Yann non è solo l’irriverente sceneggiatore di Les Innomables, La Tigre
Bianca e Il Piccolo Spirou, ma ha
anche una carriera parallela di scrittore realista. I pregiudizi però sono duri
a morire (nello specifico, i miei) e ogni volta che si cimenta con l’avventura,
lo storico, il bellico deve superare le forche caudine di un pubblico (nello
specifico, io) abituato alla sua vena comica, genere in cui effettivamente ha
dato le sue prove migliori.
Per evitare che l’abitudine dei lettori lo renda sospetto, uno dovrebbe
scrivere ogni storia diversa dal suo canone sotto pseudonimo, e in effetti è
quello che lo stesso Yann ha fatto in occasione di Sambre, anche se poi è andata a finire com’è andata a finire.
Al di là di queste considerazioni, trovo che quasi per reazione alla sua faccia
più sguaiata Yann introduca sempre nelle sue opere realistiche pesanti
spiegazioni e una documentazione anche troppo generosa, probabilmente
riflettendo quelle che sono le sue passioni. Anche questo Il Gufo Reale rientra in quest’ottica e difatti siamo subissati da
informazioni tecniche, dati meccanici, elenchi di modelli d’aereo, ecc.
Il disegnatore Romain Hugault fa il paio con lo sceneggiatore, curando nei
minimi dettagli le divise, le armi e ovviamente gli aerei ma ignorando tutto il
resto, chè tanto basta navigare su internet per trovare paesaggi e mappe da
incollare sulle tavole.
Il Gufo Reale racconta le storie speculari di Adolf
Wulf (nome assai infelice) e di Lidija Litvjac, quest’ultima ispirata a una
aviatrice russa realmente esistita.
Entrambi sono i migliori della loro squadriglia, entrambi hanno un rapporto
molto conflittuale con il loro superiore, entrambi assistono a scene di disperazione
tra i commilitoni, entrambi avranno a che fare con il tradimento ed entrambi
hanno una forma contorta di amore al campo. Le loro vicende procedono parallele
dal dicembre 1943 al maggio del 1945, con due incontri fugaci prima del
ricongiungimento finale che chiude il volume.
Fatti salvi gli scontri aerei, la storia è infarcita dei luoghi comuni che
è lecito aspettarsi in una vicenda del genere, ma a me è risultato
particolarmente forzato il protagonista tedesco antinazista. Non che sia
irrealistico, anzi, però mi sembra sempre un mezzuccio per evitare problemi di
carattere ideologico. E sempre in quest’ottica mi è sembrato difficile giustificare
la liberazione della rivale nel secondo episodio.
Il disegnatore e colorista Romain Hugault fa un lavoro più che dignitoso,
ma anche stavolta mi chiedo come sarebbero i disegni di questi giovani autori
che abusano del computer se dovessero disegnare alla maniera classica con
pennino o pennello: le loro vignette ne risulterebbero arricchite e
maggiormente definite oppure il passaggio a china ne evidenzierebbe le pecche
che l’intermediazione del computer riesce a nascondere? Effettivamente il
tratto è come sempre poco inciso, essendo sicuramente limitato alle matite, e
anche questa volta la colorazione al computer che imita le pennellate risulta
fredda e impastata, anche se molto più leggibile che in altri fumetti.
Inoltre l’applicazione di insegne, mappe o altro preso di peso da una fonte
digitale rende le tavole un po’ artefatte, la magia del fumetto ne perde. Magia
ulteriormente infranta anche dagli occasionali “effetti speciali” e dalle
forzatissime scene di sesso, in cui anche la più mingherlina delle Helferin
rivela un prorompente fisico da pin up.
La storia scorre via tutto sommato piacevolmente, anche se chi non è un
appassionato di guerra, aerei o modellini può tranquillamente lasciarla in
edicola. Non mancano comunque situazioni abbastanza divertenti e dialoghi
frizzanti, concentrati però solo nella prima metà del primo episodio.
Per questa occasione la Mondadori ha messo un adesivo sul cellophan con
l’indicazione del contenuto. Non credo lo abbiano fatto per attirare gli
appassionati di «battaglie aeree nei cieli della 2° guerra mondiale» (non solo,
almeno) ma per segnalare sin da subito che il volume sarebbe uscito un po’ più
smilzo del solito, ovvero 152 pagine contro le solite 200 circa.
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