Le danze si aprono con Grembo, in cui una volenterosa bibliotecaria si avventura nell’arretrato Kentucky orientale degli anni ’30 per insegnare la lettura a quelle genti quasi primitive. L’utilizzo di pagine di diario per scandire l’azione è un espediente ormai desueto, ma qui è un elemento importante per saggiare visivamente il vortice di inquietudine in cui sprofonderà la protagonista, che assisterà a dei brutali riti ancestrali che andranno a incastrarsi con una sua tragedia personale. I disegni di Upáta (al secolo Elisa Turrin, lo pseudonimo vorrebbe dire “ragazza” in Friulano ma io non l’avevo mai sentito… anche alla fumetteria di Cervignano dove ho preso il volume hanno scosso la testa… d’altra parte la Turrin è di Pordenone) sono eccezionali, incredibilmente maturi e professionali per la sua età – è nata nel 1996. Non solo padroneggia anatomie, espressioni, inchiostrazione e chiaroscuri ma è molto brava a gestire gli equilibri delle sue tavole e a usare il recadrage. Nel complesso un fumetto veramente molto buono, avrei detto ottimo se non fosse che la svolta finale è piuttosto prevedibile.
Tropical Trouble è una specie di parodia dei film horror adolescenziali degli anni ’80: in una high school americana due sfigati alla base della piramide sociale della scuola hanno ideato l’accompagnatrice con cui andare al ballo di fine anno, cioè uno scheletro su cui sono state iniettate cellule parenchimatiche di piante carnivore, creando una donna-pianta sexy ma affamata di carne umana. Al di là della scia di cadaveri, la storia imbastita da Louseen Smith (pseudonimo dell’argentina Luisina Elizabeth Ilardo) è ricca di personaggi pittoreschi molto ben delineati e presenta anche delle sottotrame, oltre che simpatiche strizzatine d’occhio con i poster sparsi per i muri della scuola. Nonostante sia pesantemente derivativo, Tropical Trouble è comunque originale e soprattutto divertentissimo. Peccato per i terribili disegni, che forse vorrebbero essere pop ma risultano solo scialbi.
Arrivato al contributo di Roberta Scomparsa mi sono entusiasmato per la cura maniacale che ha profuso nelle sue tavole. Al di là di questo, però, Trappola Stiff e il Giro del Fosso ha ben poco da offrire, o forse sono io che non mi sono applicato a sufficienza per capirlo. Da quello che ho letto di lei, la costruzione di una storia propriamente detta non è mai stata una priorità dell’autrice, ma qui si esagera. Giustificata dal fatto che tutta la vicenda è un trip (anzi, il down) della protagonista, la Scomparsa affastella scene estemporanee, personaggi che spuntano dal nulla, testi di canzoni e un sacco di citazioni. E anche i suoi disegni dettagliatissimi, ma sempre di matrice underground, alla fine non beneficiano della giusta resa di stampa. Lasciarsi trasportare da questi deliri può essere anche divertente ma in definitiva mi sembra un’occasione sprecata.
Gigante di Nova è il nome dell’hotel di una località di villeggiatura montana in cui si ritrovano alcune amiche attempate (non che si capisca bene dai disegni) dedite al pettegolezzo e a feste mascherate lisergiche. Una di loro abbandona il rito orgiastico e si avventura nel bosco dove incontrerà uno yeti, che le fornirà un servizio diverso da quello che la sottolineatura cromatica del suo pube lascerebbe intendere. La storiellina è anche divertente, ma non sono sicuro di averla messa a fuoco del tutto. Anche le tavole meriterebbero di essere messe a fuoco, nel senso di bruciate: capisco che la sciatteria improvvisata oggi viene fatta passare per stile, e che i colori in questo contesto sono più importanti dei segni, e che chissà quanto (e se) sarà stata pagata l’autrice per queste 30 tavole, ma il suo schematismo ostentatamente frettoloso e impreciso alla fine diventa irritante.
Chiude il volume Io sono Iena, un bel thriller che ha per protagonista un reduce mutilato ossessionato dalle iene e dall’immaginario furry. Con un costume confezionato in proprio (e quindi piuttosto inquietante) cerca di intrufolarsi in una convention di altri appassionati che condividono il suo feticcio e all’ennesimo “rimbalzo” all’ingresso scatta la tragedia. Efficace la scelta di inserire dei “disturbi” nelle tavole a simulare la psicosi del protagonista, ma a giudicare dai disegni sembra che anche l’autrice (Ferraglia) sia mutilata. Il tratto nervoso e graffiato delle sequenze con il protagonista ha ovviamente un suo senso, ma anatomia e proporzioni andrebbero comunque rispettate. Almeno un po’. E un’inchiostrazione degna di questo nome avrebbe reso i personaggi travestiti da animali più morbidi e identificabili, creando un bel contrasto con il protagonista.
Difficile fare confronti con il precedente Materia Degenere: anche in questo secondo volume, anzi Materia Degenere², la varietà di stili e di temi consentirà di trovare qualcosa di proprio gusto a categorie di lettori molto diverse, sia che cerchino delle storie divertenti, dei “bei disegni”, dei deliri lisergici, delle citazioni pop, ecc.
Dietro a queste antologie, c'è una cura editoriale o è solo stato dato un input e poi si è pubblicato quello che gli autori hanno prodotto, senza alcun intervento?
RispondiEliminaAhimè, dall'introduzione di Contin non si capisce. Credo però che alle autrici sia stata data la massima libertà, senza ingerenze. So che tu ami di più i progetti "ragionati" ma anche così possono nascere buone cose.
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