestri del fumetto italiano; qualche anno fa la sua pubblicazione sarebbe stata salutata come un evento. L’unico difetto sono alcuni errori nel lettering della seconda parte, ma nulla che rovini l’insieme.

10 commenti:

  1. Personalmente, non ho mai apprezzato molto le sceneggiature originali di Battaglia. Anche quando i soggetti erano buoni (mi vengono in mente gli Un uomo, un'avventura), trovo che soffrano sempre di problemi al ritmo, alla scansione.
    Se la moglie (colorista eccezionale) lo aiutava a stendere le trame la cosa non cambia, semplicemente la responsabilità è condivisa.
    Le due storie di Coke 'completate', da questo punto di vista, le trovai davvero poca cosa, tutt'altro che memorabili.

    Mi piacciono invece molto i suoi adattamenti. Almeno, quelli brevi: Gargantua è già di nuovo pesantuccio (purtroppo, visto che l'originale di Rabelais è fantastico).

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    1. Come sceneggiatore Battaglia era un po' farraginoso, "demodé" appunto.
      I colori di Laura Battaglia non mi hanno mai entusiasmato.

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    2. Neanche quelli dell'Estate indiana per Manara? A mio parere ha fatto davvero un ottimo lavoro lì.

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    3. Quelli erano belli e anch'io per molto tempo ho pensato che li avesse fatti lei, ma dovrebbero essere opera di una delle ragazze della redazione di Alter/Corto Maltese. Forse l'ho letto sull'articolo di Pollicelli su Fumo di China in cui parlava di Manara.
      Ma potrei ricordarmi male.

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    4. Ma davvero? Allora si è appropriata della paternità, visto che nei vecchi volumi di Milano Libri era accreditata lei...
      E anche nelle edizioni di Rizzoli Lizard del Gaucho.

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    5. Difatti anch'io ricordavo queste indicazioni nei volumi. Può essere che ricordi male io l'articolo su Fumo di China.

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    6. Per quanto riguarda il colore, sono d'accordo, per me Battaglia è bianco e nero. Ho visto le tavole originali dell'Uomo della legione (alla mostra dei cinquant'anni di romanzi a fumetti) e sono stupende, addirittura più piccole dei libri di Un uomo un'avventura.
      Le sceneggiature delle storie brevi sono efficaci, anche se didascaliche. Sulla lunga distanza diventano pesanti, Gargantuà per me è noiosissimo.

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    7. Io invece avevo difficoltà ogni tanto a capire cosa succedeva e come si concatenavano gli eventi nelle riduzioni dei racconti brevi. Non per lavori come Woyzeck che sono simbolici e lineari, ma per altre storie come Re Peste o Hop Frog.
      La particolarità delle sue tavole originali più piccole della stampa me l'aveva segnalata anche Alligo. Veramente un caso unico.

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  2. Mi confermi che è in bianco e nero? Sembra strano ma il sito dell'editore non lo specifica e di conseguenza neppure tutti i siti di vendita.

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