Il protagonista, realmente esistito, è Matteo Realdo Colombus (detto anche Colombo), un medico che nella Padova di metà XVI secolo studia il funzionamento del clitoride. Deve farlo in maniera clandestina, perché l’idea di una parte anatomica intima femminile preposta al solo piacere e non alla procreazione è sufficiente per rischiare di finire sul rogo.
Colombo si serve anche di cadaveri freschi, ma la sua indagine viene condotta con scrupolo principalmente a partire da donne vive: materia prima non gli manca visti suoi ottimi rapporti con Angelica, tenutaria di un bordello, ma presto anche delle nobildonne accetteranno di buon grado di diventare oggetto di studio, e nel mentre l’anatomista porta avanti una tresca pericolosissima con la moglie del decano della sua Università. Tutti elementi atti a inanellare una serie di coiti di vario genere conditi da battute salaci. In sostanza L’anatomista eretico è un pornetto di lusso, e d’altronde lo stesso Burattini nella postfazione dice che l’intento era fare un fumetto erotico. Questo almeno per tre quarti del volume: verso la fine la vicenda di Colombo si fa veramente drammatica e monta la suspense, ma forte del suo mestiere Burattini riesce a sciogliere tutti i nodi in maniera perfettamente logica e congruente, pur dichiarando di essersi inventato molti particolari. Credo che questi macguffin finali siano stati i motivi per cui L’anatomista eretico ha avuto problemi ad accasarsi presso un editore nonostante il nome di Burattini ai testi: anche se le situazioni che ha mostrato sono realistiche, non ci si aspetta da lui che vescovi e aspiranti papi siano dipinti come fa Jodorowsky.
Al di là di questo, il fumetto è molto documentato e il volume vanta prefazioni e introduzioni di Claudio Dell’Orso e del chirurgo Massimo Perachino, oltre che il redazionale finale in cui Burattini stesso ricostruisce la vicenda del vero Colombo, inevitabilmente sfuggente a causa dei punti oscuri che ancora persistono sulla sua vita – non si conosce nemmeno il suo anno di nascita esatto.
Più che alla Linea Chiara di matrice francese invocata da Claudio Dell’Orso per descrivere lo stile di Perconti, mi sembra che questo sia più apparentabile al lavoro di certi disegnatori come Balzano Birago o Dino Leonetti, di cui riprende il freddo schematismo anche se arricchendolo parecchio. Graficamente le sue anatomie sono credibili e anche gli sfondi piuttosto curati, quello che gli fa difetto è l’espressività: le scene di sesso hanno una certa fissità statuaria, ma il limite più evidente è nella recitazione dei personaggi, soprattutto del protagonista che ha la stessa espressione sia che abbia un orgasmo sia che venga portato via dall’Inquisizione. E così la storia si conclude con un anticlimax involontario visto che nell’ultima vignetta Colombo dovrebbe far trasparire la sua soddisfazione ma dice la sua battuta con lo sguardo di uno a cui è appena morto il cane – un cane di cui non gli fregava poi molto, tra l’altro. Anche se amo di più lo stile realistico, e sicuramente Perconti lo sa padroneggiare (e poi riesce a personalizzare ogni donna, cosa per nulla facile), secondo me nel caso specifico di questo fumetto sarebbe stato meglio affidare la sceneggiatura a un disegnatore dallo stile più vivace e meno rigoroso, fosse stato pure caricaturale o umoristico. Anche i colori digitali realizzati da Filippo Rizzu, a volte lividi, concorrono un po’ ad accentuare la freddezza della parte grafica.
Sembra la trama di un film decamerotico anni 70... il che può valere anche per le espressioni dei personaggi-attori.
RispondiEliminaPoteva finire con una tavola panoramica che mostrasse il set, le comparse che mangiano il panino ecc., pensa che ideona :D
Credo che lo spirito sia proprio questo, anche se con molta più cura e una gran documentazione.
EliminaHo letto il libro sabato scorso e non ho ancora avuto tempo di scrivere l'articolo. Partendo dalle dichiarazioni d'intento di Burattini, risulta apprezzabile; se ci sia aspetta un gran bel fumetto, si può rimanere delusi. I difetti li hai già messi in evidenza e li sottoscrivo. Di Burattini ho apprezzato la sintesi, di Perconti l'eleganza. Di Burattini mi hanno un po' infastidito (ma capisco che ci stavano) le "licenze poetiche" come l'eccessiva disponibilità delle mogli a tradire i mariti. Di Perconti sono le figure "ingessate" a disturbare, sembrano modelle nelle aule di nudo all'accademia.
RispondiEliminaBeh, la disponibilità delle signore è un caposaldo del genere! :D A me invece è sembrato che Burattini "spiegasse" troppo nei dialoghi, ma un po' di infodumping è necessario.
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