Per me doveva essere il capolavoro annunciato della RW Lineachiara e quando
finalmente è uscito sono rimasto spiazzato nel vedere che i disegni sono
irrimediabilmente caricaturali. Ho controllato (e d’altra parte è scritto anche
nei cenni biografici del volume stesso): questo Vallée è lo stesso che ha
ripreso Gil St André, non mi
aspettavo questa virata nel suo stile.
C’era una volta in Francia narra la storia, vera o spacciata per
tale, di Joseph Joanovici. Giunto in Francia dopo aver assistito sin da
giovanissimo alla brutalità delle persecuzioni sugli ebrei nella natia Romania,
Joseph diventa assistente di un ferrivecchi parente di sua moglie ma ne
rileverà presto l’attività fondando, grazie alla sua sagacia e alla sua
mancanza di scrupoli, l’Impero del titolo.
La vita del protagonista è molto, molto più complessa di quanto appaia in
superficie e nel corso degli anni Joseph ha intessuto trame e rapporti con
figure che occupano gli estremi della scala sociale, della politica e della
Legge. In alcuni casi sarebbe stato opportuno specificare con qualche nota
all’edizione italiana a cosa corrispondessero certi organi di governo o certe
cariche politiche, che per un lettore del Belpaese potrebbero non essere così
lampanti. Oltre che spoileroso, sarebbe difficile riportare tutti i maneggi di
Joseph vista anche la frammentazione con cui vengono presentati nel primo dei
due episodi qui raccolti (i flashback
sono la norma) e il sospetto che si tratti in più di un’occasione di doppi
giochi e di relazioni destinate al tradimento o comunque a colpi di scena che
le capovolgeranno.
Se ho interpretato bene le intenzioni dello sceneggiatore la struttura data
alla serie si presta molto bene alla raccolta in volumi integrali: il primo episodio
originale L’Empire de Monsieur Joseph
è infatti un excursus introduttivo sulla vita del protagonista mentre dal
secondo in poi dovrebbero esserci approfondimenti dettagliati divisi per anni –
quelli di Le Vol noir des Corbeaux
vanno dal giugno 1940 al luglio 1942.
Il fil rouge della serie, oltre
ovviamente alla vita di Joseph Joanovici, sembra essere la caccia che nel corso
degli anni gli darà il giudice Legentil, su cui Joseph si è preso
indirettamente una devastante ritorsione nel 1947.
Fabien Nury è molto bravo a imbastire una narrazione coinvolgente e il
materiale di partenza, vero o inventato che sia, è molto interessante di suo;
inoltre sa dare vita con pochi accenni a personaggi a tutto tondo. È innegabile
l’influenza del cinema e delle serie televisive (l’azione comincia spesso ex abrupto, alcune scene hanno
un’introduzione precedente alla loro collocazione temporale in didascalia, c’è
qualche soggettiva in cui l’osservatore parla da fuori campo) ma il meccanismo
funziona benissimo anche in questo formato.
Il guaio è che vedere questa tragedia noir interpretata da mascheroni col
nasone, la bocca troppo larga e il viso schiacciato riduce drasticamente il suo
fascino, almeno ai miei occhi – e per fortuna che i colori digitali si
mantengono sul blando, senza rincarare la dose con effettacci. Come regista
Vallée è ottimo, prendiamo ad esempio la vignetta conclusiva dell’accordo a
pagina 47 in cui ci guida con maestria verso gli elementi chiave e ci permette
di capire con che sequenza si sono svolte le azioni dei tre personaggi in
scena, ma il tedesco “suicidato” in cella non suscita compassione o raccapriccio
ma tutt’al più ilarità col suo mascellone spropositato!
Ovviamente è ancora presto per dare un giudizio su una serie di cui per ora
abbiamo visto solo un terzo ma al momento salvo “ravvedimenti” realistici di
Vallée mi pare di subodorare che C’era
una volta in Francia sia inferiore, almeno dal punto di vista grafico, alle
aspettative se non forse (chi vivrà vedrà) un’occasione mancata. Anche se i
testi dovessero rimanere di altissima qualità (e non ho motivo di dubitarne),
mi chiederò sempre cosa ne sarebbe venuto fuori con un solido disegnatore
realistico ai pennelli.
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