venerdì 12 giugno 2020

Historica Biografie (I Grandi Pittori) 38: Paul Gaugin

Sin dai disegni questo trentottesimo numero si stacca dagli altri numeri della collana: Nicoby disegna infatti con uno stile istintivo e caricaturale che rimanda ai lavori dell’Association più che a quelli di un disegnatore di fumetti storici. Anche la struttura delle tavole asseconda questo estro riducendosi spesso a sole sei vignette per pagina.
Come già nel precedente Klimt Paul Gaugin non affronta che un periodo ben determinato e circoscritto della vita del protagonista, con qualche sparuto flashback qua e là. E come nel caso di Leonardo da Vinci non è che il protagonista sia proprio lui, non del tutto almeno. In queste 46 pagine Gaugin divide infatti la scena con Van Gogh, che nel 1888 lo chiama ad Arles per concretizzare il progetto di lavorare insieme nello stesso atelier. Il progetto naufraga presto a causa della diversa concezione dell’arte dei due pittori e delle asperità dei loro caratteri: Van Gogh è isterico e ossessionato dalla natura, Gaugin sembra più misurato e razionale però nasconde delle ambizioni da megalomane. Il tutto culminerà col celeberrimo (e quasi irritante, o perlomeno noioso, a vederselo riproposto per l’ennesima volta) episodio dell’orecchio tagliato.
Pur con una concessione all’onirismo dovuta a una “illuminazione” di Gaugin, Patrick Weber scrive in maniera pulita e rigorosa, privilegiando la concatenazione naturale degli eventi rispetto alle pindariche disquisizioni sull’arte che comunque sono presenti. Il ricorso a un po’ di aneddotica spicciola permette di rendere più umani e simpatici i due protagonisti.
I disegni sono quelli che ho descritto sopra e non ne sono affatto entusiasta (tanto più che sono collocati in una collana che nacque realistica), anche se sicuramente Nicoby avrà i suoi estimatori. Di certo i monologhi di Van Gogh sulla forza dei colori perdono ogni senso davanti all’uso greve che Kness fa del computer per colorare il volume non lesinando su alcuni effetti che danno una forte impressione di artificialità.
Tra l’approccio grafico di Nicoby che prevede sfondi poco curati (o proprio assenti) e la narrazione a volte costretta in sole sei vignette per tavola la lettura si conclude con una certa rapidità, eccessiva se la confrontiamo a quella di altri lavori ospitati su questa collana.
Alla fine la parte che ho apprezzato di più di Paul Gaugin è il dossier finale a cura di Dimitri Joannidès, breve ma esaustivo nel raccontarne la vita e i molti rovesci di fortuna (ma non ho capito perché insistere tanto sul suo allontanamento dall’Impressionismo, cosa di cui si potrebbe discutere).

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