La stronzissima Presidentessa degli Stati Uniti gli impone comunque di metterci una pezza e Frank recluta così dal carcere un estremista nero, un truffatore ebreo, un mafioso italiano e una prostituta transessuale, tutti e quattro per nulla restii a (anzi, decisamente felici di) ricorrere all’omicidio per le loro attività. I quattro, presentati nel primo capitolo in cui se ne mostrano le catture, sono in qualche modo collegati (anche se magari a loro insaputa) con le varie associazioni terroristiche che hanno rivendicato l’attentato. I vertici di queste si godono intanto la vita a Jakarta, perché per loro gioia e sorpresa non hanno più bisogno di intervenire ulteriormente negli States, visto che dopo la distruzione di New York gli americani hanno dato sfogo a secoli di odi ancestrali e si stanno massacrando l’un l’altro in tutti gli Stati! Ma in realtà i “cattivi” stanno pianificando qualcosa di altrettanto pesante per gli Stati Uniti…
The Divided States of Hysteria è un fumetto grottesco e sopra le righe, una satira feroce della società statunitense che attacca sia la sua paranoia nei confronti del resto del mondo che l’ipocrisia di quanti vorrebbero che contrasti secolari non covassero ancora sotto la cenere. Melting pot un cazzo, insomma. Purtroppo la mia cultura in merito non è sufficiente per poter contestare quello che Chaykin dice della Guerra di Secessione e delle sue cause e addentellati, ma non faccio fatica a credergli.
Com’è nello stile dell’autore, la trama si sviluppa seguendo più linee narrative sovrapposte, e visto che oggi i mezzi informatici lo permettono, Chaykin ha pure arricchito le tavole di commenti in sovraimpressione e di schermate di social network. A differenza di altri suoi lavori come Century West la storia si legge però con maggiore facilità, sia perché i dialoghi sono assai taglienti e molte scene gustose, sia perché essendo un lavoro dichiaratamente grottesco i personaggi sono disegnati in maniera quasi caricaturale e per una volta si riescono a distinguere l’uno dall’altro. Più o meno: qualche dubbio l’ha avuto pure il colorista Wil Quintana che in alcuni campi lunghi ha confuso le etnie di alcuni personaggi (e noi con lui), coi loro mascelloni e le braccine sproporzionate. Inoltre, ma forse è solo una mia impressione, mi pare che Chaykin abbia fatto ricorso ad alcuni stereotipi dei fumetti di supereroi (ma più in generale d’avventura) come il reclutamento del cast, il conflitto iniziale tra i protagonisti, ecc. e la lettura procede spedita anche per questo.
Chiarito che in ogni caso non si tratta di un capolavoro, è in definitiva un buon fumetto? Diciamo che avrebbe potuto esserlo (anche ottimo, chissà) se non fosse che ormai Chaykin ha perso tutta la voglia di disegnare, o forse si è semplicemente adagiato sulla sua fama per giustificare la scansione delle matite fatte in fretta e furia e il massiccio lavoro digitale per cercare di coprire le magagne. Il finale è poi piuttosto affrettato e, dannazione, in realtà conclude solo questo primo arco di sei episodi.
Esistono ancora mafiosi italiani in America? Credevo che ormai il big business fosse tutto slavo, nero e ispanico.
RispondiEliminaBeh, si gioca con gli stereotipi.
Elimina