Un pregresso potrebbero avercelo anche i componenti della nuova Suicide Squad che gli vengono affidati da Amanda Waller per andare ad ammazzare nientemeno che Joker, ma forse alcuni sono dei personaggi creati appositamente per questa storia.
Il pagliaccio del crimine è in combutta con dei criminali russi e, citando una celebre sequenza di Arancia Meccanica, riduce in fin di vita la Waller e le sottrae il meccanismo con cui può uccidere a distanza i componenti di questa nuova incarnazione della Suicide Squad: così il vice della Waller deve prendere una decisione drastica sul destino del gruppo di antieroi, che diventa quello di essere inseguito da un’altra Suicide Squad mentre fuggono insieme a Joker.
Il soggetto paga lo scotto di essere inserito all’interno di una narrazione seriale, o che comunque a quella narrazione fa riferimento: lo scopo dichiarato della task force è uccidere Joker, ma qualsiasi lettore sa che si tratta di una meta irraggiungibile, visto il ruolo che il ridicolo supercriminale riveste nell’economia delle serie di Batman e di tutto il DC Universe. Sarebbe stato molto più appassionante se a dover essere eliminato fosse stato un personaggio meno importante o del tutto inedito, così che il lettore potesse rimanere col dubbio se la missione sarebbe stata portata a termine oppure no. Certo, così però la presenza del personaggio-feticcio della DC moderna, cioè Harley Quinn (che si esibisce anche in una lap-dance), sarebbe stata più difficile da giustificare…
La storia non è solo una serie di scontri tra cattivi più o meno potenziati o una parata di trovate bizzarre (che pure ci sono) ma ci sono anche quei momenti “introspettivi” che dovrebbero dare a un fumetto di supereroi una patina più adulta o seria. Per fortuna, però, Brian Azzarello paga a modo suo questa gabella al genere, sfoderando del cinico umorismo anche in quei frangenti.
Per essere un fumetto di supereroi è abbastanza spinto, con scene molto violente e dialoghi taglienti ed espliciti, oltre all’uso di droghe. I disegni di Maleev sono molto buoni, con una base realistica impeccabile e soluzioni grafiche e registiche che arricchiscono le sue tavole senza essere dei semplici esercizi di stile.
Ma non tutte le ciambelle riescono col buco. La storia crolla sul finale con una conclusione lasciata all’interpretazione del lettore (o forse a un’ulteriore miniserie?), che oltretutto è di una banalità vergognosa – primissimo modello che mi è venuto in mente, ma ce ne sono molti altri: il Jesuit Joe di Pratt. E anche l’accenno alla “talpa” che avrebbe dovuto esserci all’interno della Suicide Squad, cosa che avrebbe potuto avvincere il lettore, non viene minimamente seguito – o se gli viene dato seguito io non l’ho colto.
Non dico che sia proprio un’occasione mancata, però resta un bel po’ di amaro in bocca, anche considerando l’immeritata veste deluxe con cui l’ha proposta la Panini.
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