La prima cosa che si nota di questo secondo episodio del Battaglia pocket è il nettissimo calo
del comparto grafico. Ryan Lovelock è un disegnatore piuttosto scarno (almeno
in questa sede, non l’ho mai visto prima) con un’inchiostrazione poco meditata
e incline a certi accomodamenti anatomici poco eleganti, come qualche orecchio
che “naviga” nelle teste di profilo o le mani disegnate senza particolare cura.
Quando riempie le sue vignette di tratteggi mi ha dato più di una volta
l’impressione di aver buttato su il lavoro senza criterio tranne che nei primi
piani.
Ovviamente a difesa di Lovelock si possono invocare il formato ridotto in
cui è stato costretto e forse la rapidità di esecuzione che gli è stata
richiesta, eppure Des Dorides nelle stesse condizioni ha saputo realizzare un prodotto egregio.
Per fortuna dal punto di vista dei testi siamo a un livello addirittura
superiore al precedente La figlia del
capo. Stavolta Pietro Battaglia viene coinvolto nell’operazione di
salvataggio di Aldo Moro (già questo è un punto di partenza assolutamente
originale), ma le vicissitudini del capo della Democrazia Cristiana rimangono
sullo sfondo fino allo splendido finale, in favore della lotta tra il vampiro
siculo e un suo arcinemico tedesco.
La narrazione è secca, tesa e rigorosissima (purtroppo lo stile esangue di
Lovelock si estende anche alla documentazione fotografica vanificandone il
senso di realismo che probabilmente voleva evocare) e la storia si legge tutta
d’un fiato. Ovviamente ignoro dove sia terminato il lavoro di Giulio Antonio
Gualtieri e dove sia iniziato l’eventuale intervento di Recchioni, ma ho notato
con piacere un ridimensionamento delle battute cool e soprattutto delle citazioni, con conseguente beneficio alla
scorrevolezza della storia. Diciamo che quel «let’s fight!» pronunciato da Jess
Jones mi puzza di citazione da qualche videogame picchiaduro, ma essendo
ignorante in materia non gli ho dato troppo peso.
La scelta di relegare gli avvenimenti storici, e con essi la figura di Aldo
Moro, in un relativo cono d’ombra all’interno dell’economia della storia mi è
sembrata inizialmente dettata dalla comprensibile volontà di non incorrere in
noie legali o attirare polemiche, invece si è rivelata un’efficace strategia
per arrivare al colpo di scena finale, momento di grandissimo e inatteso climax
pur dopo gli avvincenti combattimenti delle pagine precedenti.
In questo episodio mi sembra inoltre che si cominci a delineare anche una
sorta di continuity nella miniserie e si delinea quindi con maggior precisione
la figura di un loschissimo manovratore gobbo e orecchiuto…
En passant, niente male l’editoriale in tema con il
periodo in cui si svolge la storia.
Salvo improbabili crolli nei prossimi episodi credo che la qualità della
serie si sia ormai attestata su livelli molto alti, quindi mi aspetto mirabilie
dall’annunciato Il Muro di Piombo che
si occuperà di Ustica, e per cui Leomacs ha realizzato pure una bella
copertina.
Cavolo, domani lo prendo...
RispondiEliminaMi spiace per i disegni un po' tirati via...
Moz-
Magari a te lo stile di disegno "asciutto" piace. Comunque la storia merita in ogni caso.
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